Si
calcola che nel mondo intero, negli ultimi 12 mesi, gli account
"abbandonati" a causa della morte del titolare siano diversi milioni. Un
gigantesco giardino digitale dove le lapidi funerarie sono costruite
con tutti i "post", "like", "tweet". Il rischio di essere ricordati per
tutte le nostre banalità. Il "qui e ora" e il "taglia e incolla"
prenderanno il sopravvento sul ricordo ricostruito e mediato
Rino Farda - agensir
Stiamo già scrivendo la nostra autobiografia, ma non lo
sappiamo. Basta collegare il proprio account Facebook alla pagina
“Museum of me” di Intel per scoprire come saremo ricordati nel futuro
dai nostri nipoti e pronipoti. La platea degli utenti Facebook (o di
qualsiasi altro social media) sta già cambiando la propria natura. I
diagrammi fra i viventi e i deceduti infatti sono destinati ad
incrociarsi e ad invertirsi nel giro di pochi anni. Al momento non ci
sono molti utenti social “morti” perché questi mezzi sono ancora
relativamente “giovani”. Presto però, la situazione sarà diversa. Il
risultato è paradossale.
La nostra vita sulle pareti digitali del “Museo di Me Stesso”. Mentre
Google ha riconosciuto agli utenti di Internet il diritto a cancellare
la “memoria sgradita”, i social stanno continuando ad accumulare milioni
di informazioni sui nostri gusti, le nostre amicizie, le nostre
vacanze, i nostri lavori e, perfino, le nostre simpatie politiche. Siamo
noi a fornirle spontaneamente. Non ci rendiamo conto che quello che
oggi ci piace domani potrebbe risultare meno piacevole o non più così
interessante. Per i “big data” dei social però non farà differenza.
Tutto sarà mischiato insieme, senza gerarchia, per andare a scrivere in
futuro un ritratto che, a dirla con Totò, sarà “la somma del totale”.
Intel ha realizzato un software impressionante. Basta collegare il
proprio account Facebook alla pagina “Museumofme” (Museo di me stesso)
per ritrovare una vita intera di ricordi e avventure esposta e
raccontata sulle mura avveniristiche e digitali di un museo della
memoria. In un video di un paio di minuti finiscono ammucchiate alla
rinfusa foto, musiche e parole fino all’apocalittico effetto speciale
finale. Da brividi. Un minestrone post moderno dove le differenze e le
sfumature che ci avevano così affascinato scompaiono in un attimo.
La confusione dei memorabilia nel “cimitero” dei social.
Il fenomeno rischia veramente di sfuggire al nostro controllo. Nel
2013, solo negli Usa, sono morti circa 300mila utenti Facebook. I loro
account sono stati abbandonati sul web ma non sono stati chiusi. Restano
così a disposizione dei curiosi e dei perditempo che potranno, più o
meno liberamente, rovistare nelle memorie che questi defunti non hanno
avuto modo di portare via con sé. Le dimensione globali sono
impressionanti. Gli esperti calcolano che nel mondo intero, solo negli
ultimi dodici mesi, gli account “abbandonati” a causa della morte del
titolare siano ormai diversi milioni. Un numero e una proporzione che
cresceranno in modo esponenziale. Una specie di gigantesco giardino
digitale dove le lapidi funerarie sono costruite con tutti i nostri
“post”, “like”, “tweet”, eccetera.
L’inedita memoria del “qui e ora”. Si
tratta di una novità assoluta dal punto di vista della storiografia.
Dopo la rivoluzione degli “Annales”, gli storici potranno oggi
cominciare a studiare un fenomeno completamente inedito dal punto di
vista della scienza della memoria collettiva. Le vicende personali degli
individui, infatti, saranno tramandate secondo il sentimento del “qui e
ora” che caratterizza la nostra frenetica attività sui social. Non era
mai successo prima, almeno, non con queste dimensioni. Le nostre
“autobiografie involontarie e non autorizzate”, infatti, sono scritte
sull’onda dell’istinto del momento: per il traffico, per un gol della
squadra del cuore, per un innamoramento passeggero. Prima dei social,
invece, la memoria doveva essere “riscritta” da qualcuno per essere
tramandata. Nel passaggio avveniva un cambiamento anche semantico di
alcuni ricordi. Una differenza che i social hanno cancellato.
Le biografie digitali saranno incomplete.
La pigrizia da tastiera che ha cambiato le abitudini di giornalisti e
storici renderà più scivoloso il crinale delle biografie del futuro. Già
adesso è possibile vedere sui giornali gli account social dei
personaggi che, per un qualche motivo, sono finiti sotto i riflettori
della cronaca. Terroristi o eroi di strada. Si tratta però di dati
incompleti. Una volta le biografie si costruivano scavando nei
documenti. Adesso invece si lavora solo con lo sbrigativo strumento
elettronico del “taglia e incolla”. “Il futuro delle biografie può
sembrare rozzo, goffo e in qualche modo incompleto”, sentenzia Dominic
Basulto del Washington Post.