Fantasmi, misteri: da Volterra a Monteriggioni. Visite guidate nei fine settimana di primavera ed estate nei “luoghi del mistero” della Toscana

Il Castello di Monteriggioni, nei luoghi del mistero in Toscana (foto: Galgano Associazione) 
Castelli 'infestati' da presenze inquiete, sotterranei maledetti, l'atmosfera nascosta dell'isola di Montecristo, abbazie con un passato leggendario: sono alcuni dei segreti toscani meglio custoditi e che ora possono essere scoperti anche da chi è alla ricerca di nuovi spunti di viaggio nella regione e vuole allontanarsi dagli itinerari più classici della Toscana.

Si tratta di visite guidate a metà fra storia e leggenda, fantasmi e misteri, organizzate tutti i fine settimana di primavera ed estate da Volterra a Monteriggioni nell'ambito del progetto "Mistery Tuscany" dell'associazione culturale Galgano di Siena in collaborazione con la Regione Toscana e con un tour operator senese. L'obiettivo, spiegano gli organizzatori, è quello di "recuperare il patrimonio di storie e leggende regionali per divulgarlo in Italia e all'estero su diversi media". Il progetto è infatti di ampio respiro. Avviato un paio d'anni fa con una docufiction intitolata "Mistery Tuscany", ribattezzata travel drama dalla casa di produzione, si è partiti con il videoracconto di leggende e segreti di dodici luoghi di Toscana. Poi la narrazione è passata sull'iPhone con un'applicazione dedicata, un sito web e da aprile anche con le prime visite guidate non più solo virtuali.

L'itinerario, che si svolge nell'arco di una giornata il venerdì o la domenica, parte da Volterra, in provincia di Pisa, sulla scia delle formule magiche usate dalle streghe. Borgo di origine etrusca, la città si svela in questo caso nel suo rapporto con i rituali antichi, tanto che fra le sue strade esiste anche la Via delle Streghe. Poi si prosegue verso Chiusdino (Siena) seguendo le gesta del cavaliere, poi divenuto santo, Galgano Guidotti e della sua spada nella roccia, conservata da otto secoli nella Rotonda di Montesiepi. Tappa anche alla vicina abbazia, dal tetto scoperchiato. Una sosta particolarmente suggestiva per i fan di re Artù e gli appassionati di storia. Tappa finale Monteriggioni, dove pare aleggi il lamento dello spirito del capitano Giovannino Zeti, protagonista di un fatto storico cruciale che ha segnato la fine dell'epoca comunale.

Informazioni su www.mysterytuscany.it.

ansa 22 Aprile 2012 ore 06:07

Giardini segreti in città. Alla ricerca delle oasi verdi metropolitane

(di Marzia Giglioli)

Giardini e l’immaginario: dall’Eden a Babilonia, ma anche grandi palcoscenici nati dai capricci dei re. Intimisti o spettacolari, oppure essenziali come i Giardini dei Semplici,chiusi nei chiostri monacali. Ma anche oasi metropolitane, dove è possibile illudersi che il traffico e l’affollamento siano davvero lontani; mentre l’ultima sfida dei design, sono i Giardini Verticali, per ridare alle città un nuovo volto green, come sta dimostrando uno dei maestri di queste ‘giungle urbane’, l’artista botanico Patric Blanc che ricopre di verde le facciate dei musei e dei palazzi. http://www.verticalgardenpatrickblanc.com/

Ma il giardino è soprattutto un luogo e uno stato d’animo, che diventa zen quando si cerca l’essenziale ma che può anche ingannare la mente come succede nei giardini labirinto. E poi ci sono i Giardini segreti, luoghi appartati che si trovano anche in città per chi sa cercare e che rimangono magicamente intatti.

A Milano c’è Villa Invernizzi
in Via Cappuccini 3 a due passi dal Duomo. E’ conosciuta anche come “giardino dei fenicotteri“. E’ una vera oasi dove i fenicotteri sembrano irreali, creature rosa in questo luogo inaccessibile che fu dimora di uno dei più grandi industriali degli anni ’60. In via Mozart 14 c’è invece Villa Necchi Campiglio, una residenza degli anni Trenta, con il suo giardino magnifico, il suo orto in città, alberi da frutto e una magnolia secolare.La villa fu costruita tra il 1932 e il 1935 per il nucleo familiare composto da Angelo Campiglio, sua moglie Gigina Necchi e sua cognata Nedda. Il mondo dei Necchi Campiglio è quello dell’alta borghesia industriale lombarda e la villa ne è il simbolo, ne esalta quell’eleganza compatta, colta senza eccessi. La Villa oggi del Fai ospita la Collezione Alighiero ed Emilietta de’ Micheli e, al piano terra, la Collezione Claudia Gian Ferrari di opere italiane del XX secolo. http://www.fondoambiente.it/beni/casa-necchi-campiglio-beni-del-fai.asp

Giardini segreti anche a Roma, e scoperte zen. Ora che i ciliegi sono in fiore, si può visitare il giardino dell’Istituto Giapponese di Cultura in Via Gramsci che apre al pubblico con visite guidate fino al 26 maggio tutti i venerdì (15-17) e i sabato (10-12) Il giardino è stato realizzato dal noto architetto Ken Nakajima, che ha curato anche il progetto per l’area giapponese all’Orto Botanico di Roma. Si ritrovano tutti gli elementi essenziali e tradizionali del giardino sen’en ( il giardino con il piccolo lago) e si cammina in silenzio tra ciliegi, iris, glicini e pini nani. http://www.jfroma.it/
Non troppo conosciuti, nemmeno dai romani, i giardini di Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia http://www.villamedici.it con la sua storia e la sua collezione di opere d'arte. A due passi dalla Scalinata di Trinità dei Monti c’è questo magnifico giardino racchiuso tra mura altissime con la sua loggia, emblema della Villa e l’atelier del bosco, ritratto in un celeberrimo quadro di Velasquez . Si ammira all’interno il gruppo dei Niobidi, copia in gesso degli originali antichi voluta da Balthus. La passeggiata si conclude con uno straordinario panorama sulla città dal Belvedere che è uno dei punti più belli per ammirare Roma e i suoi tetti

 Altro gioiello francese il Giardino di Villa Strohlfern che si estende in un’area di Villa Borghese con vista su Piazza Del Popolo. Un ambiente così ricco di stimoli e di bellezza da diventare il rifugio di molti scrittori, artisti e intellettuali. La Villa, costruita e voluta dal mecenate tedesco da cui prende il nome, aveva dedicato alle arti alcuni padiglioni della sua residenza. In questi laboratori soggiornarono tra gli altri il poeta Rainer Maria Rilke, l’allieva di Rodin Clara Westhoff, Matilde Serao, i fratelli Bragaglia. Ma la parte più interessante è lo Studio n.12 che ospitò Francesco Trombadori e che racchiude memorie intense custodite da sua figlia Donatella che è presidente dell’Associazione Amici di Villa Strohlfern e che è anche la vestale culturale di tanti ricordi. La villa che da Piazzale Flaminio corre in alto lungo la via Flaminia fino quasi alle Belle Art,i risale confinando con Villa Borghese; ha tre ingressi: uno su via di Villa Ruffo (Piazzale Flaminio), il secondo sul Piazzale di Villa Giulia e sulla Villa Borghese il terzo. Da molti anni ospita la Scuola Francese e il liceo Chateaubriand. Inizia proprio sabato la serie di visite guidate a cura del Comune di Roma ( chiamare 060608)

.Intanto in questi giorni al Casino di Principi di Villa Torlonia è in corso la mostra ‘Artisti a Villa Strohl-Fern’ che racconta appunto dei suoi ospiti eccellenti e che durerà fino al 17 giugno A Villa Borghese, adiacenti al Casino Nobile, protetti da muri e da fitti alberi di agrumi, ci sono tre Giardini Segreti, recuperati secondo l’originale seicentesco che li aveva destinati ad essere rifugio esclusivo del principe. Ma tra i giardini segreti di Roma c’è ne è uno che veramente non si immaginerebbe mai di trovare, ed è l’orto che si nasconde dietro il sagrato della Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, curato dai monaci cistercensi. Esiste da più di 500 anni ed è bellissimo, profumi di lavanda e di rose, sulle mura crescono i capperi ed è un trionfo di alberi di agrumi. Purtroppo non è visitabile, è stato chiuso da un anno; si può ammirarne solo il cancello di ferro opera di Jannis Kounellis. Era una meta splendida e si poteva acquistare la frutta dai monaci.

Spazi verdi nascosti e giardini segreti anche a Venezia, rinchiusi in piccoli spazi, che si schiudono con piante e fiori spesso arrampicati sulle antiche mura. Nel XVI secolo se ne contavano più di duecento di giardini tra la città e le isole, famosi per la loro straordinaria bellezza con fontane, piante rare e corsi d'acqua, come il giardino posto sul tetto del palazzo del segretario e cavaliere della Repubblica Simeone Santo a San Gregorio. Oggi ne sono rimasti pochi, ma si possono ancora scoprire, seguendo la mappa tracciata dal Wigwam Club Giardini Storici Venezia, frutto di un lavoro attento e paziente per salvaguardare questi angoli preziosi. Sono circa un centinaio i giardini veneziani e fanno parte di antichi conventi, di dimore nobiliari o di piccoli orti sparsi qua e là nella città che conservano la poesia di una Venezia nascosta al grande turismo. Una sosta a Ca’ Zenobio alla Giudecca fa scoprire anche il giardino di una signora svizzera ricavato dai terreni di una vecchia fornace. Qui si possono ammirare 50 varietà di narcisi, 60 tipi di clematidi e 100 piante di rose antiche. E lontano dalla folla si scoprono i giardini dei chiostri, con i fiori e i loro significati simbolici con il giglio simbolo di purezza, le violette simbolo di modestia e l’olivo simbolo di pace. Gli orti del Redentore si trovano dietro l'omonima chiesa e sono gestiti dall'Ordine dei Frati Cappuccini. In un ettaro di terreno si ritrovano viti e ulivi da cui i frati producono ancora vino e olio, e poi ci sono meli, peschi, e nelle aiuole si coltivano gli ortaggi. Un boschetto di olmi, cipressi e lecci caratterizza il vicino giardino affacciato sulla laguna. Nel sestiere di Castello, in una zona non molto frequentata dai turisti, sorge San Francesco della Vigna, un'oasi verde e silenziosa gestita dall'Ordine dei Frati Minori. La vigna fu donata ai Frati nel 1253 da Marco Ziani, figlio del doge Pietro. Oggi è un orto di clausura e conserva le caratteristiche della tradizione grazie la lavoro dei frati. (I Giardini Veneziani" di Mariagrazia Dammicco, Gabriella Bondi, Letizia Querenghi) C’è poi c’è la suggestione del giardino Scarpa della Fondazione Querini Stampalia, uno spazio apparentemente angusto che rappresenta proprio la sfida di Scarpa che sfruttò al massimo le potenzialità di un’area così piccola, creando un giardino di estrema raffinatezza che è il prolungamento del portico del palazzo e che oggi è uno dei tesori verdi di Venezia. http://www.querinistampalia.it/scarpa/index.html. E poi ci sono giardini e gli orti delle isole come San Francesco del Deserto, Sant’Erasmo, San Lazzaro degli Armeni e i giardini liberty del Lido. www.giardini-venezia.it

Cercando fuori dall’Italia, Hotels.com ha stilato una lista dei giardini segreti in varie città del mondo.Ad Amsterdam c’è il giardino Rijksmuseum, in Jan Luijkenstraat 1 con una grande varietà di fiori, fontane, serre e piccoli padiglioni e sparse nel giardino, alcune particolarissime sculture.
A Praga si scopre Il Giardino dei Francescani (Františkánská zahrada) a Jungmannovo Náměstí. A pochi passi da Piazza San Venceslao, si trova questo gioiello botanico quasi sconosciuto. Nato come corte conventuale per coltivare le erbe medicinali è oggi una vera oasi che contrasta con il clamore della città con le sue panchine circondate da cespugli di rose e piante rampicanti
A Stoccolma, ci si può riparare nel Rosendal’s Garden sull’Isola Djurgarden . Ogni pianta è rigorosamente coltivata con metodi naturali, si assaggiano frutti senza essere multati e si passeggia tra centinaia di varietà di rose, erbe aromatiche e agrumi provenienti da tutto il mondo.
A maggio a Boston, si cammina tra i giardini privati del quartiere di Beacon Hill e il “Beacon Hill Garden Club” organizza dal 1920 tutti i terzi giovedì del mese, un curioso tour tra alcuni dei più bei giardini privati selezionati tra quelli dei suoi 60 soci alla scoperta delle rose più belle.
  A ROMA IL CONCORSO DELLE ROSE Seguendo l’itinerario dei fiori e dei giardini, a Roma appuntamento con le rose al Roseto, ai piedi dell’Aventino, in uno dei luoghi più belli della città con vista sul Circo Massimo. A maggio sbocciano 1.100 specie di rose ed è un trionfo di colori. Il giardino apre il 28 aprile e ospiterà come ogni anno il Concorso Internazionale per incoronare le rose più belle. L’evento attira appassionati e botanici da tutto il mondo e si terrà il 19 maggio, mentre l’area delle rose speciali con la rosa vincitrice verrà aperta al pubblico il 20 maggio
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22 Aprile 2012 ore 05:59

Da venerdì 11 a domenica 13 maggio si inaugura a Reggio Emilia la settima edizione di Fotografia Europea: conferenze, incontri, workshop, proiezioni, installazioni video e spettacoli

Fotografia Europea 2012

VITA COMUNE IMMAGINI PER LA CITTADINANZA
Da venerdì 11 a domenica 13 maggio si inaugura a Reggio Emilia
la settima edizione di Fotografia Europea: conferenze, incontri, workshop, proiezioni, installazioni video e spettacoli affiancano l’offerta espositiva dislocata
in oltre 250 sedi istituzionali e altri luoghi cittadini.
Cuore della rassegna, che quest’anno ha scelto come tema chiave la vita comune,
l’omaggio al grande fotografo Henri Cartier-Bresson.
Le mostre proseguono fino a domenica 24 giugno
Preview per la stampa giovedì 10 maggio ore 11.00 da Palazzo Casotti
Inaugurazione  venerdì 11 maggio ore 17.30 Chiostri di San Pietro
L’esplorazione della vita comune – nella sua accezione più ampia, trasversale e sorprendente – è al centro della settima edizione di Fotografia Europea. Promossa dal Comune di Reggio Emilia e ormai punto di riferimento nel panorama nazionale e internazionale degli appuntamenti di fotografia, la rassegna ripropone la formula ormai collaudata delle giornate inaugurali. Da venerdì 11 a domenica 13 maggio, il vernissage delle mostre e installazioni della rassegna è accompagnato da un fitto programma di conferenze, workshop, letture, incontri e spettacoli.
Il tema conduttore “Vita comune: immagini per la cittadinanza” viene declinato attraverso quattro prospettive diverse, quattro percorsi, quattro interpretazioni, quattro suggestioni. La vita comune è così raccontata:
-attraverso il suo incessante cambiamento (con un programma di mostre di Costas Ordolis, Igor Mukhin, Michi Suzuki oltre a Des Européens, la straordinaria raccolta di scatti di Henri Cartier-Bresson sull’Europa dal 1929 al 1991);
-tracciando la mappa dei luoghi comuni della convivenza (dalle immense e mutanti metropoli di Peter Bialobrzeski alle spiagge come centri di aggregazione di Massimo Vitali, dall’Italia del Dopoguerra immortalata da Federico Patellani alla città simbolo Istanbul raccontata da Paola De Pietri);
-inseguendo il richiamo della partecipazione (individuale, come quella dello storico reportage sulla guerra franco-algerina di Pierre Bourdieu, e collettiva, come quella del gruppo IRWIN);
-sfidando le convenzioni e celebrando le differenze (dalle opere di artisti che hanno raccontato il lato proibito delle grandi città europee del Ventesimo secolo come Ed van der Elsken, Christer Strömholm, Anders Petersen, Lisetta Carmi, alla frizzante energia sprigionata nella “swinging London” degli anni ’60, protagonista delle fotografie di Philip Townsend, alle nuove traiettorie tracciate dalle giovani generazioni di artisti europei).
Se le mostre rendono Reggio Emilia un’immensa e ramificata galleria fotografica, con numerose location coinvolte per oltre un mese (dai Chiostri di San Pietro e San Domenico alla Galleria Parmeggiani, da Palazzo Casotti ai Musei Civici, dallo Spazio Gerra alla Sinagoga), sono i numerosi appuntamenti delle tre giornate inaugurali, da venerdì 11 a domenica 13 maggio, ad alzare il sipario sulla rassegna. Un programma di conferenze, incontri ed eventi dal vivo con cui Fotografia Europea propone un approccio multidisciplinare nel quale i protagonisti del mondo dell’arte e della cultura si incontrano e confrontano.
Completano il programma una serie di iniziative collaterali, tra cui workshop, seminari, letture porfolio, laboratori, mostre-mercato e gli oltre 300 appuntamenti del citato Circuito Off tradizionale percorso alternativo al programma ufficiale della rassegna.
Fotografia Europea è organizzata dal Comune di Reggio Emilia con l’apporto di numerosi curatori. Oltre alle consolidate partecipazioni di Elio Grazioli, Laura Serani e Walter Guadagnini, quest’anno si aggiungono Julia Draganović, Claudia Löffelholz, Contrasto/Magnum Photos/ Fondation Henri Cartier-Bresson, Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi, Aurélien Arbet e Jérémie Egry, Daniele De Luigi, Christine Frisinghelli (Camera Austria) e Franz Schultheis (Fondation Pierre Bourdieu, Ginevra), Andrea Rapini.
LE MOSTRE
Prospettive di vita comune: il cambiamento
Come eravamo? Cosa è rimasto? Cosa siamo diventati? Possibili risposte a queste domande scorrono in Des Européens (a cura di Contrasto, Magnum Photos e Fondation Henri Cartier-Bresson), la mostra allestita ai Chiostri di San Domenico che raccoglie gli scatti realizzati tra il 1929 e il 1991 dal grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson. Una carrellata di sguardi sull’Europa del ventesimo secolo, catturati nel corso di numerosi viaggi, dall’artista unanimemente considerato tra i padri del fotogiornalismo. Tutte in bianco e nero, le fotografie ritraggono il continente, i suoi paesaggi, i suoi abitanti, tra gioie e tribolazioni, in momenti e fasi storiche diverse (la prima versione della raccolta fu pubblicata nel 1955) evidenziando le profonde differenze, ma anche le notevoli similitudini tra i vari paesi attraversati e i tanti personaggi incontrati. Una mostra in cui – parole dello storico d’arte Jean Clair – Cartier-Bresson è “pellegrino appassionato”, che “seguendo il battito di un cuore avventuroso, palpitante, ritorna sempre alla sua Europa fatta di antiche mura”.
Oggi, sotto i nostri occhi, quell’Europa continua a cambiare, a scuotersi, a ridefinire territori e composizione, in un processo di perenne mutazione che viene confermato dal lavoro di altri ospiti di Fotografia Europea. Come i tre artisti, proposti da Elio Grazioli, che in altrettante esposizioni allestite ai Chiostri di San Pietro, mostrano il risultato del loro confronto con comunità in rapida trasformazione, sotto pressioni sociali e culturali, politiche ed economiche. C’è la Grecia di Costas Ordolis, protagonista sulle prime pagine della stampa internazionale, raccontata attraverso uno sguardo drammatico e lirico che scava nelle profondità della sua crisi sociale. C’è la Russia di Igor Mukhin, vista dall’interno, concentrando lo sguardo sulla dimensione giovanile. E c’è l’Italia di Michi Suzuki, giapponese naturalizzata, che ne insegue il nuovo volto cosmopolita, ibrido, multietnico attraverso le immagini dei figli di coppie miste.
Spesso, il cambiamento deriva dalla ribellione, dalla provocazione, dalla trasgressione. Ruggisce e si diffonde grazie ai movimenti artistici giovanili. Come quello rappresentato ai Chiostri di San Pietro dai tredici graffitisti, le cui opere sono fotografate e riunite nel progetto Like Lipstick Traces, a cura di Aurélien Arbet e Jérémie Egry. L’ispirazione arriva da Lipstick Traces di Greil Marcus (Tracce di rossetto, Odoya), celebre saggio sui movimenti alternativi del Ventesimo secolo, dal dadaismo al punk. Like Lipstick Traces vuole esserne un simbolico capitolo aggiuntivo, nonché la dichiarazione e dimostrazione di come anche il graffitismo sia riuscito a lasciare tracce indelebili nella storia dell’arte e della società moderna.
Prospettive di vita comune: i luoghi comuni
Non stereotipi ma luoghi reali, concreti, fatti di terra, cemento, vetro e mattoni. Città, palazzi, abitazioni, appartamenti, orizzonti del territorio, grattacieli che si proiettano verso l’alto e periferie che si espandono in senso orizzontale, luoghi del vivere e del convivere. Come quelli raccolti in È nata la Repubblica… di Federico Patellani (a cura di Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi), maestro del reportage, attento osservatore dell’Italia del dopoguerra, della ricostruzione, della ripresa. Una mostra, promossa insieme al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo e con la collaborazione della Regione Lombardia, ospitata presso i Chiostri di San Pietro che ci racconta come eravamo, tra sacrifici ed entusiasmi, quotidianità e straordinarietà, esplorazione del presente e costruzione del futuro.
Osservatorio di fenomeni attuali, testimonianze di disgregazione e di stravolgimento del tessuto urbano, sono le metropoli protagoniste del progetto Urban Changing del fotografo tedesco Peter Bialobrzeski (allestito nella Sinagoga di Reggio Emilia) che da oltre vent’anni in maniera sistematica documenta e interpreta la trasformazione del paesaggio urbano. Il suo modo di fotografare le città, spesso inabitate, ne esalta le dimensioni e le caratteristiche, ne sottolinea le banalità apparenti e le contraddizioni celate creando un universo di spaventosa bellezza. Mentre gli scatti di Massimo Vitali, fotografo italiano tra i più affermati sulla scena artistica internazionale, esposti ai Chiostri di San Pietro, vanno a scavare negli usi e nelle tradizioni della vita comune, inseguendo un’idea di appartenenza attraverso le immagini di spiagge, luoghi culturalmente codificati come centri di aggregazione. Sono ritratti di gruppo contestualizzati, dove in una sorta di sociologia del paesaggio, su fondo di decori naturali, scene di ordinaria quotidianità illustrano comportamenti di spaccati di società e assurgono a paradigmi. Entrambe le mostre sono a cura di Laura Serani.
Una metropoli in particolare, Istanbul, è l’oggetto di una nuova produzione di Paola De Pietri, realizzata appositamente per Fotografia Europea, in mostra sempre ai Chiostri di San Pietro. Una città complessa, simbolo dell’incontro tra culture e civiltà, punto di contatto e intersezione tra Oriente e Occidente, che l’artista reggiana trasforma in terreno d’analisi di temi legati alle nuove comunità, agli spazi in trasformazione, alle nuove regole di convivenza dettate dai cambiamenti economici e sociali. Dalla vicina Parma, infine, arriva Lucio Rossi il vincitore del concorso Off dell’edizione 2011 di Fotografia Europea, promosso quest’anno nel circuito ufficiale del festival.
Prospettive di vita comune: la partecipazione
Se la società del terzo millennio è solcata dal vento della partecipazione, che soffia sotto la spinta dei movimenti giovanili tanto nelle piazze delle grandi città quanto nelle arene digitali dei social network, anche l’arte viene sempre più coinvolta da simili dinamiche. Dove la partecipazione diventa sinonimo di impegno – individuale e/o collettivo – ai fini di una più profonda comprensione della vita comune. Fotografia Europea affronta questo tema partendo da lontano, dalle esperienze del sociologo, antropologo e filosofo Pierre Bourdieu, che alla fine degli anni Cinquanta condusse due inchieste nel terribile scenario della guerra franco-algerina: nei centri urbani, dove si ammassavano il sottoproletariato e i contadini sradicati dai campi, e nei centres de régroupements, dove erano internati milioni di civili. Osservatore partecipante, Bourdieu utilizzò ogni strumento a sua disposizione: dai questionari alle fotografie. Una traccia di quella intensa esperienza di documentazione è nella mostra In Algeria. Testimonianze dello sradicamento, allestita ai Musei Civici, a cura di Christine Frisinghelli (Camera Austria) e Franz Schultheis (Fondation Pierre Bourdieu, Ginevra). Grazie a un progetto dello storico Andrea Rapini (Università di Modena e Reggio Emilia), le foto si possono apprezzare per la prima volta in Italia.
É invece una partecipazione collettiva quella di IRWIN, il gruppo di artisti sloveni protagonisti della mostra NSK State in Time (a cura di Julia Draganović), ospitata a Palazzo della Frumentaria. Movimento atipico, braccio “visivo” del più grande Neue Slowenische Kunst (“Nuova arte slovena”: collettivo militante fondato nel 1984 e impegnato anche nella musica, nel teatro, nel cinema, dal 1992 trasformato in una nazione (NSK State in Time), un’entità sopranazionale slegata da limiti geografici e fondata sulla libera adesione dei cittadini. IRWIN va a caccia delle contraddizioni e dei paradossi della società odierna, affrontando le possibili declinazioni dell’idea di democrazia, in un momento in cui la sua validità sembra messa in discussione.
La trasversalità e multidisciplinarietà della sezione è confermata da Io, tu, noi e gli altri, esposizione collettiva di video a cura di Julia Draganović e Claudia Löffelholz (LaRete Art PRojects), nella quale gli artisti Yael Bartana, Sylvie Blocher, Nathalie Djurberg, Charlotte Ginsborg, Niklas Goldbach, Vlatka Horvat, Julia Kul, Bjørn Melhus, Valerio Rocco Orlando, Jani Ruscica, Sislej Xhafa provano a rispondere – a volte mettendole ulteriormente in questione – alle grandi domande sulla comunità. Come si crea? Chi vi appartiene? Quali sono i meccanismi di inclusione ed esclusione? Un tentativo dell’arte di affrontare temi a cui la stessa sociologia contemporanea riesce ad avvicinarsi solo con teorie incompiute ed eterogenee.
Una partecipazione collettiva diversa, che nasce dal territorio, è all’origine di Speciale diciotto venticinque, progetto inedito di Fotografia Europea dedicato ai giovani dai 18 ai 25 anni, in mostra nei Chiostri di San Pietro. Per diverse settimane, tre professionisti originari di Reggio Emilia (Alessandro Bartoli, Fabio Boni e Fabrizio Cicconi) hanno incontrato e guidato un gruppo di ragazzi provenienti dalla città e dalla provincia in un viaggio all’interno della comunità, raccontata attraverso il loro sguardo. Il percorso/laboratorio si conclude con un’esposizione collettiva. Sono infine i temi dell’integrazione e dell’immigrazione al centro di un’altra mostra collettiva, curata dall’agenzia Contrasto e presentata ai Chiostri di San Pietro. Un lungo viaggio da Nord a Sud per mostrare le storie dei protagonisti dell’Italia del futuro con le immagini di Tommaso Bonaventura, Francesco Cocco, Nicolò Degiorgis, Salvatore Esposito, Elena Givone, Alessandro Imbriaco, Francesca Leonardi, Martino Lombezzi, Emiliano Mancuso, Lorenzo Pesce, Gabriele Rossi, Riccardo Venturi, Antonio Zambardino.
Prospettive di vita comune: differentemente comune
Ritratti di comunità alternative, un modo ribelle e anticonformista, dissonante e divergente, di interpretare il vivere comune. A cominciare da Walk on the Wild Side, progetto espositivo allestito a Palazzo Casotti e curato da Walter Guadagnini che raccoglie opere di quattro protagonisti assoluti della fotografia europea del dopoguerra: artisti che hanno raccontato il lato più nascosto, selvaggio, proibito delle grandi città europee della seconda metà del Ventesimo secolo. La Parigi eccentrica e provocatoria che emerge dagli scatti dell’olandese Ed van der Elsken e dello svedese Christer Strömholm, i bar della Amburgo degli anni Settanta, protagonisti del progetto “Café Lehmitz” dello svedese Anders Petersen, il primo quartiere delle “graziose” della Genova degli anni Sessanta, esplorato dalla genovese Lisetta Carmi.
Traversando la Manica, ecco risplendere la Swinging London, stella polare degli anni ’60, capitale del cool e culla della controcultura giovanile. Con la sua moda, la sua musica e il suo showbiz, in quel decennio Londra conquistò l’immaginario collettivo del pianeta. A Fotografia Europea , nello Spazio Gerra, torna a vivere grazie a Mixter Sixties, una straordinaria collezione del suo fotoreporter per antonomasia, Philip Townsend, recuperata solo nel 2004 e presentata per la prima volta in Italia. Una mostra in cui – dai Beatles ai Rolling Stones, da Twiggy a Nico, da Maria Callas a Winston Churchill – sfilano tutti i protagonisti che abitarono e animarono la metropoli inglese in quegli anni, contribuendo ad alimentare una stagione che avrebbe influenzato la società, la cultura e l’arte dei decenni a venire.
Non erano ancora nate, all’epoca della Swinging London, le giovani sorelle francesi Alexa e Irène Brunet, titolari del progetto Habitants atypiques, esposto a Villa Zironi, anche questo inedito in Italia. Una ricerca durata quattro anni, inseguendo persone – singoli individui, coppie, gruppi – che hanno deciso di sperimentare un altro modo di abitare, lontane dalle grandi città, fino a mettere in discussione il funzionamento stesso della società. Ritratti poetici, con le immagini di Alexa e i testi di Irène, nei quali il reale si mescola con l’immaginario.
Dissonante e divergente è infine anche lo sguardo di Seba Kurtis e Marco Bolognesi, rappresentanti di una nuova generazione di artisti – trasversali, nomadi, cosmopoliti –, entrambi originari di paesi caldi e latini, ma trasferitisi in Inghilterra. L’argentino Kurtis a Manchester, cuore e teatro di Thicker Than Water, il lavoro sul territorio urbano e sui suoi abitanti, proposto a Reggio Emilia sotto forma di installazione (a cura di Daniele De Luigi). L’italiano Bolognesi a Londra, dove è nata Humanescape, esposizione in cui la fotografia viene abbinata a tecniche di pittura e collage, ribaltandone i cliché. Entrambe le mostre sono ospitate nella galleria Parmeggiani.
LE ALTRE INIZIATIVE
Oltre ai quattro percorsi sulle diverse declinazioni della vita comune, Fotografia Europea propone una serie di appuntamenti che – muovendosi in modo indipendente e trasversale rispetto al tema principale della rassegna – ne rendono il programma ancora più ricco ed eterogeneo.
Mostre
Un’idea e un progetto. Luigi Ghirri e l’attività curatoriale è l’omaggio della Fototeca della Biblioteca Panizzi al grande fotografo reggiano scomparso nel 1992. Una mostra inedita, documentale (a cura di Laura Gasparini in collaborazione con Adele Ghirri e con l’introduzione di Quentin Bajac), dedicata in particolare alla sua attività di curatore e promotore di iniziative culturali legate al mondo della fotografia. L’identità femminile è il tema dell’esposizione Dalla parte delle donne, a cura di Federica Bianconi e Chiara Canali, che riunisce le ricerche artistiche e performative di venticinque artiste italiane e straniere, tra cui Marina Abramovic, Elina Brotherus, Sissi, Francesca Grilli e Marinella Senatore, la cui ricerca si focalizza sul tema dell’azione sociale e dell’impegno politico nella comunità, in rapporto con la vita della famiglia e della cittadinanza, del privato e del pubblico. Si muove invece lungo il cammino della storia La pace impossibile. Dalle fotografie di guerra ai paesaggi 1958-2011, raccolta di 160 scatti di Don McCullin, uno dei miti della fotografia del Novecento, testimone di molti dei conflitti e delle tragedie umanitarie che hanno connotato la seconda metà del secolo da poco concluso. Dalla costruzione del muro di Berlino alla guerra del Vietnam, dalla carestia del Biafra ai conflitti in Libano e Irlanda del Nord, fino alle immagini di quiete e serenità notturna delle campagne circostanti la sua abitazione, un percorso di enorme potenza espressiva, proposto dai curatori Sandro Parmiggiani e Robert Pledge.
Portfolio Europa
Con Portfolio Europa – International Portfolio Review, Fotografia Europea s’inserisce nel circuito internazionale di letture portfolio di cui fanno parte i più importanti festival fotografici europei come Photo España, i Rencontres d’Arles, e il Month of Photography di Bratislava. A cura di Gigliola Foschi, in collaborazione con FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) e InSide Professional Training, Portfolio Europa ospiterà Alejandro Castellote, curatore indipendente di Madrid, Nina Kassianou, direttore artistico della M55 projects Gallery di Atene (Grecia),Rui Prata, direttore del Festival Encontros da Imagem di Braga(Portogallo),Vaclav Macek, direttore del Month of Photography di Bratislava (Slovacchia), coinvolti insieme ad altri critici e curatori come Alessandro Bartoli, Kitty Bolognesi, Fabio Boni, Fabrizio Cicconi, Denis Curti, Daniele De Luigi, Fulvio Merlak e Silvana Turzio in un programma di letture (nelle giornate di sabato 12 e domenica 13, alla Biblioteca Panizzi, su prenotazione) che offre un’occasione di confronto a fotografi professionisti e appassionati. Sempre nell’ambito del progetto sono previsti una conferenza e un concorso di portfolio.
Seminari/Workshop/Laboratori
Un altro oggetto, il disco musicale, è al centro di Photo Cover. Mostra-mercato del disco vintage, in piazza Fontanesi sabato 12 maggio (a cura di 8ball Agency). Sempre nel weekend di apertura, Fotografia Europea propone seminari e workshop di approfondimento e formazione rivolti a fotografi professionisti, grafici, operatori della comunicazione (a cura dell’associazione Don’t Be Blind, di InSide Professional Training, di Fotografia Professionale.it)
Il circuito Off
Si rinnova l’appuntamento con la sezione libera, indipendente e autonoma di Fotografia Europea, il circuito Off, che affianca i percorsi istituzionali con una programma ancora più ricco dell’ edizione dell’anno scorso: oltre 300 tra esposizioni, mostre e installazioni distribuite sul territorio cittadino e provinciale, (tra sale civiche, circoli, associazioni, gallerie d’arte, bar, ristoranti, librerie, negozi, appartamenti)  e il web attraverso il sito di Fotografia Europea. Confermato anche il concorso Off, che quest’anno si concluderà con uno speciale show in piazza Martiri 7 luglio.
Il catalogo
Un’ampia selezione di opere in mostra nel circuito ufficiale di Fotografia Europea è presente – insieme ai saggi dei curatori, ai contributi dei critici che collaborano alla settima edizione e ai testi di importanti personalità del panorama intellettuale nazionale e internazionale – nel catalogo, pubblicato da Electa.
I principali eventi saranno disponibili in streaming sul sito www.fotografiaeuropea.it
UFFICIO STAMPA
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Nove giorni di arte gratis. Da oggi fino al 22 aprile con Settimana della cultura

Il teatro Regio di Torino aderisce alla Settimana della Cultura 
Nove giorni di arte gratis. Torna dal 14 al 22 aprile in tutta Italia la Settimana della Cultura, manifestazione promossa dal Ministero per i beni culturali  che quest'anno giunge alla sua 14/esima edizione.  Per la prima volta il Colosseo, e la sua area archeologica, da sempre il monumento più gettonato, non aderiscono all'iniziativa e rimarranno a pagamento ( 12 euro il biglietto di ingresso integrato valido per due giorni).


Una maratona di aperture gratuite di tutto il patrimonio statale , tra musei, monumenti aree archeologiche , gallerie , palazzi storici, ma anche ville archivi e biblioteche su tutto il territorio nazionale. A questo si aggiungono quasi 3500 eventi , concentrati in questa settimana tra concerti, laboratori didattici e permomance artistiche.
Largo quindi alle altre occasioni, tantissime, in tutta Italia, che coinvolgono i circa 450 tra monumenti e siti gestiti dallo Stato. A Roma, per esempio, si potra' liberamente accedere allo straordinario complesso della Crypta Balbi, il nuovo allestimento di statuaria antica a  Palazzo Massimo, fino alla celebre sala da pranzo dell'imperatrice Livia.
Eccezionalmente  sempre nella Capitale porte aperte anche nei depositi del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, allestiti nel 1900, dove vi sono custoditi piu' di cinquemila oggetti tra argenti, avori, vetri e porcellane. Salendo piu' su di  Roma, spicca a Torino il Teatro Regio. Un pezzo di storia a Ferrara si puo' scoprire nel Quadrivio rossettiano , a due passi dal palzzo dei Diamanti . A Firenze , Palazzo Vecchia offre visite guidate per scoprire la storia di Firenze e delle sue famiglie.

Le attese del ministero sono positive, "nonostante la recessione la domanda di cultura cresce", fa notare il direttore per la valorizzazione Mario Resca. Un focus particolare sarà dedicato a giovani e formazione: con 'Benvenuti al museo', iniziativa che per il secondo anno coinvolgerà 1650 studenti tra i 16 e i 19 anni, insieme con 150 docenti da più 65 istituti di tutta Italia. Per nove giorni, in 50 musei, i ragazzi si occuperanno dell'accoglienza e dell'orientamento dei visitatori. Il programma completo dell'iniziativa è sul sito del ministero (www.beniculturali.it) e sull'applicazione per smartphone "iMiBAC top40.
ansa
14 Aprile 2012 ore 06:06

Francoforte, al via stagione erbe aromatiche

Pezzi di artigianato locale completano il Festival della Salsa Verde a maggio (Foto: Frankfurt Tourist+Congress Board)
Un primo assaggio di erbe aromatiche a Francoforte lo si ha avuto già nel giorno del Giovedì santo, anche noto in Germania come il 'Giovedì verde', con la tipica salsina locale realizzata con sette erbe aromatiche. Tuttavia è agli inizi di maggio che la città gioiello sul Meno dà appuntamento ai 'cultori' di odori e aromi da cucina con un festival molto particolare.

Con la primavera a Francoforte comincia anche la stagione delle 'erbe' e tra le specialità tipiche della città c'è la famosa "salsa verde". Tante sono le sue varianti – mescolate con maionese, panna acida o mostarda – e altrettanti i modi di accompagnare pietanze diverse, in particolare uova sode e patate lesse, ma le erbe 'obbligatorie' sono sette: borragine, cerfoglio, crescione, prezzemolo, pimpinella, acetosa ed erba cipollina. Nei mercatini non è difficile trovare pacchetti già pronti per replicare una versione personale della salsa anche a casa propria.

Specialità preferita di Goethe, alla salsa verde Francoforte dedica un Festival con tanto di concorso che si tiene quest'anno dal 5 al 12 maggio. L'appuntamento darà anche vita a una competizione di cuochi del posto: ogni giorno uno chef diverso preparerà la salsa con la sua ricetta segreta e la servirà al pubblico; poi una speciale giuria a fine manifestazione decreterà la variante migliore.

Per capire quanto gli abitanti di Francoforte tengano a questo mix di erbe aromatiche basta recarsi nel quartiere di Oberrad, dove la salsa verde ha il suo monumento ufficiale: sette serre illuminate ognuna con una tonalità di verde, per ogni erba utilizzata. L'occasione è ghiotta, anche per assaggiare gli altri piatti tipici di Francoforte, accompagnati come da tradizione da un bicchiere di sidro, spesso prodotto dalle stesse taverne. Dedicata al vino di mele è il Festival di agosto, dal 10 al 19.

ansa

10 Aprile 2012 ore 11:51

Budapest, la magia del Danubio in tre giorni. Tra passeggiate romantiche, relax in antichi bagni termali, la scoperta di gioielli d'arte e architettura

Il Ponte delle Catene sul Danubio, sulla sponda di Pest il Gresham Palace e in secondo piano Basilica di Santo Stefano   
(di Stefania Passarella - ansa)

Scegliere Budapest come meta per staccare la spina un fine settimana è un'idea da considerare soprattutto in primavera, tra passeggiate romantiche lungo il Danubio, un pomeriggio di relax alle terme, la scoperta di gioielli dell'architettura e un assaggio della gustosa cucina locale. Se si è alla prima visita nella capitale ungherese bisogna anche mettere in conto lunghe camminate per riuscire a ottimizzare il tempo a disposizione e a conoscere i tratti salienti della città.

Sorprende la quantità di attrazioni, siti, esperienze da provare a Budapest. Un weekend, tre giorni, è il minimo per conoscerne alcuni dei luoghi simbolo di Pest, sulla sponda orientale, e Buda e Obuda, su quella occidentale, e riuscire anche concedersi qualche pausa, non solo in un Caffè storico ma anche in un'antica piscina termale. Per fortuna la buona organizzazione dei mezzi di trasporto pubblici viene incontro anche ai visitatori e con un biglietto ad hoc valido 72 ore ci si sposta agevolmente da una sponda all'altra della città in metro, bus e tram in modo da alternare tratti a piedi e non. Spesso poi i collegamenti aerei dall'Italia, non ultimi quelli da poco inaugurati da alcune compagnie low cost, consentono di arrivare in città il giovedì in tarda serata e di ripartire la domenica sera, l'ideale per sfruttare al meglio il tempo a disposizione.

VENERDI' - Il primo giorno di visita, venerdì, potrebbe essere dedicato ai 'must' di un primo viaggio nella capitale ungherese. A cominciare dalla Basilica di Santo Stefano, Szent István Bazilika, raggiungibile a piedi dalla fermata metro di Deák tér e aperta tutti i giorni dalle 9 alle 17. In stile neorinascimentale, la chiesa è dedicata al re fondatore dello Stato, Santo Stefano, e colpisce per il suo aspetto imponente. Si entra con un'offerta libera al custode e si resta rapiti dai fregi degli interni: pitture, statue, mosaici, marmi. In una cappella interna è conservata la reliquia più importante d'Ungheria: la mano mummificata di Santo Stefano, che a dire la verità si riesce ad osservare meglio nelle foto che ne documentano la scoperta che dal vivo nella teca di vetro posta abbastanza in alto e illuminata solo a pagamento. Dalla piazza della Basilica una passeggiata tra palazzi Art Nouveau è l'ideale per arrivare a Szechenyi Istvan tér, piazza in cui osservare il Gresham Palace, che oggi ospita l'hotel Four Season, e cominciare a percorrere il Ponte delle Catene, Széchenyi Lánchíd, il più antico e noto della città. Costruito per iniziativa del conte ungherese István Széchenyi, il ponte unì per la prima volta in modo stabile Buda e Pest e fu inaugurato nel 1849. Fatto saltare in aria dai tedeschi nel '45, l'opera fu ricostruita nel '49. Il panorama di cui si gode da metà ponte è ideale per scattare foto alle due sponde del Danubio, vento permettendo.

Una volta attraversato il fiume si può dedicare l'intera mattinata alla scoperta della collina del Castello. Si può salire in cima con la funivia, ma se non si vuole perdere tempo in fila per il biglietto (non è compreso nel mini abbonamento di tre giorni ai mezzi pubblici) si può prendere il bus 16 oppure sulla destra rispetto al ponte si prende una scalinata e si fa un po' di moto in salita. Si arriva ai piedi della Chiesa di Mattia, Mátyás templom, gioiello gotico, e del suggestivo Bastione dei Pescatori, Halászbástya, dal quale si apre uno dei panorami migliori su Pest. Peccato che gli interni della chiesa siano al momento per la maggior parte coperti da impalcature e impolverati per i lavori in corso, ma quel che si può comunque osservare colpisce per la policromia e la varietà di forme e decorazioni, tra finestre vetrate e scale a chiocciola. Dedicata alla Madonna, la chiesa fu costruita tra il 1255 e il 1269 ma nel 1541 venne trasformata in una moschea dai turchi, per poi passare ai gesuiti. Dall'altra parte della cittadella si arriva a piedi al Palazzo presidenziale e al Castello di Buda, Budai Vár, patrimonio Unesco, che oggi ospita il Museo storico della città e la Galleria nazionale. Nella piazzetta antistante ci si può rilassare qualche momento e si può approfittare del WiFi gratis. È anche il momento giusto per pranzare in uno dei tanti ristorantini che si trovano nella cittadella, alcuni molto giovani ed eleganti come il '21', che propone specialità ungheresi, a base di paprika e non solo, innaffiate da buona Dreher alla spina, prodotta in Ungheria.

Si può poi trascorrere il pomeriggio in treno sulle colline di Buda sulla famosa "Ferrovia dei bambini", gestita proprio da bambini con la supervisione di adulti. Un'esperienza consigliata soprattutto se si è stanchi di camminare. Altrimenti si può tornare verso Pest, col tram 4 o 6 che attraversano il Danubio sul ponte Margherita, Margit hid, e fermarsi proprio di fronte alla stazione ferroviaria Nyugati, un pezzo di design in vetro e acciaio concepito dal gruppo Eiffel. Di qui a piedi fra decine di negozi e il via vai di residenti si raggiunge Oktogon Ter, da cui si gira a sinistra su Andrassy Avenue, considerata la Champs-Élysées di Budapest. Una tappa interessante può essere quella del museo House of Terror prima di procedere, magari sfruttando la metro per un paio di fermate, verso la monumentale Piazza degli Eroi, Hősök tere. Fra le piazze più importanti di Budapest, è situata fra il Museo di belle arti e il Palazzo dell'Arte. Fa da ingresso al parco municipale Városliget, una bella scoperta in un pomeriggio di sole. In zona, se si vuole, si può restare anche per cena. 'Paprika' è l'equivalente di una nostra trattoria dove assaggiare la cucina ungherese, gulash in primis, ma il locale è piccolo e conviene sempre prenotare.

SABATO – Dopo una prima giornata così densa è arrivato il momento di un po' di svago e relax. Di sabato mattina può essere un'idea interessante immergersi al mercato coperto, Központi Vásárcsarnok o Nagyvásárcsarnok, a Fővám Tér (è aperto tutti i giorni dalle 6 alle 17 o 18, il sabato solo la mattina fino alle 14 e la domenica chiuso) insieme a tutti i residenti che fanno compere per la settimana. È anche il posto più indicato per fare un po' di shopping e comprare souvenir, dai sacchetti di paprika alle stoffe ricamate, dal salame ungherese agli oggetti di artigianato. Il posto colpisce anche per il suo ordine e la sua pulizia, oltre che per la struttura. Si può anche pranzare un po' in anticipo, magari con un langos, una specie di focaccia/pizza locale. Dopo il mercato altra idea per una gita appena fuori Budapest è quella di recarsi al Memento Park del comunismo, o Parco delle Statue: un enorme spazio in cui gli ungheresi hanno conservato tutte le statue delle grandi figure del comunismo e di anonimi soldati liberatori dell'ex Unione Sovietica. Monumenti che con la caduta del comunismo furono 'eliminati' fisicamente dalle città. Dalla zona del mercato ci si arriva coi mezzi pubblici (senza dover spendere i 15 euro circa richiesti dalla navetta del parco): il tram 47 o 49 per attraversare il ponte Szabadsag e poi proprio di fronte al centro commerciale Allee parte ogni venti minuti il bus 150.

Per il sabato pomeriggio opzione rilassante – nonché tra i 'must' di ogni permanenza budapestina – è l'esperienza in uno dei bagni termali della città. Del resto la zona era nota per le sue sorgenti naturali già ai Romani. Anche oggi la scelta è parecchio vasta. Le Terme Gellért, in sfarzoso stile Liberty sono fra le più belle ed eleganti, o le Terme Szechenyi, in stile neo-barocco con quindici piscine termali, oppure ancora i Bagni turchi Rudas, che tra l'altro il sabato aprono anche di sera, dalle 22 alle 4 e consentono l'ingresso congiunto a uomini e donne. In questi bagni, realizzati nella seconda metà del Cinquecento durante il dominio ottomano, si resta colpiti dall'ambiente in penombra dominato sia dall'odore delle sorgenti sulfuree, sia dall'ampia vasca ottagonale ricoperta da una cupola semisferica traforata da piccole finestre con vetri colorati. È bene non recarsi a caso in una delle terme perché ogni bagno ha i suoi orari per gli ingressi: separati, uomini e donne, o insieme. Su questo sito è possibile consultare servizi e aperture di ogni struttura: www.budapestgyogyfurdoi.hu. Dopo un po' di meritato relax di sera si può passeggiare nella zona di Raday Utca, piena di ristorantini e pub. Cucina locale rivisitata, con musica dal vivo, al Voros Postakocsi, mentre una birra notturna si può bere nell'eclettico pub Puder.

DOMENICA – Di domenica mattina si può approfittare dei siti aperti al pubblico. La prima tappa può essere la Grande Sinagoga, vicino alla fermata metro Astoria. Aperta dalle 10, con un biglietto di ingresso si accede all'edificio principale di culto (i visitatori di sesso maschile sono invitati a coprire il capo con un berretto, se lo hanno, oppure con una kippah di tela distribuita all'ingresso e da restituire una volta usciti). All'interno – dopo i controlli di sicurezza – ci sono continuamente visite guidate brevi in ogni lingua, anche in italiano, cui si viene indirizzati direttamente alla biglietteria. Maggiore d'Europa, la sinagoga ha tremila posti a sedere ma oggi è aperta per le celebrazioni religiose solo in occasione di grandi festività. In stile moresco-bizantino, la muratura esterna è nei colori dello stemma di Budapest: giallo, rosso, blu. La struttura comprende anche un cimitero ebraico e memoriali dell'olocausto: l'albero della vita, un salice piangente di metallo con i nomi delle famiglie sterminate dai nazisti incisi sulle foglie, e diversi 'mausolei' in cui sono ricordati anche le tante persone che hanno contribuito a salvare ebrei dalle deportazioni. Su una lapide commemorativa si leggono anche i nomi degli italiani Giorgio Perlasca e Angelo Rotta. Col biglietto si visita l'annesso Museo ebraico, che con un concentrato di oggetti e reperti ricorda la vita quotidiana degli ebrei ungheresi e le persecuzioni durante la Seconda guerra mondiale. Sorge sul luogo dove nacque Theodor Herzl. Terminata la visita si possono percorrere le vie intorno alla sinagoga: Kiraly utca, Csanyi utca, piazza Klauzal, Karoly korut, Dohany utca formano il quartiere ebraico e l'antico ghetto. Di domenica queste strade sono abbastanza deserte e poco frequentate, i ristoranti chiusi, ma si ha comunque la possibilità di osservare una Budapest molto diversa da quella visitata finora: piccoli cortili, vecchie e piccole sinagoghe dismesse, edifici più consumati dal tempo.

Mappa alla mano e a piedi si arriva facilmente a un altro monumento: l'Opera, fondata dal compositore dell'inno nazionale Ferenc Erkel, di cui si può visitare l'ingresso sontuoso. Per le visite guidate bisogna invece aspettare le 15 o le 16. Di qui si può anche prendere la metro gialla fino alla fermata Vörösmarty tér per sbucare nella piazza omonima. Tra l'altro proprio questo tratto di metropolitana, oggi M1, rappresenta il primo nucleo di quella che è la metro più antica dell'Europa continentale. La tratta tra Vörösmarty tér e Széchenyi fürdő è stata aperta nel 1896 in concomitanza delle celebrazioni per il millennio dello stato ungherese. I 'trenini' e le stazioni sono un gioiello sotterraneo da ammirare ogni volta. A piazza Vörösmarty ci si può fermare a prendere un caffè da Gerbeaud, tra le soste preferite anche dell'imperatrice Sissi, nonché regina d'Ungheria. In primavera la piazza è arricchita da un mercatino di artigianato locale e di stand dove mangiare un piatto di salsiccia e patate oppure una specie di 'piadina' ungherese ripiena di prosciutto, formaggio e cipolla. E poi una passeggiata nella rinomata Váci utca, non tanto per lo shopping nei negozi che sono catene franchising da trovare anche sotto casa propria, ma per la bellezza della via e dei suoi palazzi.

Un perfetto dopo pranzo, e un 'arrivederci' ideale alla Parigi dell'Est può essere quello di una mini-crociera sul Danubio. Le compagnie che organizzano questi tour in primavera ed estate sono diverse. Legenda ad esempio propone gite in battello anche di due ore, con audioguida a bordo per ammirare le bellezze della sponda est e di quella ovest, e con sosta di un'ora sull'Isola Margherita, perla 'verde' di Budapest.

Il Festival del camminare in Toscana propone itinerari a piedi, guidati, per scoprire la natura protetta dei parchi. Ecco alcuni appuntamenti

Capo Sant'Andrea, nell'Isola d'ElbaIn primavera si va al parco! Camminare fa bene, a mente e corpo. La meta giusta? La sempre bella Toscana, che quest’anno, per la quarta edizione del Festival del camminare, propone itinerari nell’Isola d’Elba.
In programma, dal 6 aprile a fine maggio, ci sono splendide passeggiate, anche notturne, percorsi nell’archeologia mineraria, caprili e vie del granito, laboratori per bambini, scuola di erboristeria e molto altro.

Per l’occasione il Parco ha preparato pubblicazioni inedite: una piccola guida dei sentieri più caratteristici, stampata in tre lingue straniere; un opuscolo sull’affascinante storia della Tonnara dell’Enfola; una breve guida per le ippovie e i sentieri ciclabili.

Le escursioni durano poche ore o l’intera giornata, sono accompagnate da una guida ambientale e sono gratuite. Tra gli appuntamenti, c’è quello del 9 aprile, con la “via dei rosmarini”: si parte dal margine orientale della spiaggia di Marina di Campo e si prosegue lungo la costa fino alla deliziosa Cala dell’Ischia. Alle 12 si arriva alla spiaggia di Fonza e poi si rientra in barca, a cura dell’organizzazione. È un percorso facile.

Panorama dell'Isola d'Elba.Dal 14 al 21 aprile si può partecipare al viaggio a piedi itinerante di una settimana, lungo i più bei sentieri dell’Elba. Il percorso, disegnato per incontrare gli scenari più spettacolari dell’Isola, alterna tratti costieri e interni e raggiunge le principali vette toccando luoghi di grande interesse naturalistico e storico. Ogni tappa termina in un paese diverso, per incontrare la storia e la vita dei borghi.

Interessante l’escursione “Le miniere dell’Innamorata”, che si fa con un fotografo professionista, il 20 aprile. Si parte dalla spiaggia dell’Innamorata alle 8,00 e si segue il sentiero della vecchia ferrovia della miniera, fino ad arrivare agli antichi cantieri, tra i profumi della macchia mediterranea e i colori vivaci del ferro. Occorre portare il pranzo al sacco. Ai partecipanti verrà offerta la Guida fotografica Elba e Capraia, gadget Nikon e attestato di partecipazione Nikon School. L'escursione è gratuita, ma bisogna prenotare per tempo.

Per le informazioni: http://www.tuscanywalkingfestival.it

Rosanna Precchia - famigliacriana.it

pubblicato il 9 Aprile 2012 ore 12:04

Pasqua: le mostre da non perdere

(di Nicoletta Castagni)

Da Roma a Genova a Firenze, tutte aperte per Pasqua le mostre di maggior richiamo della nuova stagione espositiva e anzi proprio in questo week end ne aprono di nuove: a Urbino un'importante esposizione incentrata sull'enigmatico dipinto della Città Ideale e le meraviglie della civiltà '400 nel Montefeltro; a Viareggio, nelle opere di una collezione privata, il primo '900 toscano.

URBINO - Uno degli enigmi più affascinati dell'arte rinascimentale, La Città Ideale, meravigliosa tavola quattrocentesca di autore ignoto, è al centro di una grande mostra allestita da domani a Palazzo Ducale. Esposti capolavori di Raffaello, Fra Carnevale, Perugino, Luca Signorelli e di molti altri maestri del XV secolo, disegni, sculture, preziose tarsie, codici miniati per raccontare gli splendori della civiltà del Montefeltro fiorita nella seconda metà del '400 ad opera di Federico da Montefeltro, Duca di Urbino, il piu' dotto ed illuminato fra i signori del suo tempo. Intitolata 'La Citta' Ideale. L'utopia del Rinascimento a Urbino tra Piero della Francesca e Raffaellò, si propone di dimostrare come il capolavoro conservato nella Galleria Nazionale delle Marche rappresenti, insieme con i dipinti gemelli (col medesimo soggetto) di Berlino e Baltimora, il compendio di quella straordinaria cultura.

VIAREGGIO - Dal 7 aprile il Centro Matteucci per l'Arte Moderna ospita la mostra dal titolo 'In Toscana all'alba del XX secolo. Una collezione privatà, una preziosa selezione di circa 40 dipinti toscani tra XIX XX secolo, provenienti da una nota raccolta costituitasi nel secondo dopoguerra. La rassegna illustra le tappe fondamentali dell'evoluzione pittorica tra '800 e '900: dalla dirompente lezione fattoriana, magnificamente riassunta nella Strada bianca, al divisionismo di Nomellini e all'ardita sperimentazione di Ghiglia, fino all'Avanguardia futurista di Rosai e al 'richiamo all'ordiné di Soffici, per giungere, infine, all'espressionismo di Viani e alla moderna ed eclettica classicità di Ram. A metà strada tra l'eredità della 'macchia' e la progressiva evoluzione in soluzioni sperimentali delle avanguardie, destinate a divenire emblematiche.

ROMA - Inaugura il nuovo spazio espositivo dell'Ara Pacis e il riallestimento museale dei reperti archeologici con la grande mostra dal titolo 'Avanguardie russe: Malevic, Kandinskij, Chagall, Rodcenko, Tatlin e gli altri'. L'importante esposizione ripercorre le principali correnti dell'arte russa di inizio '900: il cubofuturismo con la sua singolare sintesi delle tendenze europee dell'epoca, l'originale astrattismo, il costruttivismo con le sue composizioni architettoniche e il suprematismo con la sua purezza geometrica. Il monumento, come tutti i musei civici, rispetterà l'apertura straordinaria per Pasqua e Pasquetta e quindi si potrà visitare la mostra. Nella capitale, aperte anche le mostre di Palazzo delle Esposizioni, dove sono allestite le Avanguardie americane dalle collezioni Guggenheim e la rassegna delle immagini fotografiche di Arturo Ghergo, stelle del cinema e protagonisti dell'alta società tra gli anni '30 e '50 ritratte in tutto il loro glamour. Si potranno ammirare anche i capolavori di Tintoretto alle Scuderie del Quirinale e riscoprire il genio di Dalì al Complesso del Vittoriano.

FIRENZE - Porte aperte agli Uffizi, dove oltre ai capolavori dell'arte antica si potrà visitare la rassegna 'La Galleria degli arazzi. Epifanie di tessuti preziosi' dedicata ai manufatti che forse meglio di ogni altra tipologia rappresentano la magnificenza delle corti europee del Rinascimento maturo. Tra le collezioni della Galleria, quella degli arazzi che per decenni sono stati esposti nei corridoi, nel Corridoio Vasariano, in alcune sale, nei vestiboli e in Tribuna, che fu rimossa nel 1987 e oggi è quindi pressoché sconosciuta. Degli arazzi di produzione fiorentina esposti in mostra, si possono ammirare l'Ecce Homo su disegno del Salviati, tessuto per Cosimo I e la sua corte, due panni dei 36 dalla Serie delle Cacce progettata da Giorgio Vasari, su richiesta dello stesso Cosimo, per l'arredamento di venti stanze della Villa di Poggio a Caiano, due di soggetto mitologico con scene dalla storia di Fetonte; tre dalla serie della Passione di Cristo, progettata, su disegno di Alessandro Allori, per Ferdinando I nel 1587 dopo i suoi anni romani di carriera cardinalizia.

GENOVA - Una sequenza mozzafiato di capolavori quella che aspetta i visitatori di Palazzo Ducale, dove è allestita la grande mostra 'Van Gogh e il viaggio di Gauguin', la più vista della stagione. Il tema è appunto il viaggio, inteso come esplorazione geografica, negli spazi e nelle culture, ma anche, e quasi soprattutto, dentro di sé. Il percorso espositivo prende le mosse dal capolavoro 'Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?' che Gauguin volle come suo testamento nel 1897, prima di un tentato suicidio. L'opera è un prestito eccezionale del Museo di Boston, mai visto in Italia. Di Vincent Van Gogh invece ci sono una quarantina di opere (tra cui 10 disegni) come il Seminatore, Autoritratto con cavalletto, Campo di grano sotto il cielo nuvoloso. Non manca il '900 con capolavori di Rothko, Hopper, Kandinsky e molti altri.

ansa

8 Aprile 2012 ore 05:46

Speciale Pasqua: viaggio nelle tradizioni, nei riti e nelle sagre. Gli eventi in Italia

PASQUA IN ITALIA


(di Ida Bini)

L’8 e il 9 aprile in tutto il mondo cristiano si celebra la Pasqua, festa religiosa che ricorda la crocefissione e la resurrezione di Gesù Cristo. I festeggiamenti cominciano in realtà la domenica precedente, che quest’anno cade il primo aprile e che ricorda l’entrata trionfante di Gesù a Gerusalemme, accolto con lo sventolio delle foglie di palma da parte della gente - da qui il nome di domenica delle Palme.

Proseguono poi il venerdì che, secondo la tradizione cristiana e le sacre Scritture, è il giorno della crocefissione di Gesù, tra commemorazioni luttuose e processioni di espiazione – la via crucis - e la domenica con la resurrezione e l’esultanza dei fedeli. Terminano, infine, il lunedì dell’Angelo, giorno che ricorda l’incontro del messaggero con le donne giunte al sepolcro dove scoprono la resurrezione di Gesù.

In realtà il lunedì o Pasquetta è una ricorrenza aggiunta nel dopoguerra per allungare la festa pasquale che, tradizionalmente, si passa in compagnia della famiglia o degli amici fuori città. In questo periodo, infatti, fioccano le offerte e le occasioni per trascorrere il weekend di Pasqua nelle località di mare e montagna, in campagna, al lago o nelle città d’arte e, per chi può spendere un po’ di più, fuori Italia per un piccola vacanza anticipata.

Chi, invece, vuole scoprire le tradizioni pasquali in Italia ha solo l’imbarazzo della scelta: oltre tremila sono le rappresentazioni in costume della morte e della rinascita di Cristo, sparse per tutta la penisola, da Nord a Sud. Ogni regione, ogni città, ogni borgo, persino ogni quartiere d’Italia celebra la Pasqua seguendo le proprie tradizioni popolari con riti esclusivi, accomunati dalla rappresentazione della morte e della resurrezione di Cristo, dalle scene di dolore collettivo e dal loro superamento catartico.

Citarli tutti è davvero impensabile ma è possibile scoprire almeno i riti più suggestivi, quelli che meritano di essere conosciuti per la partecipazione popolare, la spettacolarità dei costumi, l’originalità e la teatralità della festa. Nel Sud del Paese, in Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia e Campania, è davvero un’esperienza indimenticabile ammirare le processioni di uomini incappucciati con croci insanguinate, immagini sacre di cartapesta, stendardi e ritratti dei Santi protettori, che camminano lungo le strade e nelle piazze dei centri urbani incatenati e scalzi mentre la gente, stretta ai lati, urla e piange. Qui le celebrazioni, che risalgono a epoche antiche e hanno assimilato riti e tradizioni popolari, sono vere e proprie rievocazioni storiche della passione di Gesù, dove il copione prevede l’eterna lotta del bene che sconfigge il male, della vita che vince sulla morte. Con la partecipazione commossa della gente si mettono in scena l’ultima cena, il trasferimento simbolico all’orto dei Getsemani, il tradimento di Giuda con la cattura di Gesù, il processo, il calvario, la deposizione, la sepoltura e la resurrezione. La processione pasquale di Trapani (I Misteri) è senz’altro la più conosciuta: i fedeli, incappucciati e con lunghe tuniche sfilano a piedi nudi seguendo un cerimoniale rigoroso che risale al 1765 e alle confraternite - corporazioni di arti e mestieri - d’origine spagnola. Ognuna porta in processione fino alla cattedrale la propria statua in rappresentanza di un mestiere (mistere) assieme all’urna del Cristo morto e dell’Addolorata per la benedizione. E se nei cortei pasquali di Palermo compaiono le maschere della morte e dei demoni, in quelle di Caltanissetta spuntano gigantesche statue di cartapesta che rappresentano gli apostoli mentre a Enna insieme alle croci sfilano i 24 simboli del martirio di Cristo tra cui la croce, la borsa con i trenta denari, la corona, il gallo, i chiodi e gli arnesi per la flagellazione. Altrettanto affascinante è la Pasqua di Sassari, in Sardegna, dove la statua della Vergine, la Madonna dei Sette Dolori addobbata con oro e gioielli, viene portata in processione da tutte le confraternite alla ricerca del figlio morto e si conclude la domenica di Pasqua in piazza Colonna Mariana con il loro suggestivo incontro. Ad Alghero la tradizione ha forti radici spagnole e coinvolge tutta la popolazione: i fedeli pregano davanti a una statua lignea del Cristo e le donne vestite a lutto vi si affollano per chiedergli la grazia. Il venerdì santo si assiste al rito della schiodatura del Cristo dalla croce e alla sua deposizione nella culla, momento in cui parte dalla chiesa della Misericordia la processione al lume di candele ricoperte da cartoncini rossi. I fedeli avanzano con un antico passo di danza che mima l’atto del cullare, mentre le confraternite sfilano indossando cappucci a punta. La domenica di Pasqua il Cristo risorto incontra la Madonna e la gente festeggia con fuochi d’artificio e voli di colombe. Una grande partecipazione popolare caratterizza anche la Settimana Santa di Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria, quando la domenica di Pasqua si celebra la Confrontata che rappresenta l’incontro del Cristo risorto e della Madonna svelata.

In Puglia i fedeli incappucciati (i perduni) di Taranto sfilano scalzi per la città a chiedere perdono, mentre in provincia di Bari, a Ruvo, durante il corteo si assiste allo scoppio della Quarantana, un fantoccio che ha le sembianze di una vecchia signora vestita di nero, la cui esplosione segna la vittoria della vita sulla morte. Stessa fine la fa la quaremma a Galatina, dove il fantoccio di una vecchia sfila per le strade della cittadina in provincia di Lecce. Curiosa, infine, è la Pasqua a Maglie, non lontano da Galatina, dove i fedeli cantano e indossano smoking e guanti bianchi.

La Settimana Santa di Procida è dal XVI secolo una delle più suggestive della Campania: il giovedì santo, al tramonto, si svolge la processione dei dodici apostoli, incappucciati e con una croce e una corona di spine in spalla, organizzata dall’antica confraternita dei Bianchi. Procedono per le strade dell’isola passando per le tredici chiese fino al luogo dove si svolge l’ultima cena e dove si consuma un pasto a base di legumi, pesce arrostito, agnello, pane azzimo e vino. Infine il venerdì santo alle prime luci dell’alba inizia la processione dei misteri, statue portate a braccia rappresentanti scene della vita e della morte di Gesù, organizzata dalla confraternita dei Turchini fondata nel 1629 dai Padri Gesuiti.

Meritano una citazione anche la Pasqua di Sulmona in Abruzzo con la celebrazione della Madonna che scappa e che si svolge nella scenografica piazza Garibaldi e quella di Firenze con il carro che brucia. La statua, accolta da una folla esultante, viene portata fuori dalla chiesa seicentesca di san Filippo Neri e condotta prima lentamente e poi sempre più rapidamente verso il centro della cittadina dove incontrerà Gesù. Durante la corsa la Madonna perde il manto nero che la avvolge e che libera il prezioso vestito mentre tra le sue mani le spunta una rosa rossa, simbolo di prosperità. A Firenze, invece, la domenica di Pasqua si fa scoppiare il carro, che, trainato da buoi inghirlandati e scortato dagli sbandieratori, procede per le vie della città fino al Duomo, tra musica e grida. Il rito rappresenta la benedizione del fuoco e racconta una storia che risale alla prima crociata.

ansa

8 Aprile 2012 ore 05:39

Il lato dolce e saporito della Pasqua

(Rubrica enogastronomica di Alessandra Moneti)

Il Centro Studi Federalimentare stima che per la Pasqua gli italiani spenderanno circa 3 miliardi di euro per i prodotti alimentari da portare in tavola. Una cifra che, depurata dall'inflazione, corrisponde a un calo reale di oltre due punti percentuale in quantita. Pasqua piu' povera dunque, ma non meno golosa a giudicare dalle proposte lungo la penisola per chi abbandona per qualche ora le mura domestiche.

E' tutto un gioco di lieviti la Pasqua di Massimiliano Alajmo (www.alajmo.it), il patron de Il Calandro e Il Calandrino. Lo chef di Sarmeola di Rubano (Padova), con lo chef patissier Ascanio Brozzetti, hanno lavorato questa settimana giorno e notte per chiudere in dolcezza la quaresima e portare in tavola la classica colomba con le scorze d'arancia candita. Ma anche novita' come la focaccia con la scorza di limone di Sorrento candito, quella con il cioccolato e amarene e per finire quella integrale all'albicocca, ispirata a una delle brioche più apprezzate a colazione al Calandrino. ''Tutti i nostri lievitati sono realizzati con olio extravergine di oliva, che oltre a conferire leggerezza all'impasto, amplifica i profumi degli agrumi e della frutta'' sottolinea Alajmo. La collezione 2012 di uova di cioccolato, in vetrina al Calandrino e al Caffe Quadri di Venezia, è decorata con frutta secca, scaglie di cioccolato e piccoli macaron colorati, che trasmettono allegria e buonumore.

Sulla Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forli' e Cesena (www.stradavinisaporifc.it), nella terra che ispiro' Pellegrino Artusi a 'L'arte di mangiare bene', le festivita' pasquali sono tutte da gustare nelle cene contadine con tagliere di affettati e formaggi e piadina proposte in occasione della mostra "Wildt. l'anima e le forme da Michelangelo a Klimt" a Forli' - Musei San Domenico (fino al 26 giugno 2012), oppure nelle tappe a Predappio, Bertinoro, Portico di Romagna, Dovadola e Modigliana.

Per chi rimane e per chi arriva a Roma durante il lungo weekend pasquale, la capitale offre tantissime alternative per tutti. Gli amanti della cultura e dell'arte potranno scegliere tra i vari itinerari che la capitale offre: tra mostre e monumenti, c'è solo l'imbarazzo della scelta. E per coloro che impegnati in una passeggiata in Via dei Condotti o in una visita al Pantheon non volessero rinunciare ai piacere della buona cucina, il Grand Hotel de Minerve (www.grandhoteldelaminerve.com) propone un menu a firma Antonio Falco nell'esclusivo roof garden. Una terrazza meravigliosa, scelta per le vacanze romane da Stendhal e George Sand a Pio IX, da Renato Dulbecco ai tre tenori Placido Domingo, Luciano Pavarotti e Josè Carreras. Qui a Pasqua si potra' degustare tartare di bufala e tartufo, nero di Norcia ai gamberi rossi su tegolino di pane mimosa, dai panzotti di pasta fresca con ragout di gallinella allo stinchetto d'agnello affumicato con salsa di mirto, per concludere con un semifreddo di ricotta e pere.
Chi fa rotta verso Sud, puo' fermarsi ad Atina, nel cuore della Ciociaria (basso Lazio). Per il pranzo di Pasqua l'associazione 'Le cannardizie' (www.lecannardizie.it) propone, alla storica e panoramica Cantina Visocchi, un menu tradizionale con il gustoso capretto cacioeova, la Ciammella di Sora e gli spaghettini con asparagi selvatici, tris di formaggi tipici della Valcomino, insalata con puntarelle e alici. Per il pranzo di Pasquetta, non un picnic sul prato, ma molti piatti per ricordare la scampagnata di rito: dalle frittate alla carne alla brace, dai Canescioni al pecorino di Picinisco, dai cannellini di Atina ai vini locali Cabernet Doc.

In occasione del Lunedì dell'Angelo, la Pasquetta unisce cultura, natura e buona tavola col Fai (www.fondoambiente.it) che propone tante iniziative per la tradizionale "Festa di Pasquetta", che andranno in scena al Monastero di Torba a Gornate Olona (VA), a Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno (VA), al Giardino della Kolymbetra nella Valle dei Templi di Agrigento, al Castello della Manta a Manta (CN) , al Castello di Masino a Caravino (TO), a Villa dei Vescovi a Luvigliano di Torreglia (PD), al Parco Villa Gregoriana a Tivoli (RM) e al Bosco di San Francesco ad Assisi (PG).

ansa
8 Aprile 2012 ore 05:35