Il più grande Parco Nazionale d’Italia, quello dello Stelvio, sta
scomparendo. Proprio come uno dei camosci, degli stambecchi, o degli
orsi, che fino ad oggi aveva invece tutelato. Anche i parchi regionali
sono in via d’estinzione. E persino il Corpo Forestale dello Stato sta
per finire smembrato, a seguito di una iniziativa, del Governo Renzi:
l’art. 7 del Ddl ‘Riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche’
(oggetto di una petizione
di Legambiente, Greenpeace, Libera e Slowfood). Insomma, una autentica
alluvione di carte bollate sta investendo le aree naturali italiane di
pregio, a cominciare da quella ‘eccellenza ambientale’ che è costituita
dalla montagna alpina. A denunciarlo è La Carovana delle Alpi di
Legambiente, equivalente montanino della più nota Goletta Verde, che ha
da poco assegnato le Bandiere Nere
alle più significative aggressioni al patrimonio naturale ed
economico-sociale delle Alpi italiane. Ebbene, la prima Bandiera Nera è
stata assegnata alle segreterie del Pd e del Sudtiroler Volks Partei
‘per la proposta da parte del SVP e la condiscendenza del PD a un
processo di scissione e declassamento del più grande Parco Nazionale
delle Alpi’. Un Parco nato come bene nazionale, appunto, fondato nel
1935 e che si estende in Trentino, Alto Adige e Lombardia. Essendo
inter-regionale in quanto Nazionale, il Parco dello Stelvio sfugge agli
appetiti localistici, sostenuti dai partiti locali, fomentati dal Titolo
V e subito palesati con l’entrata in vigore del nuovo articolo: il
primo tentativo di ridurre il Parco dello Stelvio in spezzatino è
infatti del 2010, quando un decreto del Consiglio dei Ministri
pro-frammentazione del Parco ‘coincise’ con l’astensione del SVP sulla
Fiducia, che tenne in piedi il IV Governo Berlusconi. Quel tentativo fu
reso nullo, per asimmetrie ordinamentali tra Trentino Alto Adige e
Lombardia, dal Presidente Napolitano. Un altro attacco al Parco coincise
con la debolezza del Governo Letta e del PD. Ma ora, Renzi i numeri per
governare ce li ha.
Le Bandiere Nere 2014 sono state per tutti. In Friuli-Venezia Giulia
per il Presidente della società “Carnia Welcome” ‘per le assurde
affermazioni a favore delle manifestazioni motoristiche in alta quota’.
In Veneto alla C.T.P.A.C. (Commissione Tecnica Provinciale per Attività
di Cava) di Verona. Motivazione: ‘per aver espresso tre pareri
favorevoli ad altrettante richieste di ampliamento di attività
estrattive in aree ad elevato rischio ambientale, e già soggette ad
indagini da parte della Procura della Repubblica di Verona’.In Trentino
alla Comunità di Valle delle Giudicarie, che ’intende realizzare un
pesante sacrificio di territorio, di paesaggio e di naturalità,
ipotizzando consistenti e impattanti ampliamenti delle aree sciabili in
zone di grande pregio ambientale e paesaggistico fra la val Rendena e
la val di Sole. In particolare, la zona di Serodoli e la val Nambino’
(dove, si vede in un video sul sito di Legambiente, si vuole
‘cancellare’ il Lago Nero per farvi passare una pista da sci, nei pressi
di Madonna di Campiglio. Con CIPRA Italia, FAI, Italia Nostra, LIPU,
Mountain Wilderness, PAN – EPPAA, WWF, Legambiente ha lanciato su questo
caso una petizione.
In Lombardia, alla Provincia di Lecco ‘per aver previsto il
potenziamento del demanio sciabile di Moggio-Artavaggio e di quello
Bobbio-Valtorta attraverso il loro collegamento tramite tunnel’. Questo
mentre la Regione Lombardia punta, invece, sullo sviluppo sostenibile
della sua montagna. Sempre in Lombardia, Bandiera Nera
all’Amministrazione del Comune di Schilpario ‘per non avere attuato in
maniera efficace la regolamentazione dell’utilizzo di motoslitte, in
spregio a qualsiasi regola di buon senso capace di preservare il turismo
dolce e di qualità’. In Piemonte, Bandiera Nera al comune di Exilles
‘per la perseveranza con cui opera nell’intento di trasformare il piano
regolatore, adibendo a zona edificabile un terreno instabile e soggetto a
forte rischio di alluvioni’. In Val d’Aosta Bandiera Nera
all’Amministrazione comunale di Valtournenche ‘per lo studio di
fattibilità per nuovi collegamenti sciistici (tra la Valtournenche e la
Val d’Ayas), che, se realizzati distruggerebbero l’ultimo lembo non
compromesso del versante sud del Monte Rosa, ma che ha lo scopo reale di
rilanciare cementificazione e speculazione edilizia. Il tutto
‘appoggiandosi su fondi del progetto Interreg Alpinks, finanziato
dall’Unione Europea’.
Peccato per le tante ‘bandiere verdi’, le buone pratiche citate dalla
Carovana, ma anche per le iniziative positive per una Montagna
sostenibile come quelle del Piemonte a favore del moderno ed
ecocompatibile escursionismo che però faticano a trovare finanziamenti
mentre la Svizzera sull’escursionismo sta puntando alla grande. E sempre
in Piemonte si riesce a proporre la costruzione di nuove strade nei
boschi incontaminati delle Valli di Lanzo, come la ‘pista del Pasé’.
Il fatto è che in alcune aree alpine si continua a riproporre, fuori
tempo, un modello di sviluppo dell’economia ‘autofago’, che distrugge
cioè la risorsa stessa su cui si fonda: l’ambiente naturale. Un modello
centrato sullo sci, vecchio di trent’anni e non sostenibile, né per
l’ambiente montano, già sfruttato al limite, né per le attività
economiche esistenti, tradizionali, di piccole dimensioni ed
ecocompatibili, alle quali giorno per giorno sottrae reddito. Basti
pensare a quello che è successo in quella sorta di santuario delle
Dolomiti che era un tempo l’Alpe di Siusi, dove i gestori di malghe e
alpeggi insieme ad alcune amministrazioni come il Comune di Ortisei e
l’associazione Pro SeiserAlm hanno combattuto invano contro gli
‘ampliamenti’ di cubature concessi dal Comune di Castelrotto:
ampliamenti che hanno trasformato i precedenti piccoli alberghi in
grandi strutture al servizio dei nuovi, onnipresenti impianti di
risalita, come documentato dai numerosi articoli sul tema del quotidiano
Alto Adige e da L’Espresso-Repubblica online.
Tutto in barba alla recente inclusione delle Dolomiti nel Patrimonio
dell’Unesco, peraltro sempre citata come fiore all’occhiello nel
materiale pubblicitario della località alpina. Il caso dell’Alpe di
Siusi passerà alla storia e continuerà ad essere citato dagli amanti e
dai turisti della montagna fin quando durerà il cemento, e non solo
grazie alle foto e al passaparola dei social: siamo nella Terra dei
Fanes, gli antenati dei Ladini, che sconfitti dalle armate che
invadevano le Valli si ritirarono sugli Altipiani; ma che, tremila anni
dopo, sono vivissimi nella memoria tosta dei Montanari. Quelli veri.
©Futuro Europa®
di Francesco P. Mancini | 10 agosto 2014