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Turismo enogastronomico: DiWine tra cibo, vino e moda per promuovere il Made in Italy

Le eccellenze della Regione Lazio protagoniste del nuovo format presentato in anteprima all’antica dimora Sublime La Villa di Roma. Prossime tappe in Francia e Marocco.

Cibo, vino, musica, moda e tutte le bellezze del Made in Italy, indiscusse eccellenze, attraverso esperienze multisensoriali e immersive che coinvolgono i cinque sensi, possono essere valorizzate almeglio creando benessere e sviluppo economico. È quanto propone DiWine Fashion, il nuovo format presentato in anteprima a Roma nell'antica dimora Sublime La Villa con un focus tutto incentrato sulle eccellenze artigianali della Regione Lazio. Le tappe successive saranno Francia e in Marocco ma sono previsti altri appuntamenti dedicati alle realtà regionali e all'intero sistema Paese.

Valeria Mangani e Sergio Grasso
«La nostra migliore produzione e l'Italian style se presentati in modo adeguato - ha detto Valeria Mangani, ideatrice del progetto e ceo di Italy Luxury - possono riuscire a mettere in moto una vera e propria economia delle emozioni alla cui crescita potrebbe contribuire in modo determinante il turismo. Basti pensare al vino, nostro ambasciatore nel mondo».

La presentazione del format a Roma
Il debutto romano dell'iniziativa ha coinvolto in uno spettacolare programma tutti gli ospiti e i loro sensi con un percorso emozionale di luci, colori, suoni e tableau vivant di modelle con abiti di Gai Mattiolo e della sartoria teatrale CostumEpoque. A stimolare il gusto sono stati i piatti selezionati per gusto e stagionalità abbinati ai vini del territorio laziale delle Cantine Coletti Conti (Anagni, Frosinone), Stefanoni (Montefiascone, Viterbo), Casale del Giglio (Agro Pontino, Latina) e Azienda Agricola San Lazzaro (Marta, Viterbo). Nell'aria si percepiva una dolce essenza al mosto d’uva fragola creata per l'occasione dal Laboratorio Olfattivo mentre l'atmosfera era resa ancora più suggestiva dalle contaminazioni musicali dalla vocalist Cinzia Tedesco. Accompagnata da Stefano Sabatini al piano e da Giovanna Famulari al violoncello, la cantante ha proposto arie d'opera verdiane e pucciniane riproposte in chiave jazz e tratte da Verdi's Mood e da Mister Puccini.

I vini del territorio sono protagonisti di DiWine
Nella conduzione del programma della serata-evento, Sergio Grasso, antropologo del gusto, ha affiancato Valeria Mangani. Dopo l'illustrazione degli ingredienti dei piatti, della loro origine e della storia familiare e professionale delle aziende vitivinicole, Grasso ha posto l'accento sulla percezione dei colori. «Il rosso e il giallo - ha detto - sono i più usati nei costumi e sui palcoscenici del melodramma perché messaggeri di emozioni che evocano l'amore, la passione, il sangue, il lusso, il potere e la ricchezza. Sono anche i colori con cui Verdi e Puccini - sublimi compositori ma anche impenitenti e raffinati gourmet - colmavano i loro calici e brindavano alla meritata fortuna delle loro opere. Tuttavia il colore non è l'unico legame tra l'opera lirica e il piacere della tavola, entrambi sublimi manifestazioni di creatività e buongusto».

DiWine Fashion vuole proporsi così, attraverso i nostri sensi, per valorizzare le nostre eccellenze e il patrimonio culturale ed enogastronomico su scala territoriale come appeal turistico. Soprattutto il segmento del turismo enogastronomico, stando ai dati Enit, muove 117 euro al giorno pro capite registrando il più alto tasso di crescita rispetto ad altre modalità di vacanza. Il dato è confermato dai tour operator esteri che riferiscono incrementi tra il 5 e il 10% rispetto al 2018. Anche i prodotti artigianali italiani non sono soltanto oggetti ma rappresentano la storia, la manualità e la passione di tanti e possono rappresentare una continua accelerazione economica perchè senza eguali nel mondo.
italiaatavola.net

Parigi. Mondrian prima dell'astrazione, cioè figurativo

Mistico e sognatore, iconoclasta poi nella tradizione protestante della “non rappresentazione” della realtà, al Museo Marmottan si studiano i suoi inizi e i suoi rapporti col realismo olandese
Piet Mondrian, "Mulino al tramonto" (1907-1908)
Piet Mondrian, “Mulino al tramonto” (1907-1908)
Avvenire
Secondo alcuni il “genio” degli olandesi è il loro pragmatismo. E il pragmatismo è funzionalità adeguata allo scopo col minimo costo. È efficienza, economia e ricchezza. La prima multinazionale al mondo fu olandese, la Compagnia delle Indie Orientali; con le loro navi gli olandesi governavano il commercio in gran parte del globo e fecero del Seicento un Secolo d’Oro, rispecchiandosi nei quadri dipinti dai loro pittori. Si sa anche che quella ricchezza era in parte sostenuta dalla tratta degli schiavi fra Africa e Americhe, e va nondimeno ricordato che le navi negriere degli olandesi erano le più confortevoli per gli schiavi: non per senso umanitario, ma per la ragione pratica che meglio alloggiava la mercanzia umana durante il viaggio in mare, meno ne morivano e quindi l’investimento economico era salvaguardato da perdite evitabili.
Detto questo, vedendo la mostra che il Museo Marmottan di Parigi – il Sancta Sanctorum di Monet – dedica alla pittura di Mondrian prima della svolta astratta e “neoplastica” (fino al 26 gennaio) mi sono venute in mente le immagini del Seicento olandese ma anche quelle di New York. Qui Mondrian trovò la morte nel 1944 per malattia, all’undicesimo piano di un ospedale. E qui aveva avviato una nuova fase della sua pittura di linee e zone colorate, come nel quadro NewYork City del 1942: un reticolo irregolare di linee gialle, rosse, blu, nere, su fondo bianco, e in Broadway Boogie-Woogie dipinto a cavallo tra il 1942 e il 1943, cui si aggiungono nel reticolo altri quadratini colorati.
Pensavo a New York anche se ora a Parigi non c’è, ovviamente, nessun quadro di quel periodo (o meglio, la mostra si chiude con la Composizione con grande piano rosso, giallo, nero, grigio e blu del 1921, dove già la svolta linguistica è compiuta). Qui si studiano gli anni che precedono la messa a punto del suo linguaggio canonico e di solito quando ancora un artista va cercando se stesso e la propria espressione, è lì che si possono scoprire opere che vivono di una libertà strana, mai più trovata dall’artista, perché siamo nel regno del “già e non ancora”. Per me sono due: L’albero grigio del 1911 e Composizione: alberi II del 1912-1913, dipinti dove si potrebbe dire, parafrasando un libro che ebbe qualche anno fa troppo successo per nulla, che assistiamo alla scomposizione di uno o più alberi in una orchestrata sinfonia di cinquanta sfumature di grigio. Gesto, segno, struttura, colore: c’è tutto, ancor prima che il cervello, l’occhio e la mistica visiva prendano il sopravvento nelle celebri griglie.
Disse una volta Gertrude Stein che Picasso divenne un grande colorista soltanto dopo aver affrontato una fase di pittura grigia, perché questo è il colore – o non colore – più difficile da dipingere. E sempre la Stein, in tutt’altro contesto, disse che gli americani erano i “materialisti dell’astratto”. E dove potrebbe prendere forma questa affermazione se non a New York, dove Mondrian finì i suoi giorni? Quella città-delirio che deve il suo miracolo – secondo Rem Koolhaas – alla famosa griglia ortogonale, che discende dalle centuriazioni romane, unita alla totale libertà di espandersi in altezza. Risultato? Congestione totale. Che significa da un lato sfidare il cielo (e la sua metafora: Dio), dall’altro porre davanti a tutto il denaro e la potenza. Un mito babelico e prometeico insieme.
Mondrian era cresciuto in una cultura calvinista, ma in un primo momento tende a separarse, per poi affermarla una volta raggiunta la completa sintesi della “non rappresentazione” (un tema che dura fin dall’iconoclasmo protestante, che ha a sua volta radici nelle dispute, anche sanguinose, dei cristiani del primo millennio). Il capitalismo è il pragmatismo economico aggiornato ai nostri tempi ma in definitiva perfettamente conciliabile con la mentalità olandese di ieri e di oggi (vedi i dibattiti delle associazioni olandesi pro-eutanasia come soluzione economica e pragmatica ovvero come distillato finale della mentalità capitalista di fronte ai costi di u- na popolazione sempre più anziana). La congestione, a un dato momento, trova anche le sue regole per la sopravvivenza. Perché penso a questo mentre a Parigi vogliono mostrare da dove Mondrian sia partito per arrivare all’astrazione e alla purezza della pittura?
Intanto si deve dire che questa esposizione è stata possibile perché il Museo francese ha trovato il consenso del Kunstmuseun Den Haag a prestare un gruppo cospicuo di opere della sua collezione, nata dall’iniziativa di Salomon B. Slijper. Come si capisce dal nome, Slijper era di origini ebraiche e negli anni divenne il più importante collezionista di Mondrian. Si deve dire, e lo stesso Mondrian lo ricorda a Slijper nelle sue lettere, che il pittore ebbe alcuni anni di vita grama, e per sbarcare il lunario andava al Rijksmuseum a dipingere copie dei quadri tipici del Secolo d’Oro.
Alcuni dipinti esposti datano dal 1891 (una Natura morta con lepre morta) al 1913, ma gli anni in cui Mondrian lotta per sopravvivere sono quelli fra il 1915 e il 1920, quando già è un pittore dotato di una tecnica molto solida e raffinata. Slijper lo aiuta e gli compra le opere “figurative”. Ma mentre lui si fa suo mecenate, Mondrian non ha riguardo a rivolgersi all’amico manifestando i propri pregiudizi antisemiti. Wietse Coppes e Leo Jansen ricordano nel catalogo della mostra che il padre di Piet era un seguace del pastore protestante e politico Abraham Kuyper, che scrisse pagine di profondo antisemitismo. Alla fine dell’Ottocento, quando il giovane Mondrian si forma, l’antisemitismo, pur senza la veemenza di altri paesi europei, era molto diffuso in Olanda, come una sorta di ossessione contradittoria «fondata su angosce a carattere religioso, sociale, economico o politico». Angosce che certamente Mondrian doveva ancora vincere dentro di sé, come si percepisce dello sguardo con cui si ritrae nel 1908 ripetutamente e, in quello stesso anno, nei ritratti di giovani donne che ci guardano con una fissità inquietante presa dentro colori dalla trasparenza di crisalidi.
Le prime opere di Mondrian sono nel solco del realismo lirico postimpressionista; ritratti e paesaggi dove già la pennellata si mette in luce per una propria forza strutturale e una ritmicità (come in Pascolo con vacche del 1902-1905 e Giovenca bianca e marrone nella campagna, 19041905). Il colore e la pennellata infatti hanno sempre in lui una prevalenza sul fattore emotivo, come nella bella tela del Bosco di salici sul fiume Gein del 1902-1904. La forza quasi informale dei questa pittura dice proprio una sorta di contemptus per la realtà nella sua apparenza: tutto deve trasfigurarsi in colore, luce, struttura, come La stazione Geinrust nella nebbia del 19061907, portando sulla tela il riverbero interiore dell’artista che vuole dissolvere le forme reali per riportarle a una manifestazione più vera, strutturale, profonda.
Dal 1909 in poi i quadri di Mondrian diventano sempre più squillanti di colori; la scomposizione abbraccia anche la tecnica puntinista, come nelle tele di chiese, fari, mulini, alcuni eseguiti nel soggiorno zelandese, ma è soltanto quando arriva a Parigi e frequenta il mondo delle avanguardie che capisce che se vuole raggiungere il punto più remoto della propria interiorità (una sorta di “origine”) deve rinunciare a tutto ciò che il mondo gli offre. Ormai la figurazione è soltanto il riflesso, il doppio insignificante della realtà. In Stazione a Duivendrecht del 1916, gli alberi e l’edificio specchiandosi sulle acque del fiume creano una continuità sulla tela con pause e ritmi ripartiti fra le due metà verticali del quadro che, a vedere bene, è già un progetto di scomposizione che aspetta solo di essere iconoclasticamente purificato nel segno.
da Avvenire

Fotografia. I santi nei "tabernacoli" di strada: così "vedono" il paesaggio

Al Mufoco di Cinisello Balsamo il progetto di arte partecipata “Tra cielo e terra” di Claudio Beorchia è un racconto del territorio lombardo visto dagli "abitanti" delle edicole votive

“Santi che guardano il lago”, Pietro Sala; - Museo di Fotografica Contemporanea, Cinisello Balsamo

da Avvenire
In Lombardia si chiama santella, in Toscana tabernacolo e marginetta, nel Veneto è capitello, in Piemonte pilone e in Emilia-Romagna maestà. E l’elenco potrebbe continuare scendendo per tutto lo Stivale: sono i termini che designano le edicole votive che ospitano immagini sacre – santi, Madonne, Crocifissi... – diffusi in tutta Italia. Immagini oggetto di sguardi: ma a loro volta cosa guardano?

«Nel 2014, durante una residenza in Sicilia, nel Val di Noto, cercavo un modo diverso per raccontare il territorio. Passeggiavo per le vie e mi sono reso conto di sentirmi un po’ osservato da santi in decine di nicchie. Ho provato a mettere la fotocamera davanti ai loro occhi, e ho capito che non osservavano me ma il paesaggio che avevano di fronte».

A raccontarlo è l’artista Claudio Beorchia, che dall’esperienza ha creato un progetto (“Di fede osservante”) sviluppato anche in altre zone d’Italia e che si è poi evoluto in “Tra cielo e terra”, progetto di fotografia partecipata a cura di Matteo Balduzzi presentato fino al 1 marzo al Museo di Fotografia Contemporanea (Mufoco) di Cinisello Balsamo.

Grazie al coinvolgimento di nove musei sparsi su tutto il territorio lombardo, è stato rivolto l’invito a fotografare il paesaggio lasciando da parte il proprio “estro” ma mettendosi dal punto di vista dei santi. Tra maggio e settembre scorsi hanno risposto all’appello quasi trecento persone, che hanno inviato le immagini di 2.911 santelle: «Una risposta che ha superato ogni nostra aspettativa – commenta Balduzzi, impegnato da anni con il Mufoco in importanti progetti di arte pubblica – Il successo, a nostro avviso, ribadisce quanto un certo tipo di arte sia ancora capace di affrontare in modo semplice e giocoso questioni universali e testimonia una volta di più l’esistenza di una domanda di spazi di riflessione e sperimentazione estranei alle logiche di mercato e di consumo, anche soprattutto da parte di cittadini che vivono in territori sempre più esclusi da quell’accumulo di capitale, opportunità e sapere che si concentrano nelle grandi aree metropolitane».

Enit all'estero / Usa

ENIT USA
L'Italia a Times Square
Fino a metà gennaio saranno proiettate su maxi schermi a Times Square a Nyc le immagini della campagna pubblicitaria sull’Italia, “A Beauty to Treasure”, #treasureitaly.  Diciotto ore al giorno per un tuffo nell'Italia con immagini iconiche di una Penisola da sogno. Le immagini dei filmati proiettati sullo schermo gigante della torre Nasdaq e quello sottostante Thomson Reuters, sull’angolo north Ovest di Times Square, saranno visibili nel periodo di maggior flusso turistico, quello delle festività natalizie, fino al 15 gennaio, incluso Capodanno, durante la diretta TV dell’ultimo dell’anno.

ENIT USA porta media italiani in America con la Regione Piemonte 
ENIT USA collabora con la Regione Piemonte, Langhe, Monferrato, Roero all'organizzazione di due educational per promuovere lo slow tourism nella Regione del Barolo e Barbaresco patrimonio mondiale dell'Unesco sul mercato USA attraverso l’esperienza diretta di operatori e stampa di settore. Cucina tipica locale, ospitalità di lusso e Spa sono stati sperimentati nei quattro giorni di permanenza. Gli ospiti hanno apprezzato tradizioni e cultura delle destinazioni storiche visitate: Acqui Terme, Asti, Casale Monferrato, Alba, Museo del Vino a Barolo e hanno assaporato cibi e vini pregiati serviti in ristoranti e moderne osterie.

PROSSIME FIERE ENIT

ENIT si prepara ad una prossima stagione densa di appuntamenti, fiere e workshop. L'Agenzia Nazionale del Turismo sta portando l'Italia nel mondo grazie alla partecipazione alle principali fiere di settore e all'organizzazione di incontri, eventi e scambi trade. 

Enit / VOLARE A NATALE PER CREDERE ALLA BELLEZZA DEL BEL PAESE

VOLARE A NATALE PER CREDERE ALLA BELLEZZA DEL BEL PAESE
I turisti stranieri approfitteranno del periodo natalizio per testare la bellezza e lo stile di vita italiano. Da Natale all’Epifania i cieli del Bel Paese saranno melting pot: è previsto un picco infatti degli arrivi aeroportuali internazionali con un +4,6% rispetto al 2018. A far rotta sulla Penisola soprattutto Stati Uniti (+3,1% sul 2018), Russia e Francia che rappresentano insieme circa il 30% del totale flussi. Il Made in Italy suscita curiosità e i turisti si godono 2 settimane.

Luoghi e Cammini di Fede pubblicazione dell'Ufficio CEI per la Pastorale del Turismo

L'Ufficio per la Pastorale del Turismo della Conferenza Episcopale Italiana ha dedicato in questi giorni all'ospitalità religiosa l'ultimo numero del periodico "Luoghi e Cammini di Fede": contiene molti interventi di estremo interesse.

Potete scaricare il periodico usando il tasto arancione qui di seguito.

Leggi "Luoghi e Cammini di Fede"



oppure usando il link https://turismo.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/24/2018/10/02/LUOGHI_E-CAMMINI_28_Ospitalita.pdf

segnalazione web a cura di Turismo Culturale

ENIT ALL'ASSEMBLEA UNPLI


Enit all'Assemblea nazionale delle Pro Loco aderenti all’Unpli, “Pro Loco, una rete al servizio delle comunità" tenutasi a Roma in questi giorni. All’appuntamento hanno aderito oltre 400 delegati in rappresentanza delle 6200 Pro Loco italiane; fitto il programma di lavori: oltre 30 i relatori, con esponenti del mondo delle istituzioni, del turismo, della cultura e del terzo settore. Impegnate tutti i giorni nella promozione dei territori, nella salvaguardia del patrimonio immateriale culturale e nella valorizzazione dei prodotti tipici, le Pro Loco contano circa 600mila volontari e sono presenti capillarmente nel territorio italiano.

ENIT ALL’ILTM A CANNES: IL FUTURO E’ DEI VIAGGI DELLA RIGENERAZIONE PSICO-FISICA


Enit-Agenzia Nazionale del Turismo italiana ha preso parte alla Iltm di Cannes dal 2 al 5 dicembre con gli operatori del settore e le Regioni per promuovere le magnificenze del Bel Paese. Si tratta dell'unico evento globale dedicato all'industria dei viaggi di lusso che offre ai buyer di viaggi una collezione senza pari di esperienze turistiche internazionali. 

TURISMO DIFFUSO: ECCO L’IDENTIKIT DEGLI OLTRE 45MILA VIAGGIATORI DI 164 PAESI CHE NEL 2019 HANNO SCELTO L’ACCOGLIENZA DIFFUSA PER VISITARE IL NOSTRO PAESE


Comunicato stampa
TURISMO, ACCOGLIENZA DIFFUSA: ECCO L’IDENTIKIT DEGLI OLTRE 45MILA VIAGGIATORI DI 164 PAESI CHE NEL 2019 HANNO SCELTO L’ACCOGLIENZA DIFFUSA PER VISITARE IL NOSTRO PAESE.
Italianway, la start up prop-tech che chiude il 2019 con 26mila prenotazioni gestite (130mila notti vendute in tutta Italia) e un turn over di 15 milioni, rende noti i numeri inediti sull’incoming e l’identikit dei viaggiatori accolti (età media, spesa media e notti prenotate): i più anziani gli Scandinavi (età media 62 anni), i più giovani i Sudamericani (età media 29 anni); quelli che hanno speso di più dal Kuwait (3.500 euro in media per prenotazione).
Scarantino, Founder, e Celani, AD: “Centrati gli obiettivi ambiziosi che ci eravamo prefissati ad inizio anno e vinto scommesse strategiche come il lancio del Progetto Partner, con 40 destinazioni attivate in tutta Italia, che sta conquistando sempre più proprietari e imprenditori del turismo”.
Da sinistra il Founder Italianway Davide Scarantino e l'AD Italianway Marco Celani

Milano, 20 dicembre 2019
È un vero e proprio anno d’oro quello che sta per chiudersi per Italianway (https://www.italianway.house/) che nel 2019 ha portato in tutta Italia, con il primo franchising del vacation rental lanciato a livello nazionale, il suo modello operativo ben strutturato sperimentato con successo in quattro anni di attività su Milano, in cui è diventata rapidamente la prima azienda di property management grazie ad un Team di 100 professionisti (dal Booking al Revenue, dal Customer all’Home staging, dalla Fiscalità alla Contrattualistica) e alla piattaforma software sviluppata internamente a disposizione di proprietari e dei partner del network

L’azienda fondata alla fine del 2014 da Davide Scarantino, Direttore Commerciale, e guidata dall’AD Marco Celani ha gestito quest’anno un volume di prenotazioni senza precedenti, ben 26mila, vendendo 130mila notti (di cui 9 mila fuori Milano ed in soli sette mesi, a partire da maggio 2019 quando sono andate on line sul portale di prenotazione diretta Italianway le prime destinazioni attivate in tutta Italia con il “Progetto Partner”) a 45mila viaggiatori provenienti da ben 164 nazioni.

Numeri record che consentiranno ad Italianway di chiudere il 2019 con un forecast di 15 milioni di turn over ad un tasso di crescita del +30,6% rispetto al 2018.

DATI INCOMING E IDENTIKIT VIAGGIATORI ITALIANWAY NEL 2019
Dalla piattaforma software sviluppata internamente con un investimento di oltre due milioni e mezzo di euro, l’Ufficio Studi di Italianway ha estratto dati ed informazioni inedite che ci restituiscono uno spaccato autentico ed inedito del turista che viaggia alla “italian way”.

L’azienda, che in primavera ha portato il suo progetto di ospitalità diffusa in tutto il Paese, ha accolto negli oltre 700 immobili gestiti quest’anno 45mila ospiti per un volume di 26mila prenotazioni (130mila notti vendute).

Si tratta di viaggiatori con età media 38 anni, con le donne leggermente più giovani degli uomini (37 a 39 anni) ed una proporzione sostanzialmente identica (51% a 49%) a favore degli uomini. In generale i viaggiatori più anziani, con una media di 62 anni, arrivano dai Paesi scandinavi mentre i Sudamericani sono i più giovani, con una media di 29 anni.

LE DIECI NAZIONALITÀ PIÙ RAPPRESENTATE E CHI SPENDE DI PIÙ
I viaggiatori Italianway provengono da ben 164 Paesi del mondo: gli Italiani rappresentano il 42% degli ospiti (in calo del 9% rispetto al 2018 visto che le aperture in 40 località italiane oltre Milano hanno innescato un maggiore afflusso di viaggiatori per lo più stranieri). A seguire, in ordine decrescente, Russi (6%), Francesi (4,54%), Americani (3,78%), Tedeschi (3,71%) e Britannici (3,35%) in netto calo, causa Brexit, rispetto all’anno precedente. In crescita Spagnoli (all’ottavo posto con il 2,37%) e Brasiliani al decimo con l’1,71%.

I viaggiatori del Kuwait sono quelli che spendono di più (3.500€ in media per prenotazione), seguiti dai Neozelandesi che spendono in media 2.023€; gli Italiani (che si spostano non soltanto per turismo ma anche per trasferte sanitarie, oppure per questioni di studio o di lavoro) in media spendono 317€ per soggiorno ponendosi al centesimo posto rispetto alla spesa media per nazionalità che è globalmente di 531€ per prenotazione.

Siamo molto soddisfatti - commentano il Founder di Italianway Scarantino e l’AD Celani - di quel che i nostri numeri documentati raccontano: abbiamo centrato gli obiettivi ambiziosi che ci eravamo prefissati ad inizio anno e vinto scommesse strategiche come il lancio del Progetto Partner in tutta Italia che, come un’onda lunga, non si ferma e sta conquistando sempre più proprietari e imprenditori del turismo desiderosi di portare a casa loro il modello Italianway. Stiamo già lavorando alle prossime sfide con cui apriremo il 2020 continuando a perseguire oltre alla soddisfazione dei proprietari, che vedono i propri immobili recuperare valore perchè affidati a chi questo mestiere lo fa in maniera strutturata senza spazio per le improvvisazioni, quella dei nostri ospiti, la cui esperienza di soggiorno positiva è al centro del successo di Italianway”.

COS’È ITALIANWAY
Italianway (https://www.italianway.house/) è la start up innovativa prop-tech del settore turismo-hospitality fondata da Davide Scarantino e guidata da Marco Celani, AD; conta su un Team di 100 under 30 laureati e plurilingue e gestisce attualmente oltre 700 immobili in tutta Italia tra appartamenti, ville e residenze d’epoca (prenotabili direttamente sul suo portale).
Gli ultimi bilanci hanno fatto registrare un giro d’affari di oltre 11 milioni e il 2019, anno d’oro per l’azienda, si chiuderà con un forecast di 15 milioni di turn over ad un tasso di crescita del +30,6% rispetto al 2018.
Italianway ha mosso i primi passi nel settore turismo-hospitality alla fine del 2014 accogliendo viaggiatori da tutto il mondo nelle seconde case inutilizzate degli italiani, iniziando da Milano. Grazie ad un modello operativo ben strutturato e ad un software integrato, sviluppato internamente con oltre due milioni e mezzo di euro di investimento ed in grado di gestire l’intero processo del vacation rental, Italianway è rapidamente diventata il più grande property manager di Milano
A fine gennaio 2019 ha lanciato il primo franchising italiano del vacation rental attivando in pochi mesi, a partire dalla primavera 2019, 40 destinazioni in tutta Italia, tra borghi, città d’arte, località di mare. di montagna o in collina.
Sempre quest’anno, e come già accaduto nel 2018, Italianway ha ricevuto il secondo certificato di eccellenza dalla Commissione Europea, che riconosce il suo progetto di sviluppo tra i migliori 400 a livello europeo in considerazione della capacità di impatto sui borghi e sulla capacità di attrarre turisti. Italianway si è inoltre aggiudicata la 31esima posizione su 400 nella classifica delle 400 aziende italiane che crescono di più, redatta da Statista in collaborazione con Il Sole 24 Ore.