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Cultura e spettacolo. Moretti a 69 anni torna a fare un film in cui recita nel ruolo di se stesso

Il 20 aprile esce nelle sale il nuovo film che sarà in concorso per la Palma d'Oro al 76esimo festival di Cannes. Il regista torna a fare un film in cui recita nel ruolo di se stesso, mettendosi a nudo e rispolverando le sue manie, idiosincrasie e insofferenze che lo hanno reso famoso e popolarissimo

AGI - “In ‘Il sol dell’avvenire’ ci sono temi e personaggi affrontati nei miei film precedenti. Recitazione, regia e scrittura sono un po’ diversi perché si cambia più al livello personale che professionale. Nei decenni si può cambiare, poco, e questo si riflette nella recitazione, nella scrittura e nella regia”. Così Nanni Moretti alla presentazione romana del suo ultimo film, in 500 sale dal prossimo 20 aprile, in concorso per la Palma d’Oro al 76esimo festival di Cannes. Una dichiarazione che non è affatto banale nella sua ovvia semplicità.

Moretti a 69 anni torna a fare un film in cui recita nel ruolo di se stesso, mettendosi a nudo e rispolverando le sue manie, idiosincrasie, passioni e insofferenze che lo hanno reso famoso e popolarissimo dai tempi di ‘Io sono un autarchico’, ‘Ecce bombo’ e ‘Sogni d’oro’. Ed è una sorta di omaggio che Nanni Moretti fa al suo cinema e a se stesso, da Michele Apicella in poi.

In ‘Il sol dell’avvenire’ ritorna al metaracconto del film nel film: se in ‘Aprile’ voleva realizzare un musical su un pasticcere trotskista (già accennato in ‘Caro diario’), stavolta il film che sta girando il regista interpretato da Moretti, che si chiama Giovanni come lui, è ambientato nel 1956 a Roma nei giorni dell’invasione sovietica dell’Ungheria. Un film in cui vuole riflettere sullo spaesamento dei comunisti di allora – interpretati dagli attori Silvio Orlando e Barbora Bobulova -  che si trovano a confrontarsi con la realtà e con un circo ungherese Budavari (ricordate ’Palombella rossa’ e quella ripetizione ossessiva da parte di Silvio Orlando, nel ruolo dell'allenatore della squadra di pallanuoto di Moretti, della frase: “Marca Budavári! Marca Budavári! Marca Budavári!”?).

Un film che si intreccia con la vita del protagonista (Nanni Moretti), un uomo di mezza età che vive un rapporto stanco con la moglie produttrice (Margherita Buy) che ha una figlia musicista (Valentina Romani) che scriverà le musiche del suo film e che si innamora di un uomo molto più anziano di lei (Jerzy Stuhr). La realizzazione del film, con i problemi economici (necessario l’intervento dei produttori coreani dopo quello annunciato ma poi tramontato di Netflix), le incomprensioni con tra il regista che vuole fare un film politico e la protagonista (Barbora Bobulova) che invece ritiene che sia un film d’amore e coinvolge nella sua idea il collega e – nel film nel film – caporedattore dell’Unità e capo della sezione di partito del quartiere Quarticciolo di Roma (Silvio Orlando).

Questo è il racconto in estrema sintesi di ‘Il sol dell’avvenire’. Sembra esaustivo, ma in realtà non dice nulla. Perché il film di Moretti è altra cosa. E’ un ritorno all’antico, è la voglia di prendere in prestito la propria figura di intellettuale insopportabile e odioso e criticare (se non mettere alla berlina) quelle che secondo lui sono delle cose inaccettabili.

Torna la mania delle scarpe di cui Moretti, come già molti anni fa in ‘Bianca’, ne fa una questione filosofica e esistenziale: l’attrice che arriva con i sabot è per lui una sorta di violenza. Le scarpe sono aperte davanti e dietro o sono chiuse davanti e dietro Non esiste una via di mezzo. E poi il concetto si ripete in una delle scene destinate a diventare di culto quando, in macchina con la moglie, parla dell’orrore delle pantofole (qui cita Panatta di ‘La profezia dell’armadillo’ facendo il rumore delle pantofole al suolo o delle scarpe indossate da Anthony Hopkins in ‘The Father’ sotto il pigiama) che accetta solo in Aretha Franklin in ‘The Blues Brothers’.

Ma non sono solo le scarpe a tornare. Moretti rispolvera tutto il suo repertorio, dall’odio per le parole straniere usate con ostinazione e ostentazione dai rampanti giovani di Netflix (qui l’ostilità di Moretti per le piattaforme streaming che uccidono il cinema in sala è dichiarata con forza) al fastidio per i nuovi registi che usano la violenza con banale semplicità.

Al giovane che la moglie produce e che deve girare l’ultimo ciak, un’esecuzione in stile ‘Gomorra’, blocca il set per ore per spiegare che “voi usate la violenza come intrattenimento, con leggerezza” e cita Kieslowski che in una terribile scena lunga sette minuti di ‘Breve film sull’uccidere’ comunica raccapriccio e orrore nello spettatore e, a differenza dei film dei registi di oggi (e qui torna l’invettiva di ‘Aprile’ contro il film ‘Harry pioggia di sangue’) non lascia alcuno spazio all’emulazione. E poi, a supporto delle sue parole, chiama al telefono Renzo Piano e sul set Corrado Augias. Martin Scorsese, invece, non risponde al telefono: c’è la segreteria.

C’è poi la passione per le canzoni italiane degli anni ’60 e ’70 (stavolta c’è anche De Andrè), c’è Fellini con la scena finale di ‘La dolce vita’ (una sorta di citazione come in uno specchio, anche se ‘Il sol dell’avvenire’ è più simile nell’idea a ‘8 ½’), c’è Piazza Mazzini che percorre insieme all’amico produttore francese Pierre (Mathieu Amalric) su un monopattino (“la seconda e ultima volta in cui ci sono andato”, racconta) e con ironia rispolvera un’antica accusa dei critici che scrissero che Moretti girava sempre i suoi film in zona Mazzini: “anche stavolta devo girare almeno una scena in questo quartiere”. 

Poi ci sono le passioni per cantare a squarciagola e massacrare le canzoni, il palleggio un po’ approssimativo con un pallone in piazza, la scena finale con un grande corteo in via dei Fori imperiali in cui inserisce tutti i protagonisti dei suoi film. Manca la Nutella e mancano i dolci in questo film, ma per il resto c’è tutto Nanni Moretti in una summa che si fa piacere anche se non graffia.

Lontani i tempi in cui se la prendeva con chi non conosceva la Sacher torta, oppure diceva a D’Alema di dire qualcosa di sinistra o picchiava chi usava termini come ‘trend negativo’. Ora Moretti è maturo. Ed è cambiato… “poco”, dice lui. E così fa un po’ strano vedere che, in un momento storico come quello attuale, uno dei grandi intellettuali di sinistra guardi al passato e immagini (in perfetto stile Tarantino, che ammette di avere apprezzato in ‘Inglorious Basterds’ in cui riscrive la Storia) come finale del suo film nel film una condanna del Pci di Togliatti all’invasione ungherese. La Storia sarebbe stata diversa (almeno per l’Italia), ma questo è appena accennato. Di politica, infatti, non si parla.

E forse la frase dell’attrice interpretata da Barbora Bobulova – “che ci frega della politica, questo è un film d’amore!" – è quella che un po’ dà la cifra del film, con il regista che vede la fine del matrimonio e non capisce il motivo. E ne soffre. Che accetta la storia della figlia con un uomo molto più anziano. Che accetta i produttori coreani ai quali, comunque, cambia il finale perché troppo simile a quello che potrebbe essere l’epilogo della sua vita. E poi chiude con un corteo, che ricorda molto alla lontana la giostra di ‘8 ½’ – di nuovo Fellini – in cui invece di tutte le donne amate dal regista mette tutti gli attori che hanno lavorato con lui. In un finale che sembra un omaggio a se stesso. Ma a 69 anni Nonni Moretti se lo concede. E a Cannes, ne siamo certi, piacerà.


Ligabue, non cambierei la mia vita con nessun'altra, Nelle sale il 20-21-22 marzo il film musicale su Campovolo 2022


- "Immagina qualcosa di cui non puoi fare a meno nella tua vita, e poi immagina che quella cosa ti venga tolta per tre anni.

Ecco, Campovolo è stata l'esplosione di un cumulo di emozioni che si sono formate in quei tre anni: frustrazione, impazienza, ansia da prestazione. 30 anni in un giorno, ma vi assicuro che non ci stanno. C'è tanto altro di cui ho goduto e in cui mi sono avventurato". Luciano Ligabue racconta così il film, presentato questa sera da Flavio Natalia al cinema Barberini a Roma e che arriva per tre giorni in sala il 20-21-22 marzo, che racconta il concerto del 4 giugno scorso nella sua Campovolo davanti a oltre 100mila spettatori accorsi nella RCF Arena, dopo il lungo stop dovuto al Covid. Il film musicale, 'Ligabue. 30 anni in un giorno', con la regia di Marco Salom, è sì il racconto di una serata irripetibile, ma è anche e soprattutto l'occasione di rivivere la carriera del rocker di Correggio. Una celebrazione di un trentennio che è stato di tanta musica, ma in parte anche di cinema, libri e - rivela nel film - anche teatro con un musical scritto e basato sulle sue canzoni, ma mai realizzato. Una festa che non poteva non essere organizzata che a Campovolo. In quella "piazza" in cui aveva riunito i fan già nel 2005 e nel 2011. "Abbiamo festeggiato lì sempre tappe importanti della mia carriera. La prima volta è stato scelto perché presentavo il mio album più personale e avevo bisogno di farlo 'a casa' - racconta -. Nessuno di noi poteva immaginare quello che sarebbe diventato nel tempo. Certo, questo è stato il più sovraccaricato di emozioni, per l'attesa ma anche perché è stato uno uno dei primi concerti dopo la riapertura. C'era bisogno di normalità e anche di celebrare la vita". Il film come il concerto si apre con "Non cambierei questa vita con nessun'altra", "perché nei due anni di Covid ho capito quanto io sia grato a quello che mi è capitato di vivere", sottolinea. Spazio anche alle interviste e ai ricordi dei suoi musicisti e degli ospiti di quella sera, Francesco De Gregori, Elisa, Loredana Bertè, Eugenio Finardi, Gazzelle, Mauro Pagani. A luglio Ligabue tornerà live: il 5 allo Stadio Meazza di Milano e il 14 all'Olimpico di Roma. (ANSA).

ACCORDO ENIT - NETFLIX: I FILM E LE SERIE TV COME RISORSA TURISTICA

COMUNICATO STAMPA Enit
UNO STUDIO INTERNAZIONALE DIMOSTRA L'INFLUENZA DI FILM E SERIE NELLA SCELTA DELL'ITALIA COME META TURISTICA


Milano, 15 aprile 2022 - Enit e Netflix siglano un protocollo d'intesa per rafforzare il legame tra la produzione audiovisiva in Italia e la promozione turistica e presentano uno studio sull'efficacia e l'incidenza di film e serie televisive sulla percezione e la scelta dell'Italia come destinazione turistica.
Il protocollo punta a creare sinergie e mettere in campo azioni per la promozione del sistema Paese, rafforzando la percezione positiva del brand Italia ed ampliando la conoscenza della ricchezza e della diversità culturale e del lifestyle del Paese. Si collaborerà alla realizzazione di progetti per valorizzare le destinazioni turistiche italiane, in particolare quelle meno conosciute, presso il pubblico internazionale. Il protocollo d'intesa prevede anche la costituzione di un team dedicato.
La ricerca internazionale presentata oggi in Bit a Fieramilanocity e condotta da Basis per conto di Netflix, dimostra che film e serie tv rappresentano un volano per l'immagine dell'Italia nel mondo e hanno il potenziale di attrarre turismo nel nostro Paese. Lo studio, condotto su un campione rappresentativo della popolazione in 6 paesi tra cui Brasile, Francia, India, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti, rivela, infatti, che per le persone che hanno guardato contenuti italiani, la probabilità di considerare l'Italia come la propria prossima destinazione turistica è doppia rispetto a chi non ha visto contenuti italiani. Un aspetto particolarmente rilevante è che il risultato riguarda anche coloro che non hanno mai visitato l’Italia: l'87% delle persone che hanno guardato contenuti italiani hanno dichiarato il proprio interesse a visitare l'Italia - contro un 67% di persone fra coloro che non hanno visto contenuti Made in Italy. Gli aspetti dell'Italia maggiormente apprezzati da coloro che hanno guardato contenuti italiani sono la storia, la cucina e la cultura. La ricerca rivela anche che le persone che hanno Netflix nei paesi oggetto di misurazione hanno il 50% di possibilità in più di aver visto contenuti italiani, rispetto a chi non ha Netflix.
"L'indagine conferma il potere attrattivo ed empatico delle immagini e dei racconti per promuovere il turismo ed incoraggia la collaborazione tra Netflix e Enit, in uno spirito di reciproco rimando per contribuire ad una nuova, esaltante scoperta dell’Italia” dichiara Tinny Andreatta, Vice Presidente delle Serie Italiane di Netflix. "Un accordo che consente già di assaporare la carica innovativa che vorremmo imprimere al settore: lavorare con tutti i soggetti in grado di mobilitare in modo positivo le risorse del nostro brand" commenta l'Ad Enit Roberta Garibaldi. "Un progetto work in progress di dialogo intergenerazionale e interculturale attraverso uno strumento che accomuna tutti e declinato per sfere di interesse" sostiene il Presidente Enit Giorgio Palmucci

Da 4 a 10 ottobre Michelangelo-Infinito

 © ANSA

ROMA - Dopo il successo di Caravaggio - l'Anima e il sangue e dagli stessi produttori, un'altra grande produzione cinematografica sta per approdare sul grande schermo: dal 4 al 10 ottobre arriva al cinema Michelangelo - Infinito, il nuovo film d'arte dedicato al genio dell'arte universale Michelangelo Buonarroti e alle sue opere immortali ed 'infinite'.

    Una produzione originale Sky con Magnitudo Film. Un progetto realizzato con la collaborazione dei Musei Vaticani e di Vatican Media, con il Riconoscimento del Mibact - Direzione Generale Cinema, in collaborazione con il Consiglio Regionale della Toscana, con il Patrocinio del Comune di Firenze e del Comune di Carrara. Media partner Rtl 102.5.
    A dare il volto a Michelangelo Buonarroti è Enrico Lo Verso (Il ladro di bambini, Lamerica, Così ridevano, I Miserabili, Maltese - Il Romanzo del Commissario, Raffaello - il Principe delle Arti). Giorgio Vasari è Ivano Marescotti (Johnny Stecchino, Raccontami, Hannibal, Cado dalle nubi, A casa tutti bene).
    Il film traccia un ritratto avvincente e di forte impatto emotivo e visivo dell'uomo e dell'artista Michelangelo di pari passo con il racconto cinematografico della sua vasta produzione artistica, tra scultura, pittura e disegni, con spettacolari riprese in ultra definizione (4K HDR) e da punti di vista inediti ed esclusivi, cui si aggiungono ricostruzioni sorprendenti attraverso evoluti e sofisticati effetti digitali.



In sala Raffaello, principe delle Arti 3-4-5 aprile tutto sul genio nel film in 3d prodotto da Sky

(ANSA) - ROMA, 2 APR - Il genio di Raffaello, la sua straordinaria intelligenza, la capacita' di aprirsi al nuovo per creare i capolavori assoluti dell'arte rinascimentali sono al centro del film in 3D, nelle sale cinematografiche il 3, 4 e 5 aprile, prima trasposizione cinematografica mai realizzata su Raffaello Sanzio (1483-1520). Prodotto da Sky HD (con Sky Cinema e Sky Arte), Raffaello il Principe delle Arti non solo si e' avvalso di tecnologie di realizzazione piu' avanzate, ma soprattutto propone per la prima volta sia al grande pubblico sia agli esperti la ricostruzione di opere capitali andate perdute, come la parete della Cappella Sistina prima del Giudizio Universale di Michelangelo, quando la parete dietro l'altare riuniva gli eccelsi dipinti di Perugino e dello stesso Buonarroti. Dopo il successo dei primi 3 film, Sky, Musei Vaticani e Nexo Digital, in collaborazione con Magnitudo Film, presentano il quarto film d'arte per il cinema. E' stato riconosciuto di interesse culturale dal MiBACT - Direzione Generale Cinema.
    Raffaello, il Principe delle Arti ripercorre le vicende umane e artistiche del genio urbinate, sin dalla tenera infanzia strettamente collegate, in quanto figlio di Giovanni Santi, che a Urbino, tra le capitali dell'arte e della cultura di fine '400, era tra i pittori piu' apprezzati e richiesti. A dare il volto all'artista nelle ricostruzioni storiche e' l'attore e regista Flavio Parenti, mentre Enrico Lo Verso e' il padre che lo introduce ancora bambino nella sua fiorente bottega. L'excursus storico-artistico, realizzato in gran parte con la collaborazione dei Musei Vaticani, si snoda attraverso 20 location e presenta 70 opere, di cui oltre 40 di Raffaello, fra cui le principali opere dell'artista custodite nei musei italiani ed esteri, come lo Sposalizio della Vergine, la Madonna del Cardellino, La Fornarina, La Velata, La Madonna Sistina. Un connubio tra spettacolo e arte, anche per la formula scelta dopo un anno e mezzo di attenta preparazione, vale a dire affidare il commento delle diverse fasi della formazione e dell'evoluzione dello stile dell'urbinate a tre dei maggiori esperti della sua arte: Antonio Paolucci, Vincenzo Farinella, Antonio Natali

India: la magia di Benares "Tra la terra e il cielo"

Parlando di India, probabilmente, la maggior parte di noi penserebbe al The Millionaire del 2008 di Danny Boyle o a Il treno per il Darjeeling di Wes Anderson, più che a Mission: Impossible - Protocollo fantasma (2011) girato anche a Mumbai, nello stato del Maharashtra. Ma sono molti i film ambientati nel "Subcontinente", e non necessariamente limitati al mercato cosiddetto di Bollywood. Esempio eccellente è proprio quello di Tra la terra e il cielo di Neeraj Ghaywan distribuito dalla Cinema nelle sale italiane e girato principalmente a Benares (o Varanasi).

Una città importante e dal fascino indubbio, il capoluogo dell'omonimo stato indiano è una delle più antiche agglomerazioni urbane del mondo essendo abitata da circa 3500 anni. Ed è qui, sulla riva ovest dell'unico tratto del Gange orientato da nord a sud, che si incrociano e si mescolano le vite di vari personaggi. Una Città Sacra (per gli Induisti) testimone di storie di amore, libertà ed emancipazione, severa con coloro che giocano con le tradizioni e teatro dell'aspirazione di Deepak, Devi, Pathak e Jhonta a un futuro migliore.

"Abbiamo scelto Varanasi per girare il film perché la città è un amalgama di vita e di morte insieme - ha dichiarato il regista esordiente. - La maggior parte della gente di tutto il mondo desidera finire qui la propria vita e morire per poter raggiungere la salvezza". Ma l'amore di Ghaywan perBenares nasce da lontano - come il film, che ha avuto una lunga fase di post produzione - visto che risale al suo impegno com assistente di Anurag Kashyap per il film 'Gangs Of Wasseypur'.
"Quando ho assistito Anurag Kashyap abbiamo passato quattro mesi a Varanasi, che ha lavorato su di me in maniera magica - ha raccontato Ghaywan, - a prescindere dallo squallore, dagli stretti vicoli, ecc. La città mi ha stregato e attirato come un magnete. Semplicemente sentivo che dovevo tornare, e l'ho fatto. Davvero non so spiegare perché e come mi attirasse, ma l'ha fatto. E lo fa".

E dall'esperienza con il collega e amico, Neeraj ha tratto anche la decisione di girare il più possibile in maniera realistica, nelle vere location. Una scelta che ha già pagato - con la vittoria al Festival di Cannes del 2015 del Premio Fipresci e quello del 'Promising Future' (Prix de l'avenir) per un'Opera prima - e che promette di continuare a farlo. Intanto portando noi e tutto il pubblico italiano in un mondo fantastico, da ammirare e da scoprire. Magari andando a passeggiare per i Ghat, le piattaforme sul fiume centro della vita dei locali, o visitando il negozio di tessuti del Lucknow Chikan House e il suo toro, assistendo al rituale quotidiano della Ganga Aarti o scoprendo la magia del tempio d'oro di Kashi Vishwanath, di quello delle scimmie, il Durga Temple, e del Sankat Mochan Hanuman Temple… o cercando la pace nella vicina oasi di Dhamek Stupa.
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