SS24

La proposta. Dall'Irlanda un calendario dell'Avvento da sfogliare online

Sarà presto disponibile un calendario dell’Avvento tutto online che è stato presentato dal primate d’Irlanda,l’arcivescovo di Armagh (che si trova nell’Irlanda del Nord-Ulster) Eamon Martin, a pochi giorni dall’inizio del tempo forte che porta al Natale. Ogni giorno si potrà «aprire una porta virtuale» e si troveranno indicazioni e suggerimenti per la preghiera e la riflessione che aiuteranno a «mettere Cristo al centro» in queste settimane.Un’attenzione particolare sarà rivolta alla famiglia, nel contesto dell’Incontro mondiale delle famiglie che sarà ospitato in Irlanda il prossimo agosto.

Il calendario sarà disponibile da domenica 3 dicembre sul sito dei vescovi irlandesi e su quello dell’Incontro mondiale (www.catholicbishops.ie e www.worldmeeting2018.ie). Non ci si prepara «in un attimo, ma occorre del tempo e così ogni giorno dell’Avvento è un tempo che ci consente di camminare e riflettere sulla gioia del Vangelo. Il nostro calendario online è una risorsa utile in questo viaggio», ha dichiarato l’arcivescovo Eamon Martin alla presentazione. E ha osservato che l’Avvento è «un tempo di attesa, di conversione e di speranza». In particolare il cammino verso il Natale sarà anche l’occasione per «riflettere sui doni delle nostre famiglie e che cosa ci offrono nelle parrocchie, scuole e nella società». Sempre nella presentazione l’arcivescovo irlandese che siede sulla cattedra di san Patrizio ha indicato una novità: «Ho accolto con particolare interesse l’inserimento nel calendario dell'Avvento della recente Esortazione apostolica Amoris laetitia. Chiedo a ciascuno di ripartire dal valore della famiglia e di riscoprirne i tesori di questo patrimonio in questo periodo liturgicamente forte». 
da Avvenire

L'Italia e la mobilità leggera. Tutti in bici e... pedalare fa bene anche all'economia

Altro che l’idea romantica della 'passeggiata in bici'. Il vero concetto è che le due ruote possono divenire un motore potente (e non parliamo di quelli 'nascosti' nei telai) per dare sviluppo a un’economia in affanno. Specie se abbinate a quello che resta il carburante numero uno del Paese: turismo e buon cibo. Un solo dato rende l’idea. Tanto per cambiare viene dalla Germania, anche in questo campo battistrada d’Europa, e a ricordarlo è Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture con la passione del ciclista: «In Germania la rete cicloturistica genera 9 miliardi di euro di fatturato annuo, la nostra può arrivare a oltre 3 miliardi, ma molto facilmente potrebbe valere parecchio di più». E chi fa turismo in bici, afferma uno studio, lascia sul territorio il 32% di quanto spende, molto più del 4% del turismo motorizzato.
Pedali e ricavi, insomma. Cambi e scambi (di ricchezza per il Paese). Ma c’è ancora tanto, tantissimo da fare nell’Italia che pure è una delle patrie della bicicletta. Su margini e prospettive si è ragionato giorni fa nel secondoBikeconomy Forum, al Maxxi di Roma. Un neologismo, quello del titolo (riconosciuto ormai anche dalla Treccani), che già fa capire le potenzialità inespresse di questo settore. Un sano divertimento che potrebbe produrre opportunità di lavoro e anche una spinta al Pil. A capirlo fra i primi è stato Gianluca Santilli: a vederlo è un avvocato come tanti, 60 anni ben portati, attivo in uno dei maggiori studi legali della capitale, ma appena può smette la toga per la tuta tecnica e va a farsi i suoi chilometri. È sua l’idea della 'Granfondo Roma', corsa amatoriale (con annessa pedalata per tutti da 60 km.) giunta alla sesta edizione. «La bikeconomy è una grande chance – afferma Santilli – per tutti gli amministratori, incentrata su ciclomobilità urbana e cicloturismo». 
Solo belle parole di un legale un po’ 'sognatore', che si è inventato una corsa in una capitale ancora priva del bike sharing (il servizio di bici da lasciare e prendere per le strade)? Eppure, i numeri presentati al Forum fanno effetto: in tutta Europa il giro d’affari che ruota attorno alla bici e alla sua filiera supera i 500 miliardi. E secondo le stime di ' Sustainable mobility for all', aumentando l’uso di bici (classiche e a pedalata assistita) fino al 14% dei trasporti entro il 2050, si potrebbero risparmiare nel mondo circa 24mila miliardi di dollari in carburante, emissioni di anidride carbonica e costi dei mezzi. Numeri nei quali c’è chi crede fortemente, tant’è che si è deciso di dar vita a un Osservatorio permanente sulla bikeconomy: «Il punto è che bisogna cominciare – dice la direttrice Annamaria De Paola – a pensare alla bici a 360 gradi, non solo come a una fissazione degli appassionati, ma per tutti i vantaggi che procura in termini di ambiente sostenibile, mobilità, smart city, turismo e innovazione». 
Pur senza toccare i livelli di Copenhagen (la città con più bici che auto) ed Amsterdam (dove il numero delle bici supera quello degli abitanti), c’è di che riflettere. Al Forum l’ha fatto anche Hugh Brusher, direttore di Ride London, altro mega-evento ciclistico (35mila adesioni nel 2016): «Londra, città vittoriana, è una delle metropoli più congestionate e rischia di diventarlo ancora di più, con gli ulteriori 2 milioni di abitanti previsti entro 5 anni. Ha bisogno di una nuova educazione nella mobilità e la Ride crea questa nuova cultura». All’economia delle auto, insomma, è ora di affiancare un altro modello di economia. Perché anche fra bici e crescita c’è una correlazione. All’estero c’è chi pare averlo capito, se il colosso francese del lusso Lvmh un anno fa ha comprato il marchio Pinarello, sorta di 'Formula uno' italiana del settore. Da noi, invece, i ritardi cronici nello sviluppo del cicloturismo sono indicativi. Per segnare un’inversione di tendenza serve, allo stesso modo di treni, navi e auto, un approccio basato sul concetto di intermodalità del trasporto. Piste ciclabili protette, bike-hotel, diffusione delle bici elettriche, sfruttamento dei parchi: tutto si deve saldare in un disegno unico. Proprio l’eterno problema del frazionamento delle competenze, con i ministeri interessati poco attivi e le Regioni che non si parlano fra di loro, è alla radice del terreno da recuperare.
Con gli ultimi governi, a dire il vero, qualcosa pare essersi mosso. Almeno a livello di intenzioni. «Siamo partiti da zero – ricorda oggi il ministro Delrio –: non c’è mai stato in Italia il progetto di una rete ciclabile statale finanziata dallo Stato, non c’era una legge che la riconoscesse. Adesso abbiamo entrambe le cose e si celebra una novità culturale: lo Stato assume pienamente, insieme alle Regioni, la pianificazione della mobilità ciclistica, che diventa prioritaria nei centri urbani». La legge sulla ciclabilità, approvata il 14 novembre dalla Camera, ora è al Senato il sì definitivo. Un ok atteso soprattutto da quei 743mila italiani che, stando alle statistiche, usano quasi sempre la bici per andare al lavoro, con picchi del 13,2% degli occupati a Bolzano, del 7,8% in Emilia Romagna e del 7,7% in Veneto. Mentre sono 1,7 milioni gli italiani che utilizzano 'sistematicamente' nell’anno un mezzo che, con oltre 2,3 milioni l’anno di unità prodotte, vede l’Italia maggior produttore europeo, con un giro d’affari stimato in 488 milioni ai quali si affiancano 483 milioni per accessori e ricambi e 190 per riparazioni.
Numeri che potranno salire quando prenderà corpo il progetto delle 4 ciclovie nazionali che hanno ricevuto i primi fondi con la legge di Stabilità 2016. La più nota è la 'VenTo' (progettata dal Politecnico di Milano), che lungo 680 km. dovrebbe unire Venezia a Torino passando per 4 regioni e 120 comuni. La sua particolarità è che per la prima volta c’è un bando unico, pubblicato a settembre (relativo alla 'fattibilità tecnica ed economica') e chiuso il 3 novembre scorso, non una frammentazione sul territorio che avrebbe portato a risultati non omogenei. Un esempio innovativo anche nelle finalità: «Non abbiamo pensato la ciclovia – spiega Paolo Pileri, responsabile del progetto – per far pedalare chi già va sulle due ruote, ma per gli altri. Vogliamo seguire il modello della Germania, che ha già una rete di 45mila km. di ciclovie di cui l’88% è 'esclusiva', cioè non prevede alcun accesso per le auto. Sentendosi in sicurezza - annota Pileri – la voglia e la curiosità di pedalare non hanno ostacoli ed è questa la vera chiave per stimolare il cicloturismo. Soprattutto quello familiare, che può generare fatturati più grossi. In Europa ogni km. di pista ciclabile può valere in media 5 posti di lavoro». 
In totale, sono oltre 6mila i chilometri di ciclovie in progettazione e finanziate globalmente dallo Stato per oltre 400 milioni, ai quali dovrebbero aggiungersi altri 300 milioni di cofinanziamenti degli enti locali. Oltre alla 'VenTo', ci sono la Ciclopista del Sole, dal Brennero fino alla Sicilia (se ne parla dal 2006, finora è stata realizzata solo la parte fino a Verona), e quella dell’Acquedotto pugliese. Altri 6 progetti sono stati finanziati col Bilancio 2018. Di pari passo va però curata la manutenzione, per evitare le incongruenze tipo quelle di Roma, dove si progetta il Grab (il raccordo anulare delle bici, intorno alla città), mentre a nord cade a pezzi la ciclabile già attiva lungo il Tevere. C’è un grosso impegno da portare avanti, quindi. Anche solo per avvicinarsi all’Olanda, che resta una meta irraggiungibile: dagli anni 70 ha costruito oltre 16mila km. di piste ciclabili. Come andare e tornare dalla Nuova Zelanda. Semplicemente.
da Avvenire

California, ritrovata la nave russa dei misteri

PERCHE' SE NE PARLA 
Ritrovata, sulle coste della California, la nave da crociera russa “Lyubov Orlova”, costruita negli anni ’70, scomparsa durante il suo ultimo viaggio nel 2013. Il nome è stato un omaggio a Lyubov Petrovna Orlova, un'attrice russa che era la preferita di Stalin.  La nave era andata persa quando, durante il suo ultimo viaggio dal Canada alla Repubblica Dominicana per essere rottamata. Una burrasca, infatti, ha causato la rottura dei cavi di traino. La “Lyubov Orlova” è famosa per essere protagonista di alcune storie da brivido: sarebbe stata usata dalla malavita internazionale come una casa di piacere. Inoltre, a bordo ci sarebbero stati ratti "cannibali", gli unici sopravvissuti all'equipaggio. Notizia, quest’ultima, poi smentita.

PERCHE’ ANDARCI 
A proposito di luoghi particolarmente misteriosi ed eccentrici, ecco qualche tappa per cui la California è famosa. Innanzitutto la Winchester House, una gigantesca magione situata a San Jose, la casa più inquietante d'America. Residenza di Sarah Pardee Winchester, vedova dell'industriale armiero William Wirt Winchester, venne costruita nel 1884, e da allora ininterrottamente ampliata per 38 anni, fino al 1922. Attualmente è un'attrazione turistica, nota anche come Winchester Mystery House e classificata nella lista del National Register of Historic Places statunitense e in quella ufficiale dei siti di interesse storico californiani (California Historical Landmarks).

DA NON PERDERE 
Tra i tanti paesaggi naturali che possiamo ammirare in California, come non citare la Death Valley, la Valle della Morte, dove si trova la Racetrack Playa, dove le pietre sembra camminino da sole. Lasciando una scia che ne descrive persino il loro movimento. E poi c’è anche Glass Beach, la spiaggia di vetro, vicino a Fort Bragg, famosa per essere una grande distesa di vetri colorati arrotondati venuti dal mare.

PERCHE’ NON ANDARCI 
Costi molto alti a parte, evitate di raggiungere la California durante l’inverno: il clima è molto freddo e nevica abbondantemente.

COSA NON COMPRARE 
Se non siete sufficientemente megalomani, evitate di comprare il prestigioso premio Oscar. Che troverete davvero ovunque. 
turismo.it

Idee di Viaggio Tour di Sochi, florida meta turistica della grande Russia

In un Paese esteso come la Russia, attraversato da una decina di fusi orari, spiccano regioni di incomparabile fascino e città belle e accoglienti. Tra queste, Sochi,centro urbano sul Mar Nero che nel 2014 ha ospitato i Giochi Olimpici invernali. È una località molto gettonata dai turisti tutto l’anno, sia d’estate nei pressi del mare su cui si rispecchia, sia d’inverno dove molti sciatori si destreggiano sui pendii bianchi del Caucaso.

In questo itinerario, andremo alla scoperta di alcune delle più interessanti attrazioni di Sochi. La prima tappa nel quartiere centrale è il Giardino Venčagov, situato nella piazza del Teatro. Questo splendido e colorato giardino fu progettato negli anni Novanta del Novecento dall’omonimo Vencagov e contiene moltissime varietà di fiori, provenienti da ogni parte del globo. È di sicuro una bella vista quella che dà sul giardino, una delle caratteristiche che rende subito piacevole il vostro primo incontro con Sochi.

Proseguite poi verso il viale Kurortnyj per raggiungere un luogo simbolico di Sochi, vale a dire la Villa Vera. Apparteneva alla ricca famiglia Mamontov, proprietaria di gran parte del centro cittadino e grazie alla quale si diede inizio alla costruzione del bellissimo Parco Riviera. Lo stile avanguardista Art-Nouveau di Villa Vera dona alla facciata rifiniture davvero graziose. Ma questa villa ha anche un grande valore storico. Infatti, proprio qui nel 1920 fu firmata la resa dello zar alla fine della Rivoluzione, dopo i lavori del comitato esecutivo del governo che qui trovò la propria sede.

La tappa seguente è la bella cattedrale di san Michele Arcangelo, situata verso la sponda del mare. È un luogo religioso destinato ai cristiani ortodossi e presenta alcune caratteristiche precipue dello stile russo, che si ravvisano nell’alto e grosso campanile. Ci sono anche numerosi elementi più europei che negli anni in cui venne edificata, quelli alla fine del XIX secolo, influenzarono gli architetti, a partire dalla costruzione della facciata.

Per continuare il viaggio nell’anima di Sochi, raggiungete poi un’altra chicca, immortalata dai turisti in tante fotografie. Si tratta della stazione marittima della città, porto nel quale attraccano le imbarcazioni. È sicuramente uno dei maggiori punti turistici di ritrovo, ma assume in sé anche un significato culturale per la città. Infatti, essa è una testimonianza dell’arte e dell’architettura sovietiche di metà del Novecento, sotto l’influsso del potere di Stalin.

Fate un giro attorno alla stazione marittima di Sochi, per ammirare le statue dedicate al mondo marino e al clima, come quelle dei punti cardinali e delle stagioni, elementi indispensabili per una navigazione competente e sicura. È uno spettacolo assoluto vederla illuminata di notte, con le luci che riflesse nel mare antistante ampliano gli spazi e illuminano gli occhi di chi la osserva.

Presso il porto di Sochi, attraversate il ponte sul fiume (che si chiama come la città) per addentrarvi nel grandeParco Riviera, uno dei simboli “naturali” di Sochi. Quest’area verde, con 250 specie di piante, ospita alcune strutture notevoli come la dacia di Chludov, la villa dell’architetto omonimo che contribuì alla costruzione della città, ai suoi albori; vari impianti sportivi; un delfinario; tanto spazio libero per gli allenamenti di atleti e runner. Una chicca? In una zona del parco, 45 astronauti sia russi sia americani piantarono delle magnolie in quello che oggi è ricordato come “viale degli astronauti”.

Tra i musei, ve ne segnaliamo due particolarmente interessanti. Il primo è il Museo di Sochi, che contiene moltissimi oggetti che raccontano la vita e la cultura della cittadina, anche fotografie o documenti storici. C’è poi una sezione dedicata all’archeologia e una a tutti i paesi che ebbero un’influenza in questo territorio della Russia. Ma una delle cose che colpisce di più in questo museo è probabilmente la stanza dedicata alla storia di Yuri Gagarin e del suo famoso volo, il primo oltre i confini della Terra, il 12 aprile del 1961, episodio che aprì la lunga stagione delle spedizioni spaziali (da vedere se non siete stati al museo moscovita dedicato ai cosmonauti).

Il secondo museo riguarda da vicino l’ambito artistico della Russia, ovvero il Museo di arte di Sochi. Situato in un vecchio palazzo di potere, dove aveva sede il comitato esecutivo della Russia centrale, ospita numerose opere artistiche russe quali quadri e oggetti dei secoli tra i XIX e quello presente. È un museo molti visitato dai turisti ed è riconoscibile dalla facciata costruita a mo’ di tempio, tetrastilo le cui colonne sorreggono un sobrio timpano triangolare.
fonte: siviaggia.it

Cosulich nuovo direttore Quadriennale

ROMA - Il consiglio di amministrazione della Quadriennale di Roma - presieduto da Franco Bernabè e composto da Umberto Croppi, Damiana Leoni, Ludovica Purini - ha nominato Sarah Cosulich direttore artistico della Fondazione, con l'incarico di coordinare la programmazione culturale nel prossimo triennio, che culminerà nella 17/a Quadriennale d'arte del 2020.

    "La scelta è stata orientata, oltre che dai contenuti, dalla proiezione internazionale degli artisti italiani che il progetto di Cosulich intende costruire con una metodologia sostenibile", afferma Franco Bernabè, Presidente della Quadriennale di Roma.

    "Il nostro compito fondamentale, oltre a quello di documentare l'arte emergente in Italia, è quello di promuoverne la conoscenza anche all'estero a partire da azioni mirate e concrete di sostegno" aggiunge. "Sono felicissima e grata per questa nuova opportunità che accolgo con grande entusiasmo. Mi sento onorata di poter contribuire allo sviluppo di un'istituzione storica così prestigiosa e preziosa per la nostra arte. Nei prossimi tre anni mi impegno a portare avanti con coerenza, continuità e motivazione un progetto mirato al rafforzamento del sistema italiano e alla promozione e visibilità internazionale dei suoi artisti" commenta Sarah Cosulich.
ansa


Traiano, un imperatore versione 'pop'

ROMA - Un ''uomo ordinario'' dalla ''vita eccezionale''. ''Fui solo l'uomo giusto al posto giusto''. Così si racconta Traiano (53-117 d.C), l'optimus princeps, ovvero ''il migliore degli imperatori'', colui che seppe ''riportare gioia tra i romani'', come scriveva Plinio il Giovane, aprendo ''Traiano. Costruire l'Impero, creare l'Europa'', la mostra con cui il Museo dei Fori imperiali, nelle sale dei Mercati che portano ancora il suo nome, gli renderà omaggio per quasi un anno, fino al 16 settembre 2018, in occasione delle celebrazioni per i 1900 anni dalla sua morte.
Un racconto ''pop'', nell'accezione migliore del termine, spiegano l'ideatore, il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce, e Lucrezia Ungaro, curatrice insieme a Marina Milella e Simone Pastor, per ripercorrere non solo l'ascesa politica del primo imperatore non romano ma ispanico di nascita, le sue vittoriose campagne in Dacia o i lasciti, Colonna Traiana in primis che tanto influenzò l'arte fino al Rinascimento. Ma soprattutto per ricordare il senso del suo governo, che, nonostante qualche libero costume sessuale e una certa propensione al vino, lo rese amatissimo, caso più unico che raro, da Senato, esercito e anche popolo. ''Traiano - racconta Parisi Presicce - fu il primo imperatore nominato per merito e non per rapporti familiari con il predecessore. Fu un sovrano attento alle esigenze del suo popolo e un grande costruttore materiale e simbolico. Portò l'impero alla massima estensione, ma il senso delle sue conquiste non è legato al concetto di sottomissione quanto di inclusione''.
Come in un lungo flashback, che dalla tomba corre indietro per i 19 anni di regno, è Traiano stesso (che nella locandina campeggia ritratto in fuxia e verde acido) ad accogliere il visitatore. Poi, in sette sezioni, tra opere, calchi, modellini e multimedialità, i temi portanti della sua opera, dal ruolo di primo piano delle donne con sua moglie Plotina; le grandi infrastrutture per consolidare i 5 milioni di chilometri quadrati dell'impero; le battaglie; il Foro Traiano; la fortuna postuma. ''Non una mostra per specialisti, ma per tutti'', sottolinea la curatrice Ungaro, con prestiti importanti come gli stucchi dorati della villa di Arcinazzo Romano o, per la prima volta insieme dopo 400 anni, le due lastre del fregio con Amorini e grifoni dai Musei Vaticani e da Berlino dove sembrava scomparso per sempre. E anche qualche ''inedito'', come la colossale mano per la prima volta uscita dai depositi del Museo.
E poi sculture, gioielli, modellini e, dal Museo della Civiltà Romana, i calchi storici della Colonna Traiana (1861) a tu per tu con altri monumenti dell'epoca, come l'Arco di Ancona, il ponte sul Danubio e una riproduzione in scala del trionfo di Traiano vittorioso dalla Dacia. Sulla via Biberatica, l'installazione contemporanea Columna mutatio - La spirale, di Luminita Taranu. Mentre in video per la prima volta si avrà l'occasione di ''entrare'' in inaccessibili ambienti sotterranei della casa dell'imperatore sull'Aventino o nel condotto dell'acquedotto Traianeo che portava acqua da Bracciano a Trastevere. ''La lezione di Traiano e di quelli che costituirono l'Europa oggi l'abbiamo scordata - commenta il vicesindaco Luca Bergamo - Così come pensiamo sia scontata e garantita la condizione sociale di pace in cui viviamo. Non è così. Leggere la storia è un passaggio fondamentale per capire il tempo in cui viviamo''.
ansa