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76/a Mostra del cinema di Venezia MARCELLO, MARTONE E MARESCO GUIDANO L'ITALIA A VENEZIA

ATTESI JOKER, POLANSKI, AD ASTRA. NON SCORSESE E ALLEN Pietro Marcello, Franco Maresco e Mario Martone sono i tre registi italiani con i loro film in concorso alla 76/a Mostra del cinema di Venezia. Ad Astra con Brad Pitt, J'accuse di Roman Polanski, Joker di Todd Philips con Joaquin Phoenix, The Laundromat di Steven Soderberg con Gary Oldman, Banderas, Meryl Streep sui Panama papers sono tra i titoli top in concorso. Nel cartellone due assenze: The Irishman di Martin Scorsese ('non è pronto', dice Barbera) e A rainy day in New York di Woody Allen ('lo avrei voluto, ma hanno preferito un'uscita senza i clamori di un festival').

Venezia. Apre la 58ª Biennale d'arte all'insegna del circo

«Mondo cane», installazione nel padiglione belga

Il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta, parlando a un gruppo di giornalisti invitati per un light lunch, martedì scorso ha fatto un rapido bilancio su come sia cambiata negli anni la funzione di questa mostra, che è la più antica del genere sulla scena internazionale. Limitandosi anche solo al periodo dal Dopoguerra in poi, quando nel 1948 ebbe luogo la prima edizione seguita alla pausa imposta dal conflitto mondiale, Baratta ha così riassunto l’andamento a grandi linee: la Biennale non è più uno spazio nel quale si tengono contemporaneamente tante personali o monografiche riunite sotto lo stesso cappello espositivo. Il modello era quello delle Kunsthalle, ed era anche la formula sulla quale si basò proprio l’edizione del 1948, dove nel padiglione greco era ospitata la collezione di Peggy Guggenheim che portava con forza alla ribalta la pittura astratta, e poi si potevano vedere mostre antologiche dedicate a Klee, Chagall, Arturo Martini (scomparso l’anno precedente), Kokoschka, Rouault, Picasso, Braque, Moore, Wotruba, gli espressionisti tedeschi, gli impressionisti... e molte di queste rassegne avevano curatori d’eccezione, Longhi, Argan, Guttuso, Arcangeli, Read, Ernst... Alle personali erano poi subentrate negli anni monografiche su gruppi ed esperienze nuove. Ma oggi, ormai da varie edizioni, non è più così. Era evidente dalla lieve tensione compiaciuta delle labbra mentre parlava, che Baratta identifica questa svolta anche con se stesso, da quando cioè salì al comando nel 2008, dopo brevi esperienze precedenti.
È scomparsa, ha detto, anche la figura dell’artista come “attore sociale”; non più dunque un propagatore dell’arte come sintomo delle malattie del proprio tempo, o per così dire del riflusso concettuale in realtà diventato lingua internazionale del nichilismo ascetico, dell’arte-nirvana o, peggio, dell’arte indistinguibile dall’oggetto comune secondo il principio che chiunque è artista e qualsiasi cosa può essere arte. Oggi, pensa Baratta, viviamo in una scena dell’arte superaffollata, e il compito dell’artista è portare un cortocircuito nella capacità dello spettatore di digerire ciò che un tempo si chiamava opera d’arte ma ora è inevitabile definire piuttosto oggetto artistico. L’artista non è più chi usando tecniche e linguaggi codificati (sempre soggetti a essere decostruiti e ricostruiti con ordine diverso) ci pone davanti a un’opera che interpreta criticamente un canone e una storia, che si introduce in una continuità con le dissonanze tipiche di ogni atto libero e autonomo (l’élan vital bergsoniano, per intenderci); no, oggi l’artista è total free, nel senso di totalmente libero e totalmente gratuito, usa le materie e i materiali che vuole come gli pare e piace. Non conosce il limite, perché il limite è contrario all’idea di libertà che passa nel nostro tempo. Un’arte che chiunque può fare e che non richiede la conferma di un giudizio critico è piuttosto uno spazio nel quale si entra e si esce come semplici comparse di una giostra che colpisce lo spettatore con trovate, provocazioni, esagerazioni, pensieri buoni (o malefici)...
È anche il senso dell’ammonimento compreso nel titolo della Biennale d’arte che apre i battenti domani: May You Live In Interesting Times, che tu possa vivere in tempi interessanti. Il saggio cinese che usava questo monito non intendeva, come molti si augurano oggi, vivete sereni; in realtà, questo invito a vivere tempi interessanti per i cinesi vale piuttosto come una maledizione perché quell’augurio ha a che fare con la complessità, demone della nostra era postmoderna. Ma quando Baratta nella presentazione in catalogo gioca sul doppio registro maledizione/opportunità, ecco che mette in campo senza dirlo una regola base del capitalismo a cui l’arte di oggi deve quasi tutto anche quando, come sostiene il curatore di questa edizione, l’americano Ralph Rugoff, cerca di essere il balsamo di una storia segnata dal colonialismo.
Se quella maledizione è ricaduta su di noi, come disse un diplomatico britannico, oggi è evidente che continua ad agire in un sistema dell’arte gravemente menomato e tenuto in pugno dal potere economico-culturale: Mercato-Musei-Case d’asta-Galleristi-Curatori. Ed è bene ribadire che i curatori non sono affatto necessariamente critici, sono manager che inventano contesti e messinscene di idee e concetti capaci di dare un retroterra a ciò che spesso sale alla ribalta solo per la determinazione (sostenuta dal denaro) di alcuni influenti personaggi. Oggi, per esempio, l’arte internazionale è dominata da una oligarchia, di cui fanno parte sul piano collezionistico-mercantilistico figure come Pinault e Gagosian.
Qual è il punto debole del sistema dell’arte? Senza dubbio la fine della critica d’arte. Senza la critica d’arte, manifestazioni come la Biennale diventano lunapark o teatri circensi. Si veda – come emblema – l’allestimento Mondo cane di Jos de Gruyter & Harald Thys nel padiglione belga che è un teatrino di finti vecchi automi: suonatori ciabattini arrotini e filatrici ma anche nuovi Frankenstein. Si ride anche, ma è appunto l’emblema di un baraccone dove ogni scelta ideale e artistica convive con l’altra annullandone il potenziale critico e la forza estetica. L’Arsenale presenta anche opere degne di nota e la cura impressa da Rugoff alla mostra è pulita, in parte richiama con minor forza evocativa l’allestimento della Biennale di Gioni. Si segnalano le installazioni di Alexandra Birken con tante figure umane nere (ombre?) afflosciate su scale e travi, ilMicroworld di Liu Wei con lastre di acciaio composte in un conflitto di vuoti e di pieni dentro una grande stanza, le tristi fotografie di Soham Gupta (non a caso intitolate Angst), e quelle ad altissima definizione di Anthony Hernandez su mondi fatiscenti e discariche e materie povere; e ancora: le grandi ruote da autocarro rivestite di catene e sospese a mezz’aria di Arthur Jafa, che mostrano come la scultura possa essere anche lontana dai canoni soliti (anche quelli poveristici appunto)... Sono emergenze che non indicano però nuove strade, un comune sentire, altri scenari dove leggere il futuro. Forse la maggior coagulazione nel modo di vedere viene dai Paesi asiatici, e questo testimonia semmai come il dominio del mercato americano sia messo a dura prova anche nell’arte dal mondo cinese, indiano e giapponese.
Penso che con questa Biennale dovrebbe chiudersi un ciclo, che ha assecondato la dittatura dello spettatore cioè ne ha accarezzato gli istinti consumistici e ludici ma senza scavare nelle contraddizioni del nostro tempo anche prefigurando un dissonante ritorno alle forme e alla capacità tecnica di ordinarle. Al contrario di quel che pensa Baratta, se questa Biennale è diventata il modello per altre manifestazioni analoghe (ma non Documenta, per esempio), forse è il momento di fare scelte diverse e tornare al passato, a una Biennale-Kunsthalle dove il modello espositivo riviva in forme nuove. Del resto, Baratta sa bene che questa formula non è mai tramontata, si è soltanto dislocata su tutta Venezia, in una sinergia con altre istituzioni che aiuta la Biennale a fare risultato. In questi giorni si sono aperte in Laguna mostre di Burri, Baselitz, Scully, Forg, Kounellis, Immendorf, Gorky, Halley... Ridefinendo il modello, si deve tornare e riconoscere un ruolo centrale alla critica.
Avvenire

Venezia. A Palazzo Grassi Luc Tuymans e la pelle dell'immagine

Luc Tuymans, "Turtle" (2017). Venezia, Palazzo Grassi

da Avvenire
Da alcuni anni le mostre della collezione Pinault a Venezia si configurano come una lauta entrée del ricchissima offerta che nella Biennale ha il centro. Palazzo Grassi, dopo la ridondanza della fabula di Damien Hirst nel 2017 e la pittura postideologica di Albert Oehlen l’anno scorso, ospita la prima personale italiana dell’artista belga Luc Tuymans, “La Pelle”.
La mostra, splendidamente allestita, è a cura di Caroline Bourgeois e dello stesso Tuymans, assai attivo anche come curatore, veste nella quale ha firmato recentemente Sanguine, alla Fondazione Prada a Milano, sul barocco storico e contemporaneo. Luc Tuymans muove sempre da un’immagine trovata, intesa come un’operazione di astrazione rispetto al reale, mentre la fisicità del dipinto mantiene salda la necessità dell’esperienza. Nel passaggio dalla riproduzione meccanica (trovata su un libro o sul web) al quadro, l’immagine è sottoposta a una serie di passaggi: viene rifotografata, oppure dipinta e quindi rifotografata, di solito con tecnologie a “bassa risoluzione” (come la Polaroid). A ogni passaggio si perdono informazioni mentre cresce il tasso di “rumore” e la leggibilità diminuisce. Con il riversamento, tecnico o tecnologico, l’immagine diventa altro, come un testo che venga tradotto di lingua in lingua. Nell’oggetto che arriva appeso alle pareti qualcosa resta per sempre lost in translation.
Ci sono però “due” Tuymans. Il primo, che corrisponde agli anni 80 e 90, è un artista estremamente interessante. Le sue immagini sono dure, dipinte con un bisturi. È una pittura secca, a tratti persino gessosa, concentrata, violenta. I tagli sono spesso brutali, come brutale è la forza con cui l’immagine si riversa su chi guarda. Gli occhi chiusi di Albert Speers in Secrets, il corpo fantoccio di Body (entrambi del 1990), l’insetto kafkiano di Superstition (1994), il coniglio fantasma di The Rabbit (1994) e soprattutto la cruda oggettività di Der diagnostische Blick, serie del 1992 in cui Tuymans prende spunto dalle illustrazioni di un volume medico (Diagnostica a prima vista). È una linea che resiste almeno fino a Orchid (1998) e ai primi anni Duemila, come nel notevole Bend Over (2001), pure desunto da un volume di medicina: sono immagini che escludono ogni neutralità e dalla violenza tanto più forte perché compressa in un sottotesto psicanalitico.
Non sembra essere un caso che le tele degli anni 80 e 90 siano quasi tutte di piccolo e medio formato, a volte piccolissimo: dimensioni che garantiscono la massima concentrazione in un rapporto paritario con chi guarda. Ma dalla metà degli anni 2000 Tuymans si gonfia pittoricamente – le immagini si sfaldano, i colori si dilavano – e dipinge formati sempre più grandi. E insieme si estetizza. Per inteso, Tuymans resta un grande pittore: il tritticoMurky Water (2015) è un capolavoro nel suo galleggiare tra fascino pittorico e immagine patologica. Ma qualcosa evapora.
Lo spartiacque è segnato dall’ingresso del digitale nella storia delle immagini: nella loro creazione, nella loro fruizione, nella loro disseminazione. Un’opera chiave nella presa di coscienza in Tuymans nello scarto irreversibile è il dittico Against the day, un altro dei vertici della mostra nella sua enigmatica inquietudine domestica. L’artista si accorge di un’analogia iconografica con Il guardiacaccia di Khnopff (1883) ma, osserva, «la luce era del tutto diversa, ed era chiaro che la mia veniva dall’era digitale (...) questo significa che ogni epoca ha una specifica qualità alla quale è possibile risalire proprio per via visiva».
I soggetti della seconda fase della sua pittura sono disparati: si va dai criminali all’iconografia dei totalitarismi, oggetti che rimandano alla storia del Novecento, particolari di opere d’arte, molto cinema, elementi quotidiani, programmi tv. Tuymans parte da dove era arrivato Gerhard Richter con il suo ciclo 18 Oktober 1977 (1988), dedicato alla cattura e alla morte dei membri della banda Baader- Meinhof: una serie che condensa simbolicamente i dipinti “grigi”, di cui ne costituiscono il commiato. È un lavoro epocale, in cui Richter si confronta con il problema antico della pittura di storia nell’epoca dell’informazione di massa. Pittura senza centro, senza ancoraggi: ogni punto a cui fissarsi cede nel momento in cui lo si agguanta.
Tuymans ne prosegue il tracciato ma la superficie su cui camminare è fragile, come aveva intuito il pittore tedesco. Lo sfasamento, che in Richter è inafferrabilità della pittura e impredicabilità del reale, in Tuymans non sfugge al rischio di diventare maniera. Se nelle opere della prima fase il rapporto tra linguaggio e contenuto è essenziale all’economia dell’immagine, nel Tuymans attuale il contenuto appare non di rado come una sovrastruttura: mentre prima bastava la percezione di un segnale forte per quanto oscuro, ora è richiesta una spiegazione a latere, un sostegno esterno. Il contenuto è un congegno mentale che serve a dare un valore etico, avvertito come necessario (esemplare è Schwarzenheide, l’iperdecorativo mosaico allestito nel cortile di palazzo Grassi, che riproduce un disegno realizzato in un campo di concentramento) a una pittura che è tutta proiettata al proprio interno. Il che di per sé non è un problema, perché è lì che brucia il cuore del fatto artistico: lo dimostra un lavoro come Candle (2017).
Il processo progressivo di scollamento tra immagine e pittura finisce così per rendere fragile il legame tra questa e il tema del potere (delle istituzioni, delle immagini...), che vorrebbe essere il cuore della riflessione. C’è forse un limite nell’opera di Tuymans, presente anche in Sanguine (nella mostra milanese era di carattere storico), di una visione che si fa più debole quanto più cresce in ambizione. Lo si nota nella scelta stessa di intitolare la mostra La Pelle, in relazione al romanzo di Curzio Malaparte. Per quanto la figura dello scrittore sia scelta come emblema dell’ambiguità, a Tuymans probabilmente sfuggono la reale complessità della figura (definito, banalmente, dall’artista «megalomane») quanto quella di un romanzo come La pelle che affonda la sua lingua nel racconto di un male non «banale» ma totale per quanto del tutto privo di una prospettiva metafisica: una esplorazione della natura più tragica e profonda dell’animale uomo che abbandonate le vesti stracce della morale si abbandona all’istinto di sopravvivenza.
Se dunque per Tuymans l’arte non illustra la realtà ma la problematizza, restituendola allo spettatore come una forma interrogativa, alla fine del percorso gira sotto la lingua una domanda amara: e se la patina diafana del secondo Tuymans nascondesse in realtà il tradimento di se stesso? Se nello squamarsi dei passaggi di stato anche l’autenticità del pittore fosse finita lost in translation?
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A Punta della Dogana prosegue la tradizione di mostre collettive che riorganizzano sotto particolari punti di vista le opere della collezione Pinault. Luogo e segni, a cura di Mouna Mekouar e Martin Bethenod, sceglie una cifra (letteralmente) poetica, scegliendo come guida i versi e i temi della poetessa libanese Etel Adnan (Beirut, 1925). E nel catalogo (Marsilio, come anche per Tuymans: entrambi volumi magnificamente curati) alle opere degli artisti sono accostate liriche di autori diversi.
Come nelle mostre precedenti il percorso è rarefatto e non di rado arduo ma quest’anno c’è una bella corrispondenza tra idea e allestimento, che valorizza la dimensione sorprendentemente intima di uno spazio come quello creato da Tadao Ando. Uno dei temi chiave della mostra – insieme all’amicizia e alla memoria– è infatti il rapporto con gli ambienti e quello tra questi e la laguna. Luogo e segni prende il titolo da un’opera di Carol Rama, un metaforico autoritratto. Senza l’incontro con lo spazio e la sua interpretazione l’artista perde la sua libertà. Un continuo gioco di rispecchiamento e trasformazione, che si adegua al mutare della luce e dell’ora. In questo senso è forse la mostra più “veneziana” tra quelle allestite a Punta della Dogana.
Venezia, Palazzo Grassi
Luc TuymansLa PelleFino al 15 dicembre

Venezia, Punta della DoganaLuogo e segniFino al 15 dicembre

Turisti. Venezia, in arrivo quattro «bollini colorati» per la tassa d'ingresso

Turisti a Venezia (Ansa)
Turisti a Venezia (Ansa)
La città verso l’autoprotezione. Dalle acque alte e dall’assalto dei turisti. Alle 5 di ieri mattina è stata posata l’ultima delle 78 paratoie del Mose, le dighe mobili che chiuderanno la laguna quando l’alta marea supererà i 110 cm. Intanto filtrano le prime ipotesi sull’applicazione della nuova tassa di sbarco, probabilmente con l’arrivo deibollini, da verde (giornate di afflusso turistico scarso), a nero, quando la città è presa d’assalto. E con la diretta conseguenza che le tariffe triplicherebbero progressivamente da 3 euro fino a 10. Ne resteranno esclusi i residenti. Conferma, infatti, il sindaco Luigi Brugnaro: «Saranno esentati i cittadini veneziani, chi lavora, chi ha diritto e chi paga la tassa di soggiorno nel comune di Venezia».
Le misure saranno definite in giunta municipale il 5 febbraio, per entrare in vigore in primavera. I bollini sarebbero quattro, a seconda dei periodi dell’anno e dell’afflusso di visitatori: bianco, tariffa da 6 euro, rosso, da 8 euro, e nero, con il ticket massimo di 10 euro. Infine il bollino verde, con la tariffa minore, 3 euro, per i vacanzieri giornalieri che giungono a Venezia nei periodi di calma turistica. Nelle giornate di maggiore pressing - una decina l’anno scorso, a fine carnevale e nel pieno dell’estate - entrare a Venezia costerebbe un supplemento di 10 euro.
E, notizia di questi giorni, c’è chi nelle valli dolomitiche, copiando Venezia, immagina la 'vignetta' per accedere ai passi nei periodi di maggiore afflusso in auto e in moto. La primavera e l’estate serviranno, in laguna, per una sperimentazione, a carico soprattutto di chi arriva in nave o in treno, ma si pensa di coinvolgere in qualche modo anche gli automobilisti, trasformando il ponte translagunare tra Mestre e Venezia in una sorta di Ztl, assoggettato , dunque, ad un pass.
Tempi meno rapidi, invece, per la protezione dalle acque. A 16 anni dalla prima pietra viene depositata in mare l’ultima delle 78 paratie del Mose, il sistema di difesa che è stato al centro di una pesante inchiesta giudiziaria per le tangenti. Non siamo alla vigilia della funzionalità del 'Modulo sperimentale elettromeccanico'. Ci vorranno tre anni per sperimentare il funzionamento della grande opera; la consegna, infatti, è fissata al 31 dicembre 2021. Il costo stimato inizialmente era di 1,6 miliardi di euro, la cifra oggi è intorno ai 5 miliardi e mezzo. I primi test riguarderanno il sollevamento delle dighe; alcune sono state fissate in mare ancora 5 anni fa e gli ingranaggi, non utilizzati, potrebbero evidenziare qualche problema (non solo di ruggine).
Ecco perché si comincerà dalla barriera di Treporti, l’unica ad avere gli impianti funzionanti. Gli esperti delle università di Padova si preoccuperanno del fenomeno che impensierisce di più, quello della risonanza. In particolari condizioni meteo e marine, le paratoie potrebbero oscillare e, quindi, far entrare troppa acqua, rendendo così inefficace il sistema di difesa. C’è poi da perfezionare il sistema della gestione, che non è stato ancora puntualmente definito. Soprattutto per quanto riguarda la spesa che si prevede… milionaria.

Al Met i codici di S.Lazzaro a Venezia Armenia!, storia di accoglienza in laguna in nome della cultura

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NEW YORK - Un ponte tra Venezia e New York e una straordinaria storia di accoglienza nella Serenissima di tre secoli fa che approda al Met. Per la mostra Armenia!, che ha aperto questo fine settimana i battenti nel museo su Fifth Avenue, dal monastero di San Lazzaro sono arrivati a Manhattan otto preziosi codici, sei dei quali mai stati esposti in America prima d'ora.
    Organizzata da Helen Evans, responsabile del dipartimento di arte bizantina del museo, Armenia! raccoglie 140 oggetti tra reliquiari, tessuti, manoscritti, gioielli, modellini di chiese, le elaborate croci note come khachkars e la eccezionale Mappa Marsili delle chiese armene prestata dalla biblioteca universitaria di Bologna. "Davanti a questi tesori comprendiamo meglio il ruolo centrale che l'arte ha avuto nel definire e collegare le comunità armene nel mondo", ha detto il direttore del Met Max Hollein.
   
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Galleria Accademia 3 opere Giorgione

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VENEZIA - Tre dipinti di Giorgione, un tempo appartenenti alla collezione del patrizio veneziano Gabriele Vendramin (1484-1552), riuniti in un'unica sala alle Gallerie dell'Accademia, a Venezia. Per un mese, i visitatori potranno vedere assieme la famosa "Tempesta" e la "Vecchia", già presenti alle Gallerie, e il dipinto "Concerto o Davide Cantore", opera data in comodato quinquennale, proveniente da un collezionista privato.

Arte / Venezia Art Night' illumina città

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La notte dell'arte torna a illuminare Venezia, il 23 giugno, per l'ottava edizione di Art Night, la manifestazione ideata e coordinata dall'Università Ca' Foscari in collaborazione con il Comune di Venezia.

    La manifestazione prenderà il via a partire dalle ore 18.00, con l'apertura dei cancelli di Ca' Foscari e diverse iniziative, all'insegna anche della musica, animeranno vari punti della città con l'apertura serale gratuita di musei, fondazioni, gallerie, librerie, istituzioni, teatri e associazioni culturali. Numero se le istituzioni coinvolte e tanti gli appuntamenti in programma, da Punta della Dogana ai Musei Civici, "Casa dei Tre Oci", Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Cini, Fondazione Querini Stampalia, solo per citare alcune delle istituzioni partecipanti. Per i bambini sono previsti laboratori creativi, come la "ridipintura" della facciata di palazzo Foscari, ed altre attività.

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Arte green di Andreco racconta le piante a Roma la mostra De Herbis, poi Biennale Venezia

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 Che ruolo possono avere le piante in relazione all'inquinamento urbano? Come possono contribuire al miglioramento della qualità dell'aria e all'assorbimento degli inquinanti dal terreno? Sono alcuni degli interrogativi di Plantae, progetto ideato dall'associazione Climate Art Project dell'artista visivo e ingegnere ambientale Andreco, per apportare nuovo sapere alle tematiche legate al verde urbano e che fino al 26/5 porta laboratori, conferenze, passeggiate didattiche per la città di Roma. Cuore del progetto, la mostra De Herbis, a cura di Sara Alberani, che alla Biblioteca Angelica mette in dialogo disegni e sculture di Andreco con antichi volumi sulla botanica, come gli Erbari di Gherardo Cibo del XVI secolo, l'Hortus Sanitatis, un incunabolo del 1491 e l'Hortus Romanus del 1772 di Giorgio Bonelli.
    Dal 26/5 Andreco sarà poi tra gli artisti di Arcipelago Italia alla Biennale Architettura di Venezia, con un lavoro ancora top secret in collaborazione con lo Studio De Gayardon e Piccinini.

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VENEZIA, INSTALLATI TORNELLI PER DEVIARE I TURISTI

AL MOMENTO I VARCHI SONO DUE E SARANNO SPERIMENTATI DA DOMANI Sono stati installati oggi pomeriggio a Venezia i primi tornelli in metallo che serviranno da questo week end per fermare e deviare i turisti nel caso di eccessivo afflusso. Sarà la polizia municipale, in base all'ordinanza del sindaco, a decidere quando scatterà il blocco: i tornelli - uno vicino al Ponte di Calatrava, l'altro all'imbocco di lista di Spagna - daranno sempre via libera ai residenti, si chiuderanno invece per i turisti diretti a San Marco o Rialto. 
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Giri gondola gratis a veneziani da royalty logo gondolieri

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VENEZIA - Oggi la costruzione di una gondola da traghetto, quelle usate per passare da una sponda all'altra del Canal Grande; in un futuro non lontano, potrebbe maturare la possibilità per i residenti di godere del piacere di un giro gratuito tra i canali a bordo della tipica barca veneziana. E il tutto, grazie alle royalty provenienti dalla vendita dei capi d'abbigliamento con il logo ufficiale dei gondolieri. "Quello di oggi, con la gondola da traghetto - dice Aldo Reato, presidente dei bancali, l'associazione dei gondolieri - è un sogno che si realizza. E' la dimostrazione che come categoria sappiamo passare delle parole ai fatti, grazie alla sinergia con la famiglia Ceccato che nei suoi punti vende l'abbigliamento con il nostro logo".
"E' il segno - aggiunge - che Venezia è viva, che va avanti con le sue attività tradizionali, in primo luogo la cantieristica e l'artigianato". Poi svela che il prossimo progetto è quello di dare un aiuto ai veneziani, ai residenti, affinché si riapproprino di Venezia via "acqua". Le prossime royalty, così, potrebbero essere usate "per avviare un sistema gratuito di giri in gondola riservato agli anziani, ai giovani, ai cittadini, attraverso accordi con le diverse realtà associative presenti in città. Già alla prossima Regata Storica mi prendo l'impegno come bancali di mettere a disposizione dei veneziani delle gondole per seguire il corteo e le regate". E ai traghetti ci sarà una doppia 'corsia' per residenti e turisti? "Noi siamo per i cittadini, perché sappiamo cosa significa per la città usare i traghetti per muoversi, ma non è che i turisti valgono meno. E' già nei fatti che la precedenza ce l'hanno i veneziani. Anche se ci fosse una comitiva di turisti non è che i residenti restano dietro. In ogni gondola salgono un po' l'uno e un po' l'altro".
La nuova gondola da parata "Barchetta" è costata 35 mila euro ed stata tenuta a battesimo dal sindaco Luigi Brugnaro nel cantiere "Crea", alla Giudecca, alla presenza del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, e alcuni storici campioni del remo, Sergio Tagliapietra detto "Ciaci", Palmiro e Giuseppe "Bepi" Fongher, oltre allo stesso Gianfranco Tagliapietra detto "Crea". L'imbarcazione sarà utilizzata per collegare Punta della Dogana, alla Salute, a Calle Vallaresso, a San Marco. Un traghetto, dei cinque presenti lungo la serpentina del Canal Grande, che era chiuso da circa cinque anni.
"Oltre ad avere una funzione di deterrente contro il moto ondoso, visto che le barche a motore devono dare la precedenza al servizio di traghetto - ricorda Reato - è un punto essenziale per il traffico pedonale in città". La realizzazione di una gondola, ha sottolineato Brugnaro, "è un gesto d'amore per la città di Venezia. Una città che, insisto a dire, è viva e vuole continuare a vivere. Una gondola in laguna è sempre un invito a riflettere sul fatto che, soprattutto in Canal Grande e in altre aree delicate della città, bisogna andare più piano: è un segno di rispetto per la città e per la gente che ci vive e questo deve valere per tutti". 

'Picasso. Sulla spiaggia' a Venezia

VENEZIA - ''Picasso. On the beach/Sulla spiaggia' è la nuova mostra-dossier, curata da Luca Massimo Barbero, che la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia proporrà negli spazi espositivi della Project Room da venerdì 26 agosto e fino al 7 gennaio 2018. Attraverso una selezione unica di opere (tre dipinti - Sulla spiaggia, Femme assise sur la plage, Grande baigneuse au livre -, dieci disegni realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura - che arriverà a Venezia a fine settembre -, esposte insieme per la prima volta in occasione della mostra), Barbero cerca di gettare nuova luce sul lavoro dell'artista spagnolo, evidenziando i suoi collegamenti con quel Mediterraneo che ha avuto un ruolo così importante nella sua carriera artistica. L'esposizione, nata in collaborazione con il Musée national Picasso-Paris e che rientra nel programma di seminari, pubblicazioni, studi ed esposizioni legato al progetto triennale 'Picasso-Méditerranée', è stata presentata in anteprima dal direttore della Peggy Guggenheim di Venezia, Karole Vail, e da Barbero. "E' una mostra - ha spiegato Vail - piccola ma di altissima qualità. Di Picasso possiamo sempre trovare cose sempre più interessanti da scoprire. Qui ci incentriamo su opere composte nel 1937, anno molto importante per la storia europea e quella dello stesso Picasso". "La traccia nascosta di questa mostra - ha confermato Barbero - è un anno molto particolare nella biografia di Picasso: quello in cui torna ad essere se stesso, il grande inventore, che gioca a fare sculture rappresentanti dipinti e dipinti rappresentanti sculture, vivendo un trittico di tensioni, anche personali, più o meno felici. Anche le date delle opere sono importanti, perché, prestandovi attenzione, è un po' come entrare sette-otto giorni nella vita di Picasso. Inoltre, siamo riusciti ad avere quasi tutti i disegni preparatoti per i tre dipinti, in cui Picasso è stato meno deciso, alla ricerca delle forme"
ansa

Venezia affonda, il turismo (purtroppo?) mai

PERCHE' SE NE PARLA 
Niente più hotel a Venezia, l'isola che, ogni anno, affonda di alcuni millimetri. Le autorità hanno vietato l'apertura di nuove strutture nel centro storico, nonché la trasformazione di immobili esistenti in alloggi turistici. Questo mentre i locali continuano a protestare contro le folle spaventose e contro l'aumento del costo della vita. Secondo alcune fonti Venezia vanta un totale di 25.400 camere in affitto. Alcuni mesi fa sono stati banditi kebab, pizza e fast food, per "conservare il patrimonio culturale di Venezia". Ed è stato approvato anche un sistema di biglietteria per Piazza San Marco. Ogni anno, Venezia è invasa da un numero record di quasi 30 milioni di visitatori. Mentre i suoi residenti sono passati da 175mila ad appena 55mila in 60 anni. Secondo i media locali, se le cose continuano a procede in questo modo, la città potrebbe diventare "deserta" entro il 2030.
 
PERCHE' ANDARCI 
Venezia è universalmente considerata una tra le città più belle di tutto il mondo: annoverata fra le Repubbliche Marinare, per più di un millennio è stata la capitale della Repubblica di Venezia. Per le sue peculiarità urbanistiche e naturali è stata inoltre nominata dall’UNESCO, insieme alla sua Laguna, patrimonio dell’umanità nel 1987. Ma il Lido è anche una delle più antiche ed eleganti stazioni balneari conosciute in tutto il mondo.
 
DA NON PERDERE 
Da Piazza San Marco con la sua Basilica, il Palazzo Ducale e il Campanile, ad altre attrattive quali l'Arsenale, la basilica di Santa Maria della Salute e quella di Santa Maria gloriosa dei Frari, i ponti di Rialto e dei Sospiri, il museo Peggy Guggenheim e i suoi celebri palazzi. Concedetevi lunghe passeggiate e fatevi sorprendere dalla sua bellezza, anche quella più nascosta.
 
PERCHE’ NON ANDARCI 
Venezia è ai primi posti tra le città più inquinate d’Italia. Secondo Legambiente la Serenissima è spesso nella top 5 tra le città in Italia "fuorilegge" per la qualità dell'aria, perché oltre la soglia limite per le polveri sottili Pm10 (35 giorni di sforamenti all'anno con una concentrazione superiore ai 50 microgrammi per metrocubo). 
 
COSA NON COMPRARE 
Penso che ci siano poche cose, nel mondo, più brutte dello pseudo cappello da gondoliere in paglia, con tanto di fascetta azzurra con impressa la scritta “Venezia”. Ma il condizionale è sempre d’obbligo.
turismo.it

Tra arte ed emozioni, Magister Giotto. Dal 13 luglio a Venezia multimedialità e capolavori

Giotto: L'incontro tra Gioacchino e Anna alla Porta d'Oro (part). Padova, Cappella degli ScrovegniRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
VENEZIA - Arte, musica, parola e tecnologia celebrano il genio di Giotto nei 750 anni dalla nascita con una grande mostra allestita dal 13 luglio al 5 novembre a Venezia, negli spazi monumentali della Scuola Grande della Misericordia. Si tratta della prima delle tre esposizioni che compongono la trilogia Magister, dedicata ai più celebrati maestri dell'arte italiana, che nell'estate del 2018 racconterà Canova e il Neoclassico, mentre nel 2019 sarà la volta di Raffaello Sanzio.
Prodotto da Cose Belle d'Italia Media Entertainment, questo poderoso progetto espositivo ha lo scopo di promuovere il pensiero e l'arte italiana a livello internazionale, puntando a una dimensione spettacolare capace di trasformare la fruizione culturale in una forma di intrattenimento con valore universale. A realizzare ogni rassegna, sono chiamati appositi Comitati scientifici costituiti da esperti e storici dell'arte in modo da coniugare ricerca e tecnologia multimediale coinvolgendo anche musicisti, scrittori, attori, scenografi al fine di creare percorsi culturali unici e contemporanei. Per quanto riguarda 'Magister Giotto', la mostra veneziana è stata ideata e messa a punto rispettivamente da Luca Mazzieri e Alessandra Costantini, con la curatela degli storici dell'arte Alessandro Tomei e Giuliano Pisani.
L'allestimento si avvale degli ampi spazi della Scuola Grande della Misericordia (che per ampiezza è al secondo posto nella città lagunare dopo Palazzo Ducale) e propone un percorso espositivo della durata di circa 45 minuti, accompagnato dalla voce narrante di Luca Zingaretti con musiche originali di Paolo Fresu. Capolavori, suggestioni ed emozioni per illustrare a tutti, e non solo agli esperti, la rivoluzione compiuta nel tardo Medioevo dal maestro toscano, che ha rinnovato l'arte occidentale aprendo la strada al Rinascimento e quindi all'età moderna. All'inizio del percorso, il visitatore viene accolto nell'immensa navata d'ingresso dall'imponente Croce del Presepe di Greccio, ricostruita, su ispirazione di quella dell'affresco, come una installazione spiritualmente tridimensionale, e prosegue al primo piano nella sequenza di sette ambienti di grande impatto, realizzati con una speciale architettura tessile.
Le storie francescane di Assisi, la Cappella degli Scrovegni di Padova, i maestosi Crocifissi e le altre opere del Maestro realizzate a Firenze sono invece alla base dell'impianto narrativo, che si conclude riproponendo un evento contemporaneo, quella Missione Giotto realizzata nel 1986 dall'Agenzia Spaziale Europea. In quella occasione, per la prima volta nella storia, è stata intercettata la Cometa di Halley, dipinta nell'Adorazione dei Magi degli Scrovegni. Dopo Venezia, 'Magister Giotto' andrà in Giappone, ospitata nel 2018 a Tokyo e Kyoto.

'Picasso sulla spiaggia' a Guggenheim Venezia


VENEZIA - Dal 26 agosto al 7 gennaio prossimi, la Collezione Peggy Guggenheim presenta, negli spazi espositivi delle Project Rooms, la mostra-dossier Picasso. Sulla spiaggia, a cura di Luca Massimo Barbero. Attraverso una selezione di opere, tre dipinti e dieci disegni realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura, esposte insieme per la prima volta, Barbero cerca di gettare nuova luce sul lavoro dell'artista spagnolo, evidenziando i suoi collegamenti con quel Mediterraneo che ha avuto un ruolo così importante nella sua carriera artistica: dalle radici in Spagna, alla vita in Francia, alle relazioni con artisti e forme d'arte che avevano nel Mediterraneo un punto di riferimento. Nata dalla collaborazione con il Musée national Picasso di Parigi, la mostra, raccolta e mirata, si snoda attorno a una delle tele più amate da Peggy Guggenheim, il dipinto picassiano Sulla spiaggia (La Baignade), appartenente oggi al museo veneziano. L'esposizione rientra nell'intenso programma di seminari, pubblicazioni, studi ed esposizioni legato al progetto triennale Picasso-Méditerranée, promosso dal Musée national Picasso-Paris.
    Più di sessanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull'opera «ostinatamente mediterranea» di Pablo Picasso al fine di celebrare la sua arte e questo suo legame con la cultura del Mediterraneo. (ANSA).

Vedova e la sua 'De America' a Venezia


VENEZIA - Una macchina robotica progettata da Renzo Piano sarà il fulcro della mostra 'De America' dedicata a Venezia a Emilio Vedova, che presenta al Magazzino del Sale (dal 18 giugno al 26 novembre) 14 grandi opere dell'artista scomparso nel 2006. La rassegna è stata presentata oggi dal Presidente della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Alfredo Bianchini.
    Il ciclo 'De America' è stato realizzato dall'artista tra il 1976 e il 1977. "Sono opere tutte in bianco e nero, di grande formato - ha spiegato Bianchini - che, dopo decenni di dialogo con personalità della cultura statunitense, viaggi e di rapporti con le università, da Washington a Philadelphia, riflettono il legame espressivo dell'artista con l'arte americana. Dagli anni quaranta Vedova è stato, infatti, in costante relazione con il linguaggio degli artisti promossi da Peggy Guggenheim a Venezia, da Jackson Pollock a Franz Kline, affiancandosi alle loro ricerche".
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Venezia, stop a nuovi alberghi e B&b

 Prima la stretta alle 'invasioni' turistiche in Piazza San Marco. Adesso quella contro la città-albergo, dei mille locali e soffitte trasformati in camere d'albergo. Venezia prova ad invertire la rotta. Dopo aver lanciato la delibera-quadro sul turismo a fine aprile - quella che ipotizza i tornelli, il numero chiuso e i ticket per preservare l'area marciana dalle fiumane di vacanzieri - la giunta municipale di Luigi Brugnaro compie un nuovo passo. E dice stop alla realizzazione di nuovi alberghi e b&b. Un annuncio meno eclatante dei ticket - che Brugnaro, tra l'altro, non vorrebbe proprio - ma di impatto maggiore sui veneziani, che lottano proprio perchè la città non si spopoli. La Giunta ha votato una proposta di delibera - tecnicamente una variante al Piano degli interventi per la Città antica - che blocca l'automatismo attuale per trasformare immobili in centro storico in strutture ricettive, e l'ampliamento di quelle esistenti, demandando la valutazione e decisione caso per caso al Consiglio comunale. "Lo scenario è abbastanza pesante - ha detto l'assessore all'urbanistica, Massimiliano De Martin - In centro storico, tra strutture ricettive alberghiere, complementari, extralberghiere e turistiche, ci sono 47.229 posti letto per circa 25.400 camere. Da oggi inizia un percorso per bloccare le attività ricettive turistico-alberghiere in centro storico, compresi i bed and breakfast, che dovranno soggiacere ad una politica qualitativa di ricezione". Il provvedimento arriverà la prossima settimana in Consiglio comunale per l'adozione definitiva. Negli ultimi decenni, ha ricordato De martin, il centro di Venezia è stato interessato "da una pressione turistica sempre crescente e dal fenomeno della progressiva occupazione edilizia residenziale storica da parte di strutture ricettive di ogni tipo, a discapito della residenza e dei servizi ai residenti". Da qui il rischio concreto di impoverimento del tessuto sociale cittadino. "E' una delibera chiave - ha proseguito - che ci pone non distanti dalle politiche Unesco, le cui relazioni non ci hanno influenzato, in quanto l'obiettivo faceva già parte del nostro programma". Sono escluse le locazioni turistiche, per le quali verrà studiato un provvedimento ad hoc, e le isole, compresi Tronchetto e Giudecca, dove le politiche comunali sono diverse. Alla base del provvedimento uno studio basato sulla raccolta dei dati sulla situazione esistente. La delibera non ha effetto retroattivo e prevede un iter transitorio per le istanze già depositate con tutti gli atti documentali e le pratiche in itinere. "Vogliamo una politica che ha bisogno di nuova qualità - ha concluso De Martin - E non so quanti centri storici in Italia abbiano preso una decisione di questo tipo". 
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Hotel a Venezia sempre più cari

Continuano a salire i prezzi delle camere degli hotel a Venezia (+5,3% nel 2015) che rimane in testa alla classifica delle città più care di Italia secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Hrs sul turismo e il business travel che ha rilasciato la nuova edizione del Price Radar relativo ai prezzi medi degli alberghi di tutto il mondo nel 2015. Con una tariffa media di 139 euro a notte le camere d’albergo a Venezia superano di un euro quelle di Parigi e registrano il quinto prezzo più caro in Europa dopo Londra (189 euro) Zurigo (170 euro) e Copenhagen (144 euro).
A far registrare gli aumenti più consistenti sono altre due città del Nord Italia, ovvero Milano (129 euro, + 16,22% rispetto al 2014) e Torino (93 euro, + 12,5% rispetto al 2014), mentre Roma e Bologna rimangono stabili rispettivamente al quarto e al decimo posto.
Scendono i prezzi a Bolzano (- 2,7%) che rimane comunque salda in terza posizione tra le città italiane con gi alberghi più cari. Seguita da Firenze che registra lo stesso prezzo medio di Roma pari a 104 euro per camera a notte. Diminuisce il prezzo medio di una camera a Verona (100 €, - 3,85%) e Genova (92 euro, -2,13%) mentre Napoli in linea con l’andamento degli ultimi anni registra un aumento pari a +11,96% (86 euro).

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Royal Air Maroc: nuovo orario di volo da Venezia per Dakar via Casablanca

Ora è possibile prenotare il volo in coincidenza nella stessa giornata di viaggio
Royal Air Maroc comunica in una nota che ora è possibile prenotare il volo da Venezia verso Dakar in coincidenza nella stessa giornata di viaggio.
Infatti, il volo da Venezia parte, attualmente, alle ore 19.55 con arrivo a Casablanca alle ore 22.25 e la prima coincidenza disponibile per DKR sarà alle ore 23.40 con arrivo alle 3.20 del mattino nella capitale senegalese. Il tempo di volo previsto comprensivo dello scalo sarà così di sole 8 ore e 25 minuti circa.
La compagnia ricorda, inoltre, che le frequenze verso Dakar da Casablanca sono passate da fine anno da 2 frequenze al giorno a 3 frequenze al giorno settimanali, aumentando così la disponibilità per tutti i passeggeri verso la destinazione.




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Turismo Viaggi Venezia, da lunedì via lavori restauro rampa centrale Rialto

 Inizieranno lunedì prossimo, 11 gennaio, i lavori di restauro della rampa centrale del Ponte di Rialto, a Venezia. Si concluderanno il 26 marzo. L'intervento prevede il restauro della pavimentazione della rampa centrale sul lato San Polo, e comporterà la rimozione, l'impermeabilizzazione e il ricollocamento della pavimentazione.
    I lavori verranno effettuati di notte, e la possibilità di attraversare il ponte non verrà mai interrotta, sia in orario notturno, che diurno. (ANSA).

Presepi di Murano a Quirinale e Venezia

Con due preziosi presepi in vetro, il Consorzio Promovetro Murano arricchirà le celebrazioni istituzionali natalizie del Comune di Venezia e della Presidenza della Repubblica. Il presepe esposto a Ca' Farsetti è un'opera dell'azienda 'Effe', realizzato dal maestro Walter Furlan, ed è composto da 8 sculture di circa 70 cm altezza. Al Quirinale il presepe (in foto) dell'azienda Gambaro & Tagliapietra. E' composto da 12 pezzi realizzati a mano con finiture in cristallo e foglia d'oro.
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