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Reportage. La civiltà dei vignaioli in festa a Vevey

da Avvenire
A Vevey, nel Canton Vaud in Svizzera, la Fête des Vignerons si tiene «una volta per generazione» dal Settecento e celebra il lavoro nei filari portati qui dai monaci
i vigneti del Lavaux (Maude Rion)

i vigneti del Lavaux (Maude Rion)

Gli americani, così appassionati di classifiche, l’hanno definita per bocca del “New York Times” uno degli «avvenimenti imperdibili» di questo 2019. Dal 2016, in realtà, già l’Unesco aveva provveduto a inserirla nella sua celebre lista: eppure l’attesa per questa Fête des Vignerons – la festa dei vignaioli che si è aperta ieri e che per venticinque giorni animerà Vevey sul lago di Ginevra – è spasmodica. Ben un milione di persone sono attese nella cittadina di diciannovemila anime sulla riviera di Montreux, a pochi chilometri da Losanna, per una kermesse assolutamente unica a partire dalla frequenza con cui si tiene: ogni venti, ventidue anni, «una volta per generazione» come amano dire qui, dodici in tutta l’era moderna (la prima certificata è del 1797), cinque per secolo, le ultime nel 1999, 1977, 1955 e così via, dunque la prima Fête targata Unesco.
Gruppi in parata all’ultima “Fête des Vignerons”, nel 1999
Gruppi in parata all’ultima “Fête des Vignerons”, nel 1999
Sul palco in led di 800 m² della grande arena da ventimila posti appositamente costruita (e che a festa finita verrà subito smantel-lata), ogni sera uno spettacolo di due ore e mezza affidato a un mago delle scene, il regista ticinese Daniele Finzi Pasca, già autore della cerimonia conclusiva alle Olimpiadi invernali di Soci e di spettacoli del Cirque du Soleil, coordinerà seimila comparse tra balli, canti e coreografie che in una ventina di tableaux vivants, con gli splendidi costumi della nostra Giovanna Buzzi, rievocheranno in maniera fiabesca il lavoro dell’uomo nella vigna. Già, «perché a essere celebrato in questa Fête des Vigneronsnon è il vino, ma il viticoltore che lavora la vigna, colui se ne prende cura durante tutto l’anno e che non è nemmeno il suo proprietario», spiega François Murisier, presidente del consiglio artistico nonché uno dei ventiquattro saggi che compongono la Confrérie des Vignerons (la Confraternita dei vignaioli), colonna portante della festa. In tempi in cui il prodotto – in questo caso il vino – viene sempre più innaturalmente isolato e allontanato per ragioni di marketing dalle braccia che l’hanno creato, il riconoscimento Unesco plaude sì a una grande festa dove coinvolta è tutta la popolazione, ma anzitutto indica come valore da celebrare il duro lavoro dell’uomo, qui nella vigna, quale patrimonio dell’umanità.
I costumi dell’edizione 2019
I costumi dell’edizione 2019
E del resto se passeggiamo tra i 38 km di sentieri a picco sul lago Lemano, dove si trovano gli oltre 800 ettari di vigneti del Lavaux – sito Unesco dal 2007 –, si comprende l’intreccio indissolubile che lega la storia del Canton Vaud con la natura, la vigna (dopo il Vallese questo è il secondo cantone produttore di vino svizzero) e le sue manifestazioni artistiche. I Romani piantarono i primi vigneti a bordo lago, ma l’impulso alla viticoltura come la conosciamo e ammiriamo oggi, con questi spettacolari terrazzamenti, arrivò grazie ai monaci cistercensi, che ricchi del loro know-how proveniente dalla Borgogna vennero chiamati dai vescovi di Losanna per ricavarne il vino da Messa. «Non molto da allora è cambiato: tutto è fatto a mano, non c’è meccanizzazione, la pendenza è alta, lavorare qui è davvero difficile, ci aiuta la passione – racconta Blaise Duboux, 17ª generazione alla guida del suo domaine di cinque ettari a Epesses – il mio antenato Leopardo De Bosco era fuggito da Torino nel XV secolo ed era diventato arcidiacono della cattedrale di Losanna'.
Un suonatore di alpenhorn
Un suonatore di alpenhorn

Una “Ville en Fête” è lo spettacolo di un’intera cittadina, Vevey, che si veste di festa e che per essa spende la cifra enorme di cento milioni di franchi svizzeri (quasi novanta milioni di euro), nessuno di provenienza pubblica. A colpire sono le quasi seimila comparse dello spettacolo (i cui biglietti sono venduti dagli 80 ai 300 franchi) e che, spiega Hugo Gargiulo, architetto e scenografo uruguagio, «rispondono all’idea del regista di permettere a chiunque di partecipare: ci sono figuranti settantenni che ballano, la percentuale di professionisti è bassissma ed è del cinque per mille, perché questa è festa di popolo, che la gente ama raccontare e tramandare di generazione in generazione. E che impegna ciascuna comparsa tutto l’anno per le prove come a impiegare le proprie ferie per animare gli spettacoli». Gli fa eco la costumista Giovanna Buzzi: 'Abbiamo già distribuito quattromila vestiti, svolto 5.913 prove di abiti che ciascuno dei partecipanti paga di persona e conserverà. Ci lavoro da tre anni». Ma ci sono anche mille coristi e una quarantina di percussionisti. Perfino le vacche hanno fatto un casting insieme agli undici tenori che intonerannoLe Ranz des vaches, il canto tradizionale dei pastori della Gruyère reso celebre in Europa da Jean-Jacques Rousseau e uno dei momentiincontournables, cioè salienti. «Alla festa ci lavoriamo da anni – chiosa il regista Finzi Pasca – e poi per dieci anni ancora tutti ne parleranno: solo allora si penserà alla Fête successiva. La gente di qui è fiera, ma lo è in maniera discreta. È come quel vignaiolo del Lavaux che quando vai a casa sua ti stappa una bottiglia di Chasselas e con molta tenerezza ti dice: “Non è questo il posto più bello al mondo?”».

Enit presenta a Roma il nuovo piano triennale del turismo 2019-2021



Presentato il 18 luglio 2019 a Roma il nuovo piano triennale del turismo 2019-2021. Alla presenza del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio, il Presidente di Enit-Agenzia Nazionale del Turismo Giorgio Palmucci ha illustrato la nuova strategia del Paese, incentrata sulla crescita a valore e sullasostenibilità del turismo declinata per segmenti e mercati. Il Presidente Palmucci ha anche annunciato un nuovo, futuro protocollo d'intesa con il Touring Club Italiano

ESPERIENZE INNOVATIVE E MIGLIORAMENTO DELLE INFRASTRUTTURE
“L’Enit prosegue nella sua mission di promozione del comparto turistico italiano” ha dichiarato il Ministro Centinaio. “Con il nuovo piano triennale sarà in grado di indicare ed analizzare al meglio i mercati obiettivo, potendo di fatto supportare l'azione del settore privato e contribuire allo sviluppo delle destinazioni turistiche del nostro Paese. Lavoreremo in sinergia per accrescere la stagionalità, per individuare le nuove esigenze dei visitatori, per valorizzare i territori italiani e rilanciarli in chiave sostenibile favorendoesperienze di viaggio innovative. Investire nel turismo sostenibile significa proporre in una veste nuova i luoghi, l’artigianalità, le memorie dell’Italia. Sarà indispensabilemigliorare le infrastrutture per governare la crescita dei flussi turistici e puntare su un turismo di nicchia che abbia un target ben preciso. Bisognerà, in ultimo, rafforzare la presenza di Enit e le partnership con le eccellenze del Made in Italy consolidando i mercati avanzati e puntando a quelli emergenti, il tutto in un’ottica di brand nazionale. Il turismo è un settore determinante per la crescita dell'economia italiana ed è destinato a rimanere uno dei driver per la ripresa dell'economia e dell'occupazione”.

“È cambiata la visione e l’approccio all’industria del turismo, valorizzato oggi da tutto il Sistema Italia" commenta il presidente Enit Palmucci. "Ora ha finalmente l’attenzione che merita un settore che muove 428,8 milioni di presenze e 41,7 miliardi di euro di spesa dei turisti stranieri in Italia nel 2018. Finalmente si può parlare di programmazione reale e strutturata che non proceda a tentativi senza un coordinamento tra i vari livelli territoriali e gli stakeholder pubblici e privati, ma che sviluppi sinergia, qualità dell’offerta ed efficientamento della filiera turistica in rete. Potenziando la filiera con metodo: incidendo ad esempio sulla stagionalità della domanda, sulla formazione, captando in tempo le richieste del mercato: responsabilità sociale ed ecologica per la valorizzazione delle biodiversità e delle tradizioni ma con un occhio al lusso, alla ricerca di destinazioni meno battute ma con un altissimo confort”.

IL RUOLO DI ENIT E I GRANDI TEMI
Enit - Agenzia Nazionale del Turismo promuove l'Italia come meta di viaggi e vacanze dal1919 e festeggerà a novembre i primi 100 anni. Attraverso le sue 29 sedi nel mondol’Agenzia opera con attività promozionali di comunicazione e di monitoraggio della filiera turistica a livello internazionale. Sono oltre 600 gli eventi Enit programmati nel mondo nel 2019 (+5% rispetto al 2018) tra cui momenti significativi come le celebrazioni legate a Leonardo da Vinci, la partecipazione al Giro d’Italia e altri eventi sportivi e fiere internazionali come il Seatrade, il World Routes, la Settimana della cucina.
 
Tornando alle parole chiave del piano triennale, la strategia, come dicevamo, è basata su sostenibilità, accessibilità, innovazione, deconcentrazione stagionale, crescita a valore, sinergia con il Sistema Italia e coordinamento con gli enti locali per strategie promozionali omogenee, centralità del Made in Italy, valorizzazione e posizionamento competitivo dell’Italia come meta turistica nel mondo, sviluppo di una rete di servizi e trasporti pubblici e privati. Un ruolo fondamentale è svolto dall’enogastronomia, cruciale per attrarre nuove esperienze di viaggio tra visitazione culturale, sportiva, active e slow. Un’autenticità garantita da un’ampia stagionalità dell’offerta che vede crescere le presenze in tutti i mesi dell’anno e dalla capacità di intercettare le esigenze dei viaggiatori.

A questo si aggiunge lo storytelling dei grandi eventi: dalla montagna (Cortina 2021 e Milano-Cortina 2026) alla cultura dei personaggi storici italiani, fino agli appuntamenti internazionali dell’agroalimentare come Vinitaly o del design come il Salone del Mobile, vetrine indiscusse per il segmento alto di gamma.    
 touringclub.it
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - Turismo Culturale

Turismo congressuale, più eventi Italia




Aumentano gli eventi realizzati in Italia. Nel 2018 sono stati 421.503 tra congressi ed eventi (597.224 giornate), con un incremento rispettivamente del 5,8% e del 6,7% rispetto al 2017. La durata media, pari a 1,42 giorni, rimane stabile mentre sono in lieve flessione (-2,4%) i partecipanti, 28.386.815 e le presenze, 42.319.349. Sono i dati dell'Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi-Oice, promosso da Federcongressi&eventi e realizzato dall'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. "Internazionalizzazione, pianificazione e qualità: sono gli elementi di cui l'Italia ha bisogno per uscire dall'impasse che rileviamo nel mercato associativo", commenta la presidente di Federcongressi&eventi Alessandra Albarelli.





La maggioranza dei congressi ed eventi (il 59,5%) ha una dimensione locale, cioè con partecipanti (relatori esclusi) provenienti dalla stessa regione della sede. Aumentano dal 7,9% all'8,1% gli eventi internazionali.




ansa

Tour: Valle d'Aosta si candida a tappa per 2021



Una tappa transfrontaliera del Tour de France che nel 2021, in occasione dei 150 anni dalla nascita di Maurce Garin, tocchi la Valle d'Aosta, il Valais svizzero e la Haute Tarantaise, in Francia. Questa la proposta emersa oggi nel corso di una riunione tenutasi nell'Hospice du Petit Saint Bernard tra i rappresentanti istituzionali delle tre regioni che hanno deciso di istituire un comitato organizzatore internazionale.
"Abbiamo aggiunto un tassello alla candidatura per il passaggio del Tour de France in Valle d'Aosta, - spiega l'assessore allo sport e turismo, Laurent Viérin - candidatura che aveva già visto la sinergia tra la nostra Regione e il Valais, a cui si aggiunge adesso la parte francese rappresentata dalla Haute Tarentaise". Secondo Viérin una tappa del Tour attorno al Monte Bianco "permetterà di valorizzare i territori di montagna, puntando sullo sport come veicolo di promozione turistico, culturale, economico e rurale".

Turismo Piemonte cresce ma sotto media




Il turismo piemontese è in crescita, ma meno della media nazionale. Anche il valore aggiunto del settore e la spesa media giornaliera sono al di sotto della media. I turisti valutano però positivamente la meta e la consigliano agli amici, tanto che il passaparola è la prima motivazione del viaggio. Emerge dai dati di Unioncamere Piemonte, illustrati oggi in un convegno a Torino aperto dal saluto del segretario generale Paolo Bertolino. Il turismo rappresenta in Piemonte il 2,3% del Pil, penultimo posto in Italia, contro il 3,2% nazionale. La spesa media giornaliera per il pernottamento è sui 47 euro a testa contro i 52 nazionali. La Regione è comunque al 7/o posto in Italia sia per numero di imprese, sia per addetti. Sono cresciuti sia alloggio e ristorazione (+3%), sia i restanti servizi (+5%) ma sotto la media. Per l'informazione, internet è al 20% contro il 40% italiano. Al 53% il consiglio degli amici, al 28% l'esperienza personale. E i social non arrivano al 2%, contro il 40% nazionale.
   

BENI CULTURALI-TURISMO/ BORGONZONI (MIBAC) E CENTINAIO (MIPAAFT): BENE INCONTRO CON DELEGAZIONE CINESE SHAANXI

BENI CULTURALI-TURISMO/ BORGONZONI (MIBAC) E CENTINAIO (MIPAAFT): BENE INCONTRO CON DELEGAZIONE CINESE SHAANXI

ROMA\ aise\ - “Un proficuo incontro che conferma e rilancia la volontà e la grande capacità di cooperazione culturale tra Italia e Cina. Anche con la importante provincia di Shaanxi le opportunità di sinergia e di cooperazione sono moltissime e con oggi abbiamo posto le basi per un comune lavoro futuro sul piano della cultura, del turismo e delle imprese creative. Lo faremo con l’avvio di un confronto su possibili nuovi gemellaggi tra i reciproci siti Unesco, perché i nostri rispettivi Paesi, con i loro 55 siti riconosciuti Patrimonio Mondiale, sono leader a livello mondiale di promozione e tutela territoriale, una leadership che va rafforzata costruendo nuove occasioni di scambio e cooperazione anche per le misure di valorizzazione e di salvaguardia, di cui l’Italia ha una grande esperienza ed avanzate tecnologie”. 
Lo ha dichiarato il Sottosegretario al MIBAC, Lucia Borgonzoni, in merito all’incontro avuto ieri al MIBAC con il Governatore della Provincia di Shaanxi, Liang Gui, sul tema della cooperazione culturale e turistica, incontro a cui ha preso parte anche il Consigliere diplomatico del Ministro Centinaio, Giovanni Umberto De Vito, e il Direttore della Fondazione Italia Cina, Vincenzo Petrone.
“Il MIBAC”, ha proseguito Borgonzoni, “da circa un anno sta sperimentando alcuni progetti innovativi per la mitigazione del rischio e la salvaguardia del patrimonio storico artistico italiano, come il sistema di monitoraggio satellitare mediante misurazione interferometriche e iperspettrali, attualmente in sperimentazione al parco archeologico del Colosseo, e con l’obiettivo di estenderlo agli altri siti Unesco nazionali e internazionali. Abbiamo davanti a noi grandi opportunità e la sfida è creare una piattaforma di dialogo permanente tra i settori della cultura, del turismo e delle industrie creative. Un dialogo che dobbiamo rendere quanto più intenso e vivo in vista del 2020, che sarà l’anno della promozione turistico e culturale tra Italia e Cina, e per il quale verrà lanciata una piattaforma web plurilingue che permetterà, attraverso il dialogo con i canali web e sociali cinesi, di promuovere le nostre realtà culturali e territoriali: siti, musei, teatri e film locations”. 
“La Cina e l’Italia”, ha dichiarato il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio, in merito alle proposte avanzate nel corso della riunione, “sono i capisaldi di partenza e di arrivo del percorso reale ed ideale della Via della Seta, un ponte tra culture dagli enormi potenziali di sviluppo anche dal punto di vista turistico. Potenzialità che vanno attuate anche con la creazione di infrastrutture materiali dedicate”. 
“Per questo”, ha spiegato Centinaio, “mi trova pienamente favorevole la proposta avanzata dal Governatore Gui di uno speciale treno passeggeri sulla linea ferroviaria Xi’an – Roma che tocchi stazioni con particolari allestimenti culturali. Un treno che sia il segno concreto di quanti punti di incontro e di scambio ci siano tra i territori e le culture dei nostri rispettivi Paesi”. (aise)

Il sociologo Abbruzzese: "Il Meeting di Rimini? Un luogo da cui ricominciare"

Il sociologo Abbruzzese: "Il Meeting di Rimini? Un luogo da cui ricominciare"

da buongiornorimini.it
Il Meeting di Rimini? «E' innanzitutto un ambiente di vita, un ambiente morale. Non solo una serie di conferenze alle quali si assiste. - afferma il sociologo Salvatore Abbruzzese, docente di Sociologia della Religione all’Università degli Studi di Trento - È una modalità di attenzione al nostro Paese, a ciò che accade nel mondo, e soprattutto alla persona. Mi riferisco non solo ai volontari che sono di più di quel che appare, non solo ai ragazzi ed alle ragazze che vediamo all'opera ma anche a chi non sta nel front line ma ugualmente si spende con gratuità per questo evento». Abbruzzese sarà il protagonista dell'incontro conclusivo del Meeting 2019, dedicato alla presentazione del suo libro sulla storia quarantennale della manifestazione, in uscita da Morcelliana.
Cosa intende per ambiente morale?
«Chi arriva da fuori non può non chiedersi da cosa nasca una certa modalità di rapporto fra le persone, non può non interrogarsi su come le persone che realizzano il Meeting vivano e interagiscano fra di loro. A mio giudizio siamo di fronte ad un'esperienza di sensibilità morale che nasce dalla prospettiva antropologica ed educativa di don Giussani; il nucleo argomentativo sta lì. Nessuno poteva immaginarsi che da una prospettiva di questo tipo potesse nascere un'esperienza così articolata, così potente e così capace di conquistare credibilità anche quando il mondo cambia, i finanziamenti si dimezzano ed il gossip politico perde di qualità; anche quando cambiano i referenti politici, anche quando cambiano i pontificati. È una dinamica impressionante che suscita interesse».
Lei come ha studiato il fenomeno Meeting?
«In primo luogo ho svolto in lavoro di analisi dei documenti: cosa è stato detto al Meeting, che tipo di interventi sono stati fatti, cosa il Meeting ha ricercato, chi ha invitato. Il secondo passaggio è stata l'osservazione diretta: sono stato invitato per quattro volte, altri anni sono andato per conto mio. Conosco bene l'esperienza di Comunione e Liberazione per averci dedicato libri e articoli. Dall'osservazione metodica e dalla lettura dei documenti, ho visto che negli anni il Meeting ha acquisito una legittimazione culturale, testimoniata anche dalla presenza, da un certo momento in poi, dei presidenti della Repubblica. È interessante allora capire come questa legittimazione si sia strutturata, cosa abbia prodotto in termini di cultura, di lettura dei fenomeni emergenti. Il Meeting si è imposto con l'autorevolezza dei contenuti, ma anche per lo stile che non è fatto di contraddittori, né di talk show ma di conferenze seguite con un'attenzione unica da platee di dimensioni impensabili altrove. Il Meeting è uno sguardo aperto sul mondo; una vera e propria finestra sulla realtà. Può sembrare un’affermazione sproporzionata ma non lo è se si pensa chi sia venuto in questi 40 anni e come la manifestazione stia affrontando adesso situazioni nuove come la condizione persecutoria dei cristiani in Medio Oriente, il dialogo interreligioso, l’ondata immigratoria; ma anche come stia costituendo una narrazione nuova della storia e dell'identità nazionale».
Lei ha sottolineato la legittimazione istituzionale. Eppure a volte è sembrato che la presenza dei politici abbia oscurato la vera natura del Meeting, non crede?
«Da sociologo osservo che il Meeting ha fatto una scommessa incredibile; ha scommesso laddove tutti gli altri si sarebbero tirati indietro. Sappiamo come in Italia la dimensione politica sia onnivora e sia in fibrillazione e tensione continua. È difficile parlare di temi che concernono i valori primi e le domande dell’esistenza quando si è in presenza di un politico; è difficile che quest’ultimo non assorba l'attenzione, riducendo tutto alle tematiche di conflittualità immediata, ai “distinguo” tra partiti o all’interno di componenti dello stesso partito. Mi ha sempre colpito la discrasia fra il Meeting vissuto all'interno e i resoconti dei giornali il giorno dopo che parlavano solo di quest’ultima dimensione, come se tutto il resto non avesse la minima importanza. La capacità del Meeting di resistere alla politica, riproponendo le domande essenziali resta allora eccezionale. Ho studiato le domande che le personalità di prima linea del Meeting, gli organizzatori, hanno posto in questi anni ai politici: è emersa una consonanza immediata con le tematiche fondamentali che stanno dentro l'esperienza educativa di Comunione e Liberazione. Queste tematiche sono state costantemente riproposte anche quando, con un politico, sarebbe stato più facile andare sui temi consueti del vocabolario dominante. Il Meeting manifesta un capacità di gestire una dimensione che altrove sarebbe assolutamente prevaricante e monopolizzatrice. Questa è la spia che il Meeting ha qualcosa di diverso. Si capisce che c'è dietro qualcosa di solido che riesce a reggere il confronto».
E cosa è questo qualcosa di solido?
«La sostanza è nel senso religioso di don Giussani, che è attenzione commossa alle esigenze umane dentro il reale. È l'uomo che si interroga sul senso della propria esistenza e che, a partire da questo, diventa appassionato a tutto il mondo che lo circonda, non perché questi valga di per sé ma perché contiene segnali che rinviano a qualcosa d’altro. Don Giussani ha lanciato nel mondo persone in eterna ricerca. Il famoso “non state mai tranquilli” cosa voleva dire? Siate sempre in ricerca! Ha generato un'umanità che dentro i suoi mille limiti umani porta dentro sé un desiderio di comprendere, un entusiasmo semplice, sincero e immediato per tutto ciò che c'è nel reale, purché sia autentico e tenga conto delle domande fondamentali dell’esistenza, non le eluda. Questa sensibilità la gente del Meeting l'ha attinta da don Giussani, e va in contrasto profondo con il disincanto che oggi regna nel mondo».
In questi 40 anni il Meeting è cresciuto o manifesta segni di logoramento?
«Questa è una domanda chiave. È chiaro che se si confronta il Meeting degli anni 1980, 1981, 1982 con quelli più recenti si riscontra un impatto diverso sul mondo. Ma ricordiamo che 1980 era l'anno di Solidarnoșc, si era dinanzi ad un mondo in ascesa, pochi anni più tardi sarebbe iniziato quel processo di revisione che avrebbe portato nel 1989 alla caduta del muro di Berlino. C'era un mondo intero in movimento, verso una nuova alba. Era un universo, in Italia come altrove, pieno di energia. Il mondo ora è profondamente cambiato: in questo contesto il Meeting opera in una dinamica ancora più chiaramente esistenziale. La dinamica che non può essere quella degli anni Ottanta perché non siamo più in quell'Europa. È un momento in cui interrogarsi e il Meeting, che è una realtà viva, si interroga, registrando perfettamente un tale momento di rielaborazione. E lo si coglie guardando le dichiarazioni ufficiali che vengono rilasciate; ci sono i documenti che lo attestano. Anche gli stessi interventi delle massime cariche dello Stato cominciano a guardare al Meeting come a un luogo di energia morale. Se è possibile ancora un nuovo inizio, questo può cominciare solo da lì e non da altre parti. Il Meeting di Rimini è un luogo dove è in atto un costante tentativo di riavvio della volontà di ricostruzione morale di un intero paese».
Lei quindi non condivide l'opinione di chi parla di un ripiegamento spiritualista?
«Il rischio dello spiritualismo lo vedo piuttosto in altri movimenti. Le domande esistenziali sono carnali, bruciano sulla pelle. Se si vivesse in una dimensione puramente spirituale, cosa si inviterebbero a fare politici, sindacalisti, imprenditori? Conformemente al pensiero di Péguy il cristianesimo è un'esperienza carnale di vita concreta. E in ogni caso, a cosa mi servirebbe la risoluzione dei problemi concreti ed immediati se fossero separati da una consapevolezza del dove andare e del cosa costruire. E come sapere dove andare e cosa costruire se ignoro la mia origine, non solo storica ma anche antropologica, fino ad arrivare alla domanda essenziale che è quella che si chiede chi sia mio padre, di quale storia e di quale promessa io sia l’erede».

Sabato 24 agosto il Meeting di Rimini ricorderà i cinquant’anni del primo allunaggio con Nespoli, Battiston e Prina

La Terra fa da sfondo a “Envisat”, il più grande satellite europeo

da Avvenire

Parla Roberto Battiston, che sarà ospite al Rimini: grazie ai satelliti possiamo controllare fenomeni che accadono in zone remote del pianeta, come la deforestazione o la formazione di campi profughi

Sabato 24 agosto il Meeting di Rimini ricorderà i cinquant’anni del primo allunaggio con tre protagonisti quali Roberto Battiston, docente di Fisica all’Università di Trento ed ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana, l’astronauta Paolo Nespoli e l’ingegnere aerospaziale Mauro Prina. Tematiche scientifiche saranno affrontate anche con la mostra “What’s in our brain? La meraviglia del cervello umano”, a cura dell’Associazione Euresis & Camplus, che offrirà un percorso alla scoperta delle meraviglie del nostro cervello e del suo funzionamento, secondo quanto la scienza ad oggi è riuscita a comprendere; “Vicino a chi soffre, insieme a chi cura. Storia dell’oncologia, storia di persone”, mostra proposta da Ior a cura di Fabrizio Miserocchi e Roberto Gabellini in occasione dei 40 anni dell’Istituto Oncologico Romagnolo; “L’uomo all’opera. La grandezza del costruire”, esposizione a cura di Riccardo Castellanza, Luigi Benatti, Francesca Giussani, Paolo Morlacchi, Martino Negri, Fabio Tradigo e Maddalena Sala.

Dopo cinquant’anni, dove sono le colonne di Ercole che l’umanità è chiamata ad oltrepassare, per migliorare sé stessa e il pianeta che popola? Quale «piccolo passo» occorre muovere, perché compia il «grande balzo»? La Nasa, pur guardando a Marte come meta a medio-lungo termine, lavora allo sviluppo di una base cislunare che lasci aperta ogni altra possibile destinazione. La Luna potrebbe diventare destinazione di colonie permanenti o, addirittura, di localizzazione di attività industriali, tese allo sfruttamento delle risorse locali, destinate poi a sostenere la logistica di una futura esplorazione del sistema solare. Al di là delle implicazioni politico-economiche, lo spazio è l’ambito in cui la scienza è alla ricerca del legame tra il microcosmo delle particelle elementari e il macrocosmo dell’universo attuale. Osservare la Terra dallo spazio, studiare i pianeti di questo o altri sistemi solari, può aiutare enormemente ad abitare meglio questo nostro mondo. Spiega Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana e recentemente inserito nella “Hall of fame” destinata alle figure più autorevoli del settore spaziale: «Lo spazio è nella nostra quotidianità a tal punto che tendiamo a dimenticarlo. Ci garantisce una serie di servizi, e lo fa a standard di efficienza estremamente alti, che diamo scontati. Pensiamo al Gps: altro non è che una costellazione di ventiquattro satelliti, che fornisce senza sosta un segnale che ci posiziona e guida attraverso i telefoni cellulari. Dunque, lo spazio è nelle nostre tasche. La questione è piuttosto un’altra.

I costi dell’accesso allo spazio e del relativo sfruttamento? 
Esatto. Oggi i primi stadi dei lanciatori vengono sempre più spesso recuperati e riutilizzati con un risparmio economico che può giungere al 40%; solo fino a qualche anno fa, i lanciatori andavano invariabilmente perduti, dopo la messa in orbita dei satelliti. Questo comporta una importante riduzione di costi che certamente apre a nuovi tipi di utenze.

Durante la sua presidenza all’Asi, lei si è molto speso allo sviluppo dei minisatelliti, destinati ad imprimere una svolta epocale nel modo di guardare alle stelle. Perché popolare l’orbita terrestre di oggetti con massa inferiore a 150 chilogrammi è preferibile a pochi grandi satelliti estremamente performanti? 
Analogamente all’elettronica, si pensi ai pc o ai cellulari, teniamo tra le mani oggetti sempre più piccoli e sofisticati, e, paradossalmente, anche più economici. Allo stesso modo, una costellazione di piccoli satelliti permette un monitoraggio della Terra continuo e preciso; oggi tutta la superficie della terra viene fotografata una volta al giorno. Una simile frequenza si traduce in informazioni accuratissime, non disponibili solo cinque anni fa.

Lei ha usato l’espressione «spazio sartoriale »: si riferisce all’impiego di minisatelliti tarati su esigenze e scopi della committenza? 
Satelliti su misura sono oggi alla portata di imprese e istituzioni di dimensioni medio-piccole. Il costo di una costellazione di cento nanosatelliti in grado di garantire la mappatura quotidiana terrestre, si aggira intorno a dieci-quindici milioni di euro, messa in orbita inclusa, con un ritorno economico che supera – a breve termine – l’investimento. L’aumento di nanosatelliti introduce problematiche con cui dobbiamo imparare a confrontarci. Ad esempio, evitare di disperdere irresponsabilmente spazzatura che ricordi il nostro passaggio, educandoci al concetto di “ecologia spaziale”. Lo spazio è utile fino a che è sufficientemente vuoto da non comportare pericoli per i satelliti che lo popolano.

Proviamo ad elencare solo alcune applicazioni: monitoraggio di inquinamento ambientale, emissione e distribuzione di gas serra nell’ atmosfera, sicurezza delle frontiere, contrasto alla pirateria marina… 
Ad esempio, i satelliti possono facilmente identificare imbarcazioni non cooperative, ovvero che non emettono il corretto segnale radio identificativo; questo rappresenta uno strumento utilissimo di contrasto alla pirateria marina. I satelliti radar riescono a osservare anche di notte e attraverso le nuvole, condizioni spesso utilissime per interventi in emergenza, quando si tratta di portare soccorsi in zone colpite da calamità naturali. Grazie ai dati spaziali, relativi a direzione e velocità di venti e correnti, è possibile minimizzare il percorso di grandi bastimenti, riducendo i volumi di combustibile consumati.

Spostandoci in ambito agricolo: dallo spazio – a costi molto contenuti – si può valutare il rendimento dei campi, metro quadro per metro quadro, così da programmare irrigazione, concimazione e semina in modo ottimale. 
La produzione agricola e la filiera del cibo sono le principali industrie mondia-li, da cui dipende il futuro del pianeta e la relativa stabilità politica. L’osservazione sistematica del suolo dallo spazio permette di ottimizzare irrigazione e concimazione e ridurre la necessità di fertilizzanti. Decine di migliaia di agricoltori utilizzano già oggi questo tipo di informazioni con costi assolutamente irrisori rispetto al guadagno economico-ambientale. Essendo poi prevedibile il raccolto con mesi di anticipo, è possibile scegliere su quali colture “investire” in un determinato appezzamento. Lo strumento satellitare contribuisce, dunque, significativamente al migliore rendimento delle risorse, sempre più scarse con l’attuale crescita demografica. Strettamente collegato a questo tema è il monitoraggio del cambiamento climatico e delle misure di contenimento delle emissioni di gas serra. L’accordo sul clima di Parigi nel 2015 è stato fortemente influenzato dalla disponibilità di dati satellitari altamente performanti, che hanno permesso di sviluppare modelli climatici credibili e affidabili, convincendo le governance sull’ influenza delle attività umane sul cambiamento climatico. Nel 2017 è stata lanciata a Parigi un’iniziativa importante: il coordinamento delle agenzie spaziali di tutto il mondo per la realizzazione di un osservatorio sul clima, basato sui satelliti di osservazione della terra. Infatti, ben 26 delle 50 variabili essenziali per il clima (Ecv) possono essere osservate in modo affidabile solo dallo spazio.

La mappatura terrestre quotidiana mostra i cambiamenti che si stanno verificando in qualsiasi punto del globo: ad esempio, come varia l’occupazione di un parcheggio, il livello delle riserve petrolifere o anche lo stato di costruzione di un arsenale o di un bunker. 
Si parla proprio di “rivelazione dei cambiamenti”: i computer sono programmati per mostrarci solo i cambiamenti delle immagini da un giorno all’altro. Questo ci permette di raggiungere risultati altrimenti inimmaginabili. In particolare, fenomeni che accadono in zone remote del pianeta, come la deforestazione in Amazzonia, la realizzazione delle infrastrutture militari sugli atolli del Mar della Cina, la formazione di campi profughi nel centro dell’Africa, lo scioglimento dei ghiacci ai poli o sulle montagne. Avere accesso allo stato dell’intero pianeta e assistere in tempo reale alle evoluzioni naturali e artificiali, giorno dopo giorno, è uno strumento formidabile per contrastare crisi di carattere internazionale: esserne coscienti è fondamentale perché tutti possano accedere a tali informazioni, e non solo limitati gruppi di interesse.

Da qui il pensiero corre ai satelliti spia, alla Guerra Fredda... 
Alla fine degli anni ’60 le due superpotenze – Usa e Urss – firmarono assieme all’Inghilterra l’“Outer Space Treaty”, poi adottato da un centinaio di altri Paesi. Il trattato non vieta attività militare nello spazio, ma vieta la presenza di armi di distruzione di massa e limita, l’impiego dei corpi celesti a scopi pacifici. Questo trattato, ad oggi, è stato rispettato. Ora si sta tornando a ipotizzare la militarizzazione dello spazio: significherebbe innescare un’excalation, di cui si conosce l’inizio, ma non la fine. L’uso dello spazio deve puntare alla creazione di nuovi lavori, alla formulazione di prodotti e servizi, alla gestione delle emergenze, al controllo dei cambiamenti climatici. È questo il modo migliore per Fare spazio [il titolo del suo ultimo libro edito da La nave di Teseo, ndr ] nei prossimi cinquant’anni.

"NOW NOW. Quando nasce un’opera d’arte", la mostra | Intervista a Luca Fiore

Progetto di Casa Testori
A cura di Davide Dall’Ombra, Luca Fiore, Giuseppe Frangi e Francesca Radaelli

tag: #Meeting2019, Casa Testori, Arte, Cultura, Turismo Culturale
Il Video

Dopo il viaggio alla scoperta dell’arte contemporanea del 2015 e l’incontro con le opere monumentali del 2017, la mostra di quest’anno darà al visitatore la possibilità di entrare nel processo stesso dell’opera, partecipare al momento creativo, conoscere le dinamiche, la ricerca e gli accadimenti di un artista: tra frustrazioni ed entusiasmi. Al Meeting saranno presenti 6 giovani artisti che trasferiranno in Fiera il proprio studio, al lavoro con tecniche e linguaggi molto diversi tra loro. Non mancheranno spunti storici, una grande sorpresa e alcuni dei protagonisti della scena artistica italiana, che si alterneranno in mostra ogni giorno.


tratto da meetingrimini.org

segnalazione web a cura di Albana Ruci

Con il rock nel cuore, Bennato torna al Meeting

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Non c’è due senza tre: Edoardo Bennato ha già calcato le scene del Meeting nel 1993 e nel 1995. E per il 40esimo ritorna con un concerto il 22 agosto.
intervista tratta da meetingrimini.org
Che ricordo ha dei precedenti incontri con il popolo del Meeting? La cosa che mi ha colpito di più nelle due precedenti edizioni a cui ho partecipato è lo straordinario impegno di migliaia di giovani, volontari che, a loro spese, organizzano un evento che va avanti da quarant’anni. Soprattutto mi piace il concetto per cui la “diversità” diventa un terreno di incontro, di valorizzazione per differenti culture e non solo in ambito religioso.
La sua lunghissima carriera è costellata di successi, fino a quelli più recenti del 2017. Cosa proporrà per il concerto di Rimini? Per quanto riguarda il mio concerto cerco, come sempre, di coniugare la spettacolarità con i contenuti, il divertimento ed il pensiero, insomma un concerto ad alto contenuto rock & blues. Nel 2016 il mio brano “Pronti a salpare” ha avuto il privilegio di vincere il premio “una canzone per Amnesty” nell’ambito di Amnesty International, si tratta di una “canzonetta” che invita noi privilegiati, in teoria, del cosiddetto mondo occidentale che dovremmo essere pronti a salpare, a cambiare mentalità, in considerazione del nostro benessere futuro e quello dei nostri figli, non può più prescindere dalla soluzione dei problemi di quello che chiamiamo “terzo mondo”. Tra la spietatezza e il futile buonismo fatto per riempirsi la bocca nei “salotti buoni” bisogna trovare una terza via, non c’è più tempo da perdere.
I temi sociali da sempre hanno ispirato la sua produzione artistica, divenendo un marchio di fabbrica irrinunciabile. Cosa muove il suo istinto creativo? Cosa ha a cuore? Ciò che muove la mia creatività è il rock. La consapevolezza che, da sempre, ho sventolato una sola bandiera: quella del rock.

Miele: clima e import tagliano prime produzioni 2019 del 41%


(ANSA) - ROMA, 19 LUG - Parte male la campagna 2019 del miele nazionale per colpa del clima ma anche della forte concorrenza estera. La produzione di miele di acacia e agrumi ha fatto registrare una contrazione del 41% rispetto alle attese. In termini economici questo ha significato una riduzione dei ricavi per gli apicoltori di 73 milioni di euro. È la fotografia che emerge dalle stime che l'Ismea ha realizzato sulla prima parte della campagna produttiva dell'anno in corso. 

L'andamento climatico anomalo che ha caratterizzato il primo semestre dell'anno, infatti, ha messo definitivamente in ginocchio un settore già alle prese con problemi sanitari e minacciato dalla forte concorrenza del prodotto di provenienza estera. Le perdite produttive per il miele d'acacia, stimate intorno ai 55 milioni di euro, hanno penalizzato soprattutto le regioni del Nord (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia). Per il miele di agrumi, la stima del danno, secondo l'Ismea, si aggira intorno ai 18 milioni di euro, con una situazione critica in tutto il Mezzogiorno e perdite produttive tra il 40% e l'80%. (ANSA).

20 luglio 1969-2019. Da Vecchioni a Mina, 10 canzoni (più 1) dedicate alla luna

Da Vecchioni a Mina, 10 canzoni (più 1) dedicate alla luna

Il 20 luglio 1969 gli astronauti della missione Apollo 11 mettevano per la prima volta piede sulla Luna. Eppure sulla luna l’uomo ci è sempre “salito”, almeno con la fantasia. Grazie ai poeti, prima di tutto. E poi con la musica. Non si contano le canzoni dedicate alla luna, in tutte le lingue del mondo. Ne abbiamo scelte dieci (alcune delle quali forse non così note)… più una.

1. Luna Rossa (1950)
Scritta Vincenzo De Crescenzo e Antonio Vian, fu presentata per la prima volta durante la Festa di Piedigrotta del 1950, cantata da Giorgio Consolini, accompagnato dall'orchestra di Nello Segurini e divenne presto uno dei gioielli dello sterminato repertorio napoletano (nel quale la luna ha un ruolo di primo piano, da Marechiaro a Luna caprese e Na voce, ‘na chitarra e un poco ‘e Luna)
Nella canzone un uomo vaga di notte per strada nella speranza che la sua amata si affacci dal balcone. “E 'a luna rossa me parla 'e te / io le domando si aspiette a me / e me risponne si 'o vvuo' sape' / cca' nun ce sta nisciuna”.
Infinito l’elenco di chi l’ha cantata:, Claudio Villa, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Gabriella Ferri, Mia Martini, Renzo Arbore, Renato Carosone, Mango, fino a Joséphine Baker, Noa e Caetano Veloso. Frank Sinatra la incise con il titolo Blushing Moon e ce n’è persino una versione in arabo con M'Barka Ben Taleb. Qui la versione classicissima e superba di Roberto Murolo.
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2. U2 – Mysterious ways (1991)
La luna non c’è nel titolo di questo brano tratto da Achtung Baby, ma la attraversa completamente. Quale è il significato della canzone? Se per alcuni la luna è una metafora della donna e del suo potere di soggiogare l’uomo (proprio come la luna muove le maree) anche attraverso la dimensione sessuale, altri invece propongono letture sono decisamente più religiose, in linea con molte canzoni della band di Dublino: dal confronto tra Giovanni Battista e Salomè (e la danza del ventre nel video sembrerebbe confermarlo) fino a quelle in cui la luna diventa simbolo addirittura dello Spirito Santo. Per altri ancora, infine, è soltanto una canzone… sulla luna.
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3. Roberto Vecchioni – Blumùn (1993)
Uno swing allo specchio sugli anni che passano e un dialogo con Dio (che all’inizio, con la voce di Gene Gnocchi, dice: «Vecchioni, Vecchioni... / già il nome che hai avuto in sorte, / Vecchioni... ma non ti dice niente? / E continui a rubarmi giorno dopo giorno»). Ma sotto la vena malinconica e una bella nota di ironia, Blumùn celebra tutto il sapore della vita: «Questa luna nel cielo sembra panna, / che voglia di una lontana ninna nanna / Ho tanti amori, tanti figli addosso / che pare brutto salutarli adesso: / sono un uomo felice lo confesso. / anno dopo anno...».
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4. Neil Young – Harvest moon (1992)
Canzone che dà anche il titolo all’album pubblicato dal rocker canadese nel 1992, è un magnifico pezzo sull’amore che resiste intatto come il primo giorno. “Perché sono ancora innamorato di te / Voglio vederti danzare ancora / Perché sono ancora innamorato di te / Sotto questa luna del raccolto”. Per anime romantiche.
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5. La luna, da Forza venite gente (1981)
Con migliaia di repliche in Italia e nel mondo “Forza Venite Gente” è un vero caso teatrale, anche per per la sua durata. La canzone dedicata alla Luna è uno dei momenti più intensi. Un duetto tra Francesco e il Sultano, in cui il disco bianco “mantello bianco di pietà” diventa uno specchio in cui incontrarsi, “presenza muta di ogni Dio / del suo del mio / del Dio che sa”.
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6. Mina – Flying me to the moon (1972)
“Fammi volare fino alla luna / Fammi giocare tra le stelle / Fammi vedere che effetto fa / saltare su Giove e Marte / in altre parole, prendi la mia mano! / in altre parole, baciami bambina”. Grande swing e grande classe per questo brano scritto nel 1954 da Bart Howard (con il titolo originale In Other Words, ossia "in altre parole") la cui versione più celebre è quella cantata da Frank Sinatra ma è nel repertorio di tutti gli artisti più grande: Paul Anka, Tony Bennett, Shirley Bassey, Nat King Cole, Nina Simone, Perry Como, Ella Fitzgerald, Amy Winehouse, Gregory Porter, Diana Krall, Marvin Gaye, Astrud Gilberto, Michael Bolton, Michael Bublé. La versione di Mina che qui proponiamo, apre i concerti con una big band jazz documentati nel disco Dalla Bussola.
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7. Tom Waits – Grapefruit moon (1973)
Penultima canzone del suo primo album, Closing Time, è una lenta, dondolante ballata d’amore intonata sotto una “luna pompelmo” e una stella che brilla nell’oscurità. Qui Waits è ancora un romantico coroner, ma la luna è un tema e un’immagine che ne percorrerà tutta la carriera.
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8. Loredana Bertè – E la luna bussò (1981)
Senza dubbio la più celebre tra le canzoni italiane dedicate alla luna. Scritta da Mario Lavezzi insieme ad Oscar Avogadro e Daniele Pace è forse il primo reggae italiano. “E allora giù quasi per caso / Più vicino ai marciapiedi / Dove e vero quel che vedi / E allora giù senza bussare / Tra le ciglia di un bambino / Per potersi addormentare”.
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9. Paul Simon - Song About the Moon
Gioiello in un repertorio di gioielli, la canzone di Paul Simon spiega tutte le altre canzoni sulla luna. “Se vuoi scrivere una canzone su un volto / Se vuoi scrivere una canzone sulla razza umana / Scrivi una canzone sulla luna”. La luna come grande metafora, perfetta per ogni spunto, dall’amore alla scienza alla spiritualità… a una semplice ninna nanna. La Luna è un luogo dell’immaginazione, e anche dopo l'allunaggio, è ancora un luogo sconosciuto.
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10. Billie Holiday - Blue Moon (1952)
Abbiamo iniziato da una luna rossa, finiamo con la storia di una luna che da blu (il colore della tristezza) diventa d’oro quando l’amore si avvera. Composta da Richard Rodgers e Lorenz Hart nel 1934, è stata poi cantata da alcune delle più grandi voci del secolo scorso, da Elvis Presley a Frank Sinatra a Ella Fitzgerald, e come standard è stata interpretata da jazz man come Armstrong, Django Reinhardt, Dizzie Gillespie. Ma quella di Billie Holiday è indimenticabile. Nota per i calciofili: Blue Moon dagli inizi degli anni 90 è diventata l’inno ufficioso del Manchester City.
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+ 1. R.E.M. – Man on the moon (1992)
Eccoci al bonus. Il titolo ricorda l’allunaggio di 50 anni fa. Ma non è proprio una canzone dedicata alla luna, né a Neil Armstrong, quanto semmai a un grande “lunatico” e “stralunato” come Andy Kaufmann, comico surreale che con le sue performance portava alla luce le contraddizioni della società (non solo americana) propensa a credere a qualsiasi cosa. Cantava Michael Stipe: “Se credevi avessero portato un uomo sulla luna / Se credi non ci sia nessun trucco / Allora niente è divertente”. Man on the Moon è un film del 1999 su Andy Kaufmann, diretto da Miloš Forman e interpretato da Jim Carrey.
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Turismo. Enit, Piano triennale attento a sviluppo e occupazione

Enit, Piano triennale attento a sviluppo e occupazione

da Avvenire
«A settembre partirà il tavolo di lavoro per le professioni turistiche, perché vogliamo rinnovarle, e poi promozione e tante iniziative, il 2020 sarà l'anno dell'amicizia Italia-Cina nel turismo». Così il ministro dell'Agricoltura e del Turismo Gian Marco Centinaio, durante la presentazione con l'Enit della nuova strategia dell'Italia con il Piano triennale del turismo 2019-2021. Un settore trainante per l'economia del nostro Paese. Nel 2018 il Pil prodotto dal settore turistico è stato pari a 232 miliardi di euro (13,2% del Pil totale), con 3,5 milioni di occupati (14,9% dell'occupazione). E con una previsione a dieci anni di un aumento del Pil dell'1,7% (268,8 miliardi di euro) e +1,3% di occupati. Uno degli obiettivi del prossimo triennio, comunque, è la crescita del 10% annuo del saldo positivo della bilancia dei pagamenti tra le spese sostenute dai turisti che vengono in Italia dall'estero e gli italiani che si recano fuori i confini. Un contributo può arrivare anche dai 600 eventi messi in campo in tutto il mondo per promuovere l'Italia all'estero. Enit - che a novembre festeggia i 100 anni di attività - punta su tre categorie per far crescere le presenza: famiglie, millennials e turismo specialistico, che va da quello legato ai percorsi in bici alle immersioni in mare. 
«Il nostro Paese ha una bilancia dei pagamenti del turismo che segna 42 miliardi di euro di incoming e 25 di outgoing, il saldo positivo ogni anno è di circa 16 miliardi, l'obiettivo è farlo crescere stabilmente del 10% per ogni anno nei prossimi tre - ha spiegato il presidente Enit 
Giorgio Palmucci -. Ci sono mercati più maturi come i Paesi europei che già ci conoscono e a cui vogliamo far apprezzare i luoghi meno noti, che però contengono il 60% dei siti Unesco. In altri Paesi come Cina, India e in quelli del Sud America lavoriamo innanzitutto per far conoscere l'Italia e le sue destinazioni». In termini di presenze estere l'Italia, con oltre 216,5 milioni di pernottamento nel 2018 (+2,8), supera la Francia (140 milioni di notti) e cresce a differenza della Spagna nel 2018 che pur essendo prima nel confronto europeo con 301 milioni di pernotti segna una flessione dell'1,6%. 
«Con il nuovo piano triennale Enit sarà in grado di indicare al meglio i mercati obiettivo potendo supportare l'azione del settore privato e contribuire allo sviluppo delle destinazioni turistiche del Paese - ha concluso 
Centinaio -. Il turismo è un settore determinante per la crescita dell'economia italiana, è destinato a rimanere uno dei driver per la nostra ripresa economica e per l'occupazione».

GIUGNO DA RECORD PER L'AFA, 3 GRADI PIÙ DELLA MEDIA


IL SECONDO PIÙ CALDO DAL 1800. PRIMATO RESTA AL 2003 Il mese scorso è stato il secondo giugno più caldo in Italia dal 1800 - cioè da quando sono disponibili i dati sulle temperature  - a oggi. Lo rende noto l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, secondo cui il primato dell'afa resta al 2003. Nel giugno scorso, che quindi risulta il più rovente degli ultimi 15 anni, la temperatura è stata superiore di 3,30 gradi centigradi rispetto alla media. (ANSA).

ADDIO A CAMILLERI, L'ITALIA PIANGE IL PAPÀ DI MONTALBANO



31 MILIONI DI COPIE. NIENTE CAMERA ARDENTE, FUNERALI PRIVATI Andrea Camilleri è morto all'ospedale Santo Spirito di Roma dove era ricoverato da un mese. L'autore geniale dei libri del commissario Montalbano aveva 93 anni. Per volontà della famiglia non ci sarà camera ardente e il funerale si svolgerà domani in forma privata. Regista di teatro, funzionario Rai, poi il boom da romanziere a 60 anni: cento libri, 27 su Montalbano, un fenomeno da 31 milioni di copie. 'Il commissario finirà con me', disse. Ascolti record per la serie tv con Luca Zingaretti, vista 1,2 miliardi di telespettatori. Tutta Italia piange la morte del maestro. Mattarella: 'Ha avvicinato gli italiani ai libri'. Conte: 'Un maestro che ha saputo parlare a tutti'. La notizia fa il giro del mondo. 

«Nacque il tuo nome da ciò che fissavi» 18-24 agosto 2019 | Fiera di Rimini XL edizione Meeting per l’amicizia fra i popoli

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Quello a cui stiamo assistendo nel nostro tempo è qualcosa di nuovo, di inedito: non bastano più le parole abituali per afferrarlo, e le analisi con cui si è cercato per tanto tempo di capire la crisi – o meglio le diverse crisi – del nostro mondo sembrano armi spuntate.
Da un lato una capacità stupefacente di costruire, manipolare e controllare la realtà attraverso un potere tecnologico sempre più diffuso; dall’altro un sempre più profondo smarrimento riguardo al senso per cui ciascuno di noi sta al mondo e alla società che si vuole costruire. E così, paradossalmente, alla potenza della tecnica, che muove ormai l’economia e la politica globali, si accompagna l’impotenza endemica della povertà – povertà di beni e soprattutto di significato – che dilaga nel mondo.
Ma qual è la novità che urge? Essa sta nella realtà più nascosta e apparentemente più scontata, ma al tempo stesso più essenziale e decisiva di tutto il resto: l’io di ciascuno di noi.
È in questa realtà del soggetto umano il punto infuocato del mondo intero, quello da cui dipendono ultimamente tutti i macrofenomeni della storia. Ma la grandezza e l’inquietudine dell’io, in ciascuno di noi, sta nella sua autocoscienza, nella possibilità – sempre aperta – di cercare e di scoprire ciò per cui vale la pena vivere e costruire. Qui sta il punto d’appoggio per vivere tutto: è grazie ad esso, alla consistenza della nostra coscienza, che possiamo affrontare le sfide della storia.
Per questo la domanda più interessante, e insieme la più pertinente al nostro presente, è: ma da dove nasce l’io? Da dove viene il “volto” di ciascuno di noi? Cosa dà peso e significato irriducibile al nostro “nome” proprio? Perché senza volto non si può guardare niente e non si può godere di niente; e senza nome ci si riduce al niente di una massa indistinta.
È la domanda acutissima e insieme disarmata che Nicodemo rivolse a Gesù: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». E la vecchiezza non è solo e tanto quella dell’età, ma è soprattutto quella del cuore e dello sguardo. Come nasce, e come può rinascere di continuo il volto di una persona?
I versi da una poesia di Karol Wojtyla, che danno il titolo al Meeting 2019, mettono a fuoco il fatto – sperimentato da tutti, almeno nei momenti più importanti e decisivi della vita – che il proprio “nome”, cioè la propria consistenza umana nasce da quello che si fissa, e cioè dal rapporto con un altro da sé, con ciò da cui ci si sente chiamati ad essere. L’immagine cui la poesia si riferisce è quella della Veronica che fissa Cristo mentre passa con la croce. Ma tanti incontri evangelici raffigurano questa dinamica: come quello di Zaccheo che si sente guardato da Gesù e viene chiamato per nome: «scendi in fretta, vengo a casa tua!».
L’io può rinascere solo in un incontro, come quello del bambino con la sua mamma o di una persona grande con un'altra persona amata o con un amico. Un incontro pienamente umano, perché apre all’io una prospettiva di bellezza, un desiderio di pienezza, un’urgenza di verità e di giustizia che da solo non si sarebbe mai sognato.
In ogni incontro vero è come se ciascuno si sentisse “preferito”: proprio lui, proprio lei. Sembra la cosa più fragile e più esposta al caso; ma è l’esperienza più potente che possiamo fare, l’unica che può farci restare in piedi di fronte alle sfide del tempo. Non è anzitutto in uno sforzo di volontà o in una coerenza etica, che potranno essere affrontati l’incertezza e la confusione esistenziale che segnano la nostra epoca. Nessuna tecnica per la “cura di sé”, nessuna riflessione avrebbe la forza generativa di un incontro: solo una preferenza su di sé può strapparci dal nulla.
In uno dei punti più acuti del Senso religioso don Giussani scrive: «In questo momento io, se sono attento, cioè se sono maturo, non posso negare che l’evidenza più grande e profonda che percepisco è che io non mi faccio da me, non sto facendomi da me. Non mi do l’essere, non mi do la realtà che sono, sono “dato”. È l’attimo adulto della scoperta di me stesso come dipendente da qualcosa d’altro. [...] Si tratta della intuizione, che in ogni tempo della storia lo spirito umano più acuto ha avuto, di questa misteriosa presenza da cui la consistenza del suo istante, del suo io, è resa possibile. Io sono “tu-che-mi-fai”. [...] Allora non dico: “Io sono” consapevolmente, secondo la totalità della mia statura d’uomo, se non identificandolo con “Io sono fatto”. È da quanto detto prima che dipende l’equilibrio ultimo della vita»
Accorgersi di “essere”, aver coscienza che si è “chiamati” ad esistere è l’esperienza più sconvolgente per tutta la cultura – dalla scienza all’economia, dalla politica all’arte: da essa dipende la possibilità stessa di un nostro impegno serio nella realtà.
Nell’edizione del Quarantennale il Meeting vuole offrire questo come il contributo più prezioso della sua storia e del suo impegno presente: solo l’incontro con persone “vive” può riaprire l’io di ciascuno di noi a tutte le dimensioni del mondo.
https://www.meetingrimini.org/edizione-2019/