Le mostre di Pasqua, da Leonardo al tatuaggio. A Roma Raffaello, Tiziano e Rubens, a Milano Pascali
Raffaello, Tiziano e Rubens, 50 dipinti a Palazzo Barberini. Dal 29 marzo al 30 giugno
A Roma, in occasione dei lavori di rinnovamento della Pinacoteca della Galleria Borghese, 50 dipinti verranno trasferiti al piano nobile di Palazzo Barberini per permettere al pubblico di continuare a fruire del patrimonio conservato al primo piano della Galleria.
L'iniziativa offre un percorso espositivo straordinario dal titolo 'Raffaello, Tiziano, Rubens.
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A Capodimonte con gli spagnoli torna pure Raffaello
NAPOLI - Per la prima volta, dopo 400 anni, torna a Napoli la Madonna del pesce di Raffaello, il dipinto che fu punto di riferimento per gli artisti del "Rinascimento Meridionale" e che fu trasferita dai governanti spagnoli e a Madrid intorno alla metà del Seicento. Occasione per rivedere l'opera, collocata nel suo "territorio" di origine, è la mostra "Gli spagnoli a Napoli.
Il Rinascimento meridionale" che verrà inaugurata lunedì al Museo e Real Bosco di Capodimonte grazie al progetto realizzato in partenariato con il museo del Prado. In cartellone fino al 25 giugno, il progetto espositivo curato da Riccardo Naldi, docente di Storia dell'arte moderna all'Università L'Orientale di Napoli e da Andrea Zezza, docente di Storia dell'arte moderna all'Università della Campania "Luigi Vanvitelli", ha già visto una prima versione in Spagna dove ha avuto un notevole successo di critica e di pubblico. La mostra è dedicata a uno dei momenti più fecondi e meno conosciuti della civiltà artistica napoletana: il trentennio all'inizio del sedicesimo secolo, un periodo che, sotto il profilo politico, vide l'estinguersi della dinastia aragonese, con il passaggio del Regno di Napoli sotto il dominio della Corona di Spagna. Sotto il profilo culturale segna invece il raggiungimento dell'apice della sua grande stagione umanistica: le novità artistiche elaborate in quegli anni da Leonardo, Michelangelo e Raffaello furono prontamente recepite e reinterpretate in modo originale in una Napoli ancora molto viva, per la quale la perdita della funzione di capitale autonoma non costituì un ostacolo allo sviluppo culturale, ma, al contrario, contribuì alla definizione di un nuovo ruolo di cinghia di trasmissione della cultura rinascimentale tra le due sponde del Mediterraneo. Una felice stagione di scambio culturale di cui la mostra mette nel giusto rilievo l'altissima qualità delle opere e il loro carattere cosmopolita, focalizzandosi sulla strettissima connessione tra pittura e scultura. Il confronto tra le cosiddette "arti sorelle" trovò infatti a Napoli un terreno particolarmente fertile e la mostra ne propone un'ampia selezione, proponendo i maggiori protagonisti, dai pittori Andrea da Salerno e Marco Cardisco, agli scultori Giovanni da Nola e Girolamo Santacroce. Se al Prado, nella mostra Otro Renacimiento, l'ispirazione era concentrata sulle forme e volumi dell'architettura napoletana, a Capodimonte, invece, il focus è proprio nel dialogo tra le opere pittoriche e quelle scultoree. Ma la differenza principale tra la mostra di Napoli rispetto a quella di Madrid è il forte legame con il territorio: molte delle opere degli artisti del periodo sono presenti nelle chiese cittadine (grazie ad un accordo con il Comune di Napoli sarà possibile visitare le testimonianze spagnole in alcune chiese della città), in particolare San Giovanni a Carbonara, San Domenico Maggiore, Santi Severino e Sossio e San Giacomo degli Spagnoli. Ed è proprio nella Basilica di San Domenico Maggiore che si percepisce il legame più forte tra la mostra e la città: la Madonna del pesce di Raffaello, esposta in sala Causa al Museo e Real Bosco di Capodimonte, era infatti stata realizzata per la Cappella della famiglia del Doce (o di Santa Rosa) proprio in San Domenico Maggiore.
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La National Gallery s'inchina al genio di Raffaello
(di Lorenzo Amuso) (ANSA) - LONDRA, 06 APR - Quasi 90 capolavori, tra opere eccezionali e altre meno conosciute, che riflettono l'arte eclettica e poliedrica di un genio assoluto del bello: la National Gallery di Londra dedica a Raffaello Sanzio una sontuosa retrospettiva, la prima di questa portata fuori dall'Italia, che racchiude la ventennale epopea del pittore supremo dell'Alto Rinascimento in tutta la sua serena grazia e straordinaria varietà.
Originariamente prevista nel 2020, per celebrare il 500esimo anniversario della morte dell'Urbinate (deceduto appena 37enne il 6 aprile 1520, come è noto), quindi rinviata a causa della pandemia, la mostra-evento segna il ritorno d'un grande appuntamento culturale in un Regno Unito ormai libero da ogni restrizione anti-Covid.
Ripercorrendo in ordine cronologico il folgorante percorso artistico di Raffaello, essa propone non solo alcuni dei suoi più celebri dipinti - dalla Madonna del Cardellino (Galleria degli Uffizi), al ritratto di Baldassarre Castiglione (Louvre), alla Fornarina (Palazzo Barberini) - ma pure testimonianze del suo ingegno multiforme, in parte inedite al grande pubblico, in campi che spaziano dalla architettura all'archeologia, dalla poesia al design per la scultura, fino agli arazzi, alla stampa, alle arti applicate. Con l'obiettivo di esplorare ogni aspetto della sua attività, in modo da mostrare plasticamente come e perché il maestro di Urbino abbia svolto un ruolo così centrale nella storia dell'arte italiana e mondiale. Se l'Ermitage di San Pietroburgo ha trattenuto la sua Sacra Famiglia, sullo sfondo del conflitto innescatosi fra Russia e occidente anche sul terreno della cultura dopo l'invasione dell'Ucraina, i curatori David Ekserdjian e Tom Henry hanno saputo integrare la collezione raffaelita della Gallery (nove opere chiave che includono la sublime Santa Caterina d'Alessandria, il cupo Papa Giulio II o la delicata Madonna dei Rosa) con prestiti, talora senza precedenti, ottenuti da tutto il mondo. Riunendo così, in un'unica galleria, sei diverse Madonne di Raffaello: più che abbastanza per garantire fin d'ora il successo annunciato di un'esibizione destinata a restare aperta al pubblico dal 9 aprile al 31 luglio. (ANSA).
Raffaello dalla mostra dei record al cinema Docu su evento alle Scuderie del Quirinale, 13-14-15 settembre
ROMA - "Raffaello alle Scuderie del Quirinale'', la mostra dei record con il maggiore numero di opere mai esposte, 200 capolavori, pur martoriata dalla pandemia, chiusa e riaperta e ogni volta con le lunghe file fuori alle Scuderie che l'hanno ospitata per tutto il tempo possibile. Ora arriva anche al cinema con un evento speciale, distribuito in sala da Adler Entertainment, il 13, 14 e 15 settembre.
"Raffaello alle Scuderie del Quirinale" (Raphael Revealed), diretto da Phil Grabsky, è un documentario sulla più grande mostra di sempre dedicata al genio Raffaello Sanzio da Urbino, nel cinquecentenario dalla morte. La mostra Raffaello 1520-1483 che si è tenuta a Roma, alle Scuderie del Quirinale, ha chiuso ad appena quattro giorni dall'inaugurazione a causa del lockdown imposto per l'emergenza Covid-19 e che, per questo, in pochi hanno avuto la fortuna di visitare. Poi ha riaperto è stata una sorta di laboratorio per le norme imposte alle esposizioni dal Covid con una specie di chiusura stagna e visite scaglionate per ammirare le meraviglie esposte. Un percorso, quello della mostra, che partiva dalla scomparsa, singolarmente avvenuta lo stesso giorno della nascita la sera del venerdì santo, e come in un susseguirsi di flashback illuminava via via gli anni che hanno preceduto la fine, i ritratti della maturità, a partire da quello poderoso di papa Leone X, insieme a tutto lo studio dell'antico, le riflessioni sull'archeologia, i disegni - bellissimi - che accompagnavano ogni quadro. Capolavori da tutto il mondo: in primo luogo dagli Uffizi ma anche da Monaco la Madonna Tempi, da Madrid la dolcezza della Madonna della rosa, da Washington la Madonna d'Alba. Mai così tante opere di Raffaello tutte insieme. Il percorso si chiudeva con il Raffaello giovinetto, l'autoritratto diventato icona del pittore.
Il pregevole lavoro cinematografico del pluripremiato regista inglese Phil Grabsky, nuovo pioniere del genere del documentario dedicato all'arte, già autore di lavori dedicati a Leonardo, Matisse, Monet, Renoir e Cézanne, documenta gli oltre 200 capolavori esposti, tra dipinti e disegni per dare vita al genio, alla creatività e alla capacità pittorica del nostro gigante del Rinascimento. Il film, la cui gestazione è durata quasi tre anni, è girato in Ultra HD e prodotto dalla società di produzione dello stesso regista, la Seventh Art Productions, in collaborazione con il brand Exibition on Screen (EOS).
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Slitta al 30 ottobre mostra "Raffaello giovane" a C.Castello. Il 18 settembre anteprima dell'evento
In una nota, le curatrici e il Comune tifernate spiegano che la data è stata "aggiornata a causa dei maggiori adempimenti previsti per la logistica degli allestimenti". "Non abbiamo voluto rinunciare alla mostra - prosegue la nota - nonostante le molte difficoltà che implica organizzarla durante una pandemia.
Questo però ha determinato uno spostamento di data per poter concludere l'intera rete delle procedure connesse ai contatti con i musei e al trasporto delle opere, alcune fuori Italia ma anche fuori Ue ormai e l'adeguamento del museo che ospiterà la mostra con un nuovo allestimento sia permanente che temporaneo.
Abbiamo mantenuto la data del 18 settembre simbolicamente: era la data che avevamo scelto e che abbiamo cercato di mantenere fino alla fine. Servirà come anteprima dell'evento e del restauro dello Stendardo di Raffaello, una delle grandi attività connesse alla mostra".
Al Teatro degli Illuminati - in sicurezza - le curatrici presenteranno in anteprima i dettagli della mostra e il restauro dello Stendardo, l'immagine guida della stessa esposizione. La corale Marietta Alboni presenterà in anteprima il video "Il nostro Raffaello". Evento e video saranno trasmessi in diretta Facebook. (ANSA).
I Lincei ricostruiscono il laboratorio di Raffaello
ROMA - Negli esuberanti festoni che incorniciano la grande loggia di Villa Farnesina, all'epoca palcoscenico di gran lusso per le feste e i ricevimenti che il banchiere Chigi suo ricco proprietario organizzava con frequenza per mantenere le sue tante e importanti relazioni, il bravissimo Giovanni Da Udine volle citare anche i frutti e le verdure appena arrivati dalle Americhe, primizie assolute per l'aristocrazia romana, come la zucca gialla, le zucchine, il mais. E proprio l'America in qualche modo ritorna e rende omaggio ai 500 anni dalla morte di Raffaello, autore di tante meraviglie di questa villa, con una storia a fumetti pubblicata da Topolino "Zio Paperone e la pietra dell'oltreblù" che l'Accademia dei Lincei, oggi proprietaria della sontuosa magione di cui è curatrice Virginia Lapenta, metterà in mostra a febbraio, esponendone cartoni e bozzetti. E non solo, perché in quella fantasmagorica residenza vanto del banchiere Agostino Chigi che lì volle sposare la sua bella Francesca Ordeaschi, verrà per l'occasione ricostruito quello che deve essere stato all'epoca il laboratorio in situ del divin pittore con alcuni degli oggetti che troviamo nei suoi quadri, i gioielli che faceva indossare alle sue modelle, dalla Fornarina alla stessa bellissima e sfortunata Ordesaschi, la sposa che tanto fece scandalo e che morì misteriosamente, giovanissima, poco dopo Raffaello e lo stesso banchiere suo marito.
Inutile dire che il particolare più interessante di quella bottega ricostruita saranno proprio i colori di Raffaello, i pigmenti che usava, e soprattutto gli elementi recuperati dalla ricetta latina che gli servirono per riprodurre il prezioso blu egizio, il pigmento storico che ricreò apposta per impiegarlo nell'affresco dedicato al Trionfo di Galatea. Una curiosità? Grande amante delle antichità e appassionato studioso, Raffaello in realtà non conosceva il latino. Aveva però brillantemente risolto il problema assumendo un traduttore che era sempre con lui, collaboratore fisso della sua bottega.
Tant'è. Alla mostra, spiegano dai Lincei, verrà legato anche il seminario sul blu egizio inizialmente previsto per questo novembre e quindi rinviato causa Covid come "Raffaello in Villa Farnesina: Galatea e Psiche", l'esposizione principe del cinquecentenario, curata da Antonio Sgamellotti, Socio Linceo, e da Virginia Lapenta, Conservatore della Villa. Realizzata insieme alla Panini Comics, questa particolarissima mostra porterà in scena Paperello Sanzio, paperotto prodigio pronto a ricevere l'eredità artistica di famiglia e a superarla grazie alla sua bravura. L'avventura - pubblicata a episodi su Topolino nello scorso mese di aprile - vede Zio Paperone, Paperino, Qui, Quo e Qua impegnati in una ricerca che li porta a girare tutta l'Italia per poi fare tappa anche Villa Farnesina (nel fumetto chiamata Villa Paperina).
Bruno Enna (sceneggiatore della storia) e Alessandro Perina (disegnatore) si sono ispirati a Villa Farnesina per far conoscere la storia degli affreschi raffaelleschi, commissionati dal suo amico Chigi proprietario della Villa. È nato così il quarto degli episodi che racconta del tentativo della strega Amelia di impossessarsi della famosa pietra dell'oltreblù per costruire un amuleto in grado, finalmente, di farla entrare nel deposito di zio Paperone per conquistare la sua Numero Uno.
Quando la storia è andata in pagina - spiegano oggi dai Lincei - non era ancora stata data la notizia dei sorprendenti risultati cui erano giunte le indagini sui materiali impiegati da Raffaello per realizzare il Trionfo di Galatea. Non si sapeva ancora, in particolare, che l'urbinate avesse usato un pigmento particolarissimo, il blu egizio, primo blu artificiale della storia dell'arte di cui si era perso l'uso da secoli. E così proprio dopo la pubblicazione della scoperta fatta dal gruppo coordinato da Antonio Sgamellotti e composto da Claudio Seccaroni (Enea), Chiara Anselmi (Iret-Cnr), Michela Azzarelli, Manuela Vagnini (Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto), Roberto Alberti, Tommaso Frizzi (XGLab-Bruker), è nata l'idea di allestire, insieme al laboratorio, una mostra nella quale saranno esposti i bozzetti dell'episodio in cui compare Galatea e tutta la Villa, anche se nei fumetti il blu di Paperello Sanzio è ancora prodotto a partire dal lapislazzuli. Una serie di didascalie poste accanto alle tavole daranno ragione di tutti gli elementi e le persone realmente esistiti che vengono omaggiati in Zio Paperone e la pietra dell'oltreblù.
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Cinquecentenario. Raffaello manager dell’«arte totale»
Avvenire
Dal libro di Marco Bussagli, Raffaello, che esce in questi giorni da Giunti in grande formato (pagine 320, euro 85) anticipiamo alcuni brani dedicati alla filosofia con cui l’urbinate organizzò in modo modernissimo la sua bottega. Mentre il V centenario della morte va a chiudersi, questo volume ripercorre storia, mito e temi del genio che fu formidabile disegnatore, pittore di quadri e di affreschi e anche architetto. Diviso in due sezioni, la prima svolge un percorso storico-critico , mentre la seconda presenta letture di opere e dettagli pittorici.
Se esiste una figura del Rinascimento che assomma in sé le varie caratteristiche di una superstar dei tempi moderni, questa è Raffaello Sanzio. Rispetto agli altri due giganti dell’epoca, Leonardo e Michelangelo, infatti, il pittore urbinate ha una personalità che lo avvicina a quella dei grandi divi del cinema o della musica di questo secolo o di quello appena trascorso. La solarità di un successo che arrise all’artista fin da giovane e la felice condizione di un aspetto di riconosciuta avvenenza sono peculiarità che non possiamo ritrovare, per esempio, in Michelangelo, la cui fisicità condizionò la vita del grande artista sfociando in un tormento interiore che non trova riscontro nell’esistenza di Raffaello. Amato dal genere femminile, ricco e incline a godersi i piaceri della vita, il Sanzio fu un vero imprenditore, oltre che un grande artista (…).
Raffaello prima di Bernini e Bernini prima di Le Corbusier. Fu infatti l’architetto francese l’ispiratore della celebre frase pubblicata nella Carta di Atene del 1952 divenuta lo slogan dell’architetto triestino Ernesto Nathan Rogers che della sua arte diceva: «Dal cucchiaio alla città». È questa la chiave di lettura per cogliere l’impostazione che il Sanzio dà alla sua idea di bottega: non solo un apparato che supporti la produzione del maestro, ma una struttura in grado di fare fronte a tutte le esigenze di mercato e culturali a esso connesse, con una diversificazione delle competenze all’interno di una stessa regìa, quella di Raffaello. In realtà, l’artista urbinate aveva avuto esempi importanti e concreti cui ispirarsi, a cominciare dalla bottega paterna di Giovanni Santi... L’altro modello che aveva ben presente era, come è ovvio, quello del suo secondo maestro, Pietro Vannucci, un artista che era un vero e proprio impresario… La sua bottega si sperimentò in imprese epocali come quella della Sistina che, tuttavia, si era configurata con modalità ben diverse da quelle più tradizionali, nel senso che il pittore si era misurato con altri maestri di ugual levatura che aveva dovuto coordinare. Un modello non troppo dissimile da quello che avrebbe poi messo a punto negli anni il Sanzio, paradossalmente negli stessi luoghi. (…)
Dietro tale percorso, però, c’era una visione teorica che non è difficile far risalire, prima di tutto, proprio a Giovanni Santi, in quanto uomo di teatro, e poi a Vasari che le conferì la sua dimensione ufficiale. Studi ormai storici riconducibili alle ricerche di Alfredo Saviotti hanno attribuito al padre di Raffaello la messa in scena teatrale dei giorni dal 26 al 30 maggio 1475, organizzata per festeggiare l’anniversario di nozze di Costanzo Sforza e Camilla d’Aragona, che si erano celebrate a Pesaro un anno prima. Il testo ci è pervenuto nel manoscritto (Pal. 286) oggi conservato presso la Biblioteca nazionale di Firenze. Che poi Giovanni Santi avesse davvero intrapreso un’attività teatrale è testimoniato dalla lettera di Capilupi che descrive la festa di teatro organizzata per le nozze, nel febbraio del 1488, di Guidobaldo da Montefeltro ed Elisabetta Gonzaga. Da tutto questo si evince come il Santi avesse ben chiara, già lui, l’idea di quella che potremmo definire 'arte totale'. Nel prevedere e coordinare lo spettacolo, infatti, l’eclettico artista, in qualità di autore del testo e, verosimilmente, pure scenografo nonché, forse, perfino regista, sperimentò la dimensione concreta dell’arte totale che aveva, come corollario, la necessità di cedere parte delle competenze ad altri. Del resto, l’approccio critico di Giovanni Santi è quello di chi vuole dimostrare la parità della pittura e della scultura nei confronti della letteratura, ossia elevare due arti meccaniche al rango di arti liberali. Un’idea che, in certo senso, implica la declinazione del processo creativo con la cessione di quote del piano generale a competenze altrui, in un’ottica di confluenza delle singole arti in un unico disegno. Non mera esecuzione, ma progettazione. In armonia con questo pensiero critico si pone l’apporto di Vasari e della concezione di quelleda lui definite 'arti congeneri'. È, infatti, nel suo Proemio all’Introduzione alle tre arti del disegno, premessa, a sua volta, alle celebri Vite, che lo scrittore aretino vuole confutare l’idea che sia la scultura ad avere un maggior numero di 'arti congeneri' come oreficeria, glittica, cesello, e via di questo passo. Per farlo, Vasari compie una serie di passi e riflessioni, spiegando «che la scultura e la pittura per il vero sono sorelle' perché, come l’architettura, 'la più universale' delle arti, sono tutte 'nate di un padre che è il disegno ». È a questi scenari che s’ispira l’azione artistica del Raffaello maturo (...).
Quella di Raffaello, però, è una presa di coscienza graduale che prende le mosse da un’impostazione tradizionale della bottega, come quella degli esordi, con la collaborazione di Evangelista di Pian di Meleto e di Timoteo Viti, ridotta al lumicino rispetto ai fasti di Giovanni Santi. Da qui il maestro inizia il suo cammino e, con tanto lavoro, cresce all’ombra del ricordo del padre, per arrivare a vette eccelse. Varrà la pena di ricordare, in questo senso, il suo intervento nella cappella Chigi in Santa Maria della Pace a Roma dove, accanto alla finestra che sovrasta l’arcosolio decorato da Raffaello, Viti eseguì un altro affresco su disegno del maestro, con quattro Profeti identificati da altrettante scritte, ossia Abacuc, Giona, David e Daniele. Tuttavia, la prima occasione che vide concretamente al lavoro una bottega in grado di far fronte a committenze importanti fu quella che operò nelle Stanze di Giulio II. Crebbe, allora, intorno al maestro,un gruppo di pittori le cui competenze finirono pian piano per emergere, fino a trasformare i rispettivi titolari di ciascun personale know-how (come si dice oggi) in altrettanti maestri, come Giulio Romano, Giovan Francesco Penni e, come s’è visto, il'vecchio' Timoteo Viti. Nasceva così, fra gli estremi della necessità del mercato e quelli della novità critica e cosciente dell’arte totale, quel rivoluzionario concetto di progetto corale che si sarebbe poi sviluppato anche con Bernini, sfociando nell’idea del 'bel composto', ossia nell’unità tematica e visiva di architettura, scultura, pittura e decorazione.
Tracce di Raffaello nelle collezioni sabaude
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TORINO - Nell'anno delle celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Raffaello, una piccola mostra legata ad alcuni episodi significativi della corte sabauda, al via a Torino, racconta l'importanza di questo protagonista del Rinascimento e la sua influenza sugli artisti a lui contemporanei o successivi in tutta Europa. L'esposizione, visitabile alla Galleria Sabauda fino al 14 marzo del prossimo anno, è stata illustrata alla stampa oggi in modalità da remoto.
Sostenuta dal Comitato nazionale per le celebrazioni del cinquecentenario del Mibact, è stata realizzata in partnership con Intesa Sanpaolo e in collaborazione con il Centro di Restauro La Venaria Reale. Presenta 33 opere, lavori che derivano direttamente dai modelli del maestro nella forma di copie o di reinterpretazioni.
In mostra fra le altre opere, anche alcune copie antiche della Madonna d'Orléans, opera giovanile di Raffaello forse appartenuta al duca Carlo II di Savoia, oggi conservata presso il Museo Condé di Chantilly e replicata già nella prima metà del Cinquecento da alcuni dei principali artisti attivi in area piemontese. L'originale, testimonia una lettera, fu a Torino, ma probabilmente in seguito a un furto denunciato da Cristina di Francia se ne persero le tracce fino al '700, quando riapparve nelle collezioni del reggente di Francia Filippo d'Orleans.
Tutto di Raffaello celebre ritratto di Leone X
FIRENZE - Le figure dei cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi, che affiancano Leone X nel celebre dipinto del 1518 di Raffaello Sanzio, non furono aggiunte in un secondo momento ma sono opera della mano dell'Urbinate: è quanto emerso dalle analisi analisi diagnostiche effettuate all'Opificio delle Pietre Dure durante il restauro dell'opera protagonista della mostra 'Raffaello e il ritorno del Papa Medici - restauri e scoperte' a Palazzo Pitti (27 ottobre-31 gennaio 2021), curata dal soprintendente dell'Opificio Marco Ciatti e dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt.
Il restauro, iniziato nell'autunno 2017, si era reso necessario per la presenza di numerosi piccoli, pericolosi sollevamenti degli strati pittorici originari. Anche il supporto ligneo, che iniziava a mostrare alcune rigidità, è stato restaurato. Grazie alle tecniche radiografiche, fotografiche, di imaging, di microscopia ottica, a scansione microprofilimetrica, è stato possibile rintracciare integralmente la 'trama' disegnata in origine da Raffaello, e stabilire che tutta l'opera è integralmente dovuta alla sua mano.
La mostra, presentata oggi a Firenze, sarà aperta al pubblico da domani nella sala delle Nicchie della Galleria Palatina di Palazzo Pitti. L'opera torna a Firenze dopo più di due anni di restauro all'Opificio, e la trasferta a Roma per la grande esposizione alle Scuderie del Quirinale. Al termine dell'esposizione il dipinto troverà collocazione nella sala di Saturno della Galleria Palatina, in compagnia di una serie di capolavori di Raffaello. (ANSA).
A Perugia Raffaello tra reale e virtuale
PALAZZO BALDESCHI (PERUGIA) - Un Raffaello, tra reale e virtuale, animerà le sale di Palazzo Baldeschi a Perugia fino al 6 gennaio 2021. Le opere del sommo artista italiano sono da oggi esposte nella mostra 'Raffaello in Umbria e la sua eredità in Accademia', in una versione multimediale per la sezione curata dalla Fondazione CariPerugia Arte e in una espositiva più classica grazie all'Accademia di Belle Arti 'Pietro Vannucci' di Perugia.
Gli organizzatori vogliono così, come è stato ricordato nel corso dell'inaugurazione, rendere omaggio a Raffaello Sanzio a 500 anni dalla sua scomparsa. Fra le manifestazioni riconosciute dal Comitato nazionale creato per le celebrazioni, la mostra è anche parte del percorso 'Perugia celebra Raffaello' e si inserisce nel più ricco programma 'Raffaello in Umbria', coordinato dal Comitato organizzatore regionale.
Come ha spiegato Cristina Colaiacovo, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la mostra è divisa in due sezioni: la prima, quella multimediale, a cura di Francesco Federico Mancini, con la regia di CariPerugia Arte e il contributo della Soprintendenza Archivistica dell'Umbria e delle Marche e dell'Archivio di Stato di Perugia; la seconda dal sottotitolo 'L'Accademia di Perugia e Raffaello: da Minardi e Wicar al Novecento' realizzata dall'Accademia di Belle Arti e curata da Alessandra Migliorati, Stefania Petrillo e Saverio Ricci, con il coordinamento di Giovanni Manuali, conservatore dei Beni dell'accademia.
La versione digitale di Raffaello si mostra subito coinvolgente, con i visitatori che possono persino vederlo mentre disserta con suo padre e con il suo maestro Pietro Vannucci, detto il Perugino, grazie ad alcuni attori in costume rinascimentale. La cosa particolare è poi che con questa esperienza immersiva tra suggestioni visive e sonore si potranno così ammirare, accompagnati da informazioni lette da una voce narrante, tutte le opere legate all'Umbria, se ne contano 12, oggi conservate nei più importanti musei del mondo.
Raffaello nel capoluogo umbro ha trascorso più o meno sei anni della sua vita, dal 1500 al 1505 circa. Perugia e Città di Castello, rappresentano i luoghi dell'Umbria dove ha mosso i primi passi e svolto una parte significativa della sua formazione artistica. Le uniche due opere ancora conservate in Umbria sono comunque il Gonfalone della Trinità, nella Pinacoteca comunale di Città di Castello e l'affresco di San Severo presso l'omonima cappella annessa alla chiesa camaldolese, oggi di proprietà del Comune di Perugia.
Fiore all'occhiello della mostra sono poi tre prestigiose opere del Rinascimento umbro appartenenti alla collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e realizzate da tre maestri a cui Raffaello si ispira e con i quali si relaziona quando arriva in Umbria: la 'Madonna col Bambino e due cherubini' di Perugino, la 'Madonna con il Bambino e San Giovannino' di Pintoricchio e il 'Santo Stefano lapidato' di Luca Signorelli.
Mario Rampini, presidente dell'Accademia di Belle Arti, ha presentato infine la sezione che mette in mostra l'eredità di Raffaello alla 'Pietro Vannucci'. Con quattro parti tematiche e cronologiche si vuole mostrare e dimostrare come, per tutto l'Ottocento, Perugia e l'Accademia, furono un vivaio di talentuosi pittori che rielaborano la lezione degli antichi maestri, Perugino e Raffaello prima di tutti, attualizzandone modelli e stile.
La mostra è corredata da uno speciale catalogo definito "covid free", realizzato da Fabrizio Fabbri Editore con un innovativo sistema di stampa certificato "capace di abbattere la carica batterica e alcuni tra i principali agenti microbici e fungini, sviluppato con lo stampatore Graphic Masters in collaborazione con tre laboratori di analisi specializzati".
(ANSA).
Raffaello a Roma tra ville, chiese e musei. Dove vedere le opere del geniale artista
ENIT SOSTIENE LA MOSTRA IMPOSSIBILE DI RAFFAELLO
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La Regione Marche, in collaborazione con ENIT presenta “Raffaello Una mostra impossibile”
Raffaello e gli amici di Urbino. La Galleria Nazionale delle Marche omaggia il genio a ottobre
ansa
URBINO La fioritura di un genio, la conquista della modernità e di uno stile rivoluzionario, alla luce di una rete di incroci generazionali e scambi culturali: è la mostra "Raffaello e gli amici di Urbino" che la Galleria Nazionale delle Marche - Palazzo Ducale di Urbino accoglierà dal 3 ottobre al 19 gennaio, in occasione dell'anno raffaellesco che celebra i 500 anni dalla morte dell'artista urbinate.
A cura di Barbara Agosti e Silvia Ginzburg, l'esposizione documenta quanto le relazioni personali di Raffaello Sanzio con un gruppo di artisti che operavano a Urbino abbiano contribuito alla nascita della sua eccezionale personalità. Analizzando il ruolo di Pietro Perugino nella formazione e nella prima attività di Raffaello e il rapporto tra quest'ultimo e i concittadini artisti Girolamo Genga e il più anziano Timoteo Viti (e soprattutto gli esiti diversi che i due ebbero rispetto a Raffaello di fronte alle nuove sollecitazioni della pittura figurativa) emerge nella mostra il grande salto qualitativo che il genio urbinate riuscì a compiere, dando il proprio contributo all'evoluzione del linguaggio pittorico tra '400 e '500.
Il progetto espositivo presenta al pubblico circa 80 opere, di cui una decina di Raffaello, con un obiettivo ambizioso, quello di "trasmettere lo spirito dell'umanesimo e l'atmosfera di creatività che c'era nella seconda metà del '400 a Urbino dove è nato Raffaello", spiega a Roma il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, l'austriaco Peter Aufreiter, che dopo 4 anni di direzione lascerà a fine anno Palazzo Ducale per trasferirsi a Vienna, dove guiderà il Technischen Museums, il Museo della Scienza e della Tecnica. Un addio amaro il suo, in polemica con la 'controriforma' ministeriale voluta dal ministro Bonisoli che ridimensiona l'autonomia gestionale dei musei (introdotta dall'ex ministro Franceschini): "Per esempio ora anche gli accordi per i prestiti internazionali saranno gestiti da Roma. Mi dispiace andare via proprio nel 2020, con l'anno raffaellesco, ma in questa situazione non mi sento più di dirigere il museo. Mi auguro che questa mostra di livello internazionale sia un punto di partenza per Urbino: se non si viene in questa città non si può capire Raffaello", dice il direttore, che lascia le Marche nonostante i successi (e il grande aumento di visitatori) ottenuti con la sua direzione.
La mostra, il cui progetto ha richiesto circa 3 anni di lavoro, sarà dunque il primo omaggio che la Galleria Nazionale delle Marche farà al grande urbinate, per capire quanto il contesto cittadino sia stato fondamentale per l'artista e la sua crescita; poi seguiranno altri due appuntamenti espositivi, "Raphael ware. I colori del Rinascimento", dedicata alla ceramica cinquecentesca, e "Sul filo di Raffaello", legata alla realizzazione dei cartoni che il Sanzio fece per gli arazzi della Cappella Sistina. Intanto, proprio in vista delle celebrazioni raffaellesche, la Galleria ha appena portato a termine il progetto "Raffaello in Minecraft", in collaborazione con Microsoft: per la creazione del videogioco, che svela la storia di Raffaello nella città di Urbino, sono stati coinvolti attraverso un contest oltre 2000 studenti delle scuole primarie e secondarie per permettere loro di contribuire alla narrazione.
Inoltre, la Galleria ha voluto realizzare per il suo pubblico più giovane ("un terzo dei nostri visitatori è costituito da studenti in gita scolastica che quest'anno sono addirittura aumentati del 20%", dice Aufreiter) il volume illustrato "Raffaello bambino", opera dell'illustratore urbinate Giancarlo Carloni: nel libro sono raccontate le vicende di Raffaello bambino che, sognatore, irrequieto e un po' pasticcione, scopre alla Corte di Urbino la sua vocazione, ossia diventare pittore come lo era suo padre Giovanni Santi.
In sala Raffaello, principe delle Arti 3-4-5 aprile tutto sul genio nel film in 3d prodotto da Sky
Raffaello, il Principe delle Arti ripercorre le vicende umane e artistiche del genio urbinate, sin dalla tenera infanzia strettamente collegate, in quanto figlio di Giovanni Santi, che a Urbino, tra le capitali dell'arte e della cultura di fine '400, era tra i pittori piu' apprezzati e richiesti. A dare il volto all'artista nelle ricostruzioni storiche e' l'attore e regista Flavio Parenti, mentre Enrico Lo Verso e' il padre che lo introduce ancora bambino nella sua fiorente bottega. L'excursus storico-artistico, realizzato in gran parte con la collaborazione dei Musei Vaticani, si snoda attraverso 20 location e presenta 70 opere, di cui oltre 40 di Raffaello, fra cui le principali opere dell'artista custodite nei musei italiani ed esteri, come lo Sposalizio della Vergine, la Madonna del Cardellino, La Fornarina, La Velata, La Madonna Sistina. Un connubio tra spettacolo e arte, anche per la formula scelta dopo un anno e mezzo di attenta preparazione, vale a dire affidare il commento delle diverse fasi della formazione e dell'evoluzione dello stile dell'urbinate a tre dei maggiori esperti della sua arte: Antonio Paolucci, Vincenzo Farinella, Antonio Natali