Arte. Trafugata, ritrovata e restaurata: torna a Milano la “Madonna del latte”

 

Bentornato Marco d’Oggiono. Bentornata Madonna del latte. Questa è un’occasione di festa per la Pinacoteca Ambrosiana. Che può finalmente riabbracciare, restaurato, e offrire nuovamente al pubblico questo capolavoro «dalla storia antica e, in tempi recenti, avventurosa», ha ricordato Lorenzo Ornaghi, presidente della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Si tratta infatti di un olio su tavola che faceva parte della raccolta di quadri acquistati negli anni dal cardinale Federico Borromeo, e che questi donò nel 1618 alla Pinacoteca Ambrosiana, a favore dell’erigenda Accademia.

Da allora è sempre stato esposto in Pinacoteca, dove la sua presenza, nel 1951, è riportata nella guida redatta dal prefetto Giovanni Galbiati. Trafugato poco dopo dal museo, è stato recuperato e restituito nel 2021 dall’intervento dei Carabinieri del Nucleo per la Tutela del patrimonio culturale di Monza – dopo che un commerciante d’arte milanese si era rivolto al Nucleo per accertarne la provenienza. L’ultimo atto: il restauro realizzato dal Laboratorio “Luigi Parma” di Milano grazie al sostegno di Arte Generali. E la restituzione al pubblico, con la Madonna del latte esposta nella Sala 3 fra altri capolavori del Rinascimento lombardo e dello stesso Marco d’Oggiono.

«Questo è un evento sentito come importante non solo per la nostra istituzione ma per l’intera città di Milano», ha affermato monsignor Marco Ballarini, prefetto dell’Ambrosiana, prima di ringraziare i Carabinieri, i restauratori e il mecenate – al quale ha dato voce Cristina Resti, Art Expert di Arte Generali, mentre Anna Parma, del Laboratorio “Luigi Parma”, ha illustrato l’opera di restauro conservativo ed estetico effettuato su questo olio su tavola di 50 per 39 centimetri, «con un intervento che ci ha permesso di ritrovare la tavolozza di Marco d’Oggiono».

Monsignor Ballarini, ricordando come il suo mandato sia ormai in scadenza, ha colto l’occasione per ringraziare quanti hanno collaborato con lui in questi cinque anni. Fra loro monsignor Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, il quale ha definito «motivo di grande gioia» il ritorno a casa del dipinto. «Non sappiamo bene come sia stato sottratto, forse è accaduto durante una serie di lavori importanti. Ma grazie ai Carabinieri, è tornato a disposizione di tutti».

Si rinnova e rilancia così la vocazione di questa istituzione: Federico Borromeo «non era un collezionista» come lo intendiamo oggi, «egli volle l’Ambrosiana “per la gloria di Dio e per la pubblica utilità”. E non solo di Milano e dell’Italia, ma anche delle “nazioni foreste”», ha sottolineato monsignor Rocca.

Ed eccoci di fronte a questa Madonna del latte. «Il dipinto documenta la fortuna e diffusione delle invenzioni da parte di Leonardo di “Madonne col Bambino” nell’ambito della sua scuola che vede come protagonisti, fino dal 1490, due suoi allievi, Boltraffio e Marco d’Oggiono», spiega il professor Giulio Bora, nella scheda storico-artistica dell’opera diffusa ieri all’incontro di presentazione del restauro.

Il milanese Marco d’Oggiono (1470 circa-1530 circa) si cimentò più volte con questo soggetto, e con grande fortuna presso la committenza. L’esemplare dell’Ambrosiana, eseguito «verosimilmente verso la metà del secondo decennio del Cinquecento», «ricalca in parte» un precedente modello dello stesso Marco, ora conservato al Louvre. Vi sono infatti «sostanziali differenze di stesura e di invenzione»: fra le varianti, «la peculiare presenza del fondale montagnoso e lacustre».

«La realizzazione del Bambino rivolto verso il riguardante sorretto dalle mani della Vergine risulta essere la fedele riproposizione di quella del Louvre, certamente condotta riutilizzando il medesimo modello o cartone», prosegue Bora. «Sostanzialmente variata è invece la soluzione del volto della Vergine, qui reso frontalmente e, come nel Bambino, anche in questo caso mostrato in un dialogo diretto con il riguardante e rilevato in un’espressione assorta e sospesa». Dunque, non resta che varcare la soglia dell’Ambrosiana, salire alla Sala 3. Guardare. E offrirsi allo sguardo accogliente e profondo di quella Madre e di quel Bambino, ancora capaci, dopo cinque secoli, di arrivarti al cuore. E di parlarti senza aprire bocca.

avvenire.it

(segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone - Turismo Culturale)

Le mostre del weekend da Frida Kahlo ai Macchiaioli. A Brescia l'omaggio a Ceruti, a Ferrara c'è il Rinascimento

 

Frida Kahlo e Diego Rivera insieme ai Macchiaioli e a Giacomo Ceruti fino agli autori del Rinascimento ferrarese: sono alcune delle mostre della settimana.


    MONZA - Si intitola "I Macchiaioli e l'invenzione del Plein Air tra Francia e Italia" il progetto espositivo in programma dal 18 febbraio al 21 maggio all'Orangerie della Villa Reale e a cura di Simona Bartolena. Novanta le opere proposte per ripercorrere la storia del movimento, di autori quali Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Giuseppe Abbati, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani, in dialogo con quelle di alcuni dei rappresentanti della Scuola di Barbizon, quali Camille Corot, Charles-François Daubigny, Constant Troyon, Théodore Rousseau.

PADOVA - Al Centro Culturale Altinate San Gaetano apre il 14 febbraio "Frida Kahlo e Diego Rivera", esposizione a cura di Daniela Ferretti, unica tappa italiana di un tour mondiale. Una mostra corale per raccontare, fino al 4 giugno, i due artisti messicani e la loro storia d'amore, attraverso la grande pittura (ben 23 le opere di Frida Kahlo e 9 quelle di Diego Rivera), accanto alla fotografia d'autore con i ritratti realizzati da Héctor Garcia, Manuel Álvarez Bravo, Giséle Freund, Martin Munkacsi, Nickolas Muray, Lucienne Bloch, Edward Weston. FERRARA - Dal 18 febbraio al 19 giugno a Palazzo dei Diamanti "Rinascimento a Ferrara. Ercole de' Roberti e Lorenzo Costa", a cura di Vittorio Sgarbi e Michele Danieli. La mostra, che inaugura il nuovo corso espositivo del palazzo appena restaurato, documenta in cento opere l'arte di due grandi interpreti del Rinascimento e rappresenta la prima tappa di un progetto più ampio e ambizioso intitolato Rinascimento a Ferrara 1471-1598 da Borso ad Alfonso II d'Este, che indagherà la vicenda storico-artistica del periodo compreso tra l'elevazione della città a ducato e il suo passaggio dalla dinastia estense al diretto controllo dello Stato Pontificio. BRESCIA - Tre le mostre che la Fondazione Brescia Musei dedica a Giacomo Ceruti, il "pittore più avventuroso del Settecento". Al Museo di Santa Giulia il 14 febbraio aprono "Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell'Europa del Settecento" - con oltre 100 opere, 60 di Ceruti a confronto con 40 dipinti di autori precedenti o a lui contemporanei - a cura di Roberta D'Adda, Francesco Frangi, Alessandro Morandotti, e "Immaginario Ceruti. Le stampe nel laboratorio del pittore", a cura di Roberta D'Adda e Francesco Ceretti, che presenta un approfondimento sull'utilizzo che l'artista fece delle incisioni, entrambe allestite fino al 28 maggio. Alla Pinacoteca Tosio Martinengo dal 14 febbraio al 10 novembre è invece allestita "David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a beautiful land", a cura di Denis Curti, una riflessione di LaChapelle sui temi centrali della pittura di Ceruti: i poveri, gli ultimi, i fragili, gli emarginati.
    ROMA - Nell'ambito di Quotidiana apre il 16 febbraio a Palazzo Braschi la sesta mostra della sezione Portfolio, con l'opera "Passaggio al buio" di Andreas Zampella, un dipinto di piccole dimensioni concepito e realizzato in una condizione di penombra (fino al 12 marzo), in un ambiente illuminato solo dai raggi della luce del mattino. LECCE - È dedicata all'artista compositore Mirco Marchelli la mostra "Voci in capitolo", allestita alla Fondazione Biscozzi Rimbaud dal 12 febbraio al 2 luglio. A cura di Paolo Bolpagni e Giovanni Battista Martini, la mostra presenta al pubblico un brano composto da Marchelli in tre parti - corrispettivi di altrettanti madrigali moderni - a sei voci miste, su testi del poeta genovese Edoardo Sanguineti, diffuso come tappeto musicale all'interno delle tre sale espositive, in stretta connessione con un ciclo unitario di diciotto opere polimateriche, tutte di eguali dimensioni, suddivise in tre gruppi da sei (uno per ogni sala). (ANSA).

Abu Dhabi, tra storia e cultura Musei, palazzi, forti, villaggi e riti beduini nel deserto

 

ABU DHABI - Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi, è una città ricca di cultura e di storia che sorprende per i suoi contrasti: sfarzosi palazzi d'epoca tra costruzioni avveniristiche, forti costieri trasformati in centri d'arte e antichi villaggi beduini, tutelati dall'Unesco, nelle oasi del deserto che la circonda.

Fondata nel 1791 dalla tribù dei Bani Yas, è una città che corre verso il futuro con grattacieli, torri e strutture audaci, come la vicina Dubai, e con un totale rispetto verso le sue tradizioni. Tanti sono i punti di interesse da scoprire per apprezzare la sua cultura, come il forte Qasr Al Hosn, il palazzo Qasr Al Watan, il museo Louvre Abu Dhabi e il Qaryat al Torath Heritage Village.

Qasr Al Hosn è uno storico forte, circondato da grattacieli altissimi che luccicano da lontano: è il monumento commemorativo dell'intera nazione, simbolo della storia di Abu Dhabi. Situato nel cuore della città, l'edificio sorge su una torre di guardia in corallo e pietra marina, costruita alla fine del XVIII secolo, la struttura più antica dell'isola di Abu Dhabi, e all'interno ospita la Casa degli Artigiani, che celebra il patrimonio artistico e la tradizione artigianale degli Emirati Arabi Uniti.
    Un altro simbolo della capitale e dell'intero Paese è il Louvre Abu Dhabi, il primo museo universale del mondo arabo che difende e promuove lo spirito di apertura tra le culture, rivelando le storie di connessioni tra le civiltà. Capolavoro dell'architettura contemporanea, sorge sull'isola di Sa'diyyat, distretto culturale della capitale, ed è il più grande museo della penisola arabica, con una struttura che di per sé è un'opera d'arte: il tetto a cupola, le cui geometrie si ispirano alle tradizionali foglie di palma ricoperte di paglia, è costituto da 7.850 stelle ripetute in diverse dimensioni e angolazioni che creano una "pioggia di luce", quando i raggi del sole le attraversano. Le sue gallerie ospitano opere d'arte internazionali che abbracciano la storia dell'umanità, in particolare due opere di Leonardo, altrettante opere di Picasso e uno dei celebri ritratti di Napoleone del pittore francese David.
    Qasr Al Watan, palazzo presidenziale ancora in funzione, invita a scoprire la ricca eredità di conoscenze e tradizioni che hanno plasmato la storia degli Emirati Arabi Uniti. Il palazzo è un'icona nello skyline di Abu Dhabi, con un design perfettamente realizzato per rendere omaggio al patrimonio arabo.
    A poco più di un'ora di auto dal cuore della capitale, la regione di Al Ain ospita alcuni dei villaggi più antichi del mondo ed è stata dichiarata patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.
    Per scoprirli si passeggia lungo i sentieri ombreggiati dell'oasi di Al Ain, che ospita oltre 147mila palme da dattero e alberi da frutto su 1.200 ettari ed è alimentata da un sistema di irrigazione in funzione da 3mila anni. Oppure si visita il Qaryat al Torath Heritage Village, con un souk di una trentina di bancarelle che offrono prodotti artigianali e alimentari della tradizione emiratina. Qui si possono osservare le donne beduine mentre creano splendidi pezzi d'artigianato e scoprire abiti tradizionali, spezie, profumi, prodotti a base di palma da dattero e accessori. Chi è alla ricerca di un po' di avventura può recarsi al Parco del deserto di Jebel Hafit, dove fare escursioni a piedi o in bicicletta e godersi un esclusivo glamping nel deserto del rifugio Liwa Nights, che dà la possibilità di scoprire da vicino la cultura beduina. Nell'oasi di Liwa è possibile fare escursioni con il quad, partecipare a un safari o cavalcare un cammello sulle dune, prima di trascorrere la serata ad ammirare il cielo stellato.
    Per maggiori informazioni: dctabudhabi.ae e visitabudhabi.ae (ANSA).

Apre a Verona primo hotel ispirato alla street art

 

 Un progetto unico nel suo genere, capace di offrire a ciascun ospite un'esperienza immersiva: è Muraless Art Hotel di Verona, una struttura ricettiva che diventa 'tempio' della Street Art. Il progetto nasce dall'idea di ridare vita all'ex Hotel Cristallo, avviando una radicale riqualificazione nel segno del linguaggio e dei caratteri espressivi.

Protagonista del primo hotel del genere in Europa un gruppo di writer di fama mondiale, chiamato a interpretare con estro creativo, le eccellenze che l'Italia può vantare. Il progetto di interior è stato elaborato dalla curatrice e critica d'arte Chiara Canali in collaborazione con la Galleria d'arte di Milano "Deodato Arte". Muraless accoglie opere dei principali writer nazionali e non, come quella diTherry Guetta, in arte Mr. Brainwash. (ANSA).