Spazio Il satellite Planck svela la prima luce dell'Universo

Lo osservammo da vicino quando si trovava nella 'sala pulita' degli stabilimenti francesi di Thales Alenia Space a Cannes, subito prima del trasferimento allo spazioporto di Kourou. Il protagonista di queste nuove, importanti scoperte e della mappa più dettagliata finora realizzata dell’Universo è il satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), sormontato dal suo grande telescopio. Il lancio avvenne il 14 maggio 2009 con un razzo vettore Ariane 5, insieme ad un altro importante satellite scientifico europeo, l’osservatorio spaziale Hershel: «Sono circa sessanta i ricercatori dell’Inaf coinvolti nell’esperimento - spiega Nazzareno Mandolesi - tra le Università di Milano, Roma Tor Vergata, Pisa e Bologna, che studiano i dati ricevuti. Dati che sono estremamente più dettagliati rispetto a quelli ricevuti negli anni scorsi dal suo predecessore, il satellite americano Cobe». Il satellite, per permettere ai suoi strumenti di operare correttamente, funziona con una temperatura interna che per alcuni strumenti arriva a -273 gradi centigradi, quindi prossima allo zero assoluto. Si tratta di quella sorta di 'membrana' molto sensibile, capace di rivelare i segnali testimoni della nascita dell’universo.
Scrutare indietro nel tempo, con un viaggio nello spazio e nel tempo, in grado di farci vedere la fase iniziale della formazione dell’universo. Può sembrare il leit motiv di un film di fantascienza, ma è realtà. Non è possibile farlo con l’occhio umano naturalmente, ma tramite i sofisticati sensori, gli occhi elettronici, di uno strumento scientifico realizzato da un gruppo di ricercatori italiani, che si trova a bordo del satellite "Planck", dell’ESA europea, lanciato nello spazio nel 2009. Questo apparato, che ha la sigla LFI  (sigla che sta per "Strumento a bassa frequenza") insieme ad un innovativo apparato di raffreddamento a 250 gradi centigradi sotto lo zero, è stato realizzato, con l’importante contributo di scienziati italiani, da un consorzio internazionale di università, istituti di ricerca e industrie di dieci nazioni, guidato da un italiano, lo scienziato Nazzareno Mandolesi.
Assieme all’apparato (HFI), ad alta frequenza realizzato anch’esso da un Consorzio internazionale a guida francese, LFI rappresenta una parte più consistente, in termini scientifici, della missione, che negli ultimi tre anni ha "scrutato" nello spazio-tempo per avere informazioni sempre più precise sulla nascita dell’universo, e sui primi istanti della sua formazione, circa 380 mila anni dopo il Big Bang. Che sembrano tanti, ma in termini cosmologici, si tratta della prima luce dell’universo subito dopo la "grande esplosione" iniziale! Nel paragone con la vita dell’uomo Planck fotografa le prime 20 ore di vita.

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Acquisita dal satellite Planck, di recente è stata svelata la mappa più dettagliata mai realizzata finora della "prima luce dell’universo", la cosiddetta radiazione di fondo cosmico a microonde, rivelando l’esistenza di caratteristiche che sfidano le fondamenta delle nostre attuali conoscenze dell’Universo. La nuova immagine, a tutto cielo, è relativa alla luce più vecchia nel nostro Universo, impressa nel cielo quando aveva solo 380.000 anni e ci rivela, come in una copia carbone, lo stato delle materia, più o meno addensata, che ha dato origine al meraviglioso universo che oggi abbiamo il privilegio dii osservare.

«Fino a quel tempo - spiega Mandolesi - l’Universo giovane era costituito da una sorta di zuppa bollente caldissima  e densa di particelle elementari, protoni, elettroni e fotoni fra loro interagenti che, come in un giorno di nebbia rendeva tutto impenetrabile. Per un prodigio di natura però esso si stava espandendo e, come un gas si raffreddava. Raggiunta la temperatura di circa 2.700 gradi centigradi, i protoni e gli elettroni hanno iniziato a combinarsi tra loro per formare atomi di idrogeno: le interazioni radiazione materia sono diminuite drasticamente e la "nebbia" dipanandosi ha permesso alla luce di espandersi e arrivare fino a noi oggi, praticamente inalterata nelle sue caratteristiche a parte la sua temperatura che a causa dell’espansione è oggi diminuita di 1000 volte. Oggi questa luce oggi è visibile alle lunghezza d’onda delle microonde e la sua temperatura è di soli 2.7 gradi sopra lo zero assoluto».
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Per certi aspetti, è stato un po’ come togliere il velo sull’universo. La più recente mappa di Planck è più dettagliata rispetto a quella elaborata precedentemente, nell’estate 2010. E c’è anche la carta d’identità: l’Universo ha 13,8 miliardi di anni. I risultati ottenuti da Planck sono stati presentati da un team di ricercatori, tra i quali lo stesso Mandolesi, dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica dell’Inaf di Bologna e dell’Università di Ferrara, che è a capo del team (circa 90 istituti, università e centri di ricerca di tutto il mondo) che ha realizzato lo strumento LFI a bassa energia, un apparato realizzato con il contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana e che partecipa all’analisi dei dati tuttora in corso.

Per la nostra galassia, la Via Lattea, è stata di recente realizzata da Planck una mappa dell’emissione delle polveri, prodotte dalle stelle alla fine della loro vita, e poi sparse nel mezzo interstellare. Ed è stata realizzata anche una mappa dell’emissione degli elettroni liberi presenti tra le stelle. Per il cosmo intergalattico è stata realizzata una mappa della radiazione diffusa dal gas caldissimo degli ammassi di galassie, anche da quelli talmente lontani da non essere mai stati osservati prima. Infine, è stata separata anche la mappa della radiazione prodotta nei primi istanti dopo il Big Bang, il fondo cosmico di microonde, la cui immagine permette di stabilire la geometria, la composizione e l’evoluzione dell’universo a grande scala.
«Nuovi e più eclatanti risultati sono attesi da Planck alla fine di ottobre 2014 - ci anticipa  Mandolesi - e saremo noi stessi stupiti da quanto ci aspettiamo».
Aggiunge lo scienziato di origini marchigiane: «Ma è il caso che ha generato l’Universo, la natura, l’uomo? Perché la natura è così, direi scientificamente, perfetta? Io credo ad una risposta: cos’è il Big Bang se non la Creazione? Se penso ad una creazione non posso fare a meno di pensare ad un Creatore. Non posso immaginare che il caso sia alla base di tutte le meraviglie della vita che ci circondano».
avvenire.it

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