Nel corso dei lavori preparativi per la costruzione di un nuovo edificio, nella città beduina di Rahat, nell’area desertica del Negev, sono riaffiorati i resti di un antico edificio di culto islamico, datato al VII - VIII sec. d.C. Si tratta di una struttura a pianta rettangolare, presumibilmente a cielo aperto, con mihrab rivolto verso la città sacra de La Mecca. "Questa è una delle prime moschee conosciute fin dall'inizio dell'arrivo dell'Islam in Israele, dopo la conquista araba del 636", ha affermato Gideon Avni, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Gerusalemme. Esistono altre moschee del periodo a Gerusalemme e a La Mecca, ma questa sarebbe la casa di preghiera più antica edificata da coltivatori locali.
PERCHE' ANDARCI
Un soggiorno nell’area del Negev consente di effettuare escursioni al limite dell’avventuroso o, parimenti, di dedicarsi all’ozio e al benessere di sé stessi. Sulla base di questa differenziazione, il turista potrà dunque scegliere di pernottare in una tenda beduina del deserto, in un ostello o in un hotel di lusso.
Inoltre, i numerosi siti storici, di cui la moschea rurale succitata è solo la punta dell’iceberg, permetteranno di approfondire la storia del luogo, in cui fiorivano città nabatee. Da non dimenticare una visita alle numerose cascate.
DA NON PERDERE
I grandi parchi naturali, vere oasi naturali ricreate con l’ausilio della tecnologia, impiegata per la forestificazione il deserto. Complessi processi di trasformazione ambientale hanno reso possibile la coltivazione della vite: un percorso studiato attraverso i vigneti è sicuramente irrinunciabile.
Degno di visita, il villaggio Khan Be’erot, posto all’interno del cratere Ramon, per scoprire come è la vita di abitante del deserto. Il Ramon è uno dei crateri più grandi del Negev, con un’ampiezza di ben 40 km. Era un bacino d’acqua che, nel corso delle ere geologiche, ha subito diverse mutazioni, fino alla desertificazione.
Altra esperienza da fare inoltre di fare visita ad uno dei tanti Drijat, i luoghi dove vivono i beduini.
Infine, merita una tappa il piccolo villaggio di Mitzpe Ramon, oggi riccamente popolato di strutture turistiche e animato da artisti e musicisti.
PERCHE' NON ANDARCI
Generalmente, bisogna fare attenzione ai delicati equilibri in Israele. Avvenimenti e conflitti nei Paesi limitrofi possono avere ripercussioni sulla situazione di sicurezza interna. Il clima nel Negev è davvero estremo e il suo paesaggio a tratti ricorda più quello lunare che quello desertico. Attenzione anche alle piogge repentine e violente, che facilmente possono allagare le strade.
COSA NON COMPRARE
Nessuna raccomandazione particolare. Evitare, in genere, prodotti non artigianali. È invece meraviglioso immergersi nei tipici mercati del Medio-Oriente, dove prevalgono colori e odori inebrianti e dove riscoprire il gioco della contrattazione.
turismo.it - segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone
Luca Signorelli (attribuito), Autoritratto e ritratto di ser Niccolò di Angelo (Franchi), recto, 1504 ca., affresco su lastra in laterizio, Orvieto, Museo dell’Opera del Duomo
In occasione dell'anniversario nel 2020 dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello, i Musei Capitolini dedicano la prima mostra romana a Luca Signorelli. L'arte del pittore cortonese, il suo rapporto con Roma e l'antico furono infatti determinanti per i grandi maestri del Rinascimento italiano
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
La cultura cristiana, l’umanesimo e l’antico. Tre componenti che convivono nell’arte di Luca Signorelli, grande pittore cortonese vissuto in Italia tra la seconda metà del Quattrocento e i primi vent’anni del Cinquecento; il suo fecondo rapporto con la Città Eterna è esplorato attraverso circa 60 opere dalla mostra allestita fino al prossimo 3 novembre a Palazzo Caffarelli, nella sede dei Musei Capitolini a Roma, “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperta”.
Un pittore di grande rilievo per i suoi contemporanei
Un tributo che restituisce a Signorelli quel ruolo di rilievo che i contemporanei gli riconobbero, come attestato dall’elogio a lui dedicato dall’autore delle Vite, Giorgio Vasari. Dello stesso avviso erano i colleghi Cosimo Rosselli, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino, Biagio D’Antonio e Bartolomeo della Gatta che nel 1482 con Signorelli lavorarono in Vaticano alla decorazione della Cappella Magna, nota a tutti come Sistina, dal nome del pontefice regnante e committente degli affreschi, Sisto IV.
Oscurato da due giganti
La sorte dei capolavori dedicati alle storie bibliche istoriate dai Quattrocentisti sulle pareti della Sistina è simile a quella subita dalla notorietà di cui godette in un primo momento Signorelli: furono infatti oscurati dall’ombra degli imponenti affreschi eseguiti da Michelangelo e Raffaello in Vaticano. Tanta grandezza ha inevitabilmente provocato l’oblio caduto su Signorelli dai primi del Cinquecento fino alla riscoperta nell’Ottocento. Eppure l’arte del pittore fu determinante nella formazione dei due Maestri del Rinascimento Italiano. Ad essa infatti devono essere ricondotti tanto il plasticismo michelangiolesco, quanto la grazia delle Madonne raffaellesche.
Un Maestro per Raffaello e Michelangelo
A dimostrazione di ciò Federica Papi, che insieme a Claudio Parisi Presicce ha curato la mostra, cita “i diversi studi effettuati dal Sanzio sulle pitture del cortonese”. Michelangelo da parte sua ammirò moltissimo gli affreschi di Orvieto, ispirandosi ad essi nella realizzazione del Giudizio Universale. “Questi due giganti hanno oscurato la fama di Signorelli perché da Signorelli hanno ripreso l’ingegno, le idee, ma, come scrisse Vasari, le hanno portate avanti perfezionandole. Questi due allievi, anche se non stettero mai a Bottega da Signorelli, hanno preso tutto quello che c’era da prendere dal maestro e lo hanno portato avanti, ognuno per il suo percorso. Raffaello ne coltiverà soprattutto la grazia: quel sentimento umano e sacro delle Madonne. Michelangelo ne prenderà la forza plastico-scultorea degli Ignudi, la muscolatura e l’anatomia del corpo”.
Il pittore dell'unione tra corpo e anima
Attraverso un gioco di riproduzioni retroilluminate la mostra illustra il vigore e la bellezza degli affreschi della Cappella Nova o di san Brizio, nel duomo di Orvieto, “la più grande decorazione ad affresco mai realizzata prima della Cappella Sistina”. Emerge in modo dirompente la concezione del corpo introdotta da Signorelli: non è più impaccio per l’anima, ma un tutt’uno con essa, in un’armonia perfetta.
Un regista nel raccontare il Giudizio Universale e i Fatti dell'Anticristo
“Il Giudizio Universale - racconta Federica Papi - era un tema ricorrente nei cicli pittorici di ambienti sacri. Signorelli con la collaborazione degli esegeti che lavoravano lì ad Orvieto e mantenendo il filo conduttore già impostato da Beato Angelico – a cui subentrò nella decorazione - riesce a dare uno sviluppo innovativo, più moderno”. Interpellano la fede e la spiritualità “I fatti dell’Anticristo”, soggetto inedito di Luca Signorelli che nelle pareti si autoritrae assieme all’Angelico: “Il ritratto di Signorelli è una sorta di firma, in cui lui si pone dinnanzi ai fatti dell’Anticristo e quindi ci indica chi segue il bene e chi segue il male, chi seguirà le parole dell’Anticristo che, tra l’altro, può essere scambiato con Cristo”. Ne "La resurrezione della carne", la bellezza dei corpi desunti dalla statuaria antica sta a dimostrare che alla fine dei tempi il corpo risorgerà insieme all’anima. “Le figure di scheletri che fuoriescono dal terreno lunare rivestendosi di carne, sono impressionanti, spettacolari. Quasi possiamo immaginare questa scena, come una sorta di film di cui Luca Signorelli è il regista”.
Oswald Ufer (incisore), Luca Signorelli (inventore), L’inferno (da un affresco di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto), incisione a bulino, Laboratorio Fotografico di Documentazione Istituto centrale per la grafica
Signorelli e l'antico: a confronto con lo Spinario Fino ad oggi la capitale italiana non aveva mai ospitato una monografica dedicata al pittore toscano, tanto apprezzato da Lorenzo il Magnifico. Il percorso espositivo rende partecipe il visitatore dello studio dedicato da Signorelli alle opere dell’antica Roma, da cui continuamente trasse ispirazione. Particolarmente felice l’allestimento dei quadri attorno alla scultura marmorea di età imperiale dello Spinario proveniente dagli Uffizi e gemella della antecedente versione bronzea ellenistica, anch'essa in mostra, donata nel 1471 da Sisto IV alla città di Roma. Quest’ultima è custodita ancora oggi al Palazzo dei Conservatori e costituì parte del nucleo originario dei Capitolini, il più antico museo pubblico al mondo. Signorelli osservò con grande ammirazione la statua del giovane seduto nell’atto di togliersi una spina dal piede, citandola a più riprese nei suoi dipinti. Il fascino di Roma
Ritroviamo una riproduzione dello Spinario ad esempio nella figura alle spalle del Battesimo di Cristo di Arcevia. Signorelli introduce la posa di quel soggetto classico – aggiunge la prof.ssa Papi – riproponendolo come “figura arcadica, precristiana, pronta alla conversione”. L’omaggio a Roma torna nel “Martirio di san Sebastiano” della Pinacoteca di Città di Castello. Nella grande pala restaurata per l’occasione, alle spalle del soggetto principale, si ergono il Colosseo e l’Arco di Costantino.
Testimone della scoperta del Titulus Crucis Le rovine e una costruzione ispirata a Castel Sant’Angelo si intravedono invece alle spalle della “Crocifissione con la Maddalena” proveniente dagli Uffizi. Qui vi è la testimonianza della grande eco suscitata in tutta Italia dal rinvenimento nel 1492 all’interno della Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme del Titulus Crucis, ovvero il cartiglio in lingua ebraica, latina e greca che si identificò subito con quello affisso sulla sommità della croce con la scritta “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. “E’ molto interessante – nota Federica Papi - che in questo dipinto, di notevole bellezza per la profondità, per i colori, per i tanti riferimenti, per la figurazione del cranio attraversato da un serpente e da una lucertola in riferimento al Golgota e al peccato originale, sulla sommità della croce sia riportata questa iscrizione ritrovata nel 1492 che sappiamo fu trascritta e inviata a Firenze, alla corte di Lorenzo il Magnifico. La troviamo utilizzata infatti sia da Luca Signorelli che da Michelangelo Buonarroti in una delle sue prime opere, il Crocifisso ligneo di Santo Spirito. Vuol dire che i due artisti in quel momento erano entrambi a Firenze, evidentemente molto vicini e furono subito informati di questo importante ritrovamento romano”
Un ritorno nella Città Eterna A Cinquecento anni di distanza dunque, grazie alla mostra dei Capitolini, Signorelli torna a Roma per la quarta volta. Dopo l’esperienza sui ponteggi della Sistina, il suo secondo passaggio in città è attestato dalla cronaca di una cena a casa dell’architetto Donato Bramante nel 1507, epoca in cui Papa Giulio II progettava di rinnovare la decorazione del suo appartamento, poi affidata a Raffaello. A certificare invece il terzo soggiorno romano del pittore è una lettera di Michelangelo del 1513 nel quale l’autore del David menziona un prestito in denaro elargito al collega.
Fede e vita privata Professione pubblica e vita privata di Luca Signorelli camminano di pari passo lungo l’iter della mostra. Il visitatore avvicina così anche l’aspetto più intimo, familiare di questo pittore: il rapporto con la famiglia, il dolore seguito alla perdita di due dei suoi amati figli e successivamente della moglie Gallizia. Degna di nota la regale umiltà della Madonna con bambino del Metropolitan Museum di New York: una bellissima Vergine dal profilo greco e dall’espressione velata di tristezza si staglia sul fondo dorato. Il quadro fu probabilmente eseguito da Luca per la consorte a seguito di uno dei lutti familiari e successivamente fu donato alla figlia Gabriella. “Esso trasmette un fortissimo senso di amore materno, rispetto a quella che è la preziosità del fondo alle spalle. La Vergine rivolge uno sguardo molto triste al figlio, in ragione del destino che lo attende”.
L'allestimento della mostra "Luca Signorelli e Roma"
da vaticannews - segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone Turismo Culturale
Regno Unito, Francia, Svizzera e Italia chiedono il riconoscimento di “patrimonio mondiale” per la millenaria via dei pellegrini che attraversava il cuore dell’Europa. Intanto il cammino viene riscoperto da un numero crescente di turisti
Marco Guerra – Città del Vaticano
Prosegue l’iter della candidatura della Via Francigena a Patrimonio dell’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura). Entro l’autunno verrà presentato e condiviso con i quattro ministeri di beni culturali di Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Italia (i Paesi lungo i quali si snoda l’itinerario) lo studio tematico europeo sul riconoscimento della Francigena come patrimonio mondiale. Il dossier per la candidatura a Patrimonio dell’Unesco è stato già approvato dal ministero dei Beni Culturali italiano, dopo l’accordo tra le sette Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio, Valle d’Aosta, con il coordinamento della Toscana) attraversate dall’itinerario.
Una via nel cuore dell’Europa
La strada, che attraversa il cuore dell’Europa Occidentale da Canterbury a Roma, nel Medioevo era percorsa dai pellegrini che dall’Inghilterra e dalla Francia volevano recarsi alla Basilica di San Pietro o proseguire verso la Terra Santa imbarcandosi nei porti della Puglia. Fu anche un tragitto commerciale per trasportare le merci dell’Oriente nelle fiere del Nord Europa. L’enorme valore spirituale, storico e culturale di questo cammino viene rivissuto ogni anno da decine di migliaia di pellegrini e di turisti che percorrono almeno una parte del tracciato.
La “riscoperta” del cammino
“Oggi la Francigena è stata riscoperta e reinterpretata come moderna via di pellegrinaggio”, ha detto, intervistato da Vatican News, Luca Bruschi direttore dell’Associazione Europea delle Vie Francigene, che ci ha aggiornato anche sullo stato della procedura necessaria per il riconoscimento dell’Unesco:
R. – L’iter di candidatura procede. Dopo lo studio dell’analisi preliminare della candidatura del tratto italiano, presentato lo scorso maggio dalle sette regioni italiane, su suggerimento dell'Unesco e dell'Icomos si è incominciato a ragionare su una candidatura allargata su scala europea, nel senso di prendere in considerazione tutto l’itinerario europeo, cioè da Canterbury a Roma. A che punto siamo ora? Dallo scorso gennaio, un gruppo di lavoro ha portato avanti un’analisi storico-scientifica su uno studio tematico europeo che riguarda i quattro Paesi e i 2.000 chilometri. Questo studio tematico è adesso all’attenzione delle regioni italiane, in particolare della Toscana – capofila di questo progetto di candidatura – e questo studio tematico verrà presentato e condiviso con i quattro ministeri d’Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia in autunno, affinché tutti i ministeri concordino sull’iter che stiamo portando avanti, sulla procedura e sui prossimi passi.
Vogliamo ricordare che cos’è la Via Francigena, l’importanza storica di questa strada che ha collegato il cuore dell’Europa?
R. – La Via Francigena è una via millenaria di pellegrinaggio, di commercio che unisce l’Europa del Nord a Roma, in direzione di Gerusalemme. E’ una via che si rifà al diario dell’arcivescovo Sigerico, quando nel 990 – arcivescovo di Canterbury – annotò le sue tappe nel viaggio di ritorno da Roma, dove andò a ricevere il pallio dal Papa, fino a Canterbury. Quindi, 79 tappe che ha lasciato in questo diario che si trova conservato a Londra alla British Library. E fondamentalmente, oggi è stata riscoperta, reinterpretata come moderna via di pellegrinaggio attraverso quattro Paesi e circa 650 piccoli comuni o villaggi che fanno parte di quell’Europa “minore” e non così conosciuta.
Cosa si incontra, lungo questa strada?
R. – Solo nel tratto italiano ad oggi sono stati identificati circa 350 beni culturali, come centri storici, ponti, antichi casolati romani o chiese o cattedrali, che quindi si inseriscono all’interno di questa candidatura. E c’è tantissimo patrimonio religioso, come possiamo bene immaginare, perché lungo tutto questo itinerario ci sono tantissime pievi, chiese o riferimenti – effettivamente – alle vie di pellegrinaggio che nel periodo medievale, in maniera devozionale, venivano fatte.
Chi percorre, oggi, la Via Francigena?
R. – Lo scorso anno, circa 45 mila camminatori hanno fatto tra i sei e i sette giorni di cammino. Poi c’è chi se la fa tutta e parte da Canterbury e in tre mesi di tempo arriva a Roma, chi invece cammina magari semplicemente il weekend o nei lunghi ponti che ci sono durante l’anno. La Toscana è il tratto che più di tutti è stato strutturato, messo in sicurezza e valorizzato. Questi numeri non riguardano tutti pellegrini e viandanti che arrivano effettivamente a Roma; si tratta di persone mediamente bene istruite o comunque di persone curiose di conoscere il patrimonio e il territorio; persone che mediamente viaggiano con motivazioni di ricerca e motivazioni spirituali. Poi c’è anche chi – per il 10-15% - dice di farlo anche per motivazioni religiose. Per ora, circa la metà sono pellegrini italiani e per l’altra metà vengono dall’Europa o dall’Europa del Nord oppure dalla Corea del Sud, dall’Australia, dagli Stati Uniti, dal Brasile e anche dagli altri continenti.
In un’Europa alla ricerca delle proprie radici, di una identità comune che importanza ha la Via Francigena? Ricordiamo che la candidatura ha carattere transnazionale, quindi le nazioni europee si riconoscono nel suo patrimonio?
R. – Diciamo che fondamentalmente è un progetto che non ha un colore politico, ma è un progetto nato per unire, per costruire ponti e quindi si può semplicemente dire che la Francigena è un ponte di dialogo tra l’Europa del Nord e l’Europa mediterranea, tra l’Europa anglosassone e l’Europa latina. Ed effettivamente è, come si diceva, un ponte di cultura a maggior ragione in un’Europa in cui si fatica, fondamentalmente, a trovare una propria identità. E’ un progetto che ha una grandissima identità culturale nella quale davvero si riconosce anche la natura e la storia dell’Europa.
Considerata una delle dimore storiche più affascinanti dell'intera Sicilia, Villa Tasca è un'antica residenza che sorge ai margini del centro storico di Palermo all'interno di una splendido parco di 8 ettari. La dimora, un tempo nota come Villa Camastra, vanta origini cinquecentesche mentre i giardini che la circondano sono uno dei più emblematici esempi di Rontacismo siciliano ottocentesco.
Nell’ambito della
rassegna estiva Immaginari – scene d’estate 2019 del Comune di Ruvo di
Puglia, In
folio Associazione Culturale, in collaborazione con la Pro loco, ripropone, dopo
il successo delle passate edizioni, la Passeggiata letteraria “Itinerario del
Bello”. Cammineremo insieme alla scoperta del centro storico di Ruvo di
Puglia attraverso il bello che si rivela, al ritmo lento del passo, respirando i
profumi del nostro Sud, a occhi che posano lo sguardo sulle straordinarie opere
dell’uomo diventate storia. Ammireremo i palazzi nobiliari, il castello, le
torri e i torrioni, le mura con le sue porte e portelle. Lungo il percorso
echeggeranno le parole di poeti e viaggiatori che si sono lasciati attraversare
dalla meraviglia che questa città ha destato nei secoli.
Ritrovo ore 18.45
presso il piazzale antistante lo IAT di Ruvo di Puglia in Via V.
Veneto,48.
Inizio passeggiata
ore 19.00. Si raccomanda la massima puntualità. Il numero massimo di
partecipanti è 30.
La partecipazione è
gratuita ma con prenotazione obbligatoria presso l’Ufficio IAT Via V. Veneto, 48
- telefono: 0803628428
Quattro giorni di musica ed eventi ad ingresso libero.
https://poliritmica.it/
La manifestazione è organizzata dall' Ente Musicale Verbania e dall' Orchestra di percussioni Waikiki con il patrocinio del Comune di Verbania.
Il programma:
Giovedì 22 agosto, alle ore 17 presso la scuola di musica (via alle caserme 14 a Pallanza): masterclass di Jacopo Pierazzuoli e Giulia Gelati (sponsorizzata da Diril Cymbals, COde Head drums, Liuteria Respighi). Batteristi spinti dall' interesse per la contaminazione tra generi e dalla profonda ricerca di un linguaggio originale. Il risultato è uno stile che non segue i clichet, a cavallo tra il Metal e la Musica Elettronica più moderna.
Venerdì 23 agosto, alle ore 21 a Villa Olimpia (via Giuseppe Mazzini 19 a Pallanza): concerto della Poliritmica Ensemble feat special guest, una jam live molto libera e profondamente ritmica. Gli ospiti sono a sorpresa.
Sabato 24 agosto, alle ore 21 a Villa Olimpia (in caso di maltempo a Casa Ceretti in via Roma 42 a Intra): concerto di Khompa, un'esperienza unica, un uomo con la sua batteria e una serie di suoni spaziati che faranno ballare tutta la sera.
Domenica 25 agosto, alle ore 21 a Villa Olimpia (in caso di maltempo a Villa Giulia in via Vittorio Veneto a Pallanza): concerto di Israel Varela e l'Orchestra di percurssioni Waikiki. Israel Varela, abile e raffinato compositore, batterista e cantante dalla ricca musicalità, è considerato uno dei migliori talenti della scena musicale internazionale che grazie alla sua originalità vanta già collaborazioni con i migliori musicisti del mondo tra i quali: Pat Metheny, Charlie Haden, Bireli Lagrene, Bob Mintzer, Abe Laboriel, Diego Amador, e Pino Daniele. Lo spettacolo sarà una prima mondiale accompagnato dai Waikiki.
ECO-ESTATE ITALIANA: SOSTENIBILITA’ E ATTENZIONE ALL’AMBIENTE, ECCO LA RICETTA DEL BOOM DI TURISTI STRANIERI
Il modello eco-friendly porta a +1,3% gli arrivi aeroportuali internazionali a Ferragosto
Migliora la qualità delle coste: premia la scelta di dire no a plastica e sigarette
L’italia sul podio delle destinazioni predilette dagli stranieri
Spagna, Italia e Francia sul podio delle destinazioni internazionali del Ferragosto 2019. Cresce ancora, dopo il +2% delle presenze internazionali nel 2018, l’appeal del Belpaese. Lo dimostrano i segnali estivi: la Penisola accoglie gli stessi arrivi aeroportuali della Spagna e la supera in competitività sul mercato Usa, Russia e Cina.
“Grazie al buon andamento degli arrivi stranieri il turismo dell’Italia si conferma in crescita anche per il 2019, con un ulteriore aumento degli arrivi aeroportuali di turisti internazionali a Ferragosto del +1,3% ed una previsione di chiusura d’anno al +4,7% rispetto al 2018 per il numero di prenotazioni aeree già “on the book” da parte dei turisti stranieri” afferma Giorgio Palmucci Presidente di ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo.
A Ferragosto, le strutture ricettive si aspettano di chiudere complessivamente il picco con un tasso medio di occupazione dell’86,4% del parco camere, tra alloggi tradizionali e appartamenti. L’estate 2019 lascia così ben sperare per il futuro. Ha portato, infatti, ad un aumento del +29,8% degli arrivi aeroportuali dalla Cina, +11,5% dalla Francia, +5,6% dalla Spagna e +4% dalla Russia.
Al top le località di mare dove si sfiora il 92%, e di montagna (89%). Ma va bene anche al lago dove le prenotazioni toccano una media dell’88% e si mantiene una buona performance anche nelle nostre città d’arte (79% in media) (Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati OTA al 29/7/2019).
L’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità è il nuovo trend che ci regala questa estate 2019. Sono più di 20 le spiagge dove è scattato il divieto di fumare e quasi altrettante completamente Plastic Free, 385 Bandiere Blu che attestano la qualità delle nostre coste, il 4,6% in più rispetto al 2018.
E il turismo internazionale, nel secondo semestre dell’anno, crescerà complessivamente del +3,6%nelle destinazioni italiane (dal 1 luglio al 31 dicembre 2019). (Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati Forwardkeys 31/7/2019)
“Valorizzare l’identità dei territori attraverso una progettazione culturale e turistica che consideri la destinazione non solo come contenitore di risorse storiche, architettoniche, naturali ma in termini di persone che vivono quello spazio, elaborando progetti di turismo sostenibile in grado di valorizzare le città preservandone l’autenticità”.
Lo ha detto, oggi, in occasione del 40mo meeting per l’Amicizia fra i popoli, a Rimini, l’assessore regionale al Turismo, Sergio Emidio Bini, durante la tavola rotonda “La città. Progetti, turismo, valorizzazione”.
In dialogo con Giovanni Bastianelli, direttore esecutivo Enit (agenzia nazionale turismo) e Manfredi Catella, Ceo di Coima Res, Bini ha affrontato le tematiche relative all’impatto del turismo nella trasformazione del tessuto urbano e all’impatto delle politiche agricole e alimentari sul turismo e sull’evoluzione delle città.
“I turisti possono usufruire di servizi pensati e proposti per i residenti, quando non sono in numero superiore a questi ultimi, ritrovando quindi elementi di tipicità e autenticità, ma se invece accade il contrario – ha chiarito Bini -, gli abitanti della città sono costretti ad usufruire di servizi studiati per i turisti con il rischio che le città turistiche perdano, progressivamente, la loro allure più autentica.
Il pericolo evidente è un’omologazione globale, ovvero tanti luoghi strutturati nello stesso format: musei, chiese, ristoranti, concerti, app”.
Per l’assessore bisogna superare la visione che identifica l’offerta culturale solo con il patrimonio strettamente inteso e orientarsi alla produzione culturale, ovvero tutti quegli elementi che valorizzano l’identità di un territorio sia per i cittadini che per i visitatori.
“Questo può avvenire – ha indicato Bini – con determinati eventi di altissimo livello che non sono elementi di intrattenimento turistico fine a se stesso ma che hanno il pregio di coniugare sostenibilità del turismo con il benessere dei cittadini residenti e la soddisfazione dei turisti”.
Oggi a Rimini, Bini ha anche tenuto a battesimo il nuovo logo dedicato alla promozione enogastronomica del Friuli Venezia Giulia ribadendo come l’enogastronomia in Friuli Venezia Giulia “rappresenti una forma di turismo capace di mettere in vetrina non soltanto i prodotti ma anche i processi, e con questi il territorio su cui si sviluppano, offrendo agli ospiti esperienze indimenticabili e di ampio respiro”.
Bini infine ha sottolineato l’impegno ad incrementare il turismo lento: “una filosofia di vivere, prima di essere qualcosa applicata al viaggio. Turismo lento significa promuovere la qualità e l’esperienza contrapponendosi al turismo di massa, veloce e di consumo che poco valorizza le tipicità di un luogo.
L’autenticità, la contaminazione, la sostenibilità, l’accessibilità, il rispetto sono aspetti che vengono sempre più ricercati da un certo tipo di turista a cui noi siamo particolarmente attenti. Su questo la nostra regione fino ad ora si è saputa muovere bene e il mio impegno continuerà ad essere massimo”.
RACALMUTO (AGRIGENTO) - "Il capitano Bellodi, emiliano di Parma, per tradizione familiare repubblicano, e per convinzione, faceva quello che in antico si diceva il mestiere delle armi..." raccontava, nel 1961, Leonardo Sciascia, presentando il protagonista del libro best seller: "Il giorno della civetta". Chissà in quanti leggendo le varie pubblicazioni dei romanzi e dei saggi, conosciuti in tutto il mondo, si sono chiesti, dove l'autore di Racalmuto, morto a Palermo il 20 novembre 1989, li avessi scritti. Una curiosità che ha mosso i passi del nisseno Lillo Miccichè che ha fotografato gli interni delle abitazioni dove Sciascia aveva vissuto. Gli scatti, 50 in rigoroso bianco e nero, saranno esposti nel Castello Chiaramontano a Racalmuto (Agrigento) dal 23 agosto al 31 ottobre prossimi.
"Sono stato sempre attratto dal grande Nanà come lo chiamavano gli amici - afferma Miccichè - soprattutto dal fatto che il suo modo di vedere il mondo contemporaneo sia stato sempre di enorme attualità. Anche dopo la sua scomparsa. Forse mai come oggi le sue parole sono state profetiche". E così spinto da questa passione il fotografo ha ritratto le stanze delle case in campagna della contrada Noce a Racalmuto, di Palermo e anche dell'abitazione delle zie dove lo scrittore ha trascorso la sua infanzia: "Insomma i luoghi da lui frequentati - dice Micciché - ma anche i suoi oggetti: i bastoni che lo aiutavano a camminare nell'ultimo periodo della sua esistenza, le penne, le macchine da scrivere, Olivetti lettera 22, le buste intestate, i registri scolastici da alunno e da insegnante, gli autografi nei libri, ma anche il piatto dove mangiava o la sedia di casa dove stava seduto per leggere. Ho immaginato Sciascia come se fosse presente o mi indicasse cosa riprendere. Tutto ciò mi è stato permesso grazie ai suoi familiari ai quali va la mia più ampia riconoscenza".
Dice Vito Catalano: "Sono immagini che testimoniano un pezzo di vita di mio nonno". Ma da dove nasce l'interesse di Miccichè per lo scrittore racalmutese? "Ho incontrato Sciascia - ricorda - una sola volta, ero poco più che ventenne. Mi fermai ad un semaforo per far attraversare un uomo con il bastone, era proprio lui. Rimasi affascinato nel vederlo e pensai 'sta passando davanti ai miei occhi la storia della letteratura'. Dopo tanti anni e, ahimè, solo dopo la sua dipartita, mi venne in mente di realizzare questa mostra. Non so se sono riuscito nell'intento ma so di certo che un lavoro di circa tre anni, mi ha regalato delle emozioni che non dimenticherò".
La mostra, a cura di Piero Baiamonte, sarà inaugurata dall'assessore alla Cultura di Racalmuto, Enzo Sardo, e da Catalano, il quale prima della apertura della mostra, presenterà un suo libro. Miccichè, 58 anni ha esposto le sue opere in oltre 40 mostre ed è autore di diverse pubblicazioni.
"Il tema portante della mia attività è legata soprattutto al territorio, - sottolinea - sia dal punto di vita paesaggistico che da quello antropologico, esaltando spesso la quotidianità delle persone nel loro essere componenti della storia odierna". Ha realizzato diversi reportage fotografici tra i quali: "I Luoghi di Leonardo Sciascia", "Degrado e Mafia", "Il Lavoro è Vita", "Le miniere di Sicilia", "La provincia di Caltanissetta". "Paesaggi di Sicilia".
SHANGHAI - Tiffany, l'iconica gioielleria americana celebrata dal cinema con il film-cult Colazione da Tiffany, con l'indimenticabile Audrey Hepburn, festeggia 180 anni con una mostra dei suoi gioielli dal titolo emblematico, Vision & Virtuosity, che si terrà a Shanghai, in Cina, nella Fosun Foundation, dal 23 settembre al 10 novembre. Della mostra, la prima per Tiffany, fanno sapere gli organizzatori con largo anticipo, che faranno parte i più grandi capolavori creativi della leggendaria maison. E non solo. Per dimostrare quanto Tiffany sia divenuto un marchio simbolo, saranno mostrati anche immagini di personaggi influenti legati al marchio e oggetti che avvalorano questa tesi. Come la sceneggiatura originale di Colazione da Tiffany, con le annotazioni personali di Audrey Hepburn e le foto del set nel flagship store di Fifth Avenue, in un'area dedicata della mostra ( la sala Breakfast at Tiffany's.). Il percorso sarà un viaggio nella storia, un'esplorazione dei codici del marchio e uno sguardo sul futuro. È un'evento che renderà omaggio al passato di Tiffany.
"Vision & Virtuosity è un tributo alla storia di Tiffany & Co cominciata quando Charles Lewis Tiffany fondò l'azienda a New York nel 1837 - dice Alessandro Bogliolo, chief executive officer di Tiffany & Co. I due valori visione e virtuosismo sono l'essenza di Tiffany & Co. e questa mostra rappresenta il meglio del nostro brand".
L'esposizione comprenderà le creazioni più importanti degli archivi Tiffany. Le installazioni della mostra contestualizzano i momenti d'innovazione del marchio, documentando le "prime volte di Tiffany" come l'introduzione dell'anello di fidanzamento moderno, il Tiffany Setting. Il percorso tematico è diviso in sei capitoli. Blue Is the Color of Dreams è il Tiffany Blue, l'azzurro delle uova di pettirosso, protagonista di questa sala, che mette in evidenza il colore iconico usato nei gioielli e nel brand Tiffanye. Nella sala, che rende omaggio alla scoperta e all'utilizzo delle pietre preziose colorate nella tradizione di Tiffany, si possono ammirare gemme quali gli zaffiri del Montana e le tanzaniti, pietre azzurro-viola che Tiffany ha presentato al mondo nel 1968.
The World of Tiffany mostra l'iconica influenza di Tiffany nel cinema, nella tv, nella musica e nella letteratura. Questo spazio racconta l'evoluzione della Tiffany Blue Box, la costruzione del flagship store sulla Fifth Avenue a New York, i personaggi influenti che hanno indossato i gioielli Tiffany e altri momenti importanti che hanno fatto di Tiffany un luogo che dà gioia attraverso le sue creazioni spettacolari. Con The Tiffany Blue Book l'accento è sull'innovazione e la maestria dell'alta gioielleria. In questa sala si può ammirare il Blue Book originale del 1845, primo catalogo di vendita per corrispondenza degli Stati Uniti, le creazioni eccezionali di Jean Schlumberger e Elsa Peretti. Una sala che racconta la storia dell'evoluzione del design e della maestria artigianale che hanno caratterizzato la creatività di Tiffany per quasi due secoli, arrivando fino ai gioielli delle collezioni del Blue Book disegnate dall'attuale chief artistic officer di Tiffany & Co. Reed Krakoff.
Tiffany Love. Tiffany crea da sempre gioielli che celebrano le relazioni e l'amore. I gioielli in questa sala offrono uno sguardo sull'importante ruolo avuto da Tiffany nelle più grandi storie d'amore del mondo, attraverso creazioni quali il primo anello di fidanzamento moderno, il Tiffany Setting, e il Tiffany True presentato di recente.
Diamonds: Miracles of Nature è dedicata ai diamanti più preziosi di Tiffany nelle diverse epoche, dalla Gilded Age al periodo Art Deco fino ad oggi. La mostra culmina con il gioiello più prezioso della maison il Tiffany Diamond: un diamante fancy yellow da 128,54 carati, da molto tempo fonte d'ispirazione e punto di partenza per le collezioni di gioielli Tiffany, una delle pietre preziose più importanti al mondo.