Verbania punta a diventare capitale della cultura Un dossier di 60 pagine per convincere la giuria, il Piemonte spera

 

Sono racchiuse in sessanta pagine le "qualità" con cui Verbania si candida a diventare Capitale italiana della cultura. Il dossier, che è stato presentato oggi pomeriggio a Villa Taranto, sarà presto sul tavolo della giuria che entro il 21 ottobre selezionerà le dieci città finaliste, tra cui sarà scelta la Capitale della cultura 2022.
    ''E' un lavoro fatto da tutto il territorio del Verbano Cusio Ossola, in collaborazione con tutti: associazioni, mondo economico, scuole, istituzioni'', spiega il sindaco di Verbania, Silvia Marchionini. ''Il filo rosso del progetto - aggiunge l'assessore comunale alla Cultura, Riccardo Brezza - è l'acqua del lago Maggiore, che ha influenzato lo sviluppo economico e identitario del Vco, favorendo l'insediamento industriale nell'Ottocento, accompagnato dallo sviluppo dei giardini e delle ville storiche. Ma è anche il paesaggio, la natura che diede origine allo sviluppo turistico dello scorso secolo e oggi è attrattore di una nuova fruizione che unisce ambiente e cultura, storia e nuove tecnologie. In questo dossier è racchiusa una sfida che ha una sola parola d'ordine: trasformazione, un messaggio per l'intero Paese. Se Matera aveva i suoi Sassi, Verbania ha tutto il suo territorio da mostrare''.
    A sostenere la candidatura di Verbania anche la Regione Piemonte. ''Noi ci siamo, dando il nostro sostengo a una candidatura che risveglierà l'intero territorio'' dice l'assessore regionale Valeria Poggio.
    ''Qui siamo seduti su un giacimento d'oro'', conclude il vescovo Franco Giulio Brambilla parlando della cultura, delle tradizioni, delle bellezze e della forza economica del Verbano Cusio Ossola. 

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LetterAltura, al via rassegna a Verbania. Tra gli ospiti Tozzi, Gambarotta, Patrucco, Cardini e Casella

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 Il saggista e autore televisivo Mario Tozzi inaugura l'edizione 2020 di LetterAltura. Attesi sul Lago Maggiore anche Alessandra Casella, Alberto Patrucco, Franco Cardini e Bruno Gambarotta. La rassegna letteraria, che si tiene da giovedì 24 a domenica 27 settembre, ha come tema "Fuoco e calore, nei viaggi e nel cuore".
    "Abbiamo lavorato, come tutti gli anni, intensamente e con passione - afferma il presidente dell'Associazione LetterAltura, Michele Airoldi - ma quest'anno è stata una sfida più impegnativa del solito: abbiamo mantenuto la testa e il cuore su quanto l'Italia e il mondo intero stanno vivendo, ma abbiamo anche creduto fortemente nel valore del nostro Festival''.
    Tra l'inaugurazione di giovedì 24 settembre - le note infuocate del tango che echeggeranno alle ore 18 nell'arena esterna del Centro Eventi Il Maggiore grazie alla fisarmonica digitale di Sergio Scappini - e lo speciale appuntamento di chiusura, alle ore 23 di domenica 27 settembre - Alessandra Casella, Bruno Gambarotta e Alberto Patrucco regaleranno al pubblico la magia di alcune "Letture intorno al fuoco" - un ricco calendario di appuntamenti coinvolgerà il pubblico di LetterAltura. (ANSA).

Capitale della Cultura, Verbania ambisce a diventare un modello per l’Italia

 

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La candidatura a Capitale italiana della cultura, per Verbania, “è l’unico progetto per il futuro” perseguibile nei prossimi 5 anni, al di là dell’esito del concorso, ha esordito il sindaco Silvia Marchionini alla presentazione di oggi pomeriggio nel parco di villa Taranto. “Un modello per l’Italia”, ha alzato l’asticella l’assessore alla Cultura Riccardo Brezza.

La “squadra” è già in campo da mesi. “Ci sono tutte le eccellenze del territorio che hanno aderito nei mesi scorsi: da villa Taranto alle forze economico produttive”, ha sottolineato il sindaco. La diocesi di Novara, è intervenuto il vescovo monsignor Franco Giulio Brambilla offre come “biglietto da visita”, la basilica di San Vittore, “il cui restauro sarà completato proprio nel 2022 e che, nelle nostre intenzioni, dovrebbe essere inserita in un itinerario di altre 10 chiese sul territorio in grado di attirare i turisti ospiti del territorio e di farli girare per tutto il Vco”.

In partita c’è anche l’Università del Piemonte orientale. “A fine anno – ha ricordato il rettore Giancarlo Avanzi – firmeremo il protocollo d’intesa con la Regione che ci consentirà di investire 2,5 milioni di euro nella ristrutturazione della parte superiore di villa San Remigio. Intendiamo farne un polo d’attrazione non solo per studenti e ricercatori stranieri ma anche per attirare finanziamenti. Perché senza risorse non si fa nulla”.

I deputati del territorio, Mirella Cristina (Forza Italia) e Enrico Borghi (Pd), il consigliere regionale Alberto Preioni (Lega) e l’assessore regionale alla Cultura Vittoria Poggio hanno assicurato il loro appoggio. Del resto Verbania è l’unica candidata piemontese.

Verbano News

LetterAltura presenta l'edizione 2020, dal 24 al 27 settembre a Verbania in Piemonte sul Lago Maggiore

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Tra gli ospiti più attesi sul Lago Maggiore per l'edizione dedicata al fuoco e alla passione Mario Tozzi, Alessandra Casella, Alberto Patrucco, Franco Cardini e Bruno Gambarotta. Fino al 16 settembre Aspettando il Festival con incontri, proiezioni ed escursioni

IL  divulgatore scientifico Mario Tozzi, lo storico Franco Cardini, lo scrittore Bruno Gambarotta, il fisarmonicista Sergio Scappini, il volto tv Alessandra Casella, l’attore Alberto Parrucco, la scrittrice Laura Pariani: sono alcuni dei nomi attesi a Verbania per il festival LetterAltura. La 14ª edizione prossima al taglio del nastro è stata una «prova di forza»: allestita in buona parte in piena emergenza Covid, propone una trentina di eventi.

La Stampa

Asti città degli arazzi, al via la mostra dell'artigianato artistico

 

PALAZZO MAZZETTI (ASTI)  L'artigianato artistico di bottega di due grandi maestri arazzieri astigiani è il filo conduttore di una mostra inedita che inaugura il 19 settembre  ad Asti, a palazzo Mazzetti, ed è visitabile fino al 17 gennaio 2021. Si intitola 'Asti città degli arazzi' ed è "un omaggio della città a due delle eccellenze locali, che hanno portato nel mondo la tecnica 'd'alto liccio' che ha ornato i più grandi transatlantici italiani, edifici pubblici nazionali e musei nel mondo", spiega il presidente della Fondazione Asti Musei, Mario Sacco.
    In esposizione 21 arazzi realizzati dai maestri Ugo Scassa e Vittoria Montalbano, "due delle più prestigiose manifatture astigiane, protagoniste di un capitolo importante e unico nell'ambito del rapporto tra la città e l'ambiente artistico e culturale a partire dagli anni Sessanta del Novecento", aggiunge Sacco.
    Tra le grandi opere che si possono ammirare, molte delle quali realizzate su disegni di grandi artisti del Novecento, 'Apollo e Dafne' da Corrado Cagli, 'Teatro delle Marionette' da Paul Klee, 'Tiro al bersaglio' da Felice Casorati e 'Composizione astratta' del cantautore astigiano Paolo Conte.
    Di Valerio Miroglio ci sono 'Omaggio a Rubens' e 'Doppio sole' (1989), Flora (1991) e altri da opere di Francesco Preverino, Sandro De Alexandris ed Eve Donovan. Nel percorso museale sono inserite installazioni multimediali e in movimento, che risaltano uso del colore e geometrie delle opere, e un telaio, "che consente di realizzare laboratori per la didattica" aggiunge Sacco.
    La mostra si inserisce nel ricco palinsesto di iniziative della Douja d'Or, la rassegna enogastronomica che si svolge nei fine settimana in città e nel Monferrato, fino al 4 ottobre.
    (ANSA).

A Perugia Raffaello tra reale e virtuale

 

PALAZZO BALDESCHI (PERUGIA) - Un Raffaello, tra reale e virtuale, animerà le sale di Palazzo Baldeschi a Perugia fino al 6 gennaio 2021. Le opere del sommo artista italiano sono da oggi esposte nella mostra 'Raffaello in Umbria e la sua eredità in Accademia', in una versione multimediale per la sezione curata dalla Fondazione CariPerugia Arte e in una espositiva più classica grazie all'Accademia di Belle Arti 'Pietro Vannucci' di Perugia.
    Gli organizzatori vogliono così, come è stato ricordato nel corso dell'inaugurazione, rendere omaggio a Raffaello Sanzio a 500 anni dalla sua scomparsa. Fra le manifestazioni riconosciute dal Comitato nazionale creato per le celebrazioni, la mostra è anche parte del percorso 'Perugia celebra Raffaello' e si inserisce nel più ricco programma 'Raffaello in Umbria', coordinato dal Comitato organizzatore regionale.
    Come ha spiegato Cristina Colaiacovo, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la mostra è divisa in due sezioni: la prima, quella multimediale, a cura di Francesco Federico Mancini, con la regia di CariPerugia Arte e il contributo della Soprintendenza Archivistica dell'Umbria e delle Marche e dell'Archivio di Stato di Perugia; la seconda dal sottotitolo 'L'Accademia di Perugia e Raffaello: da Minardi e Wicar al Novecento' realizzata dall'Accademia di Belle Arti e curata da Alessandra Migliorati, Stefania Petrillo e Saverio Ricci, con il coordinamento di Giovanni Manuali, conservatore dei Beni dell'accademia.
    La versione digitale di Raffaello si mostra subito coinvolgente, con i visitatori che possono persino vederlo mentre disserta con suo padre e con il suo maestro Pietro Vannucci, detto il Perugino, grazie ad alcuni attori in costume rinascimentale. La cosa particolare è poi che con questa esperienza immersiva tra suggestioni visive e sonore si potranno così ammirare, accompagnati da informazioni lette da una voce narrante, tutte le opere legate all'Umbria, se ne contano 12, oggi conservate nei più importanti musei del mondo.
    Raffaello nel capoluogo umbro ha trascorso più o meno sei anni della sua vita, dal 1500 al 1505 circa. Perugia e Città di Castello, rappresentano i luoghi dell'Umbria dove ha mosso i primi passi e svolto una parte significativa della sua formazione artistica. Le uniche due opere ancora conservate in Umbria sono comunque il Gonfalone della Trinità, nella Pinacoteca comunale di Città di Castello e l'affresco di San Severo presso l'omonima cappella annessa alla chiesa camaldolese, oggi di proprietà del Comune di Perugia.
    Fiore all'occhiello della mostra sono poi tre prestigiose opere del Rinascimento umbro appartenenti alla collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e realizzate da tre maestri a cui Raffaello si ispira e con i quali si relaziona quando arriva in Umbria: la 'Madonna col Bambino e due cherubini' di Perugino, la 'Madonna con il Bambino e San Giovannino' di Pintoricchio e il 'Santo Stefano lapidato' di Luca Signorelli.
    Mario Rampini, presidente dell'Accademia di Belle Arti, ha presentato infine la sezione che mette in mostra l'eredità di Raffaello alla 'Pietro Vannucci'. Con quattro parti tematiche e cronologiche si vuole mostrare e dimostrare come, per tutto l'Ottocento, Perugia e l'Accademia, furono un vivaio di talentuosi pittori che rielaborano la lezione degli antichi maestri, Perugino e Raffaello prima di tutti, attualizzandone modelli e stile.
    La mostra è corredata da uno speciale catalogo definito "covid free", realizzato da Fabrizio Fabbri Editore con un innovativo sistema di stampa certificato "capace di abbattere la carica batterica e alcuni tra i principali agenti microbici e fungini, sviluppato con lo stampatore Graphic Masters in collaborazione con tre laboratori di analisi specializzati".
    (ANSA).

Toscana, set cinematografico d'autore. I registi stranieri sedotti dai paesaggi tra Montalcino e Pienza

 

di Ida Bini (ANSA) - SIENA, 20 SET - Sono sempre più numerosi i registi internazionali che per girarvi i propri film scelgono la Toscana, sedotti dalla struggente bellezza dei suoi paesaggi e dalla ricchezza artistica delle sue città. L'ultimo cineasta è stato il britannico James D'Arcy che ha girato numerose scene a Montalcino per realizzare il film Made in Italy, uscito nelle sale ad agosto. La pellicola, con protagonista l'attore Liam Neeson, è la storia di un artista londinese che cerca di ricucire un rapporto con il figlio, lavorando alla riparazione di un vecchio casolare in Italia. Il casolare in questione è un rustico nel Podere Fontanelle dell'azienda Argiano, storica cantina che sorge nello scenografico territorio di Montalcino, circondata dai filari di cipressi che disegnano le colline ricoperte di vigneti e dai minuscoli borghi medievali che ne nascondono storie tra le pietre. Siamo nel cuore della Val d'Orcia, in provincia di Siena, terra amata da americani e britannici che da decenni ormai ne conoscono ogni angolo e che ha ispirato generazioni di registi e scrittori internazionali, affascinati dai suoi paesaggi straordinari. Il film di James D'Arcy è stato girato tra le vigne della tenuta di Argiano, che fu anche il set per il finale del film Letter to Juliet del newyorkese Gary Winick nel 2010. L'edificio della tenuta, costruito su un antico castello, risale al Cinquecento e si trova sul crinale di una collina ricoperta di vigneti. Nei secoli la tenuta ebbe nobili proprietari che la avvicinarono alla produzione vinicola fino al 1967, quando partecipò alla nascita del consorzio del Brunello di Montalcino.
    Prima dei due registi fu il britannico Anthony Minghella a girarvi scene per il suo capolavoro Il paziente inglese, vincitore di 9 premi Oscar: scelse proprio la Val d'Orcia, tra Pienza e il castello di Cosona, per ambientarvi la storia d'amore durante la seconda guerra mondiale tra un'infermiera canadese e un misterioso conte ungherese che alloggiava nel monastero di sant'Anna in Camprena, oggi agriturismo, a pochi chilometri da Pienza. Era il1996 e 13 anni prima fu il regista russo Andrej Tarkovskij a scegliere Bagno Vignoni, delizioso borgo termale della valle senese, come set per l'onirico film Nostalghia. Due anni dopo, nel 1985 il regista hollywoodiano James Ivory scelse Firenze per girarvi il fortunato film Camera con vista, basato sull'omonimo libro di Foster. In effetti l'elenco di film girati in Toscana è davvero lunghissimo ma d'altronde la regione italiana con i suoi poetici scenari si presta perfettamente a storie da raccontare. Sempre a Firenze il regista Ridley Scott scelse di ambientarvi il film Hannibal, girato con Anthony Hopkins nel 2001, e l'anno prima alcune tra le scene più suggestive del celebre film Il Gladiatore, ambientate nella bellissima campagna di Pienza. Infine, come non citare Under the Tuscan sun, film del 2004 della regista statunitense Audrey Wells, che racconta la storia di Frances, che in seguito alla separazione dal marito parte per l'Italia e in Toscana acquista una villa abbandonata e fatiscente che nella realtà è a Cortona e nei suoi bellissimi dintorni. 

Tra fede e storia, il Festival Europeo delle Vie Francigene

 É dedicato ai cammini del sud il 10.mo “Festival Europeo delle Vie Francigene, Cammini, Ways, Chemins”. In calendario una serie di iniziative che avranno luogo dal 29 settembre al 29 novembre, in presenza o a distanza, nel rispetto delle norme anti-Covid-19

Vatican News


Il Festival Europeo delle Vie Francigene (viefrancigene.org), per il decimo anno, è un’occasione di riflessione e accompagnamento per chi intraprende il cammino attraverso borghi, campagne e luoghi ricchi di fascino e spiritualità. L’edizione 2020, articolata in tre focus, intende puntare lo sguardo sulle radici storiche, e quindi cristiane, dei cammini dall’Alto Medioevo ad oggi; sul “turismo buono” e sostenibile rappresentato dalle vie francigene; e, in omaggio ai 100 anni dalla nascita di Gianni Rodari, su “La grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie”.

È ripartito il programma «I viaggi del cuore»

 

Con la dolcezza di sempre, don Davide Banzato è tornato ad accompagnarci dentro lo splendore di santuari e luoghi cristiani, a rimetterci in contatto con le storie straordinarie di santi e beati, a farci incontrare vite comuni in cammino, con le loro storie di speranza e pace prodotte dalla fede. Da  domenica  13 settembre, alle 9 del mattino, come sempre su Rete4, per un appuntamento che si rinnova ormai dal 2016, è ripartito I viaggi del cuore, il programma trasmesso anche all’estero sul canale internazionale Mediaset Italia. Si è rimesso in moto quell’osservare scorrevole ma denso di sostanza, quel  passeggiare distensivo  in equilibrio tra cultura, arte e storia legate tra loro per comunicare la bellezza profonda del cristianesimo.

La prima tappa di questa nuova edizione è stata Loreto: «Una puntata ricca — ci ha detto don Davide Banzato, parlandoci del programma e delle sue novità — da quel santuario che ha tanto da dire, da raccontare». È uno tra i pochi casi di Basilica fortezza, è tra i santuari mariani più famosi al mondo. Le telecamere di I viaggi del cuore lo attraversano, lo ammirano da vicino e da lontano, lo accarezzano con inquadrature suggestive che abbracciano il verde e l’azzurro del paesaggio intorno e i suoi scorci, le sue forme fino a giungere con delicatezza tra le mura della Santa Casa di Maria di Nazareth, dove  padre Giuseppe Santarelli, storico del Santuario, offre informazioni preziose che sono l’ennesimo frammento di quella  comunicazione calma, dettagliata ma accessibile che caratterizza I viaggi del cuore.

«Cerchiamo di parlare a tutti — ha spiegato don Davide — anche se abbiamo un pubblico affezionato, credente». La scelta di essere un programma popolare, però, non significa affatto scarsa  qualità visiva, anzi: «Se  c’è una cifra che ci caratterizza è proprio quella della bellezza. Dal 2016 abbiamo scelto di girare sempre all’aperto, senza studio e con ben cinque telecamere. Abbiamo un direttore della fotografia molto attento e cerchiamo di parlare valorizzando l’immagine. Non ci risparmiamo dal punto di vista della sua qualità».

All’attenzione per la forma si accompagna quella per i contenuti: esperti, scrittori, studiosi e giornalisti si aggiungono al viaggio mettendo a disposizione le loro competenze e la loro professionalità, ma I viaggi del cuore dà voce anche alla gente comune: «Con Maria ho un rapporto di figliolanza — racconta una donna in cammino con altri pellegrini sulla via Lauretana — da lei vorrei imparare tutto, come si è comportata nella vita, il suo sacrificio, l’amore verso il figlio e verso tutta l’umanità».

Sono occhi che brillano di sincerità, di quella «realtà» cercata dal programma e viva anche sul volto di David, 28 anni, che grazie al percorso con Nuovi Orizzonti da un anno e mezzo vive presso la casa di formazione al volontariato di Como, dove ha ritrovato quel «desiderio di vivere, di sognare e di fare cose belle» che a un certo punto aveva «perso, dimenticato».

È una storia di speranza, la sua, di rinascita come ce ne sono in ogni puntata «perché chiunque guardi, chiunque abbia una problematica simile, possa dire: “se ce l’ha fatta lui posso farcela anch’io”». David chiude l’inizio di questa nuova stagione caratterizzata da una bella novità: la presenza di Missioni Don Bosco per raccontare la situazione di diversi Paesi  nei vari continenti in cui i salesiani operano in prima linea.

«La pandemia — ha spiegato don Davide — come anche il Papa ha sottolineato, ci ha reso consapevoli di quanto siamo interconnessi e legati come un’unica famiglia, ma ha anche evidenziato le grandi differenze sociali che ci sono e che purtroppo rischiano di acutizzarsi. Così abbiamo pensato di inserire nel programma, proprio grazie a Missioni Don Bosco — che è una delle realtà più diffuse nel mondo — il racconto di diversi Paesi e ciò che i missionari fanno globalizzando il bene. Abbiamo pensato di farlo conoscere a chi segue il programma insieme alle criticità di Paesi lontani da noi, ma in realtà anche molto vicini».

Erano state progettate puntate all’estero: India, Kenia, foresta amazzonica, ma la pandemia ha cambiato i piani e quel progetto è stato momentaneamente accantonato. «A quel punto abbiamo cercato di recuperare l’idea inserendo in ogni puntata un missionario che ha vissuto (o vive) in un Paese in missione  svelandoci i progetti che la Chiesa porta avanti localmente».

Le parole di Giampietro Pettenon — presidente delle Missioni Don Bosco — sottolineano, nella prima puntata, la presenza massiccia dei missionari da più di quarant’anni un po’ in tutti i Paesi dell’Africa, soprattutto nelle periferie delle grandi città. All’inizio provenivano dall’Europa, «ora invece i salesiani sono circa 1.300 e la maggior parte di questi sono africani. È questa la cosa bella — aggiunge Pettenon — don Bosco si è radicato in Africa con il popolo africano». A San Giovanni Bosco e Valdocco sarà dedicato ampio spazio nella puntata su Torino: «Principalmente una puntata monografica», ha anticipato don Davide, parlando anche di quella in Irpinia, «diversa dalle altre, un po’ avventurosa» e di quelle sulle catacombe romane. E poi Genova, «dove creeremo qualche legame con la comunità, visto quello che è successo due anni fa», e Laverna, «interamente dedicata al luogo delle stimmate e al rapporto con san Francesco».

Infine la puntata in Umbria: «Terra ricca di santi e santuari, che vogliamo girare più avanti per cogliere appieno l’esplosione di colori nella regione». Senza dimenticare il presente, il tempo difficile che viviamo. I viaggi del cuore lo fa in più modi: «rilanciando, sostenendo luoghi di culto che comunque, per quanto possano essere attrattivi, hanno subito un contraccolpo dalla pandemia» e dando la possibilità a persone «malate, o che non possono viaggiare, tanto più con la pandemia, di conoscere e fare un pellegrinaggio virtuale». C’è stata poi l’idea di riempire lo spazio Spirithterapy di Chiara Amirante raccogliendo le tante richieste di aiuto ricevute (anche attraverso i centri di ascolto di Nuovi Orizzonti) in questo tempo di pandemia e lockdown:  «Abbiamo raccolto le domande più ricorrenti sulle paure del presente e del futuro, sullo smarrimento a causa della solitudine, della perdita del lavoro e di identità. Nel percorso creato da Chiara Amirante c’è un tema fondamentale: il bisogno di ogni essere umano di amare ed essere amato. Noi rispondiamo a quel bisogno: la Spirithterapy indica le vie — principalmente quelle del Vangelo — che offrono risposte alle problematiche  quotidiane che la pandemia ha accelerato». 

C’è tanta bellezza, insomma, dentro I viaggi del cuore, tra cui una invisibile, celata per ora dietro le quinte, anche se nelle ultime puntate verrà fuori: è il progetto Ciak si gira, finanziato da L’impresa sociale per i bambini. «Mi sta molto a cuore — ha detto don Davide spiegandolo — abbiamo preso ragazzi dai 13 ai 17 anni a rischio di abbandono scolastico e disagio giovanile e abbiamo dato loro la possibilità di appassionarsi a un progetto attraverso la relazione con professionalità del settore. Sono stati seguiti per un anno, a livello didattico e sui  set  televisivi tra cui quello di I viaggi del cuore. Il progetto prevede che si specializzino in un settore specifico, trovino la loro professionalità e realizzino un format in onda a livello nazionale. Li responsabilizziamo, vogliamo dare un’alternativa a problematiche che potrebbero ingrandirsi. La chiave è renderli protagonisti, mostrargli che se hanno un sogno lo possono realizzare, ma occorre tempo, energia, studio e sacrificio. Ragioniamo a lungo termine: il progetto, attivo da un anno, ne durerà quattro e dopo due anni i ragazzi che lo hanno realizzato diventeranno tutor degli altri».

Quando ne parla, a don Davide viene in mente quella frase di don Bosco sull’esistenza di un punto accessibile al bene presente in ogni ragazzo.

di Edoardo Zaccagnini /  Osservatore

Italia green: il futuro è già qui. In un libro di Marco Frittella la mappa delle eccellenze italiane nell’economia verde

 

Ora come non mai è chiaro che il futuro dell’Europa debba essere verde. «Dobbiamo cambiare il modo in cui trattiamo la natura; un cambiamento non solo necessario quello del Green New Deal, ma anche possibile». Sono le parole pronunciate il 16 settembre scorso a Bruxelles dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel discorso sullo stato dell’Unione davanti al Parlamento dell’Ue riunito in seduta plenaria.

Il Green New Deal è la strategia dell’Unione europea che ambisce a raggiungere la neutralità climatica o impatto climatico zero entro il 2050 mediante la riduzione del 55 per cento delle emissioni nocive nel prossimo decennio. Ebbene l’Italia, che è già all’avanguardia nella green economy, potrà esserne capofila in Europa. Lo sostiene del resto anche il Manifesto di Assisi, presentato a gennaio scorso col titolo «Un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica» nel Sacro Convento di San Francesco.

Gli obiettivi che la comunità internazionale si è data con l’accordo di Parigi del 2015 non sono più adeguati: solo la decarbonizzazione, ossia il passaggio dalle combustibili fossili alle fonti rinnovabili, potrà diminuire le emissioni di anidride carbonica. Una transizione economicamente e socialmente né immediata né indolore, eppure sempre più conveniente.

«Lo sapete che in Europa noi italiani siamo i migliori a riciclare quell’enorme risorsa che sono i rifiuti? Più dei tedeschi, pensate. E che siamo tra i primi nel mondo quanto a efficienza energetica e uso delle rinnovabili? C’è chi ritiene che si possa fare un elegante tessuto dell’Italian Fashion con le bucce delle arance siciliane oppure una vernice atossica con le fave di cacao». Con una tempistica perfetta tutto questo e molto altro ce lo svela in maniera avvincente e sorprendente il volume del noto giornalista Marco Frittella: Italia green. La mappa delle eccellenze italiane nell’economia verde, Rai Libri, Roma 2020. Attenzione però, non è un libro sullo «Strano ma vero». Ad affermarlo è lo stesso autore che si ripromette di raccontare, e lo fa in maniera convincente, quello che orgogliosamente e inaspettatamente in Italia si realizza, per entrare nell’era dello sviluppo sostenibile, dell’economia circolare e della rivoluzione energetica. Frittella traccia con ricchezza di dati la mappa delle eccellenze italiane nell’economia verde, ancora poco note ai più.

In sostanza c’è già un’Italia in prima fila. Oggi in molti settori, dall’industria all’agricoltura, dall’artigianato ai servizi, dal design alla ricerca, siamo protagonisti nel campo dell’economia circolare e sostenibile. Ad esempio, pur avendo noi italiani inventato la plastica, ora guidiamo la lista dei Paesi virtuosi, nel limitarne l’uso, avendo già anticipando le scadenze indicate dalle direttive europee.

L’autore ci parla del progetto Solar Print, cioè, di una rivoluzione tecnologica tutta italiana, che prevede di produrre su larga scala celle fotovoltaiche, stampabili come fossero un giornale, e ricaricabili con la luce solare o artificiale. Saranno ecologiche ed economiche, perché invece del silicio adopereranno composti del carbonio, come il Pet — polietilene tereftalato — lo stesso materiale con cui si fanno le bottiglie per l’acqua. Frittella infatti spiega che «il sogno è quello di poter un giorno stampare una cella anche con una comune stampante di casa, oppure di avere impressa sul giornale di carta una cella solare che alimenti le componenti interattive del quotidiano, come videoclip o animazioni». Potrebbe essere un modo per aiutare la carta stampata a non scomparire, legandola all’evoluzione dell’Internet delle Cose con il 5g.

L’agricoltura, che era stata considerata per decenni del tutto residuale, invece può e deve tornare protagonista. L’agroalimentare — afferma — non potrà che tornare ad essere uno dei principali motori di crescita nazionale, perché vantando la maggiore biodiversità vegetale e animale, l’agricoltura italiana è la più verde d’Europa: è ecosostenibile, sicura, controllata, biologica, biodinamica, in linea per la transizione energetica. L’agroalimentare Made in Italy realizza il cibo più vario al mondo, la cui contraffazione ogni anno sottrae un valore di oltre 100 miliardi di euro, più del doppio dell’export del vero agroalimentare italiano.

Ma c’è anche l’olio fritto delle nostre cucine, che ora finisce nei lavandini e che invece può essere riutilizzato come combustibile. L’Eni ad esempio, oltre a essere la prima compagnia al mondo ad aver convertito una raffineria tradizionale in bioraffineria (prima a Venezia e poi a Gela), ora è impegnata nel recupero degli olii vegetali e da frittura che servono a produrre diesel verde: la multinazionale ha stipulato 30 accordi con municipalizzate di varie città per la raccolta dell’olio da cucina, compreso quello del Vaticano, ci rivela Frittella.

Oltre al record del fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, l’Italia è tuttora il secondo maggiore produttore di energie rinnovabili in Europa, meglio di Germania, Francia e Gran Bretagna. Il quinto per capacità solare-fotovoltaica nel mondo, il primo nell’energia geotermica.

Per un coinvolgimento per la difesa dell’ambiente che provenga dal basso e che non sia imposto dall’alto, l’autore è convinto che la vera svolta “green” in Italia verrà piuttosto dai comportamenti dei singoli cittadini e dalle imprese, le quali avvertono il vantaggio derivante dal posizionarsi e dal riconvertirsi verso produzioni orientate alla green economy. Lo hanno capito i giovani e le donne, spesso a capo di start-up che inventano piani industriali verdi, proprio perché l’Italia grazie al suo modello produttivo è la superpotenza europea dell’economia circolare, della gestione dei rifiuti e in generale dell’innovazione nel settore. L’eccellenza italiana “green” si articola su più fronti, dalla bioplastica ottenuta con scarti vegetali, all’agrifood e alla moda sostenibili, dalle costruzioni verdi all’e-mobility.

Tuttavia, nella transizione verso un’economia sostenibile a livello globale è imperativo non dimenticare quei milioni di esseri umani, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che non hanno accesso alcuno all’energia. Come afferma Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’, bisogna combattere la cultura dello scarto, «senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno», ossia coinvolgendo e non escludendo. In questo senso è emblematica la storia del Movimento dei Focolari, che rappresenta un piccolo miracolo della solidarietà sostenibile. Hanno presentato infatti all’Expo 2015 di Milano una cucina a energia solare sostenibile biodegradabile destinata in un primo momento ai terremotati di Haiti, ma che è perfettamente replicabile altrove, contribuendo così ad arginare il fenomeno della deforestazione, che tanto minaccia il Sud del mondo.

Pur avendo il nostro Paese un ruolo preciso nella transizione energetica, Frittella biasima la lentezza dell’implementazione di politiche che siano veramente al passo coi tempi: ad esempio l’autore menziona il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030, presentato nel 2019 dal governo italiano, però giudicato troppo timido tanto dagli ambientalisti quanto dal mondo imprenditoriale. Un’altra critica ad esempio riguarda la commercializzazione del derivato del riciclo, per il quale si rende necessario un provvedimento “end of waste”, «ma mentre negli altri Paesi si contano decine di decreti del genere ogni anno, noi ne abbiamo visto approvare uno solo dopo cinque anni».

«I libri sul problema ambientale sono giustamente tantissimi — chiosa Frittella — mentre i libri sulle soluzioni ai problemi sono meno numerosi, e meno ancora sono quelli, a parte le meritorie pubblicazioni tecnico-scientifiche destinate ad un pubblico specialistico, che si concentrano sulle soluzioni che si sperimentano e si concretizzano in Italia».

Non a caso l’autore con Italia Green accompagna il lettore lungo un viaggio virtuale e concreto allo stesso tempo, capace di suscitare non solo curiosità e orgoglio, ma anche un senso di fiducia verso un futuro sempre più a portata di mano e forse sempre meno velleitario. Frittella ci ricorda, infatti, che le persone si devono sentire parte della costruzione del futuro.

di Alicia Lopes Araújo / Osservatore