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I nuovi turismi in Italia

 Si sente spesso parlare di nuovi turismi: Percettivo,  Sensoriale, Eco Naturalista, Accessibile, Single, LGBTQ, Gioco, Eno, Frugalista, Sostenibile, Ippo, Ciclo Benessere, Rigenerazione, Paesaggi, Saperi, Esoterico, Shopping, Tour,  Per Scambio, deiBorghi, Naturista, del Golf... Valorizzare queste modalità di turismo che tutelano la sensibilità e la ricerca personale e culturale è lo scopo del Festival dei Nuovi Turismi 2010 in Puglia, un festival aperto agli operatori del turismo associato, agenti di viaggio, operatori ricettivi, tour operator ed esperti del marketing, per valutare e discutere insieme sul ruolo economico e sul significato sociale dei nuovi turismi. Appuntamento dal 30 settembre al 3 ottobre 2010.
Fonte: directanet

Luoghi dell'ospitalita: conventi e monasteri a Venezia

Sono sempre stati nel corso dello storia luoghi dell'opitalità, tutti le strutture religiose presenti nelle vie storiche per raggiungere Roma era prevista la possibilità d' ospitalità. Oggi come ieri i conventi offrono ospitalità, sono luoghi di quiete, sono luoghi ricchi di cultura, sono gestiti molto bene e offrono momenti di serenita. venezia ne offre diversi e di grande valore storico e artistico.

Venezia
Abbazia di San Giorgio Maggiore L'mportante monastero benedettino, dal 1951 sede della Fondazione «Giorgio Cini», sorge sul'isoletta omonima con un complesso insieme di ambienti, realizzato dietro progetto di Andrea Palladio e articolato attorno alla ralativa chiesa e ai due chiostri. Dal 982 sede del Monastero Benedettino, l'isola di San Giorgio conobbe il suo massimo splendore tra il 1500 e il 1600, grazie alle opere di artisti come Palladio, Carpaccio, Veronese, Tintoretto e Longhena, che contribuirono alla trasformazione del suo complesso monumentale. Dal campanile, eretto nel 1791 in sostituzione di quello quattrocentesco, si può godere di una magnifica vista panoramica sul bacino di S. Marco.La chiesa, dalla nobile facciata di linee classiche, creazione di Andrea Palladio (1566-83), fu portata a termine nel 1611, solo dopo la sua morte.
Monaci Benedettini
Isola di San Giorgio - 30124 Venezia
Tel. 041/527827

Convento dei Santi Giovanni e Paolo Sorse insieme all'attigua chiesa. Fu ricostruito da Baldassarre Longhena tra il 1660 e il 1675. Oggi ospita l'Ospedale civile di Venezia. È articolato intorno a due chiostri e a un cortile. Ad est si trova il dormitorio dei frati, attraversato da un lunghissimo corridoio su cui si aprono le celle. Attualmente il convento domenicano ha sede in quella che era la Scuola di Sant'Orsola. La comunità domenicana a Venezia ha come sua missione, oltre alla cura pastorale della parrocchia, l'accoglienza dei turisti, la promozione di incontri culturali, la predicazione del messaggio cristiano attraverso l'arte e l'ospitalità. Attualmente il Superiore della comunità religiosa è fra Giovanni Augusto Allocco.
Frati predicatori Domenici
6363 Castello - 30100 Venezia
Tel. 041/5237510

Convento di San Francesco del Deserto, trovate qualche pescatore disposto a darvi un passaggio, potrete facilmente raggiungere l'isoletta di San Francesco del Deserto. Arrivando con la barca è possibile scorgere già in lontananza la fascia scura dei filari di antichi Cipressi e di Pini merittimi che circonda il perimetro dell'isola. Scesi dalla barca, percorrendo il lungo viale alberato si arriva alla Chiesa, affiancata dal campanile e dal convento. Dalla porta a destra si accede al primo chiostro, recentemente restaurato, e al vicino chiostro quattrocentesco, con al centro una vera da pozzo barocca. Il complesso è circondato dal giardino, dove potrete godervi una passeggiata tra il verde e il silenzio di questo luogo, interrotto solamente dal cinguettare dei numerosi uccelli che lo popolano.
Frati Francescani Minori
Isola di San Francesco del Deserto - 30012 San Francesco del Deseto VE
Tel. 041/5286863

Convento di San Francesco della Vigna, Il Convento risale in gran parte alla metà del Quattrocento. Attualmente vi è anche la sede dell'Istituto di Scienze Ecumeniche. Maestosa è la facciata della Chiesa di Andrea Palladio, come pure l'interno dove, fra le numerose opere d'arte, si ammira la Cappella Giustiniani, fitta di sculture lombardesche. Il Chiostro è stato rifatto nel 1445. Durante l'estate si tengono concerti d'organo e di canti gregoriani. Ospitalità L'Istituto di Teologia Ecumenica ospita i suoi iscritti provenienti da ogni parte del mondo. Il Soggiorno San Francesco, gestito dall'Anspi, accoglie studenti universitari.
Frati Francescani Minori
Castello 2786 - 30122 Venezia
Tel. 041/5222476

Monastero della Santissima Trinità : Sull’isola della Giudecca, collegata a Venezia con servizio di vaporetto, un monastero fondato nel secolo scorso. Il complesso non presenta particolari motivi di interesse artistico ma ne offre in abbondanza l’isola con la Chiesa di Sant’Eufemia, la palladiana Chiesa del Redentore, autentico scrigno di capolavori di maestri come Veronese e Tintoretto. Ospita ragazze alla ricerca di momenti di approfondimento spirituale.
Monache Clarisse Povere di Santa Chiara
Isola della Giudecca - 30133 Venezia
Tel. 041/5222531

San Lazzaro agli Armeni (Isola)
Monaci Mechitaristi
30100 Venezia
Tel. 041/5260104

Ospitalità in case religiose
CASA DEL GIOVANE DON ORIONE, Via Nicolodi 9 - 30175 VENEZIA (VE) Telefono:041-921926
CASA EBRAICA DI ACCOGLIENZA DI VENEZIA , CANNAREGIO 2874 - 30100 VENEZIA (VE) Telefono:041/715012 Fax:041/5241862 E-mail:com.ebra@ve.191.it
CASA SEVAN Isola San Lazzaro degli Armeni - 30126 VENEZIA (VE) Telefono:041731490 Fax:041731490 E-mail:casasevan@yahoo.it
CENTRO CULTURALE DON ORIONE ARTIGIANELLI, DORSODURO - RIO TERA' FOSCARINI 909/A - 30123 VENEZIA (VE) Telefono:041 5224077 Fax:041 5286214 E-mail:info@donorione-venezia.it Web: http://www.donorione-venezia.it/
CENTRO PASTORALE CARDINAL URBANI VIA VISINONI 4/C - ZELARINO - 30174 VENEZIA (VE) Telefono:041-909962 Fax:041-5460137 E-mail:centrourbani@patriarcatovenezia.it
Foresteria Venezia
CSD Foresteria Valdese di VeneziaPalazzo CavagnisCastello 5170I - 30122 VENEZIA
tel. 041-5286797 )fax 041-2416238foresteriavenezia@diaconiavaldese.org
Info venezia : Turismo Venezia

fonte: Turismo Lento

New Hotel Palace Marsala: vacanze di mare e cultura

Situata sull'estrema punta occidentale della Sicilia (Capo Boreo), Marsala è la cittadina più grande della provincia di Trapani. La località è conosciuta per via del turismo balneare, dell'omonimo vino liquoroso e di un celebre evento storico.

Avvenne qui infatti, l'11 maggio del 1861, il mitico sbarco dei mille soldati al seguito di Garibaldi, che segnò l'unificazione d'Italia. Per quanto riguarda il vino Marsala, furono alcuni intraprendenti commercianti di Liverpool a scoprire e valorizzare nel 1773 la più antica Doc d'Italia. Rispetto al turismo balneare, infine, negli ultimi tempi si è assistito a un notevole incremento del flusso dei visitatori, nostrani e stranieri.

Se fino a dieci anni fa a Marsala c'erano in tutto 3 alberghi, ora si è passati agli attuali 14. Maggiore addirittura l'incremento nella ricettività extra-alberghiera: tra agriturismi e affittacamere se ne contano almeno una trentina.

Il merito di tutto ciò è da riconoscere alla saggia Amministrazione comunale, che è riuscita a riscattare la città dalle cattive acque in cui navigava dopo decenni di malgoverno. Al restauro artistico dello splendido centro storico sono infatti seguiti progetti di promozione del territorio che hanno visto Marsala presente in importanti rassegne turistiche nazionali e internazionali.

Fondata originariamente dai Fenici, l'antica Lilybeo ha ritrovato tutto il lustro perduto. Racchiuso tra porte e bastioni, il centro storico di Marsala svela chiese e monumenti, palazzi e musei, in un equilibrato miscuglio architettonico tra antico e moderno. viaggi.exite.it
per soggiornare:

Hotel segnalato da "Turismo Culturale"

New Hotel Palace srl

Via Lungomare Mediterraneo, 57
91025 Marsala (TP)
Tel. +39 0923 719492 - Fax +39 0923 719496
Email : info@newhotelpalace.com
Sito internet : www.newhotelpalace.com
Direttore
Li Mandri Salvatore

Sistemazioni
50 camere - 2 Comunicanti Deluxe - 2 Suite Familiari - 2 Imperial Suite

Servizi per portatori di Handicap
2 camere attrezzate per ospiti diversamenti abili, le camere sono collocate al piano terra e sono molto confortevoli. Le aree comuni sono tutte accessibili all'interno dell’Hotel.

Ristoranti - Bar - Saloni
Restaurants : "Le 4 Stagioni", "Il Bevero"
Lounge Bar Palace - Garden Bar
Saloni : "Dolce Sognare", "Christian", "Shadey", "Thomas"






Dotazioni delle camere
TV satellitare - Aria climatizzata - Linea telefonica diretta - Minibar Asciugacapelli - Casseforti - Linea cortesia - Collegamenti PC e fax - Internet ADSL - Electronic key

Servizi New Hotel Palace
Servizi di portineria - Parking custodito - Trasferimento da e per aereporto
Centro Business - Servizio in camera 24/ su 24 ore - Servizio Baby sitter
Servizio Lavanderia, stireria e pulitura a secco
Servizio Quotidiani - Momento relax e massaggi - Pay TV
Camere ai piani non fumatori - Lettore DVD CRT - Lido convenzionato
Ammesi animali piccola e media taglia

Strutture per meeting, banchetti e matrimoni
2 sale polifunzionali :
5/50 - 120/200 persone
Apparecchiature audiovisive per conferenze
Piscina, giardino e terrazze per ricevimenti all'aperto

Volano a Sydney, ma è quella sbagliata Invece che in Australia vanno in Canada. La madre di lui: «Prendiamola sul ridere»

TORONTO - Forse il primo serio dubbio gli è preso quando l’aereo ha fatto scalo a Toronto. Volevano andare a Sydney, in Australia, si sono invece ritrovati nell’omonima città del Canada. Quella sbagliata. La Sydney in Nova Scotia, città turistica di 100mila abitanti su Cape Breton che se qualcosa di famoso ha, è per esempio il grosso violino (il più grande del Mondo) che fa sfoggio di sé sul waterfront cittadino, altissimo, tutto di legno, meta preferita dei turisti.
I marchigiani Valerio Torresi, 26 anni, e Serena Tavoloni, 25, sono incappati nello stesso infortunio turistico già accaduto ad una donna argentina due anni fa e ad una coppia di inglesi nel 2002. Magra consolazione per quelli che sognano la terra dei canguri e si ritrovano in quella delle foche.
«Sono partiti da Roma martedì - racconta al Corriere Canadese la madre di Valerio, Rossella, che col padre Bernardino gestisce un bar a Montegranaro (Fermo) - hanno fatto scalo a Toronto convinti che da lì l’aereo sarebbe ripartito per l’Australia, anche se qualche dubbio hanno iniziato a nutrirlo. E invece si sono trovati nella città sbagliata dando retta ad un biglietto compilato male». La storia dei due fidanzati è stata ripresa per prima dal quotidiano Cape Breton Post e poi dalla Cbc. «Pensare - continua mamma Rossella - che mio figlio Valerio per evitare di prenotare su internet ha deciso di rivolgersi ad un’agenzia pur pagando qualche euro in più. Voleva essere più tranquillo e guardate cosa gli è capitato».
Già, parliamo dell’agenzia. E stata proprio questa a compiere l’errore fatale, in sostanza a indirizzare Valerio e Serena da tutt’altra parte apportando sul biglietto di volo la destinazione fasulla. Accortasi dell’errore e presasi gli improperi di un paese intero, «la stessa - continua mamma Rossella - ha riprenotato il volo e ha sostenuto le spese dei ragazzi in Canada. si sono visti un po’ la città e l’albergo non lo hanno dovuto pagare. Mentre vi parlo so che sono in volo per l’Australia, ancora però non vi so dire se siano arrivati. Sono ripartiti dopo due giorni di sosta». La speranza, ovviamente e, aggiungiamo anche i debiti scongiuri, è che nel Mondo non esista a questo punto un’altra Sydney.
Era la prima volta che Valerio, al momento disoccupato, e Serena, maestra elementare, lasciavano l’Europa. Siamo certi che non dimenticheranno tanto facilmente questa avventura. La madre la butta sul ridere: «almeno hanno visto due continenti in un viaggio solo». La bizzarra vicenda Valerio l’ha raccontata anche sulla sua pagina personale di Facebook scatenando le reazioni a catena degli amici. Scrive Paolo: «Una perla di quelle grosse, complimenti. A Cape Breton non si parla d’altro». «Vi abbiamo visto al Tg5 e a Studio Aperto - dicono altri - vedete però se al ritorno tornate nel Paese giusto...».

Data pubblicazione: 2010-07-10
Indirizzo pagina originale: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=100319


Rinnovato contratto per il turismo Ai 150mila lavoratori andranno 115 euro di aumento



(ANSA) - ROMA, 10 LUG - Nuovo contratto per i centocinquanta mila addetti del settore turismo: l'aumento salariale sara' di 115 euro. Altri duecentodieci euro sono da destinare al secondo livello di contrattazione. L'intesa e' stata raggiunta tra i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro aderenti alla Confindustria.Il nuovo contratto riguarda grandi catene alberghiere, agenzie di viaggi e tour operator.

Dove sono i turisti?

Questa foto, scattata ieri (9 luglio) alle 11 del mattino, dimostra che, purtroppo, le spiagge italiane non stanno registrando il tutto esaurito.
masterviaggi.it

a foto ritrae una località famosa dell'Adriatico del nord, un bel posto dotato di ottimi servizi e prezzi accessibili a tutti.
Qui, come nella maggior parte degli hotel a 3 stelle della celebrata Riviera Romagnola, a Luglio la pensione completa costa tra i 65 e gli 80 euro a persona.
Gli hotel sono puliti, offrono stanze dotate di tutti i comfort e ristoranti che, in relazione al prezzo pagato, sono più che accettabili.
Nella maggior parte dei casi poi la gestione famigliare rappresenta un ulteriore valore.
Allora dov'è il problema?
Il problema è che la crisi sta ancora mordendo i polpacci della gente, in Italia come nelle nazioni limitrofe e così il 50% degli ombrelloni in pieno Luglio resta chiuso.
Vorremmo poter dire il contrario ma la situazione è quella che è e bisogna prenderne atto.
E' ora di agire seriamente partendo dalla consapevolezza che niente si vende più in automatico, per troppo tempo siamo stati a dormire sugli allori, adesso è il momento di rimboccarsi le maniche e (odio scrivere la frase fatta che sto per scrivere perchè trita e ritrita) ... fare veramente "sistema".
Hanno Ragione i Presidenti dell'ASTOI e della FIAVET LAZIO a "bacchettare" il ministro del Turismo che invita, grazie anche allo spot con la voce del presidente del consiglio, gli italiani a fare le vacanze in Italia; hanno ragione perchè questa è dietrologia e se i Paesi (ad esempio Germania, Francia, Spagna) facessero lo stesso  rischieremmo di veder aumentare il numero degli ombrelloni chiusi in Alta Stagione.

A Lucca dal 26 al 28 novembre 2010 Italia Terme Benessere

utte le novità del wellness e del termalismo saranno presentate a Lucca ad Italia Terme Benessere, il salone nazionale dedicato all’industria termale e al turismo del benessere che Lucca Fiere & Congressi organizza nella città toscana.

Italia Terme Benessere, alla seconda edizione, prevede tre giorni di eventi, workshop e convegni che, dal 26 al 28 novembre 2010, richiameranno operatori professionali e appassionati dello stare bene in genere, nel nuovo quartiere fieristico, ex area Bertolli, vicino all’uscita dell’autostrada Firenze-Mare, appena fuori le storiche Mura della città.

Il salone si è accreditato come vetrina nazionale dei luoghi e dei modi del benessere termale: strutture, percorsi curativi e rigeneranti, prodotti e soluzioni innovative al servizio del professionista del benessere e dell’utente. L’offerta termale, a lungo considerata sotto un profilo esclusivamente sanitario e oggi rilanciata come turismo del benessere, trova spazio nella fiera per promuoversi e fare business. Italia Terme Benessere è anche luogo di incontro privilegiato per l’offerta wellness di centri benessere, spa e strutture ricettive, con spazi specifici dedicati alla formazione e all’aggiornamento professionale. L’ampia area espositiva, 7 mila quadri coperti, sarà infatti animata da sessioni di approfondimento, con workshop e convegni dedicati alle più attuali tematiche del settore termale e del benessere. Italia Terme Benessere si conferma inoltre come un’occasione unica di incontro tra la domanda e l’offerta del turismo, dove il pubblico di appassionati potrà conoscere e sperimentare direttamente i piaceri e i benefici di uno stile di vita attento alla cura del sé.

Sono chiamati a partecipare gli operatori del turismo, delle attrezzature, delle strutture d’accoglienza, dei prodotti per la cura della persona, oltre al personale specializzato, agli enti e alle associazioni. In fiera saranno accolti espositori provenienti da tutto il territorio nazionale: centri termali, catene alberghiere, hotel e spa; produttori e distributori di apparecchi, strutture e complementi d’arredo; cosmesi e prodotti termali; terapie e riabilitazioni; consorzi, associazioni, enti di sviluppo, istituti di formazione, tour operator e agenzie di viaggi.

E’ online Snav Magazine, la nuova rivista digitale dedicata a chi ama i viaggi

La compagnia di navigazione lancia in rete un progetto editoriale che non ha precedenti nel proprio business field: un magazine che racconta curiosità, luoghi, eventi e tradizioni delle mete servite dai suoi servizi di collegamento.
La compagnia di navigazione che detiene la leadership nei collegamenti marittimi con le più rinomate mete turistiche del Mediterraneo, annuncia che è stato ufficialmente rilasciato online il nuovo magazine, ultima interessante iniziativa intrapresa dall’azienda per i suoi passeggeri.

L’intenzione è quella di informare e consigliare i lettori sulle molteplici possibilità che offrono i luoghi di vacanza prescelti. Il magazine è online all’indirizzo http://magazine.snav.it.

Cinque canali tematici, ognuno con una sezione dedicata contenente ulteriori sottocanali, condurranno il lettore attraverso riserve naturali, parchi, mercatini folkloristici e antichi sapori del Mediterraneo.

Così il canale “Cultura” parla di scrittori, artisti, attori e di come le loro origini abbiano influenzato la loro successiva produzione artistico-letteraria; “Luoghi da scoprire” svela le meraviglie naturali e architettoniche delle mete servite da Snav; “Sapori mediterranei” suggerisce le migliori ricette dei luoghi del Mediterraneo; “Curiosità e Gossip”, invece, rivela gli ultimi scoop dell’estate.

Infine, “Mondo Snav”, il canale corporate del magazine, racconta la compagnia di navigazione, informa i suoi passeggeri sulle nuove offerte pensate per loro e sui servizi di bordo di cui possono disporre sulle navi della flotta.

L’interfaccia grafica del magazine è di forte impatto comunicativo, pensata per rendere il più piacevole possibile l’esperienza di navigazione. A ogni canale è stato associato un colore, e ogni articolo può essere commentato e condiviso su facebook, il social network che vede già la presenza di Snav con una pagina istituzionale che conta più di 110.000 iscritti!

Un magazine di approfondimenti e curiosità, dunque, pensato affinchè i passeggeri Snav possano essere dei turisti informati.
ilmezzogiorno.net

Nel bunker d'Israele Viaggio lungo i confini con Libano e Siria, aspettando qualcosa che sta per succedere



Più si sale in Galilea più si tocca con mano la necessità di sicurezza d’Israele. Persino la grande riserva d’acqua Eskhol, che porta il nome di un primo ministro israeliano, è un tesoro super protetto da una barriera elettrificata, telecamere e guardie armate. Nel timore che i terroristi provino ad avvelenare le falde. A Kiryat Shmona, “la città degli otto”, costruita in memoria dei primissimi pionieri socialisti che vennero quassù a fondare i kibbutz, ci si arriva da una strada di campagna che passa fra coltivazioni di frutta e verdura. Ogni tanto si incrocia qualche ciclista. E’ terra bruciata dalle bombe e dagli incendi. Strisce nere e bollenti solcano il terreno, punteggiate da mozziconi che furono aceri e cedri. Sono morti molti eucalipti importati dall’Australia. C’è silenzio sul confine israeliano col Libano, sopra Kiriat Shmona e sotto Metulla, dove nei giorni della guerra il concerto dei katiuscia la faceva da padrone. Un silenzio che gli israeliani del posto chiamano “cosiddetto”, perché è più il vibrare di una guerra che verrà e che avrà gli occhi di Ahmadinejad. E’ la quiete prima della tempesta.

Le ceneri delle ginestre accolgono il visitatore. Più a nord la strada s’incunea tra le colline irte di antenne e posti di osservazione: sulla destra il Golan e le creste una volta innevate del monte Hermon; a sinistra, le villette-bunker dell’insediamento di Metulla; in faccia, a tiro di kalashnikov, i minareti del villaggio arabo di Kfar Kila. Siamo nell’“unghia d’Israele”. Come al sud, a Sderot, la città bombardata ogni giorno da Hamas, ogni casa a Kiryat Shmona sta per essere munita di rifugio. La fila di case è interrotta da una nuova costruzione, una per piano, in cui le famiglie possono rifugiarsi in vista del prossimo conflitto scatenato dall’Iran. Il terrore più grande di questi ventimila abitanti è che l’allarme possa capitare quando i loro bambini sono soli per strada.

Qui Hezbollah, nell’estate del 2006, ha lanciato un migliaio di missili su tetti e strade. Gran parte dei duecento rifugi pubblici di Kiryat Shmona è stata restaurata, pronta all’uso, nuovamente. Perché il ciclo di violenza e di tregua quassù va avanti dal 1967. Sempre da qui Ariel Sharon e Menachem Begin lanciarono la tragica invasione del Libano del 1982. A Kiryat Shmona, orlata di alte montagne che echeggiano di tanto in tanto dello scoppio dei missili, ci sono una quarantina di asili nido e locali per bambini definiti “sicuri”. Israele ha ricostruito i rifugi per adibirli anche a uso civile, utili in tempo di pace. Rifugi sono oggi usati come biblioteche, club, scuole di danza e persino sinagoghe. In molti casi la città ha preferito non aspettare la lenta burocrazia del governo. E si è rivolta alla beneficenza privata. Alcuni rifugi di Kiryat Shmona, che i cittadini di qui hanno ribattezzato “Kiryat Katyusha”, sono stati possibili grazie alle donazioni della comunità ebraica nordamericana. Aharon Botzer è il fondatore di Livnot U’Lehibanot, l’organizzazione che ha raccolto il denaro necessario a rinnovare le strutture difensive della popolazione nella Galilea del nord. Livnot U’Lehibanot ha fatto il grosso del lavoro a Kiryat Shmona nel costruire e riparare i rifugi in preparazione della prossima guerra. Due milioni di dollari sono arrivati dalla diaspora statunitense.

“Il tempo è cruciale, non sappiamo quel che sta facendo Hezbollah”, dice Lisa Balkan, che si occupa delle relazioni pubbliche per l’organizzazione. “A novembre abbiamo iniziato a ricostruire i rifugi”, dice Boptzer. “Ne abbiamo rinnovato un centinaio, in gran parte erano del tutto inutilizzabili. Stiamo adesso proteggendo le scuole munendole di stanze contro i missili. Un grande aiuto ci arriva anche dai gruppi evangelici cristiani dagli Stati Uniti, molto generosi nell’aiuto alle città della Galilea del nord”. La triste expertise di Kiryat Shmona in fatto di bombe e traumi è diventata persino esportabile all’estero. Il Community Stress Prevention Center, che si trova nel vicino college di Tel Chai, ha fornito consulenza sui disastri in casi come il terremoto in Turchia, ad Haiti o l’uragano Katrina. Il cerchio fra il passato, il presente e il futuro di Israele sorge proprio su questa collina che guarda Kiryat Shmona. Tel Chai significa “la collina della vita”.
C’è un silenzio irreale fra le tombe del gruppo Hashomer Hatzair, i primi pionieri del movimento socialista che qui, negli anni Venti, vennero a fondare i kibbutz. Il leone si erge alto e solitario nella collina memoriale.

Di tanto in tanto qualcuno viene a rendere omaggio alle tombe, coraggiosi amanti del trekking e ministri della destra nazionalista. Il premier Netanyahu ci viene spesso. Ma in generale, questa collina è un luogo sempre più lontano dal cuore d’Israele, dalla modernità benestante di Tel Aviv e Herzliya.
Le tombe parlano. “Guardiano di Israele”, si legge su quella di Alexander Zeid. Nato in Siberia ed esiliato dalla polizia zarista, dopo i pogrom Alexander decise di fondare una milizia per proteggere gli ebrei. In Israele il suo gruppo prese il nome di Bar Giora, un eroe della rivolta contro i Romani. Il loro motto era: “Nel sangue la Giudea è caduta, nel sangue sorgerà di nuovo”. La scritta, immensa, campeggia di fronte alle tombe prive di sfarzo e pomposità. Chaim Shturman era nato in un villaggio ucraino, fu una leggenda del movimento laburista che coniugava lavoro e autodifesa. La sua pistola passò al figlio, che morirà nella guerra del 1948. Suo nipote cadrà in quella del 1967. Nel kibbutz sorge anche la tomba di Joseph Trumpeldor. Cercò di difendere il kibbutz di Tel Chai dall’aggressione araba, e prima di morire disse al poprio medico: “E’ un bene morire per il proprio paese”.

Un po’ troppo elegiaca per i tempi attuali. Eppure a Kfar Giladi altre storie parlano di eroismo. Sono quelle dei dodici soldati uccisi nel 2006. Erano paracadutisti, ma nella vita erano anche impiegati, avvocati, medici, professori universitari. Quando Israele li richiamò nella riserva, durante la guerra contro Hezbollah, gettarono nella borsa un po’ di biancheria e il sacco a pelo. Alla morte, a quella non pensavano. Andavano a rischiare la vita. I loro nomi sono incisi in un memoriale improvvisato vicino alle tombe degli anni Venti. A sua madre il soldato Bhaia Rein aveva detto: “Mi avete insegnato che bisogna dare tutto. Ma devi sapere che tutto alle volte significa proprio tutto”. Kfar Giladi in quei giorni era diventato il centro d’assembramento dei riservisti, arrivavano in bus, in moto, in autostop o con le auto con ancora i seggiolini dei loro bambini. “La sirena ha suonato, ha suonato per un minuto e loro niente, loro fermi lì, a parlare, a chiacchierare come se niente fosse”, dicono i responsabili del kibbutz. Sono stati uccisi il capitano Eliyahu Elkariaf e Yosef Karkash, morto insieme al cugino così che “la famiglia non sa chi consolare prima”. Shmuel Chalfon aveva quarantadue anni e non doveva essere nell’esercito, ma aveva insistito per partecipare alla guerra. Quando il razzo colpì il kibbutz, la madre di Shmuel vide in tv le sue scarpe a terra, inconfondibili.

A pochi chilometri da qui sorge Metulla, la città israeliana abbracciata al confine libanese dove negli anni Settanta i sicari di Arafat entravano per ammazzare studenti e turisti ebrei. E’ da qui che fin dal 2000 l’allora premier Ehud Barak si è ritirato entro i confini misurati dall’Onu. A Metulla fioriscono alberghi e attrazioni turistiche. Siamo a un tiro dai razzi di Hezbollah, eppure pare di essere in un sobborgo di San Diego. La città è troppo vicina alle rampe di lancio dei missili perché venga colpita, ma da qui Israele osserva i movimenti del nemico. Durante la guerra del 2006 a Metulla un terzo della popolazione fuggì via. Si temevano assalti ai civili. Oggi c’è una calma irreale. “Di là dal confine Hezbollah si sta riarmando fino ai denti”, dicono in paese.

Kiryat Shmona è come una fortezza silenziosa. Di shabbath nessuna macchina in giro, qualche passante con la kippah corre in sinagoga a pregare. Israele è fatto così, più si è ai suoi confini, più si è sotto attacco, più la gente si scopre religiosa. Durante l’ultima guerra i bambini in città disegnavano cupole bellissime in grado di proteggere la città dal cielo. Quella fantasia è quasi realtà. Alan Schneider, direttore del Bnai Brith World Center a Gerusalemme, spiega cosa sta facendo la sua organizzazione per aiutare la città: “Abbiamo finanziato un sistema antimissile creato dalla famosa Elbit Systems, è un sistema di telecamere e segnali sensibili in grado di fornirci informazioni su quel che accade a Kiryat Shmona e in altre città in caso di attacco. E’ un sistema sofisticato civile basato su una creazione militare. Abbiamo trovato i fondi necessari per l’implementazione delle unità mobili per il sistema di difesa. Il sistema è stato appena inaugurato. Siamo in grado di fornire una risposta rapidissima in caso di conflitto con Hezbollah”. Il capo di Bnai Brith si aspetta un nuovo round contro il Partito di Dio: “Di fronte al fallimento dell’Unifil e al passaggio di armi dalla Siria a Hezbollah, si teme il peggio. Oggi i terroristi libanesi hanno più armi di quante ne avevano prima della seconda guerra del 2006. A Kiryat Shmona forse oggi sono più in grado di rispondere alla guerra”.

Fa impressione constatare che i monti, che erano diventati neri per le bombe, ora sono verdi, che il traffico è di nuovo intenso. Non c’è traccia di effetti delle esplosioni a Kiryat Shmona. Si ricostruisce sempre subito. Eppure gli alberi più antichi d’Israele, le sue vecchie querce, carrubi e pini cresciuti uno a uno come bambini, non ci sono più. Ed è una grande tristezza per la gente perché le foreste della Galilea, simbolo di pace e di tranquillità, erano state la prima impresa di David Ben Gurion, il fondatore d’Israele. A differenza di prima e durante la guerra, ci si può affacciare su una terrazza che guarda i villaggi di Ataybeh, Markabe, Telkabe, teatri di sanguinose battaglie, si vede Hule in lontananza, la base Olesh dell’Onu. Nei villaggi di fronte si nascondevano uomini e missili di Hezbollah. Oggi pastori incaricati di osservare si danno il cambio prendendo nota di movimenti israeliani. Dietro a questo proscenio verde c’è un gran lavorio di riarmo e di ricostruzione, anche se mancano le bandiere gialle di Hezbollah e i cartelloni in cui mostravano la testa mozzata di israeliani. “Da quelle case lassù non vediamo mai una famiglia, un bambino, niente”, spiegano. Quelle case sono chiamate gli “occhi di Hezbollah”.

Non ci si mette tanto per arrivare sul Golan, le alture che Israele ha preso alla Siria nel 1967 e che sono oggi abitate da kibbutz e basi militari. L’allora capo di stato maggiore Yizchak Rabin diceva che questa è la terrazza usata dai siriani come rampa contro la Galilea. Sono appena due minuti di volo da un aeroporto siriano. Moshe Dayan, allora ministro della Difesa, sarebbe potuto giungere fino a Damasco, che dista appena settanta chilometri. La città di Quneitra sorge bassa e vicinissima sotto un’altura. Siamo ai confini più silenziosi d’Israele. Si ha fisicamente la sensazione di una fragilità strategica. Se Gerusalemme cedesse indietro a Damasco queste alture, sarebbero i siriani a guardare dentro a Israele. E cosa accadrebbe se al posto del regime di Assad prendesse il potere un governo islamista con mire genocide nei confronti del vicino ebraico?
Sul Golan non ci sono palestinesi, solo ebrei e drusi che hanno convissuto in armonia. Anche i “coloni” del Golan sono diversi da quelli della Cisgiordania. Sono nazionalisti di sinistra, dediti alla pace e alla difesa d’Israele. Si può arrivare in auto fino ai bordi di Quneitra, passeggiando dentro a una vecchia base militare siriana abbandonata. Un cartello militare impone l’alt. Oltre è Siria.

Quneitra è una specie di monumento alla guerra, che i siriani hanno conservato a ricordo del colpo inflitto da Israele nel 1967. Assad padre fece erigere una nuova Quneitra due chilometri a est della vecchia città. Quarantacinque mila cittadini siriani furono costretti alla fuga. Il villaggio, dopo la decisione di restituirlo a Damasco, non fu bombardato, ma le sue case furono fatte saltare in aria prima del ritiro. Si salvò soltanto una chiesa greco-ortodossa. Dalla cima della collinetta, dopo l’ultima bandiera siriana, c’è mezzo chilometro di terra di nessuno, occupato da una garitta dai caschi blu dell’Onu. Sopra c’è una postazione israeliana, groviglio di antenne e radar.
I drusi dei villaggi circostanti, come Masaade, soffrono per la divisione patita dai loro parenti rimasti di là dal confine: tante volte da una parte all’altra le famiglie si parlano con megafoni chiedendosi notizie dei loro cari. Attraversando il villaggio, con le sue pompe di benzina e case mai finite, a Masaade non si vede una sola bandiera israeliana. Anche gli israeliani hanno lasciato intatti i segni del lutto. Vicino a un bar, su una altura dove Israele porta in visita scolaresche e nuovi immigrati, c’è un chiosco che si chiama “Coffee Annan”, facendo il verso all’ex segretario delle Nazioni Unite. Nel sentiero un artista locale ha fatto sculture con pezzi di missili e tank. Più in là c’è la bocca spalancata di una casa sventrata dalle bombe. Oltre una lapide elementare che piange un figlio di vent’anni.

Il Golan è un gigantesco memoriale. Presso il moshav di Neveh Ativ sorge il cippo alla brigata Egoz, che pattugliava il confine israeliano con Giordania, Siria e Libano. Non lontano c’è la tomba dello sceicco druso El Hazuri. Poi trentuno placche di bronzo con inciso il nome dei caduti. Verso il monte Hermon c’è un boschetto detto Oz77, in ebraico vuol dire “forza”.
Ex basi siriane sono ovunque nel Golan, a uso degli israeliani. Centinaia di giovani carristi si muovono in esercitazione. Campi di mele, aride steppe di rocce vulcaniche, kibbutz sperduti più volte evacuati durante le guerre. E poi Gamla, che domina una serie di crateri e di valli di basalto, in fondo al burrone ci sono i resti di un villaggio ebraico espugnato dall’imperatore Adriano dopo una tragica battaglia.

Che non sia nell’aria un accordo con la Siria per il ritiro dal Golan ce lo dice la città di Katzrin. E’ una perla di modernità, efficienza e futurismo nel cuore del Golan. Chi vive sperduto quaggù, costretto all’autosufficienza, lo fa in nome di un’opera che ritiene ancora in corso: Israele. Le case dai tetti rossi sono in continua costruzione e le palme rigogliose che dividono la strada centrale di Katzrin non lasciano pensare ad alcuna evacuazione. A differenza che nella West Bank, dove la vita dei coloni è “congelata”, qui si costruisce a pieno ritmo. Le villette costano poco: il loro futuro è sempre incerto. Camion pieni di bottiglie del famoso vino del Golan, boicottato da mezzo mondo, escono di continuo. Si piantano nuovi vitigni.

Prima della guerra del 1967, prima che Israele controllasse il Golan e i bordi del lago di Galilea, lo stato ebraico aveva piantato una fila di alberi ai bordi delle strade, a protezione dei passanti uccisi dai cecchini siriani. Quegli alberi sono ancora lì, muti testimoni di una tregua sempre in discussione. Scendendo dal Golan si arriva al lago di Galilea. E di nuovo tutto s’intreccia. L’origine del pionierismo d’Israele, il kibbutz Kinneret, sorge a pochi metri dalla fine del fiume Giordano che scorre su un fondo sabbioso e granuloso strappato al deserto, dove gruppi di protestanti vengono a farsi battezzare nel nome di Gesù. Nel parco dove Yitzhak Rabin e il re giordano Hussein firmarono la pace dell’acqua, di fronte al centro culturale Gavriel, il lago di Galilea si sta ritirando. Triste epitaffio alla pace che fu.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Giulio Meotti


UMBRIA JAZZ 2010: INTERESSATI 17 MLN ITALIANI, 15MO EVENTO NAZIONALE



Perugia, 10 lug - E' partita con il concerto di Mario Biondi e gli incognito Umbria Jazz 2010. Il successo di pubblico gia' verificabile nel capoluogo, conferma, secondo l'organizzazione, la ricerca ''Sponsor Value - Cultura e Spettacolo'' realizzata da StageUp Sport & Leisure Business e Ipsos, secondo la quale nel 2009 ha interessato 17 milioni di italiani quasi 80mila in piu' rispetto al 2008. Al 15* posto nella classifica degli eventi piu' seguiti a livello nazionale, l'evento di Perugia e' primo fra quelli organizzati in Umbria . Secondo lo studio, gli italiani interessati all'evento, nato nel 1973 , sono equamente distribuiti fra uomini e donne, in prevalenza giovani e adulti dai 25 ai 44 anni (54%), impiegati (28%), di cultura mediamente molto elevata (il 19% di essi e' laureato). La kermesse e' particolarmente seguita anche da imprenditori, dirigenti, liberi professionisti (11%), commercianti e artigiani (6%). L'analisi di StageUp e Ipsos sottolinea come la crescita di interesse di Umbria Jazz fra il 2008 e il 2009 sia in linea con quella di altri festival dello stesso genere, confermandosi, rispetto ai dati diffusi anche dall'Osservatorio Regionale sul Turismo dell'Umbria, un evento a forte fidelizzazione dei visitatori e con elevate potenzialita' in termini di ripercussioni sul territorio soprattutto per quel che riguarda il settore turistico.

''Umbria Jazz - ha detto Giovanni Palazzi, presidente di StageUp - e' fra gli eventi di spicco della cultura italiana e un esempio di come una manifestazione culturale possa fungere da traino per lo sviluppo di un intero territorio.

L'evento ha elevati margini di crescita per ampliare il bacino di interessati e di sponsor oltre il Centro Italia e per incontrare ancor piu' le esigenze dei turisti soprattutto stranieri''.