A Barbara Jatta il premio “La Roma Russa 2019”

Il riconoscimento al direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, per il grande successo della mostra “Roma Aeterna” organizzata dalla Pinacoteca vaticana presso la Galleria Tret’jakov di Mosca
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Ieri sera, nel settecentesco Palazzo Poli-Fontana di Trevi, il direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, ha ricevuto il premio “La Roma Russa 2019” per la categoria delle Arti figurative, nell’ambito del festival internazionale culturale La Roma Russa, dedicandolo alla nonna russa e ricordandone “la sua profondissima anima russa”. Il riconoscimento, assegnato ogni anno dal 2017, alle personalità che si sono contraddistinte in campo artistico e professionale per la promozione all’estero della cultura russa, va a premiare il grande successo della mostra “Roma Aeterna” organizzata dalla Pinacoteca vaticana presso la Galleria Tret’jakov a Mosca tra il 2016 e il 2017, che ha portato, per la prima volta in Russia 42 capolavori della collezione permanente della Pinacoteca; e la mostra nel Braccio di Carlo Magno, in Piazza San Pietro, “Pilgrimage of Russian Art. From Dionysius to Malevich”, allestita tra il 2018 e il 2019 con 54 capolavori provenienti dalla Galleria Tret’jakov ed altri musei russi.
Vatican News

Architettura e sacro. Se l'aereoporto e la cattedrale si confondono tra loro

Nei commenti sui social il nuovo aeroporto di Pechino di Zaha Hadid è paragonato a una nuova cattedrale: che cosa rivela sul rapporto tra architettura contemporanea e sacro?

L'aeroporto di Daxing, progettato da Zaha Hadid Architects (WikiCommons)



Ho trattato più volte questioni inerenti la mia personale idea di chiesa, di luogo del sacro in generale. Le tematiche sono molteplici e una graduatoria è molto difficile da stabilire. Eppure vi sono alcuni aspetti essenziali che dividono i modi di pensare l’edificio sacro, e riguardano una coscienza estetica complessiva. Mi sono sempre appassionato all’altro. Inteso, oltre che come persona, come alternativa, percorso differente che porta in luoghi differenti dalle strade di una percezione consolidata, comune a se stessa, di maniera, accademica o semplicemente abitudinaria. La fotografia quando è nata ha detto che la pittura era altro, il design dice che l’indagine poetica è altro, la didascalia dice che il significato è altro.

Recentemente è stato inaugurato il sorprendente aeroporto di Pechino Daxing dello studio Zaha Hadid Architects, il secondo della Cina ma sicuramente il primo in termini di innovazione e visionarietà. Molte sono le realizzazioni dell’architettura contemporanea che generano stupore e che spingono costantemente avanti i paletti di una innovazione senza fine. Quella che nasce spesso da modellazioni parametriche divenute un po’ il marchio di fabbrica del pensiero di Zaha Hadid ne rappresenta un intero filone ancora lungi dall’esaurimento, anche se denota una stanchezza dovuta a una certa ripetitività dei moduli.

Sulla pagina Facebook del sito web specializzato Architizer.com viene riportata una immagine di grande effetto di un angolo dell’aeroporto. Una ascensione organica verticale i cui materiali, la cui stessa composizione riporta a una idea forte, anche se consueta, di assoluto, di spirituale, di rarefatto e imponente. Alla base una seduta curvilinea con luci che nella collocazione può ricordare un presbiterio laico o qualcosa di simile. Tutto molto d’impatto. Nella massa di commenti, più o meno irrilevanti secondo gli standard da social network, uno non poteva non riscuotere la mia attenzione. Recita più o meno: “It's the new cathedral!” (è la nuova cattedrale).

Associazione assolutamente comprensibile e condivisibile: ma non per una proficua riflessione, ad esempio, sulla sacralità nella quotidianità, quanto per una presa di coscienza della complessa banalità con cui le nostre associazioni percettive lavorano. Associazioni nutrite da un fine perseguito con ostinazione, ovvero quello di scimmiottare l’architettura civile per il contesto del sacro.

Il luogo sacro è altro per definizione, altro in continuità se si vuole, ma indiscutibilmente e definitivamente altro. Tutta la ricerca, che non vedo attuata quasi mai, che riguarda la funzione della bussola d’ingresso come passaggio da una realtà a un’altra è basata su un paradigma senza cui perde di senso. Entrando in un luogo sacro si dovrebbe essere in un luogo altro, inserito nel tessuto urbano e quotidiano ma differente. Si attraversa un diaframma, si vive una trasfigurazione della realtà che non è rivolgimento, ma – con licenza teologica e poetica – “transustanziazione”.Invece succede che per avere la percezione di una cattedrale la gente deve andare in aeroporto. E in questo aeroporto cinese ancora di più.

Evidentemente qualcosa non torna. Fra i tanti, il problema fondamentale della sacralità contemporanea è che a forza di andare alla rincorsa di una legittimazione da parte della società del convenuto accettabile, le realizzazioni del sacro sono diventate la serie B degli aeroporti, degli auditorium, delle stazioni di metropolitana.

Si spacca in quattro il capello per far sì che una chiesa di nuova costruzione sia riconoscibile dall’esterno, ma i parametri che sono accolti spesso sono proprio quelli che la rendono indistinguibile, una storia senza una sua storia, senza una sua estetica raffinata e autonoma, senza una sua identità. Intendo certamente una identità contemporanea ma anche una identità che permetta di non confondere la torre di un hangar per un campanile o una splendida hall di una aeroporto per una cattedrale.

Il percorso è sicuramente tutto da rifare, anche se credo ci siano dei semi qua e là. Certo è che il contenuto comunicativo non verbale di ciò che si realizza rischia di essere il segno di una assenza di coraggio e ispirazione nel profumare di un profumo diverso, nuovo, magari pungente, certamente vivo, realtà che invece si omologano sempre più ai deodoranti sintetici di cui i costruttori impregnano le auto che escono di fabbrica per dare il senso di “nuovo”. Nuovo e finto.

Avvenire

La mostra. L'arte di William Blake: visionaria, profetica e libera

La Tate Britain dedica all’artista e poeta una grande retrospettiva. La sua visionarietà è stata spesso letta come anticipazione del ’900 ma è soprattutto la complessità a renderlo davvero “moderno”

William Blake "Pity" (1795 ca), particolare


In un suo autoritratto a grafite del 1802 William Blake pianta gli occhi dritti dentro quelli dello spettatore. È uno sguardo sfrontato, che come uno specchio interroga più di quanto riveli. Sincerità e mistero sono cifre che si rincorrono in tutta l’opera del grande artista inglese (17571827), poeta e pittore insieme, autore di incisioni, libri illustrati e di poche tele, per quanto abbia sempre aspirato al grande formato («acquerelli ovvero affreschi» diceva).

A lui Londra la Tate Britain dedica una grande retrospettiva che ne consente una visione completa. Il talento visionario di un outsider nel proprio tempo e poi divenuto figura centrale della cultura inglese, è testimoniato in oltre duecento tra stampe, acquerelli, disegni: opere in cui Blake raggiunge il grandioso nella pressione del piccolo formato. E i libri illustrati (su testi propri o altrui): un’opera d’arte complessa, totale, in cui la parola è visione e l’immagine, nel suo essere simbolo, parola; e in cui i disegni non illustrano i poemi ma si stratificano in livelli paralleli. Anche visivamente figura e parola non si compenetrano ma entrano in frizione producendo energia.

Blake fu artista antiaccademico per eccellenza, eppure ciò non significa che non abbia fatto tesoro degli anni di scuola. Come da prassi alla Royal Academy di Londra copia l’antico e i maestri del Rinascimento. In mostra è esposto uno studio che elabora la lunetta di Matthan, dalla Sistina. La serie degli antenati di Cristo è la meno celebre degli affreschi di Michelangelo, ma è anche la più densa, misteriosa e compositivamente complessa. È uno spunto che si riflette su tutta l’opera di Blake: le figure della Sistina (il Giudizio anche per la spazialità) sono un repertorio fondamentale e ricorsivo fino all’ossessione. Blake sceglie Michelangelo come modello per la forza visionaria ma anche perché è il genio fuori dagli schemi, l’artista titano che lotta contro la materia e contro il suo tempo. Ed è artista poeta.

Presto si aggiungono i suoi contemporanei: l’espressionismo di Füssli e il linearismo di Flaxman, artisti escono dai canoni estetici dell’accademia per esplorano un’arte dal forte impatto emotivo e bisognosa di una libertà e di strutture nuove. Gli acquerelli di Blake da una parte mantengono saldi alcuni degli elementi classici (la costruzione a fregio che comporta assenza di sfondo e prevalenza di profili, il sistema retorico dei gesti) dall’altra si fanno non solo più liberi ma anche più difficili da interpretare, l’iconografia esce dagli schemi tradizionali fino a diventare inedita.

L’impronta resta salda fino alla fine: Blake dimostra l’inconsistenza della scolastica separazione tra mondo neoclassico e romanticismo, che sono due registri, due chiavi interpretative e infine elementi di un dualismo sincrono, moderno prima di tutto per una complessità che non teme la contraddizione. Razionale e irrazionale si fondono: il contemporaneo Frankestein non è uno spettro ma il frutto della scienza.

Complessità è dunque la cifra di Blake, il cui mondo visivo di archetipi, di iperboli e di forze cosmiche in contrasto, non teme la compresenza di Bibbia, mitologia nazionale (Albion) e soprattutto auto-mitologia (il demiurgo Urizen, il ribelle Orc), scienza (Newton, deificato). Ci sono Shakespeare, Dante, Milton. C’è anche il clima dei Canti di Ossian,pubblicati nel 1760 da James MacPherson come un ritrovamento ma in gran parte frutto della sua penna: il mito autoctono è in realtà opera della contemporaneità.

Questo forse è lo sforzo più grande per il visitatore: capire Blake dentro la sua epoca. Perché Blake è spesso letto come il visionario anticipatore, il progenitore di espressionismo e surrealismo. Ma la sua libertà di creativa fu tale, e i confini concettuali e simbolici così incerti, che il rischio di manipolare Blake a partire dal Novecento è alto.

La mostra colloca Blake e la sua opera nei tempi e nei luoghi: dove e quando le opere sono state create, chi le ha viste e con quali reazioni, chi le ha sostenute e collezionate. Capire Blake nella sua epoca: e dentro la sua epoca Blake si colloca come un profeta biblico che usa il linguaggio di Genesi e Apocalisse per sferzare il presente. Una scelta che consente di spiegare la sua parziale marginalità e il fallimento su larga scala. Fino a che punto siamo allora autorizzati a leggervi i semi della modernità? Nella misura in cui siamo coscienti che il nostro è un riconoscimento retrospettivo. Blake non anticipa: sono i posteri che individuano in lui un modello da raccogliere e sviluppare.

Blake è innanzitutto moderno in quanto uomo di un tempo di transizione, nel quale nuove realtà e dimensioni devono essere espresse con mezzi storici oppure da forgiare in autonomia. Blake sceglie entrambe le vie. È moderno nel suo opporsi ad alcuni versanti della modernità, come il materialismo tecnologico. Il suo libro illustrato è anti-industriale: ogni pagina è un pezzo unico perché può essere stampata e colorata in modo differente, e i libri stessi esistono in multiple versioni. Allo stesso tempo però le sue immagini sono percorse da brividi elettrici.

La modernità di Blake, prima che nelle sue forme, è nell’indipendenza dalle regole definite dagli standard sociali e dell’arte, mercato compreso. È sintomatico della modernità anche nella costruzione di un personale religiosità, vincolata ma non sovrapponibile all’anglicanesimo. L’arte come critica, come profezia, come utopia: Blake è il prototipo dell’artista radicale.

Ed è moderno, in ultima istanza, in quanto la sua potenza fantastica è prima di tutto costruzione e affermazione della libertà dell’uomo nel regno dello spirito e della conoscenza. Lo chiariscono le immagini che aprono e chiudono la mostra. La prima è Albion Rose, un raggiante nudo maschile del 1793 che si erge danzando sopra la materia informe, alba di un uomo nuovo. L’ultima è The ancient of Days, il frontespizio di Europe, in cui Urizen sembra il dio creatore ma in verità è la scienza stessa che misura il cosmo con il suo compasso elettrico.

Londra, Tate Britain
WILLIAM BLAKE
Fino al 2 febbraio 

da Avvenire

Mercatini e presepi, le mete perfette per un Natale all'italiana

null © Ansa

Il countdown al Natale è ufficialmente iniziato e gli italiani sono pronti a immergersi nello spirito di festa che lo caratterizza. Ma quali saranno le città del Bel Paese preferite dai viaggiatori tricolore alla ricerca di mercatini, presepi, dolciumi e regali perfetti da mettere sotto l’albero? momondo.it ha analizzato i propri dati e svelato la top 5 delle destinazioni maggiormente amate dagli abitanti dello Stivale per il periodo più magico dell’anno.
Napoli: la capitale italiana dei presepi è ancora in testa - Anche questo Natale, il capoluogo campano conquista il cuore degli italiani, Napoli, capolista dello speciale ranking momondo, è la città per eccellenza quando si parla di creatività natalizia. Passeggiare per via San Gregorio, la “via dei presepi”, è un must, con mostre permanenti e botteghe di artigiani. Vale la pena fermarsi e osservare di persona quali nuove miniature di vip, politici e calciatori popoleranno il presepe partenopeo del 2019: si spendono circa 82 € a notte, ben il 15% in meno rispetto al 2018.
Le 5 delle destinazioni preferite dagli italiani per una vacanza a tema natalizio nel 2019
Posizione Destinazione Prezzo medio a notte in hotel a 3 e 4 stelle Variazione percentuale di prezzo 2019 vs 2018
1 Napoli      82  € -15%
2 Bolzano  139  € -1%
3 Merano  154   € -5%
4 Verona    70   € -4%
5 Trento   107   € -13%

La regione prediletta dagli italiani è il Trentino, ma qui si spende di più - I viaggiatori dello Stivale non hanno dubbi: quando si parla di mercatini è d’obbligo spingersi in Trentino, dove l’immagine è una sola: bancarelle e profumo di vin brulé e dolci, con il sottofondo di musiche a tema. Nella top 5 di momondo compaiono infatti ben tre località della regione: Bolzano (2°) e Merano (3°) – che guadagnano entrambe una posizione in classifica rispetto al 2018 – e Trento, che si conferma al quinto posto. Tutte e tre risultano però le più costose, con prezzi medi a notte tra i 107 € e 154 €, in hotel a 3 e 4 stelle.
Qualche dritta per i più curiosi - Il mercatino di Bolzano è il più grande e famoso d’Italia e dà appuntamento a viaggiatori provenienti da tutto il mondo in piazza Walther (dal 28 novembre al 6 gennaio). Spostandosi di soli 30 km, si arriva a Merano nel cui centro storico (negli stessi giorni) si è avvolti da sentori di cannella e delizie regionali e dove i più piccoli possono giocare nella casetta di Goldy, la mascotte del mercatino. Al mercatino di Natale di Trento (dal 23 novembre al 6 gennaio), invece, si possono gustare salumi, formaggi e vini locali e dedicarsi allo shopping gastronomico in vista del cenone.
Verona: la meta salva euro dell’inverno - Nonostante sia passata dal 2° al 4° posto rispetto allo scorso anno, Verona è sempre nei pensieri dei viaggiatori dello Stivale durante il periodo natalizio ed è la più economica in classifica, con un prezzo medio di 70 € per una notte. Luci e colori della città Patrimonio Unesco scaldano il cuore già dalla seconda metà di novembre, quando vengono inaugurati i mercatini di piazza dei Signori, aperti fino al 26 dicembre, con le caratteristiche casette in legno, create in collaborazione con il Christkindlmarkt di Norimberga, gli addobbi in vetro, i prodotti artigianali e le tante golosità.
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EICMA Tante versioni speciali: Racing Sixties, Primavera 125 RED e Primavera Sean Wotherspoon. Più Vespa Elettrica 70 km/h




Una nota di colore ha attraversato la cupa Milano novembrina grazie alla Vespa Primavera Sean Wotherspoon. Esposta in via Broletto e poi alla Fiera che ospita Eicma, quest’edizione speciale e limitata esprime tutta l’energia creativa di uno degli stilisti più in voga oggi negli Stati Uniti. La livrea in stile anni 80 mischia splendidamente i toni del giallo, del rosso, del verde scuro e verde acqua, con inserti bianchi sul cravattino frontale e la pedana poggiapiedi rossa. Le finiture cromate sulla cornice faro, il portapacchi e il maniglione passeggero completano il look di Vespa Primavera Sean Wotherspoon. Questo modello sarà disponibile nel 2020 nelle cilindrate 50, 125 e 150.

Vespa Elettrica 70 km/h

Prestazioni superiori e maggior versatilità dʼuso. È questo il binario su cui lavorano in Piaggio per migliorare la gamma di veicoli elettrici, e Vespa Elettrica è il campione di questa filosofia. A Eicma 2019 debutta la nuova versione da 70 km/h, che affianca la versione originale da 45 km/h, ma se questa è omologata come ciclomotore, la 70 km/h è omologata invece come motociclo. Le maggiori prestazioni della Power Unit e delle batterie agli ioni di litio permettono a questo modello un’autonomia di marcia fino a 100 km, in modalità ECO, e di 70 km circa in modalità Power.

tgcom24

Federterme, 100 anni di turismo, industria e salute

Terme di Saturnia © ANSA
SATURNIA - Un complesso sistema che coniuga salute e bellezza, risorse naturali, industria, tecnologia e turismo, crescita dell'occupazione e valorizzazione del territorio: sono le terme italiane, un patrimonio millenario che il mondo ci invidia e che è rappresentato da Federterme (Federazione Italiana delle Industrie Termali delle Acque Minerali e del Benessere Termale) nel 2019 giunta al primo secolo di vita. Un compleanno importante, che la Federazione ha scelto di festeggiare a Roma insieme a Forst (Fondazione per la ricerca scientifica termale) presentando il libro curato da Annunziata Berrino "Federterme. Un secolo di industria e cultura termale 1919-2019", volume che racconta anche attraverso un importante corredo di grafiche e fotografie d'epoca la storia delle terme italiane lungo 100 anni.
L'incontro è stato anche l'occasione per illustrare i numeri relativi al sistema termale, centrale per il turismo ma anche per la Sanità pubblica: nel 2018 i ricavi totali del settore si sono avvicinati ai 760 milioni di euro (dati provvisori Federterme), divisi tra i 118.9 milioni delle cure termali convenzionate e i 639.5 milioni dei "servizi complementari" erogati dagli stabilimenti (come ricezione alberghiera, medicina estetica, fitness, etc.). Secondo i dati, sono 323 gli stabilimenti in attività alla fine del 2018, per la quasi totalità (90ö) operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale: più della metà di essi si trova concentrata in Veneto (28.2ö) e Campania (23.8ö), a seguire Emilia Romagna (7.1ö), Toscana (6.2%), Lazio (4ö) e Lombardia (3.7ö).
Negli stabilimenti termali sono impiegati circa 11.500 lavoratori (per il 62ö donne), ma questi numeri potrebbero aumentare sensibilmente, secondo il presidente uscente di Federterme, Costanzo Jannotti Pecci, che afferma: "Possiamo diventare importanti per far ripartire tutto il Paese: se il Governo ci aiuta, in 3 anni siamo in grado di creare almeno 15 mila posti di lavoro, superando anche il problema della stagionalità". Del resto il sistema termale sta iniziando ad avere successo non solo tra gli anziani ma anche tra le persone con una età compresa tra i 30 e i 50 anni, ormai parte integrante dei clienti dei 1241 esercizi alberghieri (che offrono 95 mila posti letto) presenti nelle 62 località termali italiane.
Dal 2015 tutto il settore ha visto una moderata ripresa dell'attività produttiva, che tuttavia non ha ancora permesso di riassorbire perdite occupazionali accumulate durante la crisi economica: per questo nel suo intervento il presidente Jannotti Pecci ribadisce la necessità di una maggiore attenzione e vicinanza da parte delle istituzioni "nei confronti del sistema termale più importante al mondo: oggi che si parla di turismo sanitario noi possiamo diventare un punto di riferimento in Europa".
E aggiunge: "Poggiamo la nostra vicenda imprenditoriale sulla salute delle persone, per questo abbiamo voluto fare questo evento con Forst, per dare una risposta a chi ha ancora dubbi sull'efficacia delle terapie termali". Positive le risposte del viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, "pronto ad ascoltare le richieste e a fare qualcosa di attivo", e del sottosegretario al Ministero dell'Economia Pier Paolo Baretta, che parla dell'urgenza di un "percorso fiscale a sostegno delle terme e della loro diffusione accanto a investimenti in sinergia tra pubblico e privato per uno sviluppo sostenibile", entrambi presenti all'incontro. "Non c'è competenza che non venga coinvolta nella cultura termale, tra medicina, architettura, lavoro e tecnologia", spiega la curatrice del volume Annunziata Berrino, "il libro presenta in 5 capitoli una visione realistica, non celebrativa di 100 anni di storia vissuta tra alti e bassi". (ANSA).

Alpi dell'Arte



(ANSA) - AOSTA, 8 NOV - Tre mostre personali dedicate agli scultori valdostani, una mostra collettiva dell'artigianato di eccellenza della Valle d'Aosta e una fiera dell'artigianato valdostano di tradizione: è quanto prevede l'accordo di collaborazione tra la Regione Valle d'Aosta e il comune di Sanremo (Imperia) per la realizzazione dell'iniziativa 'Alpi dell'Arte 2019-Racines, radici', in programma nella cittadina ligure dal 7 dicembre 2019 al 7 gennaio 2020. 

La manifestazione prevede: le mostre personali dedicate a Dorino Ouvrier (sala espositiva del Forte Santa Tecla), Giovanni Thoux (Casinò) e Guido Diemoz (Confraternita di Santa Brigida); l'esposizione collettiva dell'artigianato "E la materia prese forma..." nel Museo civico; la fiera dell'artigianato di tradizione "Scopri la Pigna" dal 7 al 24 dicembre nel centro storico con esposizione e vendita di opere realizzate da oltre 20 artigiani della Valle d'Aosta e dimostrazioni di antichi saperi.

Roma, concluso un grande studio sull'edilizia antica

Statua di Vestale 

PERCHÉ SE NE PARLA
I romani furono tra i più abili costruttori del mondo antico. Le loro tecniche sono state spesso pionieristiche, e ogni epoca ha superato la precedente in quanto ad affinazione delle stesse. È da poco stato pubblicato un grande studio condotto da un team di ricercatori italiani che hanno indagato le varie stratificazioni della Casa delle Vestali, che si trova presso il Foro Romano. Grazie a nuove tecnologie hanno potuto analizzare con maggiore accuratezza rispetto agli studi precedenti i materiali edili e gli utilizzi degli stessi in varie fasi. Per la precisione, la Casa delle Vestali porta le tracce di almeno 5 fasi costruttive. 

PERCHÉ ANDARE
La Casa delle Vestali era la sede del collegio delle sacerdotesse devote alla dea Vesta, custodi del fuoco sacro, adiacente al tempio dedicato alla stessa. Si trova alle pendici del Palatino, e le rovine oggi visibili risalgono alla ricostruzione che se ne fece dopo l’incendio del 64 d.C. (al tempo dell’imperatore Nerone): il restauro diede un diverso orientamento all’edificio, e lo collocò su un livello più alto rispetto all'originale. Anche in seguito l’edificio venne ritoccato e modificato, e l’ultimo restauro risale al 191 d.C. Oggi è possibile ammirare il grande cortile attorno a cui sorgeva l’edificio, circondato da porticati e i bacini idrici al suo centro. Sotto i portici erano allineate le statue delle vestali, oggi visibili solo parzialmente (molte si trovano in musei) e ricollocate in modo non aderente all’originale (sono state ritrovate ammassate).

DA NON PERDERE
L’intero Foro Romano, ça va sans dire, è da non perdere. Passeggiare tra le rovine di quello che era il cuore della Roma antica è un’esperienza impagabile, e se capitate nella stagione giusta non mancate di acquistare il biglietto per uno degli interessanti spettacoli di realtà aumentata che permettono di immergersi nelle ricostruzioni virtuali dei fori al momento del loro massimo splendore. Inoltre, se volete godere di una vista impagabile sui fori imperiali, percorrete la salita che porta al Campidoglio e affacciatevi dalla terrazza, magari al tramonto. Ammirerete una scena da cartolina.

PERCHÉ NON ANDARE
In alcuni momenti dell’anno la quantità di comitive di turisti che affollano il sito può essere esasperante. Fare i biglietti per tutto il circuito, includendo Fori, Palatino e Colosseo può richiedere ore, e in particolare l’ingresso all’anfiteatro mette alla prova i più volenterosi. Se potete, scegliete di visitare la Roma antica in bassa stagione, evitando i ponti e le festività.

COSA NON COMPRARE
Le ‘fregature’ per turisti in questa zona di Roma sono sempre dietro l’angolo. Dalle guide abusive al costo esagerato di una bottiglia d’acqua acquistato nei chioschetti, occorre stare particolarmente attenti o si rischia di sborsare ben più del semplice costo del biglietto.

A Roma gli Impressionisti segreti

mostra Impressionisti segreti © ANSA

La vita vera che scorre davanti agli occhi e si ferma sulla tela, l'ossessione per l'en plein air, la luce brillante che comunica emozione, il pennello che procede vibrando per frammenti e piccoli tocchi: sono ben 55 i capolavori esposti nella mostra "Impressionisti segreti", che celebra a Roma l'apertura al pubblico, dopo un lungo restauro, di Palazzo Bonaparte, spazio Generali Valore Cultura. In programma dal 6 ottobre all'8 marzo, la mostra, a cura di Marianne Mathieu (direttrice scientifica del Muse'e Marmottan Monet di Parigi) e Claire Durand-Ruel (discendente del mercante d'arte Paul Durand-Ruel, primo sostenitore degli Impressionisti), ripercorre la storia di uno dei movimenti artistici piu' noti e amati di sempre attraverso quadri davvero "segreti", perche' tutti appartenenti a collezioni private e mai esposti in Italia.
Da Monet a Renoir, da Pissarro a Manet, e poi Sisley, Gauguin, Morisot, Ce'zanne: nel percorso le tele di questi maestri - luminose, sfumate, suggestive, tutte istantanee pittoriche del mondo di fine '800 - dialogano con gli stucchi, i preziosi pavimenti e le decorazioni barocche del meraviglioso Palazzo che fu residenza fino al 1836 di Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone. Come spiega la curatrice Mathieu, l'esposizione e' strettamente legata al luogo che la accoglie e "non verra' allestita altrove: qui abbiamo voluto sottolineare l'intimita' rivelata all'interno di questa residenza, proprio perche' le tele provengono da case private e appartengono a 25 collezionisti". Sono 4 le sezioni che compongono la mostra, prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia: il percorso, che procede cronologicamente partendo dall'inizio del movimento, attorno al 1860, si apre con il focus sul paesaggio, elemento fin da subito centrale nella poetica dei pittori impressionisti, sempre attenti a intercettare sulla tela le vibrazioni atmosferiche e i passaggi della luce naturale mentre ritraggono il mondo circostante, abbandonando le vedute grandiose per privilegiare cio' che accade di fronte ai loro occhi. Via via si susseguono i dipinti di Monet, Sisley, Guillaumin, Pissarro, al quale e' dedicata un'intera sala, e Gauguin.
La mostra prosegue con le scene della vita parigina, con le strade, i viali, le persone affacciate al balcone, tra Gustave Caillebotte, Edouard Manet, Berthe Morisot ed Eva Gonzale's. C'e' anche una tela di Federico Zandomeneghi, unico italiano tra gli artisti presenti. Poi il percorso espositivo si concentra su Renoir e sulla sua produzione di ritratti, ai quali - sia quelli su commissione sia quelli in cui dipinge soggetti anonimi - egli conferisce la sua particolare cifra di grazia e naturalezza. Infine, spazio alla sezione dedicata al Neoimpressionismo, che documenta la nuova generazione di pittori pronta a farsi largo rispetto ai 'padri': un nuovo movimento, nato attorno a Paul Signac e Georges Seurat, caratterizzato da una pittura che privilegia il colore senza mescolarlo sulla tavolozza, ma stendendolo in pennellate minute, come tante piccole tessere di un mosaico.
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Al Maxxi l'uomo tra sacro e inquietudine

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C'è sempre l'uomo, con la tensione verso il sacro, l'inquietudine nei confronti dell'ignoto e il desiderio di andare oltre se stesso, al centro dei tre nuovi progetti che dal 17 ottobre prendono vita al Maxxi, la mostra "della materia spirituale dell'arte", il focus su Enzo Cucchi e il nuovo allestimento della collezione museale, tutti legati dalla comune riflessione sul senso dell'esistenza nella continua dialettica tra storia e attualità. Fino all'8 marzo è allestita la collettiva "della materia spirituale dell'arte", a cura di Bartolomeo Pietromarchi, che riunisce le opere di 19 artisti contemporanei relazionandole con 17 reperti archeologici etruschi, romani e di produzione laziale, provenienti dai Musei Vaticani, dal Museo Nazionale Romano, dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e dai Musei Capitolini. Un percorso denso di suggestioni, che si interroga sulla sacralità, sui simboli, su ciò che è incomprensibile in un'epoca dominata dalla supremazia della macchina, ma anche su quali siano le assonanze e le differenze tra la sensibilità antica (i reperti risalgono a un periodo compreso tra l'VIII secolo a.C. e la fine del IV secolo d.C., ossia delle origini di Roma al momento in cui il Cristianesimo diviene religione di Stato) e quella del pensiero artistico contemporaneo. Partendo dalla materia e dalle singole, specifiche identità degli artisti, la collettiva allarga lo sguardo per includere la riflessione su mito, metafora, rito, oracolo, parole oggi forse desuete, ma ancora dense di significato: dall'armonia geometrica e metafisica di Remo Salvatori con il suo "Alfabeto" metallico all'arte partecipativa di Yoko Ono con "Add a color (Refugee Boat)", dalle mani in preghiera di Shirin Neshat alla riflessione sul tempo di Elisabetta Di Maggio con i vecchi francobolli di "Greetings from Venice", il percorso si rivela sorprendentemente ricco di spunti, tra corpo e anima, razionale e irrazionale. La mostra è stata fortemente voluta da Giovanna Melandri, presidente Fondazione Maxxi, che la definisce un vero "progetto di ricerca che contribuisce ad ampliare i confini di indagine del museo: in un mondo in cui parliamo di post-umano adesso ci interroghiamo su un'altra intelligenza, non artificiale ma spirituale", ricordando anche che l'idea è nata "da una conversazione avuta 4 anni fa con Lea Mattarella, a cui la mostra è dedicata". Come in una sorta di continuità si pone il focus su Enzo Cucchi (presente anche nella collettiva, con "Idoli e scopritori del fuoco"): nel progetto, allestito fino al 19 gennaio e a cura di Eleonora Farina, l'artista è protagonista con un'unica opera, una scultura in marmo, che ritrae un putto, al cui alluce appare aggrappato uno scorpione. Qui il gesto di Cucchi rielabora l'immagine classica del bambino nudo (che con i pugni chiusi sugli occhi mima il gesto del cannocchiale per "chiarire" la visione) in chiave contemporanea, mescolando arte e mito, sogno e mistero. La stessa tensione verso la dimensione spirituale, nella volontà di provare a decifrare le complesse sfide del presente, si ritrova infine, come a chiudere un cerchio, anche nel nuovo allestimento al centro della Galleria 1, che presenta opere di Stefano Arienti, Gregorio Botta, Paolo Canevari, Joan Jonas, Luca Nostri, Eduardo Stupía e un omaggio a Cristiano Toraldo di Francia. Ancora una volta il Maxxi vuole porsi nella città come centro culturale e laboratorio di idee, nella convinzione che proprio dall'arte possano venire opportunità per affrontare le sfide del presente. Una sorta di avamposto del futuro, come dimostra anche la partnership siglata dal museo con Inwit, leader per le infrastrutture della telefonia mobile: da oggi infatti il Maxxi è la prima struttura museale italiana ad avere l'impianto DAS (Distributed Antenna System), un sistema di micro antenne a bassa emissione collocate nelle sale espositive e negli spazi ricettivi che non solo migliorerà il servizio di telefonia mobile dei vari operatori ma renderà nel prossimo futuro il museo "5G ready", predisposto cioè per servizi come realtà aumentata e guide virtuali, per interagire con le opere e con gli artisti e approfondire l'esperienza di visita
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