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La montagna piace anche d’estate, 73 milioni di presenze


Dalla Dolomiti agli Appennini si mantiene forte e stabile l’interesse verso la montagna per le vacanze estive. Secondo una ricerca di Jfc, quest’estate si stimano 6 milioni 538mila arrivi (+1,7% rispetto allo stesso periodo del 2023) che, grazie ad una permanenza media di 11,2 giorni, porteranno a superare i 73 milioni 222mila presenze nelle aree montane e appenniniche italiane (+0,8%), generando un fatturato complessivo di 5 miliardi 565 milioni di euro. Fatturato sostenuto anche dall’incremento del 13,8% della spesa che sosterranno i nostri connazionali per effettuare questa tipologia di vacanza.

In particolare la montagna – spiega Massimo Feruzzi, amministratore unico Jfc e responsabile della ricerca – è scelta dal 16% di coloro che, quest’anno, faranno una vacanza durante il periodo estivo. Un dato, questo, che segna un incremento del +0,8% rispetto allo scorso anno, che porta ad una crescita complessiva nell’ultimo biennio pari ad un decisamente positivo +3,5%. Analizzando le motivazioni che spingono gli italiani a prediligere questa tipologia di vacanza, emerge come la medesima sia vista come “rigenerante, rilassante, benefica” (19,9%), ma anche come trascorre un periodo di vacanza in montagna o in Appennino possa garantire – più di qualsiasi altro luogo – il “distacco dalla quotidianità e l’allontanamento dalle problematiche quotidiane” (15,8%), tornando molto spesso nelle destinazioni conosciute e già frequentate, segnando quindi un indice di fidelizzazione pari al 47,1%. Significativo è anche il fatto che gli italiani vedono in questa vacanza l’opportunità di “non usare l’auto” e, di nuovo, di non essere condizionati dagli obblighi di tutti i giorni.

travelnostop.com

Dopo il maltempo, ora si teme pioggia di disdette sulle Alpi

La pioggia rischia di far annegare il turismo sulle Alpi occidentali nella stagione estiva appena iniziata. Il timore ora è di una pioggia di disdette che vadano ad abbattersi sulle imprese ricettive e sul commercio. “Per questo occorre precisare – esordisce Luigi Fosson, presidente degli albergatori valdostani – che la Valle d’Aosta è aperta, perfettamente funzionante, pronta ad ospitare i turisti come ogni anno. Ci sono dei problemi solo a Cogne e a Cervinia, tutto il resto della regione gira a pieno regime. Nel caso della valle di Cogne speriamo che si possa ripristinare la viabilità al più presto, magari entro la fine di luglio. E’ una località che ha una clientela particolare, può vantare ospiti affezionati, molti non hanno nemmeno voluto le caparre indietro e hanno deciso di tornare nei prossimi mesi per un’altra vacanza”.

Intanto, per oggi è attesa la ministra del turismo Daniela Santanché che visiterà le località colpite dall’alluvione dei giorni scorsi. Alle 15 è previsto l’arrivo all’aeroporto di Aosta dove incontrerà autorità, protezione civile e operatori turistici. Non è escluso che la ministra faccia anche un sorvolo in elicottero di Cogne e Cervinia, le località colpite dal maltempo.

Nel mezzo dell’emergenza, tra gli albergatori è subito scattata la solidarietà. Ad Aosta sono stati ospitati gli sfollati da Cogne che hanno scelto di proseguire il loro soggiorno. “E’ un’iniziativa che ha avuto un grande riscontro, come comunità cerchiamo tutti di dare una mano” aggiunge Fosson.

Oltre al turismo c’è il territorio che fa la conta dei danni. Quelli pesantissimi alle infrastrutture, a partire dalla strada regionale di Cogne, distrutta in più punti dal torrente Grand Eyvia (riprende quota il progetto di un collegamento funiviario con Pila e poi con Aosta, si attendono i risultati di uno studio). Quelli agli esercizi commerciali del centro di Cervinia, una trentina di attività che sono state sommerse da fango e detriti provenienti dall’esondazione del torrente Marmore.

La situazione non è migliore in Piemonte. “A seguito delle recenti piogge intense che hanno causato colate di massi e fango, la comunità di Macugnaga si trova a fronteggiare una situazione di emergenza senza precedenti. La popolazione locale e le attività commerciali hanno subito danni significativi, con molte strutture turistiche che hanno visto un’ondata di cancellazioni a causa dell’instabilità del meteo” scrive Federalberghi Verbano-Cusio-Ossola chiedendo alla Regione Piemonte “un piano di sostegno per le imprese e le famiglie colpite”.

travelnostop.com

 

Priante lancia idea per task force paesi alpini su montagna

 

“La montagna è il prodotto perfetto per mettere a terra scelte di sostenibilità ambientale e sociale, centrale per contribuire a destagionalizzare e a sviluppare le aree interne in maniera credibile e duratura. Ho proposto un tavolo permanente di lavoro tra paesi alpini e dei Pirenei per studiare assieme buone pratiche di prodotto e di promozione del turismo montano e del benessere”. Lo ha detto Alessandra Priante, presidente Enit SpA, nel corso del 12° Congresso Mondiale del turismo nella neve, della montagna e del benessere organizzato dall’UN TOURISM ad Andorra per potenziare la formazione, lo sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro nel settore del turismo montano.

In apertura del Congresso, dopo l’intervento del primo ministro di Andorra Xavier Espot Zamora, Priante ha partecipato al panel di alto livello con il Ministro del Turismo di Andorra Jordi Torres e la Segretaria di Stato per il Turismo spagnolo e Presidente di Turespaña, Rosanna Murillo, per parlare di strategie di sviluppo e promozione che diano un valore aggiunto alle destinazioni di montagna.

Protagonista del dibattito la montagna che in Italia muove flussi notevoli se si pensa che i visitatori internazionali per la vacanza in montagna in Italia nel 2022 (ultimo dato disponibile) indicano oltre 3 milioni di viaggiatori (+125,1% sul 2021), per un totale di circa 19 milioni di pernottamenti (+88,9% sul 2021) per una spesa complessiva di 2,7 miliardi di Euro (+159,2% sul 2021). Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati Banca d’Italia.

Il ranking dei mercati di origine per numero di pernottamenti per le vacanze in montagna in Italia nel 2022 vede in testa la Germania, i Paesi Bassi e la Francia, seguiti da Belgio, Austria, Regno Unito, poi Svizzera, Danimarca, Repubblica Ceca e Polonia.

“La sostenibilità ambientale, sociale ed economica è una sfida che dobbiamo affrontare con urgenza, considerando i cambiamenti climatici in corso e l’esaurimento delle risorse naturali. È necessario adottare pratiche sostenibili in tutti i settori, compreso il turismo, per preservare il nostro territorio e garantire un futuro migliore alle generazioni future. L’innovazione, poi, è essenziale per rimanere competitivi sul mercato e creare nuove opportunità di sviluppo. Il settore turistico, in particolare, può beneficiare enormemente delle nuove tecnologie e delle soluzioni innovative per migliorare l’esperienza dei visitatori, aumentare la redditività delle imprese e ridurre l’impatto ambientale”, sostiene la Priante.

Il viaggio benessere sostenibile ha le componenti del turismo del benessere (cibo sano, esercizio fisico e relax), ma apporta anche benefici all’ambiente promuovendo un approccio eco-compatibile attraverso il riutilizzo delle risorse, il riciclo e la rigenerazione. I viaggiatori sono più informati e consapevoli degli impatti ambientali in tutto il mondo. Sono alla ricerca di esperienze che possano avvantaggiarli lasciando un impatto positivo sulla società.

“Questo sarà un gran contributo per lo sviluppo del lato turistico nell’ambito Milano-Cortina 2026, un evento che si stima porterà benefici diretti e indiretti per oltre il 92 per cento delle imprese che operano nel settore montano e che porterà ad un aumento dell’occupazione per oltre 13 mila unità lavorative. All’aumento di valore aggiunto e occupazione corrisponderà, infine, un incremento nel livello del reddito, stimato pari a circa 320 milioni di euro, di cui 225 milioni all’interno al settore. Questa sfida richiede il coinvolgimento di tutti e un impegno concreto verso la creazione di un territorio più sostenibile, inclusivo e prospero” conclude Priante.

Deserto Italia, la crisi climatica in mostra al Muse di Trento


 TRENTO - Alpi senza neve, fiumi senz'acqua, laghi ai minimi, ma anche intense piogge ed esondazioni: tra siccità e alluvioni gli impatti della crisi climatica sono ormai realtà e l'Italia ne è già particolarmente esposta, anche perché si trova nell'hotspot climatico del bacino Mediterraneo. La mostra fotografica Deserto Italia di Stefano Torrione, che verrà inaugurata al Museo delle Scienze di Trento il 16 giugno - in occasione della Giornata mondiale della desertificazione e della siccità - racconta attraverso 22 scatti in bianco e nero che ruotano attorno al concetto di deserto, i paesaggi italiani da nord a sud del Paese in cui sono state più evidenti le 'ferite' inferte dal clima.

La mostra sarà visitabile fino al 20 agosto 2023.
    Nel corso del 2022, Stefano Torrione ha perlustrato a piedi le aree glaciologiche, fluviali e lacustri, fotografando le zone più significative. In formato 16/9 e con il linguaggio austero del bianco e nero, gli scatti evidenziano gli effetti sul territorio del riscaldamento globale e affrontano il tema della "sofferente bellezza", come segno del paesaggio colpito dalla siccità.
    Il lavoro di ricerca fotografica sul paesaggio italiano di Stefano Torrione è ancora in corso e si concluderà alla fine di questo anno. Al centro del lavoro e della ricerca dell'autore, il concetto di "deserto": deserto sono i ghiacciai che si ritirano e si spaccano, deserto sono i fiumi che si asciugano lasciando emergere i letti sabbiosi, deserto sono i laghi che si abbassano facendo affiorare fondali rocciosi. Dal naturale all'artificiale, la ricerca si estende anche ai deserti causati dall'uomo o per i quali il fattore antropico è determinante, come ad esempio le zone di grandi incendi o degli impianti sciistici dismessi. 

ansa.it

Intervista. Alex Cittadella: «Nel cielo delle Alpi la verità dell'uomo»

 

A colloquio con lo storico e scrittore friulano: «Chi ha vissuto queste valli ne ha sempre tratto cultura e insegnamento. Oggi lo sfruttamento e la crisi ambientale ci dicono che non è più così»

Lo scrittore Alex Cittadella

Lo scrittore Alex Cittadella

«Un mondo affascinante e fantastico», quello delle Alpi, osservato con l’occhio indagatore dello storico ma anche con lo sguardo incantato di un bambino: sin dall’infanzia Alex Cittadella, 42 anni, docente nelle scuole superiori e dottore di ricerca in Storia moderna al Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio all’Università di Udine, ha iniziato ad amare le montagne grazie alla madre friulana e al papà bellunese. «Le Alpi in particolare, e la natura in generale, sono sempre state una passione nutrita dal legame affettivo, ma anche estetico: faccio camminate in tutte le stagioni, anche se prediligo quelle meno turistiche. E poi sono lo sfondo che vedo ogni giorno dalle finestre, un punto di riferimento costante», racconta Cittadella nella sua casa a Pasian di Prato, in provincia di Udine. Da pochi giorni è in libreria con Il cielo delle Alpi. Da Ötzi a Reinhold Messner, edito da Laterza in collaborazione con il Cai (Club alpino italiano), che definisce «un’intensa camminata lungo il tempo e lo spazio per immergersi nel clima alpino attraverso lo sguardo di alcuni affascinanti personaggi storici». Infatti l’autore racconta come protagonisti del passato e del presente abbiano convissuto con le trasformazioni dell’arco montuoso. E lo fa scegliendo di assumere in alcuni capitoli la prima persona, tanto che le tappe percorse so- migliano a scalate interiori colme di empatia.

Perché questa scelta stilistica?

Una sfida d’immedesimazione che può piacere o no, insolita anche per l’editore, con l’obiettivo di avvicinare questi personaggi ai lettori, di sentirli più contemporanei, facendo capire il loro modo di costruire e di approcciarsi alla natura, che si ricostruisce dai reperti ritrovati. Quando ho cominciato a scrivere, mi è venuto di raccontare dall’interno Ötzi (vissuto nel Neolitico oltre 5.300 anni fa e ritrovato mummificato nel ’91 nella Val Senales, ndr), ma anche il condottiero cartaginese Annibale che valicò le Alpi nel 218 a.C. e il popolo dei Walser che ancora vive a 2 mila metri sul Monte Rosa. Entrando nelle loro epoche, volevo esprimere la soggettività del loro vissuto nel percepire la natura esterna, il loro rapporto intimo e più genuino con l’ambiente circostante, nella loro veste di testimoni diretti di un mondo prezioso, enigmatico e affascinante. Sotto quel cielo delle Alpi che, per chiunque percorra la nostra più elevata catena montuosa in auto, in bicicletta o a piedi, lungo il fondovalle, sui costoni o sulle cime, appare come una finestra sull’infinito, uno sguardo sull’eternità.

Ha scelto di indagare anche le Alpi di scrittori come Mario Rigoni Stern e Pierluigi Cappello, di esploratori come Walter Bonatti e Reinhold Messner, di artisti come Leonardo da Vinci.

Le Alpi sono al centro della riflessione pittorica di Leonardo: con lui si apre un percorso nuovo di attenzione e osservazione del clima alpino dal punto di vista naturalistico e artistico. Gli faranno da successori de Saussure con il suo approccio radicalmente scientifico e William Turner, che si innamorerà così profondamente dei paesaggi e del clima da trascorrere diversi soggiorni di studio sulle Alpi, producendo centinaia di disegni, acquerelli e opere artistiche in un periodo segnato dalle imprese di Napoleone Bonaparte. Giovanni Segantini, con la sua resa della luce e dei colori dell’Engadina e dei Grigioni, è autore di alcuni fra i dipinti di alta montagna più innovativi e rilevanti della storia dell’arte. Fino all’amore di Rigoni Stern per l’Altipiano di Asiago e ai versi di Pierluigi Cappello, capaci di esprimere l’interiorità più profonda del cielo sopra le Alpi Carniche. Gli alpinisti Bonatti e Messner hanno levato un grido intenso e accorato in difesa dell’ambiente primigenio della maestosa catena, mantenendo sempre un atteggiamento di assoluto rispetto nei suoi confronti.

Di recente la tragedia della Marmolada ci ha messo davanti agli effetti drammatici del riscaldamento globale: questa presa di coscienza c’è stata anche in passato per altri disastri ambientali? Pecchiamo di scarsa lungimiranza?

Gli ultimi 150 anni hanno determinato una svolta epocale nella storia climatica della Terra: l’azione dell’uomo sta determinando il più repentino e profondo mutamento climatico che il nostro pianeta abbia conosciuto da centinaia di migliaia di anni. Rispetto ai cambiamenti precedenti, ora il ruolo dell’uomo è assolutamente accertato e determinante. In passato, invece, le persone guardavano alle vette con una reverenza quasi sacrale, avevano un rapporto rispettoso e diretto con l’ambiente anche quando i ghiacciai avanzavano distruggendo pascoli e paesi: si sentivano parte di quell’ambiente e capivano che se lo avessero utilizzato male avrebbero avuto delle conseguenze negative. Sapevano di dover mantenere alti pascoli e boschi in determinate condizioni perché le generazioni successive potessero utilizzarli. Nell’epoca contemporanea concretamente si fa poco, nonostante i dati siano devastanti, come i climatologi ci ricordano da 40-50 anni. Eppure sfruttiamo il territorio per un profitto immediato, senza ragionare a livello comunitario. Spero molto che a partire dalle scuole si incida sulle nuove generazioni, più sensibili nei confronti dell’ambiente.

Avvenire

Dolomiti. Messner: «Le montagne sgretolate dal caldo, ma non possiamo abbandonarle»

 Ieri un nuovo crollo, si è staccata una parete del Monte Pelmo. L’alpinista: «La sofferenza delle Alpi non è una sorpresa: è il permafrost che non tiene più. Chiuderle non è la soluzione»

Reinhold Messner, il primo alpinista al mondo a conquistare tutti gli “8mila”, ben 14, in un'immagine d'archivio - Boato

Un mese fa il distacco di una calotta di ghiaccio sulla Marmolada che ha causato 11 morti, negli stessi giorni il crollo di uno spigolo roccioso della Moiazza, sopra Agordo e poi in Val Fiscalina, laterale dell’alta Val Pusteria. Ieri mattina è toccato al Monte Pelmo, denominato per la sua forma "El caregon del Padre eterno": una frana di rocce e sassi da quella stessa pareti in cui, il 31 agosto 2011, un analogo crollo investì due soccorritori che si stavano calando per aiutare due alpinisti incrodati. Nessun danno, per fortuna, né a persone né a cose. «Abbiamo sentito un forte boato, mentre in rifugio si faceva colazione – testimonia il gestore del rifugio Mario Fiorentini –, siamo usciti ed abbiamo visto una immensa nuvola di polvere. Là sotto, per fortuna, non transita alcun sentiero». Sono intervenuti il Soccorso alpino, i vigili del fuoco. Un altro incubo è passato. «Sabato, passando di là, avevo notato due distacchi recentissimi». Chi parla è Reinhold Messner, il primo alpinista al mondo a conquistare tutti gli “8mila”, ben 14.

Prima il ghiacciaio della Marmolada, adesso il Pelmo. Le Dolomiti stanno andando in pezzi?
Nessuna sorpresa. Questa è la storia delle montagne e delle Dolomiti in particolare. Cinquant’anni fa avevo visto la possibilità di fare una via nuova, sul Pelmo: ho rinunciato a seguito di distacchi, anche quella volta.

Il 31 agosto del 2011 c’erano già stati due morti...
È una parete molto esposta al cambiamento ghiaccio-non ghiaccio, caldo-non caldo. È tutto conseguenza del permafrost, quella specie di collante che tiene unità la roccia. Con le temperature che ci sono state, anche ai 3mila metri, il permafrost si scioglie, si abbassa di quota, non riesce a tenere insieme questi materiali. Cadono pezzi grandi come case, alti anche come un grattacielo. È di nuovo la dimostrazione che il caldo globale fa crollare le nostre montagne.

Secondo le rilevazioni di questi giorni dell’Arpa veneto il permafrost si è abbassato di un metro.
Il permafrost sulle Dolomiti, per la verità, è da anni che sta cedendo. Solo facendo un giro lungo le strade e osservando le pareti ho riscontrato in almeno un centinaio di queste ultime un distacco o un cedimento. Dieci giorni fa dalla parete nord del Civetta è sceso un pezzo, alto 400 metri, largo 50 metri e profondo altri 50. Una torre enorme. La polvere giù in valle, ad Alleghe, l’hanno vista per una settimana. E non sono certo gli alpinisti a distruggere le montagne.

Perché qualcuno lo sostiene?
Qualcuno sì. La distruzione invece arriva dalle grandi città, dal traffico, dalle emissioni in atmosfera provocate dalle grandi città. Non facciamo del male alla montagna, anche se mettiamo un po’ di chiodi per salire.

Dopo la tragedia della Marmolada c’è chi ha subito proposto di chiuderla, la montagna. Bandierine rosse, semafori… Lei che ne pensa?
Sciocchezze. Le montagne devono restare libere e chi le frequenta deve essere consapevole dei rischi a cui va incontro. Ci sono fior fiore di bollettini che informano quotidianamente. Non mancano le guide che segnalano anche le fragilità.

I cambiamenti climatici lei li ha visti coi suoi occhi, non solo in Italia.
Sono una realtà sotto gli occhi di tutti. Usiamo da 150 anni l’energia fossile ad un prezzo troppo basso, siamo diventati abbastanza ricchi con questa economia e adesso ne subiamo le conseguenze. Il caldo globale è fatto più o meno da noi. Però bisogna anche vivere, bisogna andare avanti. Non si può dire: adesso il mondo crolla e abbandoniamo la montagna. Dobbiamo fare in modo di sopravvivere, riscoprendo la sostenibilità. Non è saggio fare una casa e dopo vent’anni buttarla giù e farla di nuovo perché costa troppa energia. Ecco perché sul Monte Elmo sto realizzando un museo in un edificio dove quarant’anni fa c’è stato un grande investimento. Perché abbatterlo e ricostruire? No, risparmiamo cemento armato, acciaio, energia. Sul monte Rite, sopra Cibiana, in Cadore, abbiamo recuperato, sasso dopo sasso, un forte della Prima guerra mondiale e l’abbiamo trasformato in un altro museo. Ai piedi delle Dolomiti ci sono decine di migliaia di case vuote. Perché non riattarle e metterle sul mercato dell’ospitalità, magari come albergo diffuso?

Le prossime Olimpiadi come possono trasformarsi in una opportunità?
Si dice che i prossimi saranno i Giochi della sostenibilità ambientale, ma anche sociale ed economica. Si colga questa opportunità, anche sul piano degli investimenti: anziché mettere 20 milioni nel villaggio olimpico, in parte da smantellare, perché non si recupera un pari valore di edifici abbandonati e lo si trasforma in camere per ospiti ed atleti?

Avvenire

La Est del Monte Rosa sarà sul bollino CAI 2022

 Nel corso della recente assemblea annuale, Antonio Bovo, presidente della Sezione CAI Macugnaga, ha dato l'annuncio ufficiale che sul prossimo Bollino CAI, anno 2022, sarà raffigurata la parete Est del Monte Rosa.

L'eccezionale risultato è scaturito in seno alla stessa Sezione CAI ed è il presidente Bovo che racconta: "L’idea l’ha suggerita il segretario Roberto Marone e il Consiglio l’ha subito approvata. Lo sviluppo dell’iniziativa è poi stato portato avanti da Flavio Violatto e quindi, con il determinante sostegno di Antonio Montani, Vicepresidente Nazionale, l’azione si è chiusa con pieno successo".
Sul Bollino CAI dell’anno 2022 sarà ricordato il 150° anniversario della prima salita della Parete Est del Monte Rosa.
Era il 22 luglio del 1872 quando i britannici Richard, William Martin Pendlebury e Charles Taylor, le guide Giovanni Oberto, Ferdinand Imseng e Gabriel Spechtenhauser, austriaco, riuscirono a raggiungere la Höchste Spitze (l'attuale Dufour) 4634 m risalendo il canalone che sarà poi denominato Marinelli.

Quindi nel 2022 sulle oltre trecentomila tessere CAI, distribuite in tutta l'Italia, sarà raffigurata la parete est del Monte Rosa che è la parete più alta delle Alpi (2600 metri di dislivello per una larghezza complessiva di circa 4 km ed è l'unica parete di tipo himalayano d’Europa.

Fonte: Ossola News


Torino, in mostra gli antichi busti reliquiario dell'area alpina

 Dal 4 dicembre al 12 aprile 2021 saranno esposti a Palazzo Madama nel capoluogo piemontese, nell’ambito della mostra Ritratti d’oro e d’argento. Ci guida in anteprima alla scoperta di questi antichi tesori la curatrice dell'esposizione Simonetta Castronovo


Oggetti di fede vissuta, testimonianze storico artistiche di indubbio valore. Sono i circa trenta busti reliquiario che dal prossimo 4 dicembre al 12 aprile 2021 saranno esposti a Palazzo Madama di Torino nell’ambito della mostra Ritratti d’oro e d’argento. Manufatti realizzati dal Duecento al primo Cinquecento, provenienti dagli armadi delle sagrestie o dai tesori delle chiese delle diocesi del Piemonte e d'oltralpe, lontani dai circuiti turistici, e raffiguranti santi legati alle devozioni del territorio.

Una produzione tipicamente medievale, particolarmente fiorente nel territorio della Savoia, una zona di frontiera, divisa oggi tra Italia, Francia e Svizzera. Lo documentano gli inventari dei monasteri e dei castelli o i necrologi delle cattedrali: attestano una produzione di ritratti in argento dorato e rame, ideati fin dall’XI secolo per conservare le reliquie del cranio degli "eroi della fede". Dall’esigenza di censire questi capolavori di oreficeria sopravvissuti ai secoli, nasce l’idea dell’esposizione torinese. Oggetti spesso arricchiti da pietre preziose, vetri colorati e smalti, in cui convivono il gusto per il ritratto di tradizione classica, il culto e le pratiche devozionali.

Ma perché in questa regione, più che altrove, i busti reliquiario risalenti al 12mo - 14mo secolo sono tanto diffusi? “In Piemonte e nell’area alpina”, spiega in anteprima a Vatican News la curatrice Simonetta Castronovo, “ci sono molte miniere. La zona montuosa della Savoia e della Valle d’Aosta è un’area ricca di materia prima: l’argento, utilizzato per i volti, e il rame, impiegato per i busti”. Ma non solo. “È di grande importanza la presenza fin dal 9° secolo di un prototipo molto importante. Si trova nella Cattedrale di Vienne, vicino Grenoble, ai confini tra la Savoia e il Delfinato. E' la testa reliquiario di San Maurizio, la più antica dell’Europa medievale, andata perduta nell’epoca tra le guerre di religione e la rivoluzione francese, ma attestata da disegni e antiche descrizioni”. Inoltre  “tali opere sono sopravvissute al tempo in questa regione a causa della sua collocazione geografica periferica", una zona che meno ha risentito delle mode e dei mutamenti culturali. "Altrove infatti i busti reliquiari sono stati fusi in epoca rinascimentale o barocca per impiegare il metallo in opere più moderne”.

I santi e le figure dell'esposizione

In rassegna sono esposti i santi più amati dalla tradizione locale: san Giovenale di Fossano, san Bernardo di Aosta, san Teobaldo di Alba, tutte figure a cui le comunità sono legatissime da secoli: “si tratta di oggetti che ancora oggi sono portati in processione. Molti di questi giungono in mostra con le reliquie all’interno”. Un aspetto che le rende straordinarie. “Il fedele che si rivolgeva a queste immagini – continua Simonetta Castronovo - era consapevole di non rivolgersi solo a busti ritratti. La presenza delle reliquie infatti ha da sempre reso tali oggetti unici, favorendo l’elevazione spirituale di chi le contemplava”.

La mostra di Torino offre al visitatore vari esempi di questa produzione artistica. La più antica è la gotica e sorridente santa Felicola dell’abbazia di Sainte-Marie d’Aulps,  evocante la statuaria delle cattedrali della Francia settentrionale ai tempi di Filippo il Bello. Marcato il linearismo di derivazione fiamminga nel busto ligneo cinquecentesco della santa Margherita del Musée d’art et d’histoire di Ginevra. Volti cesellati da artisti di varia estrazione culturale si avvicendano lungo il percorso: dalle forme idealizzate del gotico e tardogotico al naturalismo quattrocentesco. Fonte di ispirazione per molti orafi furono i busti di età romana.  A Palazzo Madama sarà esposto quello argenteo di Giove, riconducibile al II-III secolo dopo Cristo, proveniente dal Museo Archeologico Regionale di Aosta.

L’esposizione nasce da un’iniziativa condivisa con i musei facenti parte della rete internazionale Art Médiéval dans les Alpes, che dal 2001 lavora alla promozione del patrimonio artistico alpino con il coinvolgimento di musei italiani, francesi e svizzeri. “Ritratti d’oro e d’argento” è infatti solo una tappa della serie di mostre che contemporaneamente avranno luogo sui due versanti delle Alpi. 

Vatican News

Enit le Alpi italiane promosse in Svezia

ENIT ha appena lanciato una campagna promozionale in Svezia a livello nazionale: Si tratta di uno spot istituzionale ai cinema realizzato in collaborazione con le Regioni dell’area alpina. Il tema dello spot è la vacanza active in Italia. Il video precederà tutti i film che saranno proiettati in Svezia nelle sale cinema della rete Filmstaden (quota mercato 90%) fino al raggiungimento di 660.000 contatti.

Dal Sacro Monte Calvario in Svizzera, tour estivi a bordo di treni panoramici e passeggiate rilassanti

Svizzera, tour estivi a bordo di treni panoramici e passeggiate rilassanti

Lo chiamano il Trenino Verde delle Alpi, il moderno BLS RegioExpress e ogni due ore collega Berna con Domodossola e viceversa. Attraversa il Sempione e l’ultracentenaria linea di valico del Lotschberg e regala un piacevole giro panoramico per turisti e pendolari. Lo scenario è suggestivo con uno sfondo di casette immerse nella natura incontaminata di piccoli rilievi, corsi d’acqua e sentieri verdeggianti. Passa anche per Briga, nell’Alto Vallese, che merita una sosta per osservare il suo cuore pulsante, con la grande ed elegante piazza acciottolata e il castello Stockalper. Qui si trova, inoltre, uno dei più importanti edifici barocchi della Svizzera e per la sua particolare conformazione capita di passeggiare nella bella stagione con le maniche corte, mentre intorno le montagne sono cariche di neve. Il giro dedicato ai treni panoramici prosegue verso Capolago, tra Mendrisio e Lugano, con la tratta fino al Monte Generoso per godere dei suoi panorami a tratti verdeggianti e a tratti lunari. Appena usciti dalla stazione si può salire a bordo del trenino a cremagliera che, da oltre 125 anni, parte appunto da questa destinazione per raggiungere la vetta a 1704 metri, in ben nove chilometri di percorso e partenza ogni ora. Intorno, il parco naturale che in molti seguono a piedi, attraversando uno dei tanti percorsi escursionistici. Da novembre ad aprile, quest’anno, le carrozze si fermeranno per il restauro della linea ferroviaria ancora originale, ma è peculiare sapere che periodicamente, proprio per evocare il periodo della Belle Epoque, ci sono dei treni a tema molto particolari. Un’esperienza, insomma, sempre unica, a partire da quello a vapore del 1890, il più vecchio in circolazione in Svizzera, fino alle versioni d’epoca del 1950. Sul Monte Generoso si possono scegliere diverse escursioni e, su prenotazione, si possono visitare l’Osservatorio Astronomico e la Grotta dell’Orso o percorrere il sentiero dei pianeti o il sentiero delle Nevère. Di fronte a quello che è considerato il più bel panorama del Canton Ticino, sorge il “Fiore di Pietra”, la futuristica infrastruttura progettata dall’archistar Mario Botta. Al suo interno spiccano due ristoranti e dalle finestre panoramiche così come dalla terrazza, il panorama è sensazionale. Del resto, da questa altezza è possibile vedere la regione dei Laghi (Lugano, di Como), di Varese e Maggiore, ma anche l’area che va dalla Pianura Padana con Milano e quella dagli Appennini alla catena Alpina, dal Gran Paradiso al Monte Rosa, dal Cervino alla Jungfrau.

tratto da Il Mattino Viaggi
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone - Turismo Culturale

Un concorso sulla Grande Traversata delle Alpi




Fino al 31 ottobre 2019 è possibile partecipare alla prima edizione di “Sguardi sulla GTA Piemonte”, concorso lanciato dalla Regione Piemonte con la partecipazione del Club Alpino Italiano e di Enti Parco regionali e nazionali che ha come filo conduttore la Grande Traversata delle Alpi, ovvero quello straordinario itinerario escursionistico che percorre l’intero arco alpino piemontese, dalla Valle Formazza e dal Lago Maggiore fino alla Valle Tanaro, coincidente con il tratto piemontese del Sentiero Italia CAI 2019. 

Di questo cammino lungo più di 1.000 km, suddiviso in 71 tappe, dove si incontrano splendidi paesaggi naturali e tracce della presenza millenaria dell'uomo e della cultura alpina, i partecipanti possono fornire una testimonianza artistica in forma di fotografia, video o storia grafica. Saranno premiati i migliori sguardi emozionanti, intelligenti ed originali.

Sulle Alpi torna Yoga mountain festival


La pratica dello yoga abbinata alla scoperta della Valle d'Aosta: tra giugno e luglio torna l'appuntamento con lo "Yoga Mountain Festival Valle d'Aosta-Uniti nella pace". La manifestazione si aprirà il 20 giugno a Vetan (S.Pierre) con l'accensione del 'fuoco sacro' mentre il giorno dopo a Ollignan (Quart) verrà celebrata la giornata mondiale dello yoga con free classes e una cena solidale. Il 22 e 23 giugno il festival si sposterà al Forte di Bard con lezioni, concerti e laboratori. Il 29 e 30 giugno toccherà a Courmayeur dove sarà anche inaugurata una mostra fotografica ed è previsto un concerto di Manu Delago. Infine a Champoluc, dal 5 al 7 luglio sono in programma seminari, cene in agriturismo, concerti, con chiusura affidata allo scrittore Paolo Cognetti. "Lo yoga è in continua espansione con circa 2 milioni di praticanti in Italia - ha detto l'assessore regionale al turismo Laurent Viérin - e in questo contesto la Valle d'Aosta può farsi conoscere, apprezzare e ritagliarsi uno spazio importante".

Sacro Monte Calvario di Domodossola. Una pausa rigenerante per assaporare il risveglio della natura nelle Alpi Piemontesi

Tutto a pochi passi da una perla, il Sacro Monte Calvario di Domodossola.
Val d’Ossola: tutti i colori e i profumi della primavera


La natura primaverile che si risveglia è il momento migliore per ammirare splendidi paesaggi a bordo di una mountain bike o in sella ad un cavallo, lungo percorsi panoramici e rigorosamente "slow", nell'anno del turismo lento.


Appuntamenti con la primavera - Il benessere primaverile passa anche dai moderni centri termali della Val d'Ossola. Le Terme di Premia e quelle di Bognanco sono i due poli principali, con piscine interne ed esterne, getti idromassaggi e trattamenti benefici. Da non perdere le speciali e romanticheserate sotto le stelle del centro di Premia (la prossima il 20 aprile). In attesa dei celebri festival estivi, la primavera in Val d'Ossola può essere occasione di (ri)scoperta di borghi, tradizioni e sapori, grazie a due eventi in particolare. Il 28 aprile da non perdere il Palio degli Asini di Varzo. Domenica 5 maggio una prima assoluta, "Ossola in Cantina": otto cantine ossolane presenteranno i propri vitigni eroici, grazie ad un percorso di degustazione inedito, di calice in calice.



Trekking e bici - Il tutto senza dimenticare gli itinerari di trekking primaverili di media montagna tra sentieri poco affollati, aria frizzante, natura brillante e i profumi inconfondibili della flora che rinasce. Uno su tutti, l'antica Via dei Torchi e dei Mulini, semplice e per tutti, un viaggio nella storia rurale locale. L'intera piana della Val d'Ossola è attraversata da un'interminabile ciclovia di oltre 80 km, che parte dal Lago di Mergozzo e raggiunge Domodossola, una pista adatta a tutti, che attraversa paesaggi variegati: dai primi scorci fioriti sul delizioso lago di Mergozzo all'Oasi WWF del Bosco Tenso, lungo il fiume Toce, per addentrarsi tra boschi antichi e lungo sentieri ricchi di storia.



Il romantico lago di Mergozzo - Primavera, stagione ideale anche per l'arrampicata, grazie a temperature e condizioni climatiche perfette lungo le pareti della Val d'Ossola: sono molte le falesie e le vie lunghe segnalate per scoprire queste valli con un pizzico di adrenalina e avventura. Le città e i borghi si scuotono dal torpore invernale: come rimanere indifferenti davanti alle tranquille e splendide rive del Lago di Mergozzo (borgo Bandiera Arancione del TCI), sul cui lungolagouna passeggiata è d'obbligo; o ancora, con partenza dal suo romantico centro storico, un viaggio di scoperta tra archeologia e piccole perle naturalistiche.



La magnifica piazza di Domodossola - Domodossola apre la propria piazza-gioiello ai visitatori: i dehors estivi tornano a costellare il salotto cittadino dipiazza Mercato, un vero capolavoro di architettura quattrocentesca: visitare il centro storico del capoluogo ossolano sarà come compiere un tuffo nel passato dell'affascinante "Borgo della Cultura". E ancora, bastano pochi passi per avvicinarsi ad un'altra perla, il Sacro Monte Calvario di Domodossola.

fonte: tgcom24

Un aereo da turismo Robin quadriposto è precipitato nella serata di ieri sulle Alpi svizzere provocando la morte di quattro persone

L'incidente è avvenuto a circa 3.300 metri, poco sotto il col Durand, nel cantone del Vallese, non lontano dal confine italiano. Non si conosce la nazionalità delle vittime di cui è in corso l'identificazione, secondo quanto ha riferito all'ANSA la polizia cantonale.

ansa

La siccità manda in secca anche i laghi alpini in quota

Un fenomeno usuale in primavera, quando i pendii sono innevati e i rigagnoli all’asciutto o ghiacciati. Una rarità d’autunno, stagione solitamente di piogge e di torrenti ricchi d’acqua per lo scioglimento estivo dei nevai. In alta valle Varaita, come nel resto della Granda, non piove da settimane. Così, il livello del lago di Pontechianale si è abbassato di oltre 20 metri e sono riemersi i resti di borgata Chiesa, la frazione che nel 1942 fu sommersa dal bacino artificiale idroelettrico: gli abitanti furono trasferiti in nuove dimore a borgata Maddalena, poco più a monte. 

STALLE E SCALINATE  
L’antico gruppo di baite si trova all’incirca a metà del lago, fra la diga di borgata Castello e il capoluogo. Restano basamenti e pezzi di muri in pietra, travi portanti, manufatti in cemento, volte a botte che erano stalle e cantine, le tracce di scalinate.
IL CAMPANILE  
«A ridosso dell’attuale livello dell’acqua – dice Alberto Barra, un residente – c’era la vecchia chiesa parrocchiale e mi risulta che si veda ancora il basamento del campanile. Il resto è crollato negli Anni ’60, mentre prima, quando il lago era in secca, riaffiorava in tutta la sua altezza. Alcuni metri più in su ci sono le vecchie case, che erano edifici grandi per ospitare famiglie numerose. Borgata Chiesa era circondata da campi e pascoli e ci stavano i nuclei più facoltosi e benestanti». 

Fra il fango grigio e le pietre del fondo del lago, oggi fuori dall’acqua, si vedono anche resti di vecchie scalinate che servivano per muoversi nella borgata dove, secondo gli anziani, abitavano 4-500 persone.  

La diga di Pontechianale, realizzata fra gli Anni ’30 e ’40 del secolo scorso ed inaugurata nel 1942 è di proprietà dell’Enel. La riserva d’acqua viene usata per la produzione di energia elettrica ed è collegata a un impianto a turbine che sorge a Casteldelfino.  

«Per l’Enel – dice il guardiano dello sbarramento, Antonio Ellena –, anche se il livello è più basso del solito, non cambia nulla. Il limite dell’acqua credo sia sceso di oltre 20 metri rispetto alla capienza usuale, ma la profondità che resta dovrebbe essere intorno ai 40 mt. Ogni giorno scendiamo di alcuni cm, a seconda di quanti metri cubi vengono fatti uscire nelle tubature. Da ieri, ci siamo abbassati di 2 cm, altri giorni sono 4 o 5. La capienza totale del bacino artificiale è di oltre 11 milioni di metri cubi». 

«Non è normale che il lago sia così basso – dice il sindaco Oliviero Patrile – e così c’è gente che viene su per vedere la vecchia borgata». 

Teresa Cerato, di Pancalieri (To), ieri era in visita alla «Pontechianale sommersa» con il marito: «Siamo venuti apposta per ammirare quello che resta delle vecchie case, perché ci hanno detto che si tratta di un evento raro». 

Ad Aosta apre la Stonehenge delle Alpi

Oltre 6.000 anni di storia raccolti in 9.821 metri quadrati per un incredibile viaggio nel tempo dal Neolitico ad oggi: è quanto offre l'area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans, ad Aosta, inaugurata dal presidente della Regione Valle d'Aosta, Augusto Rollandin, dal sottosegretario al Ministero dei beni culturali, Ilaria Borletti Buitoni, e dall'assessore alla cultura, Emily Rini.

Ululati sulle Alpi, il Lupo è tornato

L’ultimo avvistamento, all’inizio di aprile, è stato di un pastore a Campea, frazione del Comune di Miane in provincia di Treviso. Negli stessi giorni altri esemplari sono stati avvistati in Valbormida, sull’Appennino Savonese, in Liguria. E questi sono soltanto gli ultimi episodi di un fenomeno che, per gli esperti che lo stanno studiando da tempo, è in fase di consolidamento ed espansione. Insomma, non ci sono più dubbi: il lupo è ritornato in pianta stabile sulle Alpi, mentre dall’Appennino non se n’era mai andato. Il più recente censimento dei capi (il primo in assoluto a livello alpino), effettuato nell’inverno 2014-2015 nell’ambito del progetto Life Wolfalps – piano da sei milioni di euro, cofinanziato dall’Unione Europea – ha evidenziato che sulle Alpi vivono stabilmente 23 branchi per circa 150 esemplari complessivamente.

Nelle sole valli del Piemonte è stata stimata la presenza di 21 branchi e quattro coppie riproduttive, mentre un branco e una coppia sono stati avvistati in Valle d’Aosta e un altro branco si aggira in Lessinia, tra le province di Verona e Trento. Un’altra coppia vive in Friuli, tre individui solitari sono stabili nell’area tra Trentino, Alto Adige e Lombardia, dove sono stati effettuati anche avvistamenti sporadici. Comprendendo anche l’Appennino, al 2014 era stata verificata dal Congresso italiano di Teriologia (la parte della zoologia che studia la biologia dei mammi-feri) una presenza di 773 individui in 20 aree analizzate, mentre la presenza stimata si avvicinava ai 1.900 lupi sull’intero territorio nazionale. 

Come ricorda l’antropologo Annibale Salsa, già presidente nazionale del Club alpino italiano, il ritorno del lupo sulle Alpi avviene a circa novant’anni dalla sua scomparsa. L’ultimo esemplare, infatti, era stato abbattuto nel 1925 in Val Corsaglia, nel territorio delle Alpi Liguri-Piemontesi. «Sulle Alpi – scrive Salsa sul portale dell’Accademia della montagna del Trentino – il controllo del territorio risulta più capillare rispetto a quello dell’Appennino, dove invece prevale l’insediamento accorpato che favorisce la presenza di vasti spazi selvatici. Ciò spiega la ragione per cui, lungo la dorsale appenninica, il lupo non si è mai estinto e ha continuato a scorrazzare dalla Calabria fino al crinale tosco-emilianoromagnolo come massima espansione verso Nord». Più su il lupo non si spingeva, perché, sottolinea Salsa, «fino agli anni Cinquanta del Novecento le Alpi erano intensamente abitate». 

È con lo spopolamento delle “terre alte”, a partire dal boom economico degli anni Sessanta, quando la gran parte della popolazione contadina si è riversata nelle città per cercare lavoro nelle fabbriche, che si ricreano le condizioni per la vita del lupo sulle Alpi. Oltre allo spopolamento, un secondo fattore determinante, ricorda l’antropologo genovese, sono state le «politiche di ripopolamento delle aree protette mediante immissioni di ungulati, che hanno consentito ai lupi di superare la barriera bioecologica degli Appennini». Il ritorno del lupo ha però provocato importanti problemi di convivenza con l’uomo e le sue attività in montagna, soprattutto legate alla pastorizia e all’allevamento del bestiame. 

Predazioni sempre più frequenti hanno causato ingenti danni economici e anche la legittima preoccupazione delle popolazioni. L’ultimo episodio riportato dalle cronache è avvenuto a metà aprile a Roccalbegna, in provincia di Grosseto, dove un branco di quattro lupi ha attaccato un gregge, custodito da una donna pastore che non ha potuto fare altro se non assistere impotente all’uccisione di alcuni capi. «Due di loro correvano a monte e uno aveva in bocca una pecora – ha raccontato la donna –. Un altro correva dietro a un’altra pecora. Mi sono messa a urlare forte, ma nessuno mi sentiva». Ancora più duro il commento di Mariano Allocco di Prazzo in Valle Maira (Cuneo), allevatore di cavalli e contadino, oltre che restauratore di vecchi ruderi e scrittore. «La questione del lupo attiene alla libertà dell’uomo», dice Mariano, che si oppone alla «visione romantica» del lupo e per questo ha riunito pastori e allevatori e abitanti della Valle in un’associazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi causati dal ritorno del grande predatore. 

Così scrive Allocco: «Parliamoci chiaro: la presunzione della convivenza possibile tra predatore e animali in alpeggio è un assunto ideologico. In Val Maira l’alpeggio ovino ha chiuso e tra breve andrà ridiscusso quello brado di bovini ed equini e l’alpeggio così come lo si è gestito per secoli non sarà più possibile». Certamente, la soluzione non può essere la caccia indiscriminata, il bracconaggio o, peggio, la dispersione di bocconi avvelenati, che risultano mortali non soltanto per il lupo, ma per tutta la fauna selvatica della montagna e pericolosi anche per l’uomo. 

A questo riguardo, il progetto Life Wolfalps prevede «il monitoraggio della popolazione di lupo dell’arco alpino e l’attivazione di misure di prevenzione degli attacchi sugli animali domestici». Inoltre, sono previste azioni specifiche per contrastare il bracconaggio e strategie di controllo dell’interazione tra lupo e cane. Anche il Wwf ha raccolto oltre 140mila firme a sostegno di una petizione per vietare gli abbattimenti autorizzati, previsti invece dal nuovo Piano per la conservazione e gestione del lupo in Italia, del ministero dell’Ambiente, che ne consente fino a sessanta all’anno. «La sfida di oggi – conclude Salsa – consiste nel capire se il modello gestionale futuro dell’ambiente montano debba ispirarsi alla scelta bipolare “et-et” (convivenza possibile uomo-predatore) o a quella “aut-aut” (o l’uomo o il predatore). Mettiamoci quindi al lavoro con buon senso, abbandonando le tifoserie opposte, per guardare in faccia alla realtà».
Avvenire
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone

Alpi ecco le dieci piste più belle

1. Gran Risa (ITALIA)
E’ da 30 anni la mitica pista della Coppa del Mondo di sci, nel cuore del comprensorio altoatesino dell’Alta Badia: corre per un chilometro in mezzo ai pini e alle conifere del bosco di La Villa lungo un tracciato molto tecnico, sempre ghiacciato e pieno di sorprese. Si sale con la cabinovia Piz La Ila fino a 2.077 metri d’altezza e, dopo aver superato il muro iniziale, si scende giù fino al paese, che si trova a 650 metri, tra curve e stretti canaloni con numerosi cambi di pendenza – una fino al 53 per cento – e le celebri “gobbe del gatto”, ideali per gli sciatori più esperti. All’uscita della funivia un cartello indica due percorsi: a destra c’è la variante più facile mentre a sinistra parte la bellissima e impegnativa pista nera numero 17 Gran Risa, dedicata a “Tomba la bomba”, il celebre campione bolognese. Informazioni: www.altabadia.org
2. Vallée Blanche (FRANCIA)Lunga 25 chilometri, la pista Vallée Blanche unisce le Alpi francesi a quelle italiane attraverso la Mer de Glace, il ghiacciaio di Chamonix, pieno di guglie di granito e crepacci, con un impressionante dislivello di 2.400 metri. Per percorrere la lunga pista si arriva a Punta Helbronner, dove termina la funivia del monte Bianco a 3.462 metri, e si scende su un tracciato che segue i ghiacciai del Gigante e della Mer de Glace fino al paese di Chamonix, in Francia. La pista Vallée Blanche è divertente e impegnativa ma accessibile a tutti, anche se è consigliabile farsi accompagnare da una guida alpina. Informazioni: www.chamonix.com
3. Franco Berthod (ITALIA)A La Thuile, in Valle d’Aosta, si scia sulla pista numero 3, intitolata a Franco Berthod, ex campione valdostano; il tracciato è considerato uno dei più tecnici e spettacolari dell’arco alpino per la presenza di neve ghiacciata, dossi, curvoni e di due muri con pendenze mozzafiato. Lunga più di 3 chilometri e con un dislivello di quasi 900 metri, la pista nerissima è omologata per le gare di Coppa del mondo di sci alpino: il 20 e il 21 febbraio, infatti, ospiterà le gare di discesa libera e di superG femminili della Coppa del Mondo. La Franco Berthod fa parte di un comprensorio che offre oltre 160 chilometri di piste, anelli e tracciati per ogni tipo di sport invernale, in particolare per il fat bike e lo snowkite, le due discipline più in voga in questi ultimi anni. Informazioni:www.lathuile.it
4. Streif (AUSTRIA)E’ la pista di discesa libera più spettacolare e famosa del mondo e si trova a Kitzbühel, nel Tirolo austriaco. Sulla Streif, lunga più di 3 chilometri, a gennaio si sfideranno come ogni anno i migliori sciatori del circuito bianco. E’ caratterizzata da ripidi pendii, percorsi pendenti e velocissimi, salti mozzafiato, curve, ondulazioni e persino brevi tratti in salita come prima del salto Seidlalm. Si parte dalla stazione iniziale della funivia dell’Hahnenkamm e si scende su tratti molto ghiacciati, segnalati come “estremi itinerari sciistici” e quindi praticati solo da sciatori esperti; tra i punti più difficili ci sono Mausefalle, letteralmente trappola per topi, con una pendenza dell’85 percento, e Steilhang, una doppia curva in contropendenza su un pendio ripido. La pista Streif è la più famosa di Kitzbühel, che tuttavia offre anche tracciati più facili – su tutte la pista rossa FamilienStreif - nei suoi due comprensori dell’Hahnenkamm e del Kitzbüheler Horn. Info: www.kitzbuehel.com

5. Armentarola (ITALIA)Panoramica, ricca di dislivelli e imponente: la pista Armentarola, lunga più di 7 chilometri, unisce la Conca di Cortina d’Ampezzo con l’Alta Badia. Si parte da Passo Falzarego, a 2.105 metri in provincia di Belluno, si sale in vetta con la funivia Lagazuoi e si scivola giù tra cime innevate, pendii, gobbe e morbidi tracciati fino a Sas Dlacia, poco fuori San Cassiano, nel comune di Badia. All’inizio c’è una notevole pendenza, poi la pista diventa più morbida nel vallone del Lagazuoi mentre l’ultimo tratto è stretto e ripido come un canyon. E’ un percorso impegnativo ma divertente e panoramico per la presenza di cime dolomitiche, boschi e cascate di ghiaccio. Alla fine del lungo canalone si arriva in prossimità della Capanna Alpina, da dove si può approfittare della slitta trainata da cavalli che conduce allo skilift che riporta a passo Falzarego, stazione di partenza della funivia del Lagazuoi. Informazioni:www.altabadia.org
6. Piccolo Cervino-Zermatt (SVIZZERA)La pista svizzera del Piccolo Cervino-Zermatt, ai piedi del Cervino, è da mozzare il fiato: panoramica, tecnica, veloce e anche morbida, sfrutta il tracciato di piste diverse per difficoltà, rosse, nere e blu. Si parte dai 3.880 metri del Klein Matterhorn (Piccolo Cervino) con un lungo falsopiano e uno straordinario panorama sulle cime del Breithorn e del Cervino, con i suoi 4.478 metri che accompagnano lo sciatore fino a valle. Il comprensorio sciistico di Zermatt, il Matterhorn Ski Paradise, è molto vasto: offre più di 350 chilometri di piste, anelli da fondo e un parco per chi pratica lo snowboard. Informazioni: www.matterhornparadise.ch
7. Pic La Grave (FRANCIA)Non è una vera pista ma, piuttosto, un tracciato naturale e un po’ selvaggio che si è formato tra crepacci, canyon e placche di ghiaccio scoperte di Les Deux Alpes, sulle Alpi francesi. Il tracciato si trova tra il ghiacciaio della Girose, a 3.200 metri d’altezza, e il villaggio di La Grave, dove un unico impianto di risalita conduce in cima solo gli sciatori più esperti: qui la neve non è battuta e a ogni curva si presentano difficoltà e imprevisti che portano gli sciatori spesso a effettuare fuori pista. E’, infatti, un vero paradiso per i freeriders di tutta Europa. Informazioni: www.la-grave.com
8. Trametsch (ITALIA)E’ la pista più lunga dell’Alto Adige con i suoi 9 chilometri, a lungo sede dei campionati italiani di sci alpino. Panoramica, impegnativa e tecnica, è divertente soprattutto per gli sciatori esperti a causa della sua pendenza di oltre il 65 percento tra le cime dolomitiche della Valle Isarco. Il tracciato parte dal rifugio Plose a 2.446 metri d’altezza, raggiungibile con la seggiovia coperta Trametsch, e, dopo un muro iniziale, scende a valle seguendo curve morbide e larghi pendii con scorci mozzafiato sulle Dolomiti. A Valcroce la pista si infila nel bosco con curve improvvise e bruschi cambi di pendenza e con una magnifica vista sulla Valle Isarco, mentre alla stazione intermedia la pista si restringe con un aumento di curve e dossi. Informazioni:www.plose.org
9. Harakiri (AUSTRIA)E’ una pista spettacolare, difficile e quasi verticale, la più pendente d’Austria – e probabilmente di tutto l’arco alpino - con quasi il 78 per cento di pendenza, contrassegnata da un teschio che ne annuncia la pericolosità. In Tirolo, sopra Mayrhofen, nella valle dello Zillertal, il tracciato Harakiri è lungo appena un chilometro ma regala da dodici anni sciate adrenaliniche ed emozionanti per i più esperti. Dopo un centinaio di metri facili, arriva subito un muro di 400 metri, impegnativo e ghiacciato, per poi scivolare su un breve falsopiano fino all’arrivo alla stazione di valle della seggiovia Knorren. Informazioni: www.mayrhofner-bergbahnen.com
10. Kandahar (GERMANIA)Sede dei giochi olimpici invernali nel 1936, dei Mondiali nel 1978 e nel 2011, la pista bavarese Kandahar è anche da 45 anni una tappa della Coppa del Mondo di sci. La storica pista di Garmisch Partenkirchen è molto tecnica e pendente con il punto Freire Fall – letteralmente caduta libera - che raggiunge il 92 percento. Sul pendio del Kreuzeck scendono due percorsi che si incrociano: Kandahar 1, pista che ospita le gare femminili, e Kandahar 2, la più difficile con un dislivello di 920 metri, una curva olimpica e un salto. Gli sciatori meno esperti, quelli che vogliono percorrere la Kandahar senza timori, possono bypassare le sezioni più difficili grazie alla stazione intermedia della seggiovia Kandahar-Express e raggiungere la stazione a valle della funivia Kreuzeckbahn. Informazioni: www.skiweltcup-garmisch.com
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Al via la X-Alps 2015, mille chilometri a piedi ed in parapendio lungo le Alpi

Comunicato stampa per news.oggi@yahoo.it

O voli, o cammini.
In sintesi è tutta qui la Red Bull X-Alps, evento biennale alla settima
edizione.
Oltre 1000 chilometri attraverso sei paesi, tra le montagne più alte
d'Europa, dalla storica Salisburgo in Austria fino al Principato di Monaco.
Chilometri da consumare volando in parapendio od arrancando a piedi quando
non si trovano le condizioni favorevoli per librarsi in cielo con questo
entusiasmante mezzo che sfrutta le forze della natura per volare, forse il
più ecologico al mondo.
O voli appeso sotto un'ala di tela, chiuso nel bozzolo dell'imbrago, la
sella sotto la quale scorrono valli e montagne, sfilano boschi e rocce.
Oppure cammini lungo le vallate, t'arrampichi per sentieri e pareti
rocciose, per vie ferrate, attraverso ghiacciai, cercando uno spazio
propizio per spiccare un nuovo volo e poi sfruttare le correnti
ascensionali, guadagnare quota e la possibilità di andare avanti lungo
l'arco alpino, tra scenari spettacolari e mozzafiato, verso le spiagge del
Mediterraneo. Avanti, avanti ancora, hiking e parapendio, abilità di pilota
nel manovrare l'ala e resistenza d'atleta alla fatica.

Naturalmente il prossimo 5 luglio, quando la piazza dedicata a Wolfgang
Amadeus Mozart vedrà scattare i concorrenti alla straordinaria maratona di
volo e di gambe, i 33 piloti scalpitanti di percorrere i cieli alpini in
rappresentanza di 18 paesi, due sole donne, la tedesca Yvonne Dathe e
l'americana Dawn Westrum, sperano di volare molto e camminare poco, il meno
possibile.
Lo spera Aaron Durogati, di Merano, 29 anni, professionista del parapendio e
figlio d'arte, pilota combattivo e di talento con la competizione nel
sangue. Al suo attivo la vittoria nella Coppa del Mondo 2012 insieme a
Nicole Fedele (coppa tutta azzurra quell'anno!), un curriculum denso di
successi, unico italiano a volare o marciare insieme al resto della truppa
internazionale. Debuttò nel 2013, settimo posto, ottima prova, visto che i
numeri delle precedenti X-Alps dicono che appena il 12 per cento dei piloti
arriva a meta. Lo spera Christian Maurer, detto Chrigel, elvetico di
Unterseen, nel cantone di Berna, 33 anni, che di Red Bull ne ha già vinte
tre. Nell'ultima ce la fece in 7 giorni meno una ventina di minuti, l'uomo
da battere.
Lo sperano anche gli assistenti, uno per ciascun pilota, con il compito di
seguire via terra le peripezie del compagno di squadra, rifornirlo,
consigliarlo, incoraggiarlo. Necessaria per entrambi molta esperienza di
volo e d'alpinismo, perché alla X-Alps non può andarci chiunque sappia usare
un parapendio, ma serve la giusta preparazione per entrare nei ranghi
insieme a gente altamente qualificata. Il supporter di Aaron Durogati si
chiama Ondrej Prochazka, Repubblica Ceca, ottimo pilota di cross ed
acrobazia, già suo compagno nel 2013. Insieme hanno studiato il percorso per
elaborare un piano di volo efficace, perché anche la tattica ha grande
importanza.

L'itinerario del 2015 pare sia più difficile delle scorse edizioni a partire
dai 1038 km, solo una manciata in più rispetto al 2013. Il percorso è
contrassegnato da precisi punti di svolta, una decina di "boe aeree", per
così dire, o cancelli terrestri. Le une sono da aggirare in volo, gli altri
da attraversare a piedi. Obbligatoriamente.
Il primo è sul monte Gaisberg, 1287 metri sopra Salisburgo, a cinque
chilometri dal via. Ci si arriva lavorando di scarpe e poi via per il cielo.
Seguono il ghiacciaio Dachstein, altezza 2995 ed il Kampenwand montagna di
1669 metri evidenziata da una croce alta dodici, vicino al Chiemsee, terzo
lago della Germania, detto anche "mare bavarese", nel cuore delle montagne
di quella regione. Poi giù verso sud-ovest a passare lo Zugspitz al confine
con l'Austria, 2962 metri, la più alta montagna tedesca. Ancora a sud e si
entra in Italia per raggiungere Cima Tosa, quota 3173, torre rocciosa delle
Dolomiti del Brenta.
Le vallate ampie e profonde del tratto italiano potrebbero riservare
sorprese. Infatti, nel volo libero, cioè il volo in parapendio e deltaplano
senza motore, uno degli ostacoli da superare è quello degli attraversamenti
di valli e pianure dove il pilota non trova le condizioni favorevoli dei
pendii montani per reggersi in aria. Nel caso della Red Bull significa che,
se obbligato ad atterrare, dovrà arrampicarsi a lungo prima di scovare un
pendio adatto al decollo e proseguire la gara.

Secondo le precedenti esperienze, un momento difficile è in agguato in
corrispondenza della sesta "boa" in Svizzera, nel cantone dei Grigioni, il
Piz Corvatsch che si innalza fino a 3451 metri nel massiccio del Bernina.
Siamo nei pressi di St. Moritz, quasi a mezza strada, 540 chilometri prima
di vedere il mare, ma i piloti hanno ancora da lasciarsi alle spalle il
Matterhorn, cioè il nostro Cervino, che svetta a 4478 metri, e poi il Monte
Bianco, massima cima d'Europa, 4810 metri, da passare sul versante francese.
Nel caso delle "boe aeree" basta entrare in cilindri virtuali, come quello
del Cervino, raggio 5,5 km, centro sulla vetta, sviluppo da terra
all'infinito. Pertanto non è obbligatorio scavalcare le montagne nel punto
più alto, però la quota aiuta il volo ed è sinonimo di sicurezza, nonostante
molti credano il contrario. I cancelli a terra, invece, bisogna traguardarli
a piedi, camminando anche per pochi metri. Atterri in prossimità del punto
prefissato, lo passi, firmi la lavagna e te ne rivai in volo. Camminare poco
e volare tanto, perché i modelli più avanzati di parapendio viaggiano a
quasi 70 km/h, perché le lancette dell'orologio girano implacabili e gli
altri non stanno ad aspettare.

Dal Bianco si scende verso Annecy, comune di 52 mila abitanti nell'alta
Savoia, sulla sponda settentrionale dell'omonimo lago, storica culla del
parapendio, dove è obbligatorio attraversare un traguardo posto sul decollo
del sito di volo di Planfait. Poi l'ultimo tratto, circa 250 km con rotta
meridionale, fino alle Alpi Marittime e Peille, piccolo paese arroccato alle
spalle della Costa Azzurra, dove il tempo ufficiale si ferma. Mancano solo
due chilometri all'atterraggio, più giusto chiamarlo ammaraggio, su una
zattera galleggiante nella baia del piccolo principato. Ultimo giorno utile
per tuffarsi in mare il 17 luglio.

Per monitorare la gara, per esempio verificare il corretto aggiramento dei
punti di svolta, l'organizzazione fornisce ai piloti uno strumento
integrato, GPS più live tracking, cioè un dispositivo che permette di
conoscere in ogni momento la posizione dei volatori e registrare una traccia
dei loro percorsi. Grazie a tanta tecnologia, chiunque può seguire la Red
Bull X-Alps dal proprio computer ed aumenta la sicurezza: se un pilota ha
bisogno d'aiuto, la base sa dove trovarlo.

O voli, o cammini con l'attrezzatura in spalla, regola severa, ma non è
l'unica. Niente passaggi su mezzi motorizzati e no, proibito usare gallerie
per abbreviare il percorso, farsi aiutare in fase di decollo, volare dalle
21 alle 6 del mattino, proseguire a piedi dalle 22,30 alle 5. E' permesso ad
ogni atleta sottrarsi all'obbligo di sosta notturna una sola volta e solo
per proseguire a piedi, ma tre piloti lo potranno fare due volte.
Infatti, il 2 luglio, tre giorni prima del via, attorno a Fuschl am See,
piccolo comune di un migliaio e mezzo d'abitanti ad ovest di Salisburgo
nell'area chiamata Salzkammergut, a cavallo tra Alta Austria, il
Salisburghese e la Stiria, i partecipanti si sfideranno in un prologo alla
Red Bull X-Alps. Dovranno volare e camminare in un contesto contrassegnato
da laghi, aree pianeggianti, montagne di moderata altezza e no, e tornare a
Fuschl am See. I primi tre guadagneranno cinque minuti di vantaggio alla
partenza, oltre che un secondo permesso per camminare di notte.
A Fuschl am See si trova la sede centrale dello sponsor che ha dato il nome
alla manifestazione, produttore della nota bevanda energetica. Ce ne sarà
bisogno.

Gustavo Vitali - Ufficio Stampa FIVL
Associazione Nazionale Italiana Volo Libero (registro CONI n. 238227)
il volo in deltaplano e parapendio
http://www.fivl.it

foto dell'ultima edizione della
Red Bull X-Alps
per gentile concessione degli organizzatori.
Autori:
Felix Wölk


segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone
Turismo Culturale

Parte la stagione sciistica, tra sport nuovi e km zero

di Ida Bini

In questo insolito e mite novembre sciatori, operatori turistici, addetti agli impianti e appassionati di montagna attendono fiduciosi l’arrivo del ciclone Medea, che da domenica 30 novembre porterà nevicate e un brusco abbassamento delle temperature nell’Italia settentrionale e in quella appenninica. Molti impianti di risalita delle principali località sciistiche italiane sono già in funzione, anche grazie all’innevamento artificiale, ma l’arrivo del freddo e della neve anche a basse quote consentirà a tutti i comprensori di dare l’avvio ufficiale alla stagione sciistica, che si preannuncia ricca di cambiamenti, di nuove tendenze, di sorprendenti offerte turistiche e sportive per gli appassionati della montagna.


E c’è da crederci visto che il turismo dello sci rappresenta a livello nazionale l’11,3 percento del complessivo sistema turistico e che, solo sulle Alpi, genera un mercato da 16 miliardi di euro. Per la stagione invernale che sta partendo l’Osservatorio turistico della montagna italiana (dell’Osservatorio Skipass Panorama Turismo) prevede un incremento del 3,8 percento di presenze rispetto allo scorso anno, soprattutto nelle destinazioni top – le più famose, quelle più all’avanguardia e con più offerte last minute - anche se solo il 14 percento delle località sciistiche italiane ha investito in strutture e servizi, in grado cioè di attirare l’interesse di nuovi consumatori.

Tuttavia è altissima la richiesta di vivere la neve anche da chi non necessariamente vuole praticare una disciplina sportiva; nasce così l’esigenza di soddisfare chi cerca dalla montagna momenti di relax e di benessere. Sempre secondo le indagini dell’Osservatorio turistico sono in crescita gli slons (snow lovers no skiers), cioè coloro che amano la neve ma non sciano, e che cercano dalla località turistica allettanti offerte di sentieri dove passeggiare, baite e solarium dove rilassarsi e godere delle prelibatezze locali e tradizioni da riscoprire. Un’altra tendenza molto interessante è la ricerca delle stazioni sciistiche piccole e accoglienti, con poca ressa agli impianti di risalita e un buon rapporto prezzo/qualità. Ecco qualche indicazione: le piste intorno al rifugio Col de Varda, sul lago di Misurina sopra Auronzo di Cadore; Padola, in Val Comelico; Rienza a Dobbiaco; Passo Oclini nella ski area di Lavazé, nella Val di Fiemme trentina; il pianoro di Ciampedie, tra Vigo di Fassa e Pera di Fassa.

Le grandi destinazioni, dal Dolomiti Superski alla Via Lattea, dal Matterhorn Ski Paradise all’Adamello Ski, invece, vengono scelte in base alla qualità e alla diversificazione dell’offerta, alla sicurezza, all’innovazione e alla garanzia di poter sciare sempre. Tutti i comprensori sciistici, indistintamente, danno grande risalto al rispetto per le regole di sicurezza, alle offerte last minute, alle prenotazioni day-time, cioè nello stesso giorno di arrivo, e a promozioni per famiglie e non sciatori. E’ sempre molto alta l’attenzione per i nuclei familiari e soprattutto per i più giovani sciatori: ovunque nascono scuole per bambini, parchi giochi, piste e alberghi child friendly, pensati appunto per i più piccoli. Un’altra tendenza è lo “sci a chilometri zero”: quest’inverno si riscoprono il treno come mezzo per raggiungere le località di montagna e gli alberghi davanti agli impianti di risalita. Il massimo è poter scendere dal treno e salire sulla cabinovia, come in Val di Sole (Trentino), a Plan de Corones (Alto Adige), a Pila (Valle d’Aosta) e, dal 14 dicembre, a Versciaco (sopra Bolzano).

Per quanto riguarda le discipline sportive, le più gettonate anche quest’anno sono quelle free, economiche perché non necessitano di alcun acquisto di skipass né del maestro di sci e che garantiscono la pratica sportiva in contatto con la natura: ciaspole, nordic walking e sci di fondo. Cresce il numero di appassionati di slow ski, disciplina-filosofia che privilegia le piste panoramiche con soste e percorsi a bassa velocità, e, all’opposto, di quelli di free ride: sport adrenalinico che sta diventando una disciplina e un vero e proprio segmento di mercato. Tra le ultimissime novità, un po’ elitarie e quindi costose, ci sono il balloon ski che prevede la partenza in mongolfiera con gli sci e gli scarponi e l’arrivo in cima alle piste; lo snowscoot, un mix tra monopattino e bici BMX per i freerider esperti che corrono e fanno slalom; lo ski running, corsa in montagna sulla neve, che dalla Francia sta contagiando anche gli sportivi italiani, e lo ice kart, il go kart sul ghiaccio. Va segnalato che sono ancora poche le località dove queste discipline vengono praticate.

Si conferma l’interesse crescente anche per l’arrampicata sul ghiaccio, per l’eliski, per le sciate in notturna (soprattutto nel comprensorio Zoncolan-Ravascletto e nell’area Sella Ronda) e all’alba (in Alta Badia e in Trentino), e per le piste alla francese cioè senza innevamento artificiale e senza battitura che danno la sensazione di sciare mentre sta nevicando. Infine, va segnalata la nuova presenza di applicazioni sullo smartphone per catalogare e condividere le proprie prestazioni, per preparare la sciata e per informarsi sullo stato della neve e sul meteo. Tra le più richieste c’è quella che indica quanti sciatori ci sono in pista (per ora è possibile sul Dolomiti Superski). Nuovissimo è anche il servizio skifast per i pagamenti elettronici nel comprensorio di Bormio, con tariffe che si adattano alle attività in pista e che funziona anche per pagare al bar. Ecco alcune località dove è possibile sciare già da sabato, 29 novembre: nel comprensorio del Faloria, a Cortina d'Ampezzo; a Plan de Corones; a Prali; in Val Germanasca; a Madonna di Campiglio; in Alta Pusteria; a Bormio 3000; a Livigno; a Madesimo; nel comprensorio Monterosa Ski; a Cervinia; sul ghiacciao Presena e a Solda all’Ortles.
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