(ANSA) - NAPOLI, 22 APR - "Abbiamo un teatro che va molto bene, abbiamo un sindaco (Gaetano Manfredi, presidente della Fondazione, ndr) e un Consiglio di Indirizzo che stanno supportando il nostro lavoro ed è questo che conta".
Il soprintendente del Teatro di San Carlo, Stephan Lissner, dopo giorni di indiscrezioni e polemiche circa un suo possibile addio anticipato al massimo napoletano, che lo hanno spinto lo scorso 18 aprile ad inviare una lettera con richiesta di chiarimenti ai soci fondatori pubblici della Fondazione (Mic, Regione Campania, Comune di Napoli) ha presentato una stagione 23/24 ricca di ricca di grandi voci che non vuole definire però 'una risposta' a chi mette in dubbio la sua permanenza a Napoli o la qualità del suo operato.
Indiscrezioni legate al futuro dell'attuale amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes. "Ho un contratto di cinque anni, finisce ad aprile 2025, tutte le altre cose sono supposizioni. Leggo intanto parole che non ho mai detto - sottolinea - Questa stagione non è una risposta perchè è una stagione che abbiamo elaborato in più di due anni. Noi lavoriamo così. Certo abbiamo avuto qualche difficoltà come i tagli della Regione ma la Regione c'è ed andiamo avanti. Cerchiamo di fare proposte belle per il pubblico, di avere un San Carlo di livello alto. Questa è la mia missione e questo è quello che tutti qui stanno facendo" ha detto Lissner ringraziando i lavoratori al termine dell'illustrazione del programma: "I lavoratori devono essere soddisfatti. Io sono felice per quello che è stato fatto in tutto questo periodo, anche se siamo stati un anno e mezzo chiusi per la pandemia. Grazie a loro abbiamo avuto una risposta eccezionale superando momenti difficili sia dal punto di vista economico che psicologico". Nella lettera inviata ai vertici istituzionali Lissner si riferisce alle indiscrezioni che ipotizzano la sua possibile decadenza per questioni di età (ha compiuto 70 anni), per consentire la nomina dell'attuale presidente Rai Carlo Fuortes al suo posto, informando di aver dato mandato ai suoi legali di seguire la vicenda "ove l'iniziativa fosse davvero perseguita". (ANSA).
Sarà un altro Capodanno eccezionalmente mite quello che sta per arrivare: come l'anno scorso, sarà caldo e anomalo a causa della persistenza di un intenso ed esteso anticiclone africano.
Ecco quindi tante belle idee per aspettare l'anno nuovo tra le feste e i concerti in giro per l'Italia:
A ROMA, al Circo Massimo ci saranno Elodie, San Giovanni, Franco126 e Madame.
A GENOVA piazza De Ferrari vedrà sul palco: Annalisa, Anna Tatangelo, Baby K, Patty Pravo, Rocco Hunt, Rovazzi, The Kolors.
E poi Big Boy, Blind, Erwin, Fausto Leali, Follya, Gemelli DiVersi, GionnyScandal, Ivana Spagna, Luigi Strangis, Mamacita, Riccardo Fogli, Riki e Roby Facchinetti.
A RICCIONE la fine del 2022 sarà accompagnata dal concerto in piazza con Arisa e gli Extraliscio, mentre a MATERA ci sarà Gigi D'Alessio.
A MANTOVA Mannarino si esibirà in Piazza Sordello, Vinicio Capossela è l'ospite della notte di San Silvestro in piazza Cesare Battisti a CORATO, in provincia di Bari.
A CAGLIARI sul palco di Largo Carlo Felice sabato 31 dicembre salirà Blanco, PADOVA festeggerà il Capodanno con una festa in musica dove il protagonista sarà Max Gazzè, Francesco Gabbani animerà il Capodanno di PALERMO, che si terrà a piazza Politeama, TORINO celebra l'arrivo del nuovo anno con una serata in piazza Castello: si esibiranno Subsonica, Willie Peyote, gli Eugenio in Via Di Gioia, Beba, Ginevra e Cantafinoadieci.
A SALERNO appuntamento con i Negramaro nello slargo che divide Palazzo Guerra e la sede della Prefettura; Max Pezzali e Lazza saranno i protagonisti di Cap d'Any 2022-2023, il Capodanno di ALGHERO.
Domenica primo gennaio Nicola Piovani si esibisce nella sala Petrassi dell'auditorium Parco della Musica di Roma, Tosca al teatro studio Gianni Borgna dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, l'Harlem Gospel Choir al Blue Note di Milano. Lunedì Claudio Baglioni suona al teatro Mario Apollonio di Varese. Martedì Elisa è al teatro Metropolitan di Catania con Dardust, Claudio Baglioni al teatro Sociale di Como, Enzo Avitabile e Peppe Servillo al Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore a Napoli. Mercoledì c'è l'Orchestra Filarmonica di Kharkiv al teatro Apollo di Lecce, mentre Il Pagante è al Cocorico di Riccione e Filippo Graziani al teatro Comunale Maria Caniglia di Sulmona (AQ).
Il Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste proporrà il prossimo 3 dicembre alle 17.30, in streaming e in assenza di pubblico, l'anteprima de La traviata di Giuseppe Verdi nell'allestimento con cui riscosse gran successo nel corso della tournée in Giappone svoltasi dal 25 ottobre al 10 novembre 2019. L'evento si inserisce nel palinsesto unico di produzioni in streaming che le dodici Fondazioni Liriche nazionali hanno deciso di realizzare per mantener vivo il legame con il pubblico grazie alla collaborazione tra Anfols (Associazione Nazionale Fondazioni Lirico Sinfoniche) e Agenzia ANSA nell'ambito del progetto ANSA per la Cultura.
La proposta del Teatro Verdi di Trieste costituirà la prima opera in forma scenica di questo percorso e sarà trasmessa e condivisa attraverso gli strumenti digitali di tutte le Fondazioni.
A dirigere Orchestra e Coro sarà il M° Michelangelo Mazza; la regia sarà curata da Mariano Bauduin, per lungo tempo assistente di Roberto De Simone, già a Trieste nell'allestimento di Falstaff. Nel cast, tra gli altri, ci saranno il soprano spagnolo Ruth Iniesta (Violetta Valéry), il tenore Marco Ciaponi (Alfredo Germont) e il baritono Angelo Veccia (Giorgio Germont). Il pubblico potrà assistere alla rappresentazione dell'opera collegandosi ai seguenti link www.anfols.it/webtv, http://www.teatroverdi-trieste.com/it/spettacoli/la-traviata-3 www.ansa.it e sui siti internet delle fondazioni liriche sinfoniche aderenti all'iniziativa. (ANSA).
In cartellone una pièce teatrale tratta dal romanzo col quale lo scrittore giunse al Nobel. Un’ambientazione moderna per dare voce alle domande dei non credenti dei nostri giorni
Barabba in un’incisione ottocentesca
da Avvenire “Midnight Barabba” è prodotto da Meeting Rimini in collaborazione con Avl Tek. Oltre al regista Otello Cenci, coautore del testo con Giampiero Pizzol, hanno contribuito al soggetto Davide Rondoni e Nicola Abbatangelo; scene di Nicola Delli Carri, costumi della Sartoria Shangrillà. Sette gli attori in scena: Raffaello Lombardi, Michele d’Errico, Antonella Carone, Franco Ferrante, Carla Guido, Roberto Petruzzelli e Mimmo Padrone. Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Galli il 18 e il 19 agosto alle 20.45 (biglietti su www.vivaticket. it).
Pär Lagerkvist
La Leporina non sa niente del Maestro. Non sa perché non l’abbia guarita, lasciandole quel viso sfigurato. E non sa perché proprio a lei abbia chiesto di portare testimonianza. Sa solo che non può fare a meno di seguirlo, fino al martirio, fino a essere presa in braccio, per l’ultima volta, dall’unico uomo che sembra averle mai prestato attenzione. Un malfattore, scampato alla croce e destinato ai lavori forzati. Si chiama Barabba e, se il processo non fosse andato com’è andato, sarebbe toccato a lui morire sul Calvario, non a Gesù di Nazareth. Eppure sul Calvario Barabba ci va lo stesso, per contemplare l’agonia del giusto. Per rendere testimonianza, in un certo senso, anche se - almeno in questo - la Leporina è più consapevole di lui, più pronta a obbedire alla chiamata. La tensione fra i due personaggi è uno degli elementi portanti di Barabba, il capolavoro dello scrittore svedese Pär Lagerkvist, che per questo romanzo (ora riproposto da Jaca Book nella classica versione di Giacomo Oreglia e Carlo Picchio e con una nota di Alesandro Ceni, pagine 158, euro 14) ottenne nel 1951 il premio Nobel per la letteratura. Documento di un’inquietudine spirituale che attraversa per intero l’opera di Lagerkvist, Barabba fu trascritto in forma drammatica dallo stesso autore e diede spunto a un fortunato film hollywoodiano, con Anthony Quinn nel ruolo del protagonista. Del tutto inedito è invece l’adattamento che debutterà a Rimini come spettacolo inaugurale del quarantesimo Meeting per l’amicizia fra i popoli. La rivisitazione si annuncia originale fin dal titolo, Midnight Barabba, che allude alla cornice della messinscena: un party molto sofisticato, nel corso del quale i vari personaggi, tutti intellettuali influenti nella Stoccolma di metà Novecento, si ritrovano a immedesimarsi nelle figure e nelle situazioni del Barabba di Lagerkvist. «Non è un semplice espediente di teatro nel teatro – spiega il regista Otello Cenci, che è anche autore del copione insieme con Giampiero Pizzol –. Al contrario, il confronto col romanzo porta alla luce l’umanità di ciascuno, altrimenti nascosta dalle consuetudini della mondanità. Le maschere sono quelle che i personaggi indossano nella vita quotidiana. L’incontro con le parole di Lagerkvist diventa l’occasione per mostrare il proprio volto, in tutta la sua fragilità e complessità». Già in precedenza gli spettacoli del Meeting avevano adottato la formula di una fittizia prova generale. «Sì, abbiamo fatto qualcosa di simile per i cori da La Rocca di Eliot e per le parti del Tommaso Moroattribuibili a William Shakespeare – ricorda Cenci –, ma in quei casi c’erano da colmare le lacune presenti nel testo di cui disponevamo. La scelta operata per Barabba è differente. Una versione drammatica esiste già, d’accordo, ma lo stesso Lagerkvist non ne era del tutto soddisfatto: si tratta di una sorta di sacra rappresentazione il cui stile rischia di accentuare la distanza fra la nostra epoca e quella in cui il romanzo fu scritto. Lagerkvist ha operato in un momento storico in cui anche un 'ateo cristiano', quale lui si riteneva, non poteva fare a meno di misurarsi con Cristo. Questa è esattamente la condizione di Barabba nel corso del romanzo: salvato dalla morte di Gesù, continua a essere spiritualmente perseguitato dalla grandezza del suo salvatore. Oggi non è più così, al cristianesimo non si riconosce più cittadinanza nei discorsi della quotidianità. Per questo avevamo bisogno di allestire lo sfondo di un ricevimento in cui tutto è apparenza e in cui, all’improvviso, la realtà fa irruzione sotto forma di domanda radicale».
Anche il poeta Davide Rondoni, che ha contribuito alla stesura del soggetto di Midnight Barabba, insiste sulla necessità di rivalutare l’intuizione fondamentale dello scrittore svedese: «Insieme con pochi altri, tra cui Pier Paolo Pasolini, don Luigi Giussani e Carlo Betocchi, Lagerkvist aveva compreso che in Occidente il cristianesimo non poteva più illudersi di vivere di rendita. Il capitale era stato dilapidato, occorreva ricostruire tornando all’origine essenziale del Vangelo. Di tutto questo il personaggio di Barabba offre una rappresentazione geniale. Non sa da dove gli venga la salvezza perché ignora tutto di se stesso, si muove come uno straniero in una terra nella quale il cristianesimo comincia già germogliare. Per lui l’insegnamento di Gesù è nuovo e misterioso, così come può tornare a esserlo per noi al principio del XXI secolo. Finita la stagione dei trionfalismi, rimane il fascino delle cose vere. Pur nella crisi sua personale e della generazione a cui apparteneva, Lagerkvist disponeva ancora di un linguaggio adeguato a esprimere la profondità di questa ricerca. Un suo verso, in particolare, riassume in modo esemplare l’irrequietezza dei Barabba di ogni epoca: 'Uno sconosciuto è mio amico'».
Uno sconosciuto, non a caso, gioca un ruolo decisivo anche nella partitura di Midnight Barabba: «Ed è proprio la sua presenza a far emergere la personalità autentica degli altri personaggi – osserva Giampiero Pizzol –. Ognuno degli invitati al party allude a una particolare posizione interiore: c’è lo scettico e il curioso, chi si interroga sull’amore e chi preferisce restare in disparte. Lo stesso Barabba, in fondo, sceglie per sé il ruolo dello spettatore ed è per questo che il pubblico può riconoscersi tanto facilmente in lui. Fa pensare a un san Paolo al contrario, recalcitrante di fronte alla conversione, ma ancora capace di consegnare la propria umanità in un abbandono che assume i tratti dell’esperienza mistica».
La Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario, in collaborazione con l’Associazione di Promozione
Sociale Compagnia Dellozio e l’Associazione Culturale Cabiria Teatro organizza una conferenza
stampa di presentazione per illustrare la prima edizione del festival
“Oxilia - teatro e musica per la terra d’Ossola”
che si terrà lunedì 28 maggio p.v. alle ore 17.00 in Sala Bozzetti, presso il convento dei P.P. Rosminiani
al Sacro Monte Calvario di Domodossola.
Il progetto “Oxilia – Teatro e musica per la terra d’Ossola” intende proporre infatti un vero e proprio
festival che unisca attività teatrali e musicali in una formula innovativa per il territorio di riferimento
della Val d’Ossola, soprattutto grazie alla messa in comune di carismi e competenze differenti e
complementari nei diversi ambiti artistici di riferimento.
L’idea di un festival nasce dalla conoscenza delle virtù e qualità di un territorio dalla grande ricchezza
storica, artistica e culturale. L’Ossola, terra di confne, incrocio di mondi, storie e nazioni, terra di
cangianti contrasti e sintonie che costantemente stupiscono per la loro ricchezza, è certamente un
luogo in cui la cultura e l’arte trovano posto, e possono ulteriormente sviluppare le loro radici. Il teatro
e la musica hanno il loro proprio spazio tra le attività culturali della valle, soprattutto grazie all’attività
costante e continua di numerose realtà (compagnie, formazioni musicali, teatri, associazioni,
rassegne) che non mancano di proporre iniziative altamente qualifcate.
Un festival con un’aspirazione non solo locale, ma che espanda il proprio orizzonte oltre i confni
ossolani per essere evento di richiamo per il territorio e verso il territorio. Un festival per l’Ossola in
due sensi: innanzi tutto perché sarà momento di arricchimento per la vita culturale delle valli e di chi
le abita ma anche perché incrementerà l’offerta culturale a vantaggio dei numerosi turisti italiani e
stranieri che sempre di più ricercano momenti artisticamente qualifcati.
Sarà un momento di scambio, dialogo e relazione a più livelli; per il pubblico, perché andare a teatro o
ad un concerto è azione sociale attiva che crea incontro; per i professionisti che potranno incrociare
le proprie diverse esperienze e professionalità in momenti di scambio e racconto reciproco.
Cappella Musicale del S. Monte Calvario
località Sacro Monte Calvario 8
28845, Domodossola (VB)
Un festival che vuole dialogare con le realtà attive sul territorio a tutti i livelli e porsi al loro servizio
con iniziative dedicate e strutturate specifcamente. Riscoprire la socialità della cultura, in
particolare del teatro e della musica, per l’arricchimento della vita civile e sociale.
Nel corso dell’incontro il comitato organizzatore presenterà approfonditamente gli scopi e le modalità
di svolgimento e realizzazione di questo progetto, nato in un’ottica di forte sinergia tra la Cappella del
Sacro Monte Calvario, Compagnia dellozio e Cabiria Teatro.
Elettra è uno dei personaggi più ardui da comprendere della tragedia greca, e con Antigone e Medea rappresenta l’eroina irriducibile, dilaniata da odio e sete di vendetta. Vendetta fondata su giustizia, ma con un’equazione assolutamente barbarica. La meno moderata delle tre, la maga Medea, per punire il marito adultero uccide i suoi stessi figli. Anche la tragedia moderna, elisabettiana, conosce figure femminili perniciose, ma esistono differenze: Lady Macbeth, orrenda criminale, diviene tale dopo un patto con gli spiriti, cadendo preda del potere delle streghe.
Nella tragedia e nel mito greco altre donne più profondamente mi colpiscono: Penelope, Arianna, Eco, Cassandra, Andromaca. Certo, si potrebbe obiettare, prediligo grandi donne sconfitte, non quelle lottanti. No, sento più tragicamente vere, rispetto alle assetate di giustizia e vendetta, alle barbare, quelle lottanti e magari sconfitte, come Cassandra, o Andromaca, la moglie del grande Ettore, fatta schiava con le altre nobili troiane dai brutali vincitori greci. Ma Penelope invece vince, solo tornando a lei Ulisse può compiere il suo viaggio e il suo destino.
Arianna, abbandonata da Teseo che ha salvato dal Labirinto, è però visitata sull’isola di Nasso da Dioniso, il dio della rigenerazione e della vita, che, amandola ricambiato, la tramuterà in stella. Elettra cova un odio indomabile, poiché efferato è stato il comportamento della madre Clitennestra, che ne ha massacrato il padre – il grande Agamennone di ritorno vittorioso da Troia – in combutta con il vile amante Egisto, con cui vive e sguazza nella reggia di Argo. Mentre il figliolo Oreste, erede maschio del nobile Agamennone, è stato salvato da un’anima buona che lo ha allontanato dalla corte e dalla morte certa, Elettra è umiliata e ridotta al ruolo di schiava. Intuibile la difficoltà del-l’attrice che interpreta questo personaggio di Sofocle, e del regista che la deve guidare: Elettra non può essere una maschera infuriata, una donna primitiva posse- duta solo da odio, perché manifesta anche un animo femminile, amante della vita nel suo giusto equilibrio, e nobile, perché insofferente dell’ingiustizia.
Federica Di Martino riesce molto bene nell’impresa: la sua Elettra non è una maschera isterica, con la bava alla bocca, ma, grazie a un uso eccellente delle voce in sintonia con i movimenti del viso, del collo, del tronco, il suo dolore assume un’espressione di pietà di effetto quasi cinematografico. Nel vasto spazio del teatro (dove si sedettero Platone in rotta con Atene, e il grande Eschilo, offeso con Atene che gli aveva proferito, col broglio, la prima trilogia di Sofocle, sin da subito raccomandato e amico dei potenti, bravo ma inferiore agli altri due che iniziano con E…) riesce a recitare come se fosse in primo piano pur occupando sempre benissimo lo spazio scenico.
La regia di Gabriele Lavia esalta questa resa, come quella generale: una realizzazione felice sul piano spettacolare (nel senso buono del termine) e dinamico: tutto freme, sin dall’inizio, Oreste, il Pedagogo, Elettra, tutti i giustizieri sono animati da una furia attiva, implacabile, che li traduce in uno spettacolo dinamico, teso, efficace. Notevole davvero il ritmo iniziale in cui il Pedagogo insuffla in Oreste, appena giunto nella città dell’infanzia, uno spirito di azione greco, si deve agire agire subito, di sorpresa, rapidamente, poi ci sarà tempo per i ricordi dell’infanzia ad Argo.
Poi… sul cadavere di Clitennestra, che il giovane uccide rapidamente, e di Egisto, fatto fuori come merita. Brava, come detto, Federica Di Martino, in tutto tranne quando corre con un passo non da palcoscenico ma da palestra (in “circuito”): ma è una piccola pecca in una prestazione ottima. Forte e autorevole, certo trascinante la Clitennestra Maddalena Crippa, che io però, pur brava e sempre intensa, sento sempre come attrice un po’ padana; davvero efficaci, elettrizzati, il Pedagogo Massimo Venturiello, l’Oreste Jacopo Venturiello, tutti.
Nota negativa il coro, quasi imbarazzante: il coro in una tragedia greca è l’espressione di una dimensione profonda, tellurica, la voce dell’inconscio e insieme del poeta in vaticinio narrante. Qui nulla di antropologicamente imparentabile a un coro. Tante giovani rossoscuro vestite che si muovono semicoreograficamente, senza furore, senza vaticinio, senza un brivido dionisiaco. Per il resto, lo spettacolo di Lavia tiene, convince, si fa comprendere e persuade con energia. Avvenire
Riapre dopo vent'anni il più antico teatro di Firenze, il Niccolini. Dopo un restauro durato 9 anni e sostenuto (ma il costo non è stato comunicato) dall'editore fiorentino Mauro Pagliai che lo acquistò nel 2006, si tornerà ad alzare il sipario domani per una serata che vedrà sul palco Paolo Poli con lo spettacolo 'Teatrino': l'attore, 'di casa' al Niccolini negli anni Ottanta, sarà protagonista di un colloquio-intervista con il critico Valentina Grazzini. Seguirà un'esibizione dell'Orchestra della Scuola di musica di Fiesole. Il Niccolini, è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa dal sindaco Dario Nardella - tra i presenti oltre a Pagliai, il presidente dell'Opera del Duomo Franco Lucchesi e l'ad di Pitti Immagine Raffaello Napoleone -, avrà una programmazione sostanzialmente dedicata alla "prosa, alla poesia, a tutto ciò che è la produzione culturale del teatro. Un luogo che potrà essere all'altezza dei grandi esempi internazionali che troviamo a Parigi, Berlino, Londra". A gestire la stagione la Fondazione Teatro della Toscana. Ma il Niccolini - 406 posti e 4 ordini di palchi -, con la riapertura, diventerà anche un centro culturale polivalente ospitando mostre e convegni e da aprile-maggio rimarrà aperto 7 giorni su 7, anche di mattina, grazie ad un accordo con l'Opera del Duomo, per presentare, dalle 9 alle 17, un video sui tesori di piazza Duomo per preparare i visitatori, nell'ambito di uno speciale percorso turistico. In sinergia con il Niccolini è anche Pitti Immagine, che il 14 gennaio vi allestirà una performance site-specific dello stilista Marco De Vincenzo, Womenswear guest designer del prossimo Pitti Uomo. Al piano terra ci saranno poi un caffè e un bookshop. Intanto il teatro aprirà le sue porte alla città con visite guidate a partire da sabato prossimo. Il Niccolini si chiamava in origine 'Teatro del Cocomero', e la sua fondazione, intorno al 1650, lo colloca tra i primi teatri 'moderni' d'Europa oltre che primo a
Firenze. Prima della sua chiusura, avvenuta nel 1995, era stato un importante centro di produzione per la prosa, palcoscenico di artisti come Vittorio Gassman, Carlo Cecchi, che ne è stato anche uno dei direttori, e Carmelo Bene che commosse il pubblico recitando Leopardi. Il Niccolini, ieri, con un sopralluogo a sorpresa, è stato visitato in anteprima dal premier Matteo Renzi e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti. firenze.repubblica.it