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PARVA NATURALIA Modena città del biologico sabato 7 e domenica 8 marzo 2015



a cura di Vitaliano Biondi ed Andrea Reggianini

festa del risveglio della natura al declinar dell'inverno,
festa delle colture biologiche, tipiche e dimenticate,
festa della ruralità, della "rosina perduta", del magalasso, del Tasso e del Tassoni,
festa del bensone e dell'aceto balsamico,
festa dei giardini letterarari, degli animali fantastici e dei libri perduti
  

Modena gennaio 2015 - Due giornate interamente consacrate alle eccellenze biologiche del Bel Paese, impreziosite da un programma di eventi: incontri tematici, degustazioni, dimostrazioni di antichi mestieri, visite guidate, attività per bambini, mostre. Tutto questo si potrà trovare sabato 7 e domenica 8 marzo a “Parva Naturalia” - Modena città del biologico - manifestazione dell’eccellenza biologica certificata, dedicata alle produzioni e colture biologiche, tipiche e dimenticate, al mondo rurale ed ai sapori di un tempo, che si svolgerà nella città dell’Emilia, capitale del Ducato Estense per quattro secoli.
La rassegna, che non a caso trae il suo nome dall’opera di Aristotele, sulla collaborazione fra corpo ed anima, per la realizzazione delle funzioni vitali, si candida a diventare una delle più significative vetrine in Italia del biologico di qualità, grazie alla presenza di produttori biologici certificati. A cura di Vitaliano Biondi ed Andrea Reggianini, è organizzata dall’Associazione Salviamo il Biologico con il patrocinio del Comune di Modena.
“Siamo ciò che mangiamo”, affermava nell’Ottocento il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach. Se dunque il cibo è alla base della nostra vita, non solamente fisica, ma anche in senso culturale, è ampio il ventaglio delle argomentazioni proposte da “Parva Naturalia”. Nell’anno di Expo, che ha per titolo “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, la manifestazione, con modalità diverse, intende valorizzare le produzioni provenienti dall’agricoltura biologica, favorire un rapporto diretto fra produttore e consumatore, salvaguardare la biodiversità, rappresentare un nuovo approccio all’educazione alimentare in senso umanistico, stimolando nelle nuove generazioni l'interesse per uno stile di vita più rispettoso della natura e dell’ambiente.
Agricoltori, piccoli produttori ma anche artigiani e vivaisti, metteranno in mostra i loro saperi antichi ed i prodotti della terra e delle loro mani. Innanzitutto si insedieranno in piazza Grande che con la Cattedrale, capolavoro mondiale del Romanico e la Torre campanaria Ghirlandina è stata dichiarata nel 1997 dall' Unesco Patrimonio Mondiale dell'Umanità; poi saranno presenti in piazza Torre, sulla quale si affaccia il bellissimo campanile e al cui centro è posta la statua del poeta modenese Alessandro Tassoni (1565-1635), autore del poema eroicomico La secchia rapita, sulle vicende della guerra trecentesca con Bologna. Infine, saranno in piazza XX Settembre, vivace anticamera di piazza Grande, da cui si può accedere alla ‘galleria del panedel mercato coperto Albinelli, esempio di architettura in stile liberty, dove trovare le specialità della famosa cucina tipica modenese.
Parva Naturalia presenterà, anche una selezione di piante antiche, che un tempo popolavano le nostre campagne e i giardini, salvate dalla passione dei vivaisti e dei collezionisti.
Protagonisti in egual misura saranno l'artigianato tradizionale e di qualità, mentre il programma sarà arricchito da diverse iniziative per bambini e ragazzi.

“PARVA NATURALIA” - MODENA CITTÀ DEL BIOLOGICO

Info:  www.parvanaturalia.it  -  www.salviamoilbiologico.com

Officina di Progettazione Architetto - Vitaliano Biondi, tel.(+39) 0522 922111 (+39) 335 6128094

Associazione Salviamo Il Biologico - tel.(+39) 059 798971 (+39) 335 5228854


Ufficio stampa: Patrizia Paterlini tel. 348 8080539/348 7352352 ppaterlini@alice.it
COSA VEDERE A MODENA

“Parva Naturalia” - Modena città del biologico - si svolge alle porte della primavera, il periodo migliore per concedersi anche una visita culturale e artistica di Modena. Modena offre al turista numerose  bellezze, concentrate nel suo centro storico, che raccontano i fasti di una città per lungo tempo capitale di un ducato, quello dei Signori d'Este, che qui risiedettero dal 1598. L'Unesco ha riconosciuto il valore universale dei suoi tesori dichiarando Il Duomo, Piazza Grande e la Torre Ghirlandina Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Piazza Grande è il cuore della vita modenese e il luogo in cui sono riuniti i monumenti più significativi e più amati: il Duomo, opera del grande architetto Lanfranco e dello scultore Wiligelmo, uno dei massimi capolavori del Romanico europeo;  il Palazzo Comunale, la cui costruzione ha conosciuto diverse fasi a partire dal Medioevo; a poca distanza dalla Ghirlandina, il seicentesco Palazzo Ducale, opera di Bartolomeo Avanzini, oggi sede della prestigiosa Accademia Militare. Lungo la via Emilia, la grande arteria romana che attraversa la città, in Piazza Sant'Agostino si affacciano l'omonima Chiesa, che conserva il  "Compianto del Cristo morto" del Begarelli, scultore modenese del 1500, e il Palazzo dei Musei, sede di numerosi istituti culturali tra cui il Museo Civico d'Arte e quello Archeologico – Etnologico; la Galleria Estense, importante collezione che testimonia l'interesse della Signoria per le più diverse arti e la Biblioteca estense, con i preziosi codici miniati dal XIV al XVI secolo chiusa per restauri a seguito del sisma del 2012. Nella sede del Palazzo Santa Margherita, è ospitato inoltre il Museo della Figurina; nato dalla appassionata opera collezionistica di Giuseppe Panini.  Da segnalare anche il MEF-Museo Casa Enzo Ferrari. Un avveniristico padiglione dove vivere, tra le automobili più significative della sua vita, la storia di Enzo Ferrari pilota, creatore della Scuderia negli anni ‘30 e costruttore dal 1947.
Da visitare, previo appuntamento, anche la Sinagoga, una delle maggiori in Italia, segno della popolosa comunità ebraica che seguì i Duchi da Ferrara.
Modena, fu importante nella produzione e circolazione del pensiero cabalistico. Grazie all’attività di Mordekhay ben Yehudah Dato fin dal Cinquecento vennero poste le basi di una sensibilità mistica.
La presenza della Sinagoga a Modena in questo luogo è anche il simbolo della pacifica convivenza in città di tutte le minoranze religiose.
A pochi passi da Piazza Grande c’è il Mercato Albinelli, mercato coperto di generi alimentari  inaugurato nel 1931, per ospitare  il commercio che sino ad allora si teneva in Piazza Grande. L’Albinelli fa parte delle botteghe storiche della città di Modena,
qui, si può ancora acquistare il Bensone, dolce che è abitudine inzuppare nel lambrusco o nello spumante nei giorni di festa.

Papa Francesco riceve in Vaticano il mondo del vino

A cura di ANDREA DI BELLA


Sommelier, produttori, enologi da Papa Francesco: la data? Il 21 gennaio 2015, e riceverà in dono un tastevin speciale.

Come si sa il Santo Padre è nato a Buenos Aires ma ha radici nell’astigiano: proprio il nonno Giovanni possedeva un antico cascinale a Portacomaro Stazione, in provincia di Asti, a Bricco Marmorito, che da quelle parti, un tempo, chiamavano Bricco Bergoglio.

Questa è terra di Grignolino e forse per questo motivo il Pontefice è attaccato al mondo del vino e non ha mancato, in alcune occasioni, di accostare il vino alle occasioni di gioia.

“Il vino più è vecchio, più migliora” aveva detto riferendosi alle qualità della vecchiaia, mentre proprio sul legame stretto tra vino e gioia, commentando la parabola delle nozze di Caana: “Immaginatevi finire la festa bevendo tè … senza vino non c’è festa!”.
E che dire dello stemma pontificio di Papa Francesco dove a sinistra è rappresentato un grappolo d’uva d’oro!

180 tra vignaioli, sommelier, enologi e ristoratori saranno ricevuti in Vaticano. L’iniziativa è della Fondazione Italiana Sommelier, nella persona del suo presidente Franco Ricci. “Il Papa ama il vino e lo beve a tavola a Santa Marta – ha dichiarato Ricci – io gli ho scritto chiedendo di fargli visita con un vasto gruppo del nostro settore e Padre Georg mi ha risposto”.

Gli assaggiatori della bevanda, porteranno in dono al Papa un tastevin, la piccola ciotola d'argento usata per la degustazione dei vini, simbolo dei sommelier, che per l'occasione indosseranno la loro divisa tipica.

All'udienza ci saranno cinquanta produttori prestigiosi tra cui Angelo Gaja, Antinori, Biondi Santi, enologi di fama, rappresentanti dell’università, della stampa di settore, di Gambero Rosso e di Slow Food.

Il vino compare ben 224 volte nella Bibbia e allora… che festa sia! 
mondodelgusto.it

Per Rothko l’arte possiede un’intima sacralità.

Attinge all’origine della vita e della storia, è espressione di trascendenza, è attesa dell’Assoluto. In un dipinto del 1954 (o forse del 1959, gli storici non concordano sulla data), Untitled (White on Maroon), una forma bianca, spessa, vaporosa, soffice come massa di cotone, sfumata ai bordi e dalla forma vagamente rettangolare campeggia su di un piano rosso su cui si staglia altra sagoma, in basso, colore su colore. La sensazione di un luogo del mistero sacro dominato dalla bellezza, dal puro invisibile e spirituale, è fortissima.

La conclusione tragica della vita di Rothko, che morì suicida nel 1970, non deve far pensare a una aridità spirituale, semmai a una drammatica crisi. Certe sue opere dell’ultimo periodo, tutte giocate su toni scuri, su neri e rossi profondi, sono crocifissi della coscienza dilacerata. Crocifissi senza speranza. Che altresì riguardavano non solo la sua coscienza religiosa ma anche il ruolo che eticamente aveva assunto in sé, quello di un maestro non solo dell’arte ma anche dello spirito. Ci si può chiedere infatti se, al di là della depressione conseguente alla salute oltremodo precaria che tormentò l’uomo negli ultimi anni della vita, il suo drammatico gesto abbia configurato la cifra peraltro inverosimile di un fallimento morale.

Certo è che l’arte di Rothko ha un suo cammino di progressiva essenzializzazione che non riguarda solo l’aspetto stilistico, ma che attiene al senso stesso della sua opera e della stessa arte. Nel tempo i cromatismi perdono ogni frangia o sfumatura dei sensi rapportati alla realtà e si pongono nudi al cospetto dell’infinito. Alcune opere conclusive, soprattutto i neri, i colori scuri comunque uniformi, sono la testimonianza non di una povertà di espressione sopraggiunta nel tempo della crisi ma di una personale sintesi del linguaggio maturata sul filo di una ricerca estrema, drammatica e definitiva.

Rothko ha puntato, come si è scritto, lungo il suo cammino d’artista, a due obiettivi: il primo inerente al valore comunicativo dell’arte intesa come luogo del dialogo tra l’opera e lo spettatore; il secondo più intrinseco all’opera stessa, percepita come espressione originaria di un altrove imprescindibile e misterioso.

Riguardo al primo obiettivo, l’opera è universo che esiste in funzione dell’osservatore, è pensata dall’artista perché esso ne faccia parte e possa compiervi un’avventura d’anima. Sicché l’intera esperienza dell’artista è tesa a predisporre tale avventura. Lo spettatore è chiamato a essere in qualche misura comprimario non della redazione dell’opera ma di un comune progetto spirituale.

Il secondo obiettivo riguarda invece il senso del viaggio dentro l’opera e implicitamente il suo originario significato, come avvertimento ed esplorazione di quell’oltre a cui tendono i sensi e l’anima. Una rilettura del cammino artistico di Rothko può essere in tal senso interessante, dando riprova del dramma umano e spirituale del maestro. Il significato dell’opera di Rothko si esemplifica nell’ultimo grande e significativo lavoro del maestro, la Cappella di Houston.

Le parole che l’artista scrisse nel 1965 a John e Dominique de Menil, allorché fu incaricato di realizzare i dipinti per la celebre Chapel di Houston sono di entusiasmo, di gratitudine profonda. L’artista intravedeva nel lavoro commissionato l’opportunità di una totale avventura dello spirito.

«Mi insegna a librarmi in alto», scrive commosso. È con questi sentimenti e con una tensione psicologica estrema che l’artista si accinge a lavorare. È un’avventura che assume il tono di un’esperienza religiosa. Fu lo stesso Rothko a dichiararlo. Commentando l’effetto che i dipinti della cappella avevano sul pubblico, disse: «Quando [i visitatori] piangono davanti ai miei quadri vivono la stessa esperienza religiosa che ho vissuto io quando li ho dipinti». Anche il clima della cappella, concentrato e mistico, al di là della scelta di una iconografia aconfessionale, pare restituire «un versante religioso che porta l’artista a semplificare tutto, quasi cercasse il dio unitario della Bibbia contro ogni vitello d’oro». Di fatto la teologia monoteista e Jung furono i suoi pilastri.

L’artista venne incaricato di indirizzare anche la progettazione architettonica e per essa scelse una forma ottagonale, simile a quella di un battistero, quasi volesse suggerire al visitatore un rito di iniziazione. A Huston Rothko realizzò 14 opere di grande formato, tre trittici e cinque quadri singoli. La luce proviene dall’alto, è indiretta e diffusa. I trittici furono collocati sui due lati principali, a destra e a sinistra. Tra di essi un grande pannello centrale leggermente rialzato. Il trittico posto sul fondo, invece, collocato in una nicchia, è assolutamente regolare. 

Qui il movimento irregolare, si direbbe a onda, dei trittici laterali si arresta, ha una pausa. Singole tele sono poste sui lati obliqui, fanno da contrappunto ai trittici. Lo spazio è studiato nel suo insieme e così il suo apparato iconografico: le tele sono parte del tutto ed è l’insieme a restituire il senso di un’atmosfera sospesa e contemplativa, che scava dentro, che immette nel mistero. Le stesse piccole porte ricavate sulle pareti laterali sono pensate in relazione all’intera tensione emotiva e psicologica della cappella; di fatto non sembrano più porte, ma si collegano visivamente alla teoria delle tele. La cappella è chiusa in sé, abbandona il mondo, immerge in un universo ulteriore. Lo sguardo è come «inaspettatamente invischiato, intrappolato tra le presenze cieche e mute che sono i pannelli murali».

Il colore delle tele è tendente al viola scuro ed è cangiante a seconda della luce e dei momenti della giornata. Tutto appare nella cappella come lungamente studiato. Del resto l’artista aveva riprodotto la cappella nel suo studio, innalzando pareti di cartone di identiche misure, per poter lavorare nel concreto di un mimetico effetto visivo. Sembra che gli stessi committenti abbiano suggerito all’artista l’idea di una cappella ecumenica, ma l’opera nel suo complesso interpreta piuttosto un invito ad un viaggio personale, al di là di ogni confessione. Il nero dei suoi ultimi lavori, i vari Untitled del 1969, della serie Black on Gray, restituisce il senso di un mistero portato all’estremità del buio. È la zona alta dell’opera ad essere compatta, impetrabile. Il primo piano è di un grigio lievemente variegato, di un colore opalescente. Di chi, ormai distante dalle cose del mondo, sia sul confine della vita, pronto all’esodo. Questa condizione appare singolarmente segnata dal bordo del dipinto. Una sorta di cornice bianca chiude lo sguardo ed è una novità rispetto al passato, allorché i dipinti non avevano fine, continuavano anche sui bordi, annettevano lo spazio.

D’altra parte se tutta l’opera di Rothko si può interpretare come immersione ed esplorazione muta dell’oltre, come confronto tra il qui e l’altrove, nelle ultime opere questo confronto sembra perduto. Siamo ormai sulla soglia. Che l’oltre si presenti come mistero invisibile e inconosciuto, non toglie che il cammino risulti tracciato. È una condizione dell’anima che l’artista stigmatizza, certamente connessa con il suo stato psichico, non in senso depressivo, ma nella maturata convinzione di essere alla fine. È il silenzio di Dio che lo porta alla depressione? Quel buio così prossimo alla notte mistica narrata dai santi? È difficile dire. Il suo buio non è assenza, semmai presenza incombente, persino luminosa.
avvenire.it

Arte. Expo: da Leonardo a Giotto, 26 grandi mostre a Milano

Lo sposalizio della Vergine di Raffaello.
Dall'arte antica al tempo presente in un unico grande racconto. Sotto la voce 'Art' del palinsesto Expo in città 2015, che animerà la vita cittadina durante i sei mesi dell'evento, il Comune di Milano ha messo a punto un programma espositivo che abbraccia tutte le sedi di Palazzo Marino (Palazzo Reale, Pac, Palazzo della Ragione), gli spazi museali civici (Castello sforzesco, Museo del Novecento, Gam, Palazzo Morando, Palazzo Moriggia, Museo della Storia Naturale), ma anche la Pinacoteca di Brera che dedicherà un'esposizione multimediale al celebre 'Bacio' di Francesco Hayez e dal 6 ottobre ospiterà lo Sposalizio della Vergine del Perugino. Pietre miliari del programma espositivo, saranno le mostre dedicate a Giotto (dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 a Palazzo Reale) e, soprattutto, a Leonardo da Vinci.

Dal 15 aprile al 19 luglio, infatti, a Palazzo Reale sarà allestita la più grande esposizione mai ideata in Italia su tutta l'opera di Leonardo: in 12 sezioni, il percorso espositivo presenta opere del genio poliedrico - dipinti, disegni e manoscritti - provenienti da musei italiani e internazionali, mentre una serie di approfondimenti coinvolgerà i luoghi di Leonardo nel territorio urbano e lombardo. Sempre a Palazzo Reale, uno sguardo sugli ultimi 15 anni dell'arte italiana sarà offerto attraverso le opere dei dieci artisti vincitori del premio Furla, mentre un altro progetto, 'Arte lombarda dai Visconti agli Sforza', proporrà una panoramica sul fiorire delle arti durante le due dinastie, tra Trecento e Quattrocento.

La fotografia, invece, troverà casa al Pac con una mostra dedicata al lavoro di David Bailey (da marzo a giugno), a Palazzo Morando con un racconto della passione di Brassai per Parigi (da marzo a luglio) e a Palazzo della Ragione, prima con un'esplorazione dell'interpretazione dell'Italia data dagli scatti di fotografi italiani e internazionali (da marzo a settembre) e, a seguire, con un progetto dedicato a Edward Burtynsky. Il tema dell'Expo sarà al centro di una mostra interattiva, in programma fino al 28 giugno al Museo di Storia naturale, che indaga il mondo del cibo da un punto di vista scientifico ma con una forte componente ludico-gastronomica, analizzando i singoli elementi che arrivano ogni giorno nei nostri piatti. Sarà l'Africa, infine, la protagonista di un'esplosione al Museo delle Culture, mentre la Galleria di Arte Moderna presenterà la trasformazione del modo di fare scultura, con nuove tecniche e materiali, ad opera di Medardo Rosso con una selezione di 30 capolavori.
avvenire.it

Archeologia. Ercolano, i papiri si leggono... virtuali

Uno dei papiri di Ercolano, il cui contenuto è stato letto in modo virtuale, 
senza la necessità di srotolarlo.
Leggere i papiri di Ercolano è una missione che impegna tutte le branche della scienza: medicina, elettrotecnica, radiologia, filologia, fisica hanno da tempo stretto una sorta di sacro patto con l’archeologia per arrivare al cuore dei fogli che la valanga di fango e lava ha carbonizzato e chiusi strettamente. Una sfida che si protrae da decenni, mettendo alla prova ingegno e creatività, tecnologie e pazienza in un percorso che è avanzato al pari delle intuizioni e delle applicazioni di macchinari ideati per altro. Da Raimondo di Sansevero alla macchina srotolatrice dell’abate Antonio Piaggio, dalle università, ai musei di tutto il mondo alla Nasa. Culla è l’Officina dei Papiri 
ad Ercolano. 

E ora il progetto di recupero dei 450 papiri non letti si arricchisce di una nuova tappa. Ieri è stato presentato all’Università Federico II di Napoli un procedimento tra i più recenti e raffinati per poter srotolare, senza toccarli, e quindi leggere i papiri ercolanesi in maniera non invasiva: la tomografia a raggi X a contrasto di fase, utilizzata a Grenoble dall’Esrf (European Synchrotron Radiation Facility), la struttura europea per la luce di sincrotrone. Descritto su Nature Communications, il risultato si deve al gruppo coordinato dal fisico Vito Mocella, dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi (Imm) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Napoli, in collaborazione con i ricercatori del Centro nazionale delle ricerche scientifiche francese (Cnrs), dell’università tedesca Ludwig Maximilian e dell’Esrf. A rendere complicata la lettura, spiega Mocella, è l’inchiostro utilizzato, costituito prevalentemente da nerofumo la cui densità è praticamente identica a quella del foglio di papiro carbonizzato dall’eruzione, rendendo impossibile l’utilizzo di tecniche a raggi-X classiche. Il nuovo metodo utilizzato si è rivelato invece efficace per distinguere i due materiali. 

I 2 mila papiri rinvenuti ad Ercolano - sepolta con Pompei, Oplonti e Stabia dall’eruzione del Vesuvio del 24 agosto del 79 d.C. - sono ciò che rimane dell’unica biblioteca dell’antichità giunta a noi. Scambiati per pezzi di legno carbonizzato, alcuni furono usati come combustibile per riscaldare i condannati ai lavori forzati addetti agli scavi. Era l’ottobre del 1752 e l’opera di rinvenimento dell’antica città di Ercolano, voluta da Carlo di Borbone, era in atto da 14 anni. 

L’elegante Villa dei Papiri era una delle tante abitazioni patrizie di Ercolano affacciate sul mare. Apparteneva a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare ed acerrimo nemico di Cicerone, e fu un centro filosofico di rilievo legato al mondo epicureo. 
Gli esperimenti dell’èquipe di Mocella sono stati condotti su due papiri conservati a Parigi presso l’Institut de France. I bordi delle lettere, spiega Mocella, «deviano la luce e diventano leggibili nelle immagini ottenute». In questo modo «sono state individuate alcune parole e tutte le lettere dell’alfabeto greco che hanno consentito di avanzare delle ipotesi sia sul periodo dello scritto (I secolo avanti Cristo) che sull’autore: si tratterebbe di uno scritto dello stesso Filodemo e destinato alla scuola da lui fondata». 

La ricerca ha permesso di scoprire anche la 'ricetta' precisa dell’inchiostro usato nei papiri: acqua, gomma arabica e nerofumo. Individuare le percentuali esatte, sottolinea Mocella, sarà cruciale per migliorare la tecnica e calibrare l’energia del fascio di luce da usare. E, annuncia, in primavera saranno condotti altri test e saranno sviluppati nuovi algoritmi per l’analisi dei dati.
avvenire

Viaggi 2015, dove andare senza visto e quando, da Europa al Sud America si può risparmiare fino a 55%

Dall'Europa al Sud America, dall'Africa all'Asia viaggiare nel momento giusto fa risparmiare fino al 55%. E secondo l'Osservatorio trivago sono quasi 100 i paesi nei quali poter viaggiare senza il pensiero del visto o, in alcuni casi, del passaporto. Mete per tutti i gusti e tutti i budget, da raggiungere in poche ore di macchina o con voli intercontinentali. In alcuni casi si tratta di singoli mesi, per altri il periodo di "bassa stagione" è prolungato.


AFRICA - Alle Mauritius, il periodo economicamente più conveniente è giugno quando si spendono in media 172 euro a camera a notte, ben 44% in meno rispetto al mese più caro che è gennaio (307 euro in media). In Tunisia i periodi meno cari sono febbraio, ottobre e dicembre con una media di 89 euro in camera doppia, -36% rispetto al mese più caldo di agosto. Per l'Egitto si parte più "leggeri" a febbraio (73 euro) rispetto ad ottobre (113 euro) mentre in Sud Africa conviene andare a luglio (101 euro) piuttosto che dicembre (138 euro).

AMERICA CENTRALE - Nei paesi come Guatemala, Nicaragua, Panama, El Salvador e Costa Rica invece, il periodo meno costoso è agosto, mentre quello più caro varia da gennaio a giugno con un'eccezione per il Guatemala che risulta più caro del 18% a dicembre.
ASIA - In Corea del Sud i listini hotel più bassi si estendono da febbraio ad aprile, quando si può dormire a una media di 87 euro a notte, per poi raggiungere il picco di 105 euro a ottobre. La Thailandia e Hong Kong invece si mantengono bassi a giugno, rispettivamente con prezzi media di 62 euro e 119 euro, mentre la Malesia conviene a luglio (32 euro a persona a notte).

SUD AMERICA - Per viaggiare in questa parte del mondo basta portarsi dietro il passaporto, il visto consolare non è infatti necessario nella maggior parte dei paesi tra cui la Colombia, dove si può dormire a 45 euro a persona da aprile a luglio, anche se il periodo più economico per 6 nazioni su 10 è agosto.

CARAIBI - Questa parte del mondo è piena di isole paradisiache, molto quotate per le lune di miele o fughe romantiche. Tra le più famose le Barbados che offrono un risparmio del 42% se si sceglie di visitarle a settembre (167 euro) rispetto a marzo (287 euro), periodi che valgono anche per le Bahamas (170 euro contro 217 euro).

Gli Stati Uniti che richiedono soltanto l'Esta (Sistema elettronico per l'autorizzazione al viaggio) e dove il prezzo degli hotel varia dai 120 euro di gennaio ai 145 euro di ottobre e dicembre, o l'Oceania con la Nuova Zelanda economica a giugno-luglio e più cara a febbraio e novembre.

Sicuramente l'area più "tranquilla" dal punto di vista burocratico è l'Europa dove per viaggiare basta la carta d'identità e in qualche ora di macchina, treno o aereo si arriva un po' ovunque. Qui i prezzi sono molto variabili e arrivano anche a differenze del 55% come nel caso della Grecia che spazia dai 71 euro di febbraio ai 158 euro di agosto, il picco della stagione turistica, molto simile a Malta, Cipro, Portogallo o Montenegro.
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