Dalla pajata alla meusa, dove mangiare i meravigliosi piatti "poveri"

Pane ca’ meusa © Ansa
PALERMO - Il termine “quinto quarto” è poco conosciuto eppure indica qualcosa di ben radicato nella cucina tradizionale del Bel Paese. Indica tutto ciò che fa parte dell’animale, ma non rientra nei quattro tagli principali (anteriori e posteriori): interiora, zampette e ogni altro scarto che risulti commestibile. Una volta erano considerate le parti meno nobili, per questo protagoniste di ricette della tradizione popolare. Complice la moda dello street food e la tendenza sempre più diffusa a limitare gli sprechi, molti stanno oggi riscoprendole anche sulle tavole dei ristoranti. Ecco allora i piatti a base di quinto quarto più diffusi nelle carte dei ristoranti e dove trovarli suTheFork.

Rigatoni alla Pajata - La pagliata (in dialetto romano “pajata”) è il termine con cui si identifica l’intestino tenue del vitellino da latte o del bue. Nella tradizione romana la pajata viene utilizzata in diverse ricette, una delle più famose la vede come protagonista dei rigatoni alla pajata.
Dove provarli: Trattoria Romana da Claudio La Melissa, Roma 

Lampredotto  - l lampredotto è un famosissimo piatto tipico della cucina fiorentina e si prepara con uno dei quattro stomaci del bovino, l’abomaso. Si tratta di un piatto molto povero della tradizione toscana, oggi consumato anche in versione street food venduto dai cosiddetti “lampredottai”.
Dove provarlo: La Vecchia Maniera, Firenze 

Pane ca’ meusa - In italiano “panino con la milza”, il pane ca’ meusa è un piatto tipico palermitano solitamente consumato come street food. È ormai diventato così diffuso e richiesto da trovarsi anche nei migliori ristoranti.
Dove provarlo: Antica Focacceria San Francesco, Palermo 

Trippa - Dall’etimologia incerta, forse dal francese, dall’inglese o dal celtico, trippa significa “mucchio” ed è un piatto molto comune nella tradizione romana. La trippa si prepara con diverse parti dello stomaco (non dell’intestino) del bovino.
Dove provarla: Trattoria Del Cordaro, Roma 

Coratella - La coratella (diminutivo di corata) è il termine con cui si indicano le interiora di animali come agnello, coniglio, polli o galline, quindi di piccole dimensioni (la corata invece indica le interiora di animali di taglia più grande). Anticamente la coratella definiva solo l’insieme di cuore, fegato e polmoni mentre oggi comprende tutte le frattaglie.
Dove provarla: Casa Prati, Roma

Lingua - Si tratta di un piatto molto pregiato e si può preparare in molti modi diversi. La lingua di manzo infatti non è associata a nessuna ricetta specifica. Da Quinto Quarto e Dintorni è possibile assaggiare ad esempio la “Lingua Tonnè”, cotta a bassa temperatura e servita con salsa tonnata, verdure croccanti e frutto di cappero.
Dove provarla: Quinto quarto e dintorni, Sesto Fiorentino (FI) 

Torcinelli - I torcinelli cambiano nome a seconda della regione d’appartenenza: gnummareddi, mazzarelle, mugliatielli, abbuoti, abbricchie, mboti, merretti e ne esistono anche altri. Si tratta di involtini a base di interiora di agnello o capretto in budello. 
Dove provarli: Il Fornello Pugliese, Montesilvano (PE) 

Finanziera - Nato in Piemonte durante il Medioevo - la prima ricetta risale probabilmente al XV secolo - la finanziera è un piatto ancora oggi molto diffuso in questa regione. Chiaramente nei secoli ha subito diverse varianti, ma di base si tratta di un piatto a base di frattaglie.
Dove provarla: La Taverna di Fra’ Fiusch, Torino 

Fegato alla veneziana - Il fegato è uno delle interiora che più comunemente si trasformano in pietanza. In Veneto però questo piatto ha due ingredienti principali: il fegato (la tradizione lo vorrebbe di maiale) e le cipolle, solitamente la bianca di Chioggia.
Dove provarlo: Hostaria Osottoosopra, Venezia 

Fritto misto alla Piemontese - Come dice il nome, si tratta di un piatto tipico della cucina piemontese. Il fritto misto alla piemontese è un piatto molto antico e ha subito diverse variazioni nel tempo, sempre naturalmente a base di frattaglie.
Dove provarlo: Porto di Savona, Torino 

Coda alla vaccinara - La coda alla vaccinara è un piatto tipico della cucina romana il cui ingrediente madre è chiaramente la coda di bovino, che viene stufata e accompagnata con verdure di diverso tipo. Il termine “vaccinara” viene dal luogo d’origine di questo piatto: nato infatti nel rione Regola di Roma, dove abitavano i vaccinari. 
Dove provarla: Trattoria da Zacca ar 20, Roma
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Tornerà alla luce il porto di Selinunte

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PALERMO - Al via una nuova campagna di scavi a Selinunte, all'interno del più grande Parco archeologico d'Europa, per portare alla luce i resti dell'antico porto orientale della città greca che nel suo momento di massimo splendore arrivò ad avere fino a 100 mila abitanti. Una polis così grande da essere autonoma, organizzata e in una posizione strategica nel Mediterraneo. La missione, curata dall'Istituto Archeologico Germanico di Roma, dall'Università di Bonn e da quella di di Bochum in stretta collaborazione con il Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, è diretta dal professor Jon Albers ed ha lo scopo di indagare l'estensione dell'antico bacino portuale nella valle del Gorgo Cotone, tra la collina di Manuzza e la collina orientale. L'obiettivo principale è quello di individuare i limiti perimetrali dell'antico porto, datarne le strutture e definire la relazione tra lo scalo e l'impianto urbanistico.
L'iniziativa sarà presentata domani, venerdì 23 agosto, alle ore 18, e segna una nuova tappa del progetto "I Cantieri della conoscenza" voluto dal neo direttore del Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, l'architetto Bernardo Agrò. Una formula, quella dei "cantieri aperti" che ha l'obiettivo di coinvolgere i visitatori nelle campagne in corso favorendo così una "archeologia partecipata". "Le attività di ricerca del Parco - sottolinea Agrò - sono portate alla conoscenza attraverso la realizzazione di allestimenti museali a cantiere aperto, che costituiscono un valore aggiunto nella offerta culturale per i visitatori con rinnovati e sempre inediti percorsi. L'iniziativa che presentiamo è stata realizzata grazie anche al contributo di alcune associazioni come La Rotta dei Fenici - Itinerario Culturale del Consiglio d'Europa - e il Gruppo Archeologico Selinunte. L'idea inoltre costituisce un modo nuovo anche per raggiungere i newcomers, cioè le persone che nei nostri siti museali non sono mai entrate ponendo come altro importante obiettivo far tornare loro e gli altri, facendo diventare il Parco come una realtà presente nella vita delle persone".
Per tornare alla città di Selinunte, costruita in riva al mare tra due fiumi, indagini geofisiche preliminari hanno evidenziato le tracce di una strada già parzialmente scavata dall'archeologo Dieter Mertens e indizi dell'esistenza di grandi strutture rettangolari che, per dimensioni e posizione, potrebbero essere riconducibili al porto. Gli scavi archeologici ancora in corso, supportati dalle prospezioni geologiche, hanno consentito l'identificazione di un ulteriore tratto della massiccia strada che conduce alla piccola porta est e dei resti di un grande edificio più a sud. Le indagini geologiche hanno inoltre rilevato la presenza, di materiale marittimo a una profondità di 4,60 metri. "Ci auguriamo adesso - conclude Agrò - che il prosieguo delle indagini possa contribuire ulteriormente alla conoscenza di una delle più importanti colonie greche d'Occidente disegnando una nuova museografia con rinnovati percorsi all'interno del Parco".

Sulla salina a Marsala per il tramonto

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PALERMO - Una pedana con 100 sedie montata su una vasca di decantazione dell'acqua di mare per ammirare il tramonto. Ecco una delle novità della salina Genna di Marsala, in provincia di Trapani, restituita a nuova vita dopo un intervento di riqualificazione. Il progetto, insieme ai proprietari della Salina, è stato voluto da Ignazio Passalacqua e Lillo Gesone, creatori del format Assud. "Quest'area, dunque, diventa una delle principali mete turistiche del comprensorio.- affermano i promotori - Perché sarà possibile visitare, in maniera gratuita, tutto il percorso della filiera del sale, dall'ingresso dell'acqua di mare nelle vasche di decantazione fino alla raccolta. Ed è stato realizzato anche un piccolo museo del sale che custodisce gli strumenti e le testimonianze di questo antico mestiere". La Salina risale al 1500. Il turista potrà arrivare allo Stagnone, lo specchio di mare che si trova di fronte a Marsala. Al termine del tragitto ecco un piccolo punto ristoro creato da Assud: "I turisti quando arrivano qui rimangono affascinati - racconta Passalacqua - Credo che sia giusto e doveroso, per noi marsalesi, tentare di valorizzare le nostre risorse. Con la riduzione dei voli dall'aeroporto di Trapani, il flusso di turisti è notevolmente diminuito. Ma non dobbiamo farci prendere dallo sconforto. Marsala ci offre tante occasioni, sta a noi cercare di farle esprimere al meglio. Sono certo che le Saline, specie se dovessero diventare patrimonio Unesco, possono essere il punto di ripartenza. Per l'intero indotto". (ANSA).

Le mostre del week end, de Chirico, Depero e Segantini

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Dalla monumentale installazione ecologista di Ha Schult a Matera all'estro futurista di Depero a Lucca, fino alla metafisica di de Chirico a Torino: ecco alcuni degli appuntamenti con l'arte in programma il prossimo weekend.
MATERA - Arriva il 25 agosto nelle strade di Matera l'artista tedesco HA Schult con 'Trash People', la sua comunità di 'uomini di spazzatura'. Le sculture antropomorfe, realizzate con vecchie lattine, rifiuti, plastiche e bottiglie, contenitori di detersivi, latte arruginite, pezzi di automobile, di carrozzeria o meccanici, di computer e di qualsiasi altro oggetto prodotto in larga scala dall'industria mondiale, invaderanno fino a ottobre la Capitale della Cultura in una sorprendente installazione, allegra e inquietante al tempo stesso, dal forte messaggio ecologista.
LUGANO - Partendo dal Trittico della Natura di Giovanni Segantini, esempio eminente di espressione del Sublime che da oltre cent'anni non è più stato esposto al Sud delle Alpi, il Museo d'arte della Svizzera italiana presenta "Sublime. Luce e paesaggio intorno a Giovanni Segantini". La mostra, allestita dal 25 agosto al 10 novembre, è un percorso visivo della pittura di paesaggio, che ha al centro il mondo alpino, da quello romantico di William Turner fino a quello contemporaneo dello svizzero This Brunner.
MODENA - Ultimo weekend per visitare "Sintesi", l'omaggio che Fondazione Modena Arti Visive rende a Franco Fontana, in programma fino al 25 agosto nelle tre sedi della Palazzina dei Giardini, del MATA - Ex Manifattura Tabacchi e della Sala Grande di Palazzo Santa Margherita. Il percorso racconta oltre 60 anni di carriera dell'artista modenese e il suoi legami con alcuni importanti fotografi del '900.
LUCCA - Dal Futurismo (dal 1914 fino alla prima metà degli anni Venti) fino all'approdo alla pubblicità: è un grande tributo quello che il Lucca Center of Contemporary Art dedica a Fortunato Depero con una mostra in programma fino al 25 agosto.
Nel percorso, dal titolo "Fortunato Depero. Dal sogno futurista al segno pubblicitario", viene documentata tutta la carriera di un artista eclettico e visionario, attraverso capolavori futuristi, disegni, collage e grafiche realizzati per campagne pubblicitarie (tra cui quelle per Acqua San Pellegrino, liquore Strega, Campari) oltre ad alcune sue collaborazioni nell'editoria e per la stampa periodica americana.
TORINO - Chiude il 25 agosto alla GAM di Torino "Giorgio de Chirico. Ritorno al Futuro, Neometafisica e Arte Contemporanea", grande mostra che racconta il dialogo del maestro con le generazioni di artisti italiani e stranieri che, in particolare dagli anni Sessanta in poi, si sono ispirati alla sua opera, da Andy Warhol a Tano Festa, Giosetta Fioroni, Gino Marotta, e poi Guttuso, Paolini, Pistoletto. Il percorso presenta circa 100 opere provenienti da importanti musei, enti, fondazioni e collezioni private.
GENOVA - La danza affascinante dei pieni e dei vuoti e la maestria nel plasmare la materia caratterizzano "Alla conquista della luce", mostra di Pablo Atchugarry che termina il 25 agosto a Palazzo Ducale. Le opere esposte, in marmo o in bronzo, documentano il percorso stilistico dell'artista che ha conquistato l'astrazione rielaborando l'antica cultura greco-romana e l'estetica barocca. CATANIA - Prosegue fino al 10 novembre nella sala espositiva della Fondazione La Verde La Malfa - Parco dell'Arte la mostra "Paludi" di Giuseppe Agnello. Lo scultore siciliano, da sempre ispirato dalla natura, presenta 15 opere della produzione recente, accomunate dalla materia calcareo-cementizia, che richiama il lungo processo di fossilizzazione.


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Terme Caracalla, al via visite serali Fulcro saranno i sotterranei, dove c'è anche la mostra di Plessi

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 Dopo il record di presenze registrato alle Terme di Caracalla il giorno di Ferragosto (5.000 ingressi), da venerdì 23 agosto, prendono il via le visite serali: il fulcro di quest'anno saranno i sotterranei, con le gallerie aperte per la prima volta al pubblico, la mostra Il segreto del Tempo, e il grande mitreo. Realizzato dalla Soprintendenza Speciale di Roma, con Electa, Terme di Caracalla: notturno sotterraneo, andrà avanti fino al 29 settembre, con visite guidate ogni venerdì e domenica sera. Su www.coopculture.it tutte le informazioni.
    Gruppi di massimo 30 partecipanti, oltre ad ammirare nella notte le monumentali vestigia illuminate, potranno scendere nei sotterranei, che quest'anno sono stati ampliati con l'apertura di nuovi settori dove è possibile vedere i forni, le caldaie, i tunnel adibiti al trasporto della legna e dei materiali per il funzionamento degli impianti. Una vera e propria sala macchine delle Terme dove è stata allestita la mostra Il segreto del Tempo: Fabrizio Plessi a Caracalla.

L'estate è più dolce con i frutti della tradizione 5 specialità di frutta tutta italiane che rendono l'estate un trionfo di sapore

frutta arance mele fragole uva more

SICILIA - PESCA DI BIVONA
Le quattro varietà di pesche che maturano sino all'autunno fanno di Bivona (AG) una vera e propria “Città delle Pesche” che dona frutti IGP di elevata qualità adatti sia al consumo fresco che come ingrediente per la preparazione di ricette deliziose.

SARDEGNA - POMPIA
Tra le numerose attrazioni che rendono speciale Siniscola (NU), incantevole cittadina sarda adagiata tra mare e montagna, non sfigura la cucina locale che vanta deliziose ricette preparate con un agrume molto speciale che cresce soltanto da queste parti, la Pompìa.

EMILIA ROMAGNA - PESCA E NETTARINA
Leggere, fresche e dolcissime le pesche e nettarine di Romagna IGP sono una vera delizia che rinfresca l'estate, profumando ed arricchendo di gusto dalle classiche macedonie alle ricette più innovative ed originali.

CAMPANIA - FICHI MONNATI ESSICCATI
La tradizione millenaria legata alla sua coltivazione e alla sua essiccazione, hanno reso il Fico Bianco del Cilento un simbolo della tradizione agroalimentare di questa zona della Campania oltre che un vero e proprio prodotto di eccellenza che ha meritato l'attribuzione della DOP. Ma a Prignano Cilento i fichi locali sono diventati protagonisti di una ricetta per l'essiccazione unica in tutta l'area del Mediterraneo che prevede l'asportazione della buccia.

LIGURIA - CHINOTTI DI SAVONA
Tra spiagge da sogno, borghi pittoreschi e un entroterra dalla natura rigogliosa, la Riviera di Ponente offre spunti unici ad ogni tipologia di viaggiatore e permette di scoprire alcuni dei sapori più gustosi della ricca tradizione ligure tra cui quello inconfondibile dei chinotti locali, tradizionalmente serviti canditi o immersi nel Maraschino.
turismo.it
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone / Turismo Culturale

Viaggi spirituali / Un saggio dirompente della filosofa Sylvie Germain propone la figura di Gesù attraverso l’essenza dei suoi spostamenti compiuti a piedi, per incontrare la «domanda ineludibile» che è nel cuore

Un tratto del Caminho da Fé, percorso dai pellegrini in Brasile verso la basilica di Nostra Signora Aparecida, nello stato di San Paolo

Un tratto del Caminho da Fé, percorso dai pellegrini in Brasile verso la basilica di Nostra Signora Aparecida, nello stato di San Paolo

da Avvenire
In un dialogo con André Breton, che gli chiedeva «Cos’è il tuo atelier?», lo scultore Alberto Giacometti rispose: «Sono due piccoli piedi che camminano». Il dialogo in verità si era svolto in un clima totalmente surrealista, dato che le risposte venivano date senza conoscere le domande. Ma la definizione non poteva essere più perfetta. Cosa contraddistingue infatti le sue sculture? La potenza e la bellezza dei piedi, che tengono ferme al suolo, a volte protese nel movimento e nello sforzo, le sue figure filiformi. La singolare conversazione è ricordata da Sylvie Germain, scrittrice e filosofa francese allieva di Emmanuel Levinas, nel suo ultimo saggio …un po’ morire, da poco tradotto da Queriniana (pagine 138, euro 13), una delle pochissime case editrici cattoliche - forse l’unica ormai - che ancora tengono alta in Italia la bandiera della teologia. L’avvio del libro spiega subito il titolo, che prende spunto dal detto 'partire è un po’ morire'.
Ma partire verso dove? E cosa vuol dire 'un po’ morire'? Interrogativi cui Germain, con penna ora delicata ora sferzante, risponde attraverso suggestioni e slanci spirituali che cercano, senza pretese assolutistiche, di delineare un cammino per l’uomo contemporaneo.
Di qui l’importanza dei piedi. «Innanzitutto - scrive Jacques Lacarrière inChemin faisant( Strada facendo), citato dall’autrice -, canterò i piedi». Quei piedi che gli hanno fatto intraprendere un cammino fra i campi della Francia. E che hanno fatto dire a un altro scrittore, notissimo in Italia e amato Oltralpe, Erri De Luca: «Oggi so che il viaggio è una parola nobile e si riferisce solo a chi lo fa a piedi. Viaggio è cammino senza biglietteria e data di ritorno. Viaggiano i migratori che traversano a piedi Africa e Asia, per togliersi il bagaglio dalle spalle in faccia al Mediterraneo (…). Gesù si spostava a piedi. Salì sopra la nobile cavalcatura dell’asina solo per consegnarsi all’ultima stazione».
Allo stesso modo, Sylvie Germain rammenta che i profeti sono innanzitutto dei camminatori e che Cristo stesso ha camminato moltissimo, incontrando uomini e popoli, accettando con gioia l’ospitalità oppure scuotendo la polvere sotto i suoi piedi se veniva negata a lui e ai suoi discepoli. Una volta, come racconta il Vangelo di Luca, una donna peccatrice glieli lavò e unse con olio profumato in segno di rispetto e venerazione. Ma i piedi di Gesù sono anche quelli raffigurati da Mantegna nel quadro di Brera. Il Cristo morto, dal colore grigioverde, livido e coi segni della sofferenza inaudita, ha i piedi in primo piano.
«I piedi - sottolinea Germain - sporgono dalla pietra su cui giace, i talloni sono nel vuoto. Sono collocati, un po’ divaricati, nel limite inferiore del dipinto, al centro. Sono dinanzi allo spettatore. Due pezzi di carne esangue di secondo taglio, che recano la traccia di scorticature grossolane, come se fossero appena stati tolti da un gancio da macellaio. Sono questi i piedi di un Dio?».
È un Dio che si è abbassato a tal punto e di cui, come scrive Levinas, possiamo cogliere solo la traccia. L’esistenza di questo Dio diviene per Germain pietra d’inciampo, domanda ineludibile ancor oggi. L’autrice nelle sue pagine disegna una sorta di tipologia della risposta che uomini e donne hanno dato e continuano a dare. Alcuni rigettano la domanda completamente, la considerano priva di interesse, per indifferenza o pigrizia. In secondo luogo, vi sono coloro che non la rifiutano ma la nascondono, ed essa affiora in alcune circostanze dell’esistenza, nelle ore burrascose: «Sono gli indecisi, gli intermittenti della fede».
Una terza reazione va all’assalto della domanda, la ritiene ingannevole, per cui vuole dimostrarne la non pertinenza. Anzi, la combatte in nome della libertà umana, cerca di farne piazza pulita, come Zarathustra di Nietzsche o Ivan Karamazov di Dostoevskij. Poi c’è chi non risolve la questione negativamente, ma con un eccesso di affermazione: emerge allora la concezione di un Dio come comandante in capo, grazie al quale imbracciare una sciabola o un fucile. Oppure semplicemente uno scudo, ma è comunque un tradimento: «Costoro fanno ben peggio che eludere la risposta all’insondabile domanda dell’esistenza di Dio, la fanno marcire, la avvelenano, la pietrificano». Così il Grande Inquisitore (ancora Dostoevskij).
Ma ci sono altre vie, altre forme di risposta. Quella di Giobbe ad esempio, che grida il suo dolore verso Dio, o di Giacobbe che combatte con l’Angelo: sono coloro che «entrano in lotta con il mistero di Dio, ma di un Dio vivente». Di fatto, sono dei testimoni. Altri infine entrano non tanto in lotta, ma in un abbraccio, «in una danza con questo Dio il cui mistero per loro è meraviglia e amore folle».
L’autrice conclude così la descrizione dei modi di avvicinarsi o allontanarsi da Dio, modi «appena abbozzati, che non sono né esaustivi né compartimentali», dato che non si escludono gli uni con gli altri. Come nel bellissimo racconto La lettera rubata di Poe, in cui Dupin, l’amico del protagonista che non riesce a trovare la lettera della regina, svela l’enigma racchiuso nella più evidente semplicità, ugualmente Germain si chiede: «Se il mistero del Dio ignoto fosse anch’esso 'semplice e bizzarro', di una semplicità sconcertante, di una luminosità accecante, di un’evidenza troppo flagrante?». Il Dio che l’autrice racconta in questo volume non è un Dio che sbandiera la sua onnipotenza, ma il Dio che parla al profeta Elia con «voce di silenzio sottile» come recita la Bibbia.
Un Dio che Germain definisce «versatile, o piuttosto mobile, prodigiosamente inventivo e imprevedibile, capace di un capovolgimento a 180° nella sua relazione con gli uomini ». Un Dio che si è spogliato della sua gloria e di ogni segno esteriore di potenza, «un Dio che è un Passante che visita ogni uomo; lo si accoglie oppure no. Un Passante che si presenta all’improvviso, vestito non di porpora e ori, bensì di vento e di polvere». Rifacendosi a Simone Weil e René Girard, al suo maestro Levinas e a Françoise Dolto, il saggio di Sylvie Germain regala al lettore immense occasioni di meditazione, dal male nel mondo alla Shekinà, che nella letteratura giudaica indica la presenza diffusa di Dio nell’universo. Per offrirci la possibilità di un cristianesimo che non dimentica mai l’amore verso il prossimo, nemico compreso.
Nella via della misericordia: «Il perdono - scrive ancora Germain - alleggerisce il desiderio, distorto dall’offesa subita, dal peso del rancore, dall’ossessione di riparazione, di castigo. Dà scacco alla violenza, alla contaminazione dell’odio. (…) Non c’è una sola oncia di narcisismo in questo comandamento nuovo proclamato da Gesù».

Regno Unito, 5 indirizzi dove ritrovare la pace dei sensi

Trattamenti COMO Metropolitan London 

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Viaggiare significa anche coccolarsi: le migliori spa dove regalarsi una pausa rigenerante
1. ADDIO TENSIONI AL BERKELEY HOTEL AND SPA
Sciogliere le tensioni e riequilibrare corpo e mente con trattamenti olistici e bio: questo l’obiettivo del Berkeley Hotel and Spa, una sofisticata struttura sita a Knightsbridge, una delle zone più 'in' di Londra. Da provare, ad esempio, il Bamford Body Signature Treatment, un rituale di 90 minuti pensato appositamente per allontanare lo stress e ridare energia a un corpo stanco.
2. RELAX DI LUSSO ALLA BULGARI SPA 
Un’oasi urbana di serenità sorge nel cuore di Londra: parliamo della Bvlgari Spa che, in una superficie di 2000 m², offre una serie di trattamenti mirati a migliorare l’aspetto esteriore e armonizzare il mondo interiore, il tutto avvalendosi di prodotti esclusivi e scientificamente avanzati. 
3. COCCOLARE ANIMA E CORPO AL COMO SHAMBHALA URBAN RETREAT
Al centro di Londra, all’interno della Spa COMO Shambhala Urban Retreat, con il pacchetto Our Body, Mind and Spirit è possibile allenare mente e corpo guidati dal consulente intuitivo Susan King o ancora abbandonarsi all’esperienza di Toby Maguire, esperto in gestione dello stress. 

4. RITROVATA GIOVINEZZA AL THE GLENEAGLES HOTEL 
La Spa del Gleneagles Hotel, centro termale sito in Scozia, offre tanto terapie termali tradizionali quanto trattamenti di benessere alternativi come, ad esempio, The Ultimate Lift & Firm Facial, un rituale viso rigenerante che regala una pelle visibilmente ringiovanita.
5. COCCOLE PER DUE AL THE RITZ
Chi non lo conosce? Il The Ritz è uno storico albergo di Londra caro tanto a chi è in viaggio per affari quanto alle coppie in vacanza alla ricerca di un momento di evasione. La sua area relax, il Ritz Salon, invita ad esempio a sperimentare (rigorosamente in compagnia del proprio partner) un massaggio rilassante pronto a sciogliere ogni tensione.
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone Turismo Culturale

Musei: Bonisoli toglie autonomia amministrativa, polemica


 
Riorganizzati, in alcuni casi depotenziati o accorpati, come è accaduto a Firenze dove le Gallerie dell'Accademia sono state assegnate agli Uffizi, e ora privati dell'autonomia amministrativa con la cancellazione dei cda istituiti dalla Riforma Franceschini. Proprio nei giorni in cui si consumava la crisi di governo, il ministro della cultura Bonisoli portava a compimento la sua revisione dei musei autonomi, per certi versi una vera e propria controriforma rispetto ai cambiamenti avviati sotto il governo Renzi. E nel Parlamento, costretto a interrompere le ferie per sciogliere il rebus del governo che verrà, è subito polemica. In prima fila il Pd, che punta il dito contro il decreto attuativo firmato in limine il 16 di agosto e accusa il ministro pentastellato di "grave scorrettezza istituzionale". Tant'è, se dal Mibac ribattono che si "è trattato di un atto dovuto" e che i super musei rimangono comunque autonomi ("godono di autonomia gestionale e scientifica") anzi sono potenziati nei loro comitati scientifici, da Firenze la ormai ex direttrice delle Accademie Cecilia Holbergh, "licenziata" anzitempo, lamenta la mancanza di informazioni e di trasparenza: "Tutto è accaduto di nascosto, a Ferragosto". 

Le critiche della direttrice tedesca non riguardano solo il metodo: "questa cosa - dice all'ANSA - è sorprendente, inaspettata e triste per il patrimonio culturale italiano che ha bisogno di una continuità e non di continui cambiamenti a seconda degli umori di uno o dell'altro". 

Critico anche lo storico dell'arte Tomaso Montanari, fiorentino, membro, per nomina universitaria, del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, che parla di "ennesimo pasticcio". "Ancora una volta un decreto di cui non siamo stati informati", sottolinea, "e ancora una volta un cambiamento pensato male e gestito peggio, che porta ad un ulteriore accentramento politico". Il suo giudizio, insomma, chiarisce lo storico all'ANSA, "è decisamente negativo". Seppure articolato: "L'abolizione dei Cda può avere un senso" , spiega, "In consiglio superiore il ministro Bonisoli ci ha detto di voler fermare la trasformazione dei musei autonomi in fondazioni private sul modello del museo egizio di Torino. E questo è senz'altro condivisibile. Ma bisogna essere certi che a livello centrale ci sia una capacità di organizzare e gestire con una strategia chiara e senza che questo debba diventare solo un ingolfamento burocratico". Quanto ai comitati scientifici, che per il Mibac sono stati rafforzati, Montanari lamenta una nuova diminutio del consiglio superiore al quale è stato tolto il diritto di nominare uno dei membri: "due vengono nominati dal ministro e uno dal Dg musei, in pratica un accentramento politico ancora più forte". Anna Ascani, capogruppo democratica nella commissione cultura della Camera, va giù dura accusando Bonisoli di scorrettezza, ma anche di un "atto profondamente sbagliato nel merito che mette in discussione l'autonomia dei musei e che avrà seri riflessi sull'organizzazione del sistema museale italiano: viene colpito un modello - dice - quello dell'autonomia con cda, in piedi da oltre vent'anni e che la riforma Franceschini aveva solo perfezionato, è incomprensibile come un provvedimento con effetti così profondi sia stato firmato da un ministro di un governo dimissionario". Il ministro uscente non parla. Lo fanno però i suoi uffici, che replicano alle critiche politiche con una nota, nella quale si sottolinea che i musei autonomi "rimangono tali" anzi "ne potrebbero nascere altri" e che i direttori "mantengono la stessa capacità di spesa e gestionale". I Cda dei musei, sostiene il ministero, "sono stati aboliti per semplificare, in quanto i loro pareri venivano comunque già approvati dalla direzione centrale" e la "ratio del decreto di riorganizzazione è quella di razionalizzare e semplificare la gestione dei siti, non chiude alla autonomia". Come e se funzionerà il nuovo cambiamento arrivato in corner, si vedrà nei prossimi mesi. Intanto a Roma Valentino Nizzo, direttore del Museo Nazionale Etrusco, prima cancellato dalla lista degli istituti autonomi, poi riammesso sotto forma di rete dei musei etruschi, dovrà comunque ricominciare da capo e ripresentarsi al concorso internazionale che dovrà essere bandito. Nell'attesa i progetti per la riqualificazione di una nuova ala per il museo dove allestire servizi all'altezza del sito con una biblioteca, un bookshop e un ristorante caffetteria, rimangono in stand bay. (ANSA).

Sport e Turismo. La casa di Ospitalità Religiosa del Calvario di Domodossola pronta a ricevere ospiti per il Trail running del 6 Ottobre 2019

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Contatti Padri Rosminiani Casa di Ospitalità Religiosa Sacro Monte Calvario Domodossola

Borgata Sacro Monte Calvario, 8 - 28845 Domodossola (VB)
Telefono: 0324 - 24 20 10
Fax: 0324 - 44 460
Rettore cell. 340 - 3544798
E–mail:
rettorecalvario@hotmail.com

lL Trail del Calvario, inserito all’interno del circuito VCO Top Race, è una suggestiva gara di trail running che, partendo dalla pittoresca Piazza Mercato nel cuore di Domodossola, raggiunge i resti dell’antico Castello di Mattarella e le pendici del Sacro Monte Calvario, patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO.

E' ancora il tempo di condividere il respiro affannato, la carezza del vento in discesa, il sudore o la pioggia che grondano sin dentro il cuore. E' ancora il tempo di cercarsi con gli sguardi lungo boschi e sentieri. Di attendere il compagno di avventura, tendergli un sorriso e, se necessario, donargli un abbraccio di coraggio. Il tempo di sentire i battiti dei passi all'unisono, riempire le tasche di suggestivi silenzi, spezzare in due il pane della sofferenza e scambiarsi un "cinque" di soddisfazione e gioia.
E' ancora il tempo di condividere l'ebbrezza che ti scoppia dentro in vista della meta. Di prendersi per mano e tagliare sorridenti il traguardo, che non è un nastro, un arco, uno striscione, un tempo cronometrico, ma l'applauso dell'anima che spazza via la fatica e diventa eterna emozione. Da raccontare e da ricordare. E' tempo di correre insieme, qui, al Trail del Calvario.

5a edizione: le novità!
Dopo il successo dell'edizione 2018, premiata ai nastri di partenza dalla passione di 382 cuori pulsanti (più qualche "fido" amico, tra i quali il veterano "Pedro"), ci siamo chiesti se fosse il caso di introdurre altre novità: "squadra che vince non si cambia". Ma la voglia di migliorare, o perlomeno provarci, più i consigli e gli incentivi di alcuni amici runners, hanno prevalso. Ed eccoci qua, pregni della nostra beata incoscienza, a presentarvi le novità 2019.
Il Trail a coppie passa da 17 a 18 Km. Sono previste 3 novità sul percorso. 

- il passaggio nel bellissimo borgo de "La Tensa", un agglomerato di caratteristiche case di pietra a cui fa capo un agriturismo (grazie a Chiara, la proprietaria, per la cortese disponibilità); 

- il recupero di uno storico sentiero abbandonato e invaso da anni da arbusti e rovi (e per questo sconosciuto persino ai podisti Ossolani): il suo attraversamento consentirà il passaggio in un paio di suggestivi alpeggi;

- 'eliminazione di un tratto tra La Quana e Vallesone dov'era prevista una salita su disagevole rampa in cemento: ora il percorso è più fluido.


Grazie a queste modifiche il dislivello positivo sale da +950 a +1050 metri circa.
Altre novità riguardano il gemellaggio con la "Valle Intrasca a coppie" (vedi di seguito), la collaborazione con la Decathlon di Castelletto Ticino e con Luciani Sport di Borgomanero (due nuovi punti dove sarà possibile iscriversi, mentre il riferimento on line resta sempre Wedosport), una nuova sede per spogliatoi e docce.
Oltre alla canotta tecnica che arricchirà il pacco gara (vedi di seguito), anche nel 2019 il TdC non dimentica la beneficenza: quest'anno devolveremo parte del ricavato a Dottor Clown VCO
tratto da https://www.traildelcalvario.com/

Anguria Reggiana IGP regina d'estate L'anguria reggiana è dolce, succosa e vanta una storia lunghissima

anguria

I terreni calcarei e argillosi della Bassa Reggiana donano da sempre un elevato tenore zuccherino alle angurie che da queste parti rappresentano una coltivazione storica che ha sviluppato, nel tempo, caratteristiche di eccellenza.

LA TRADIZIONE

L’elevata qualità dell’Anguria Reggiana IGP è nota sin dal XVI secolo quando in uno scambio di corrispondenze fra le antiche corti del Rinascimento padano si faceva menzione del sapore delizioso dei frutti coltivati nella zona. Fino al XVIII secolo l'anguria rappresentò un prodotto elitario ma, con l'avvento del Risorgimento che aprì le frontiere fra gli antichi e piccoli stati della Nazione, anche il commercio ricevette un notevole impulso spingendosi sino al di fuori dei confini nazionali. Agli inizi del XX secolo cominciarono a sorgere i primi capanni di legno e frasche dove veniva consumata e venduta l'anguria a fette, sancendo il definitivo successo del frutto che, non a caso, ha ricevuto menzione nella guida del Touring Club del 1931 che descrisse la pianura in provincia di Reggio Emilia come una zona di “angurie (cocomeri) e meloni zuccherini”.

LA DENOMINAZIONE

L’Anguria Reggiana ottiene il riconoscimento della Igp nel novembre del 2016 grazie all'impegno delle aziende produttrici che a partire dal 2009 si sono riunite nell'Apar (Associazione produttori anguria reggiana) al fine di promuovere e valorizzare un prodotto dalla lunga storia e dalle caratteristiche di eccellenza.

LE CARATTERISTICHE

l’Anguria Reggiana Igp designa i frutti della specie botanica Citrullus lanatus allo stato fresco delle tipologie: Tondo (Asahi Miyako), Ovale (Crimson) e Allungato (Sentinel). Si caratterizza per l’elevato tenore zuccherino, corrispondente a un minimo di 11 gradi brix (percentuale di zucchero su 100 grammi di liquido totale) per il tipo tondo e 12 gradi brix per le altre tipologie. La buccia, dalla superficie liscia o leggermente rugosa, è di colore verde con possibili striature più chiare, è uniforme o con leggere solcature regolari longitudinali e racchiude una polpa croccante e dolce dal colore rosso vivo a maturazione completata. Il peso è compreso tra i 5-12 kg per il tondo, tra i 7-16 kg per quello ovale e i 7-20 kg per l’allungato. 

LA PRODUZIONE
La zona di produzione dell'anguria reggiana comprende un’ampia zona della pianura reggiana, con particolare riferimento ai centri storicamente legati alla coltivazione del frutto, come Gualtieri, Novellara, Santa Vittoria, Poviglio e Cadelbosco di Sopra, Rio Saliceto e Ca’ de’ Frati. L'Anguria Reggiana IGP può essere coltivata in pieno campo e/o ambiente protetto (tunnel piccolo, serra fredda o tunnel piccolo) con copertura in materiale protettivo completamente rimovibile. La semina per la produzione delle piantine da trapianto viene effettuata tra il 10 gennaio e il 31 maggio. Il raccolto viene effettuato manualmente a maturazione commerciale sfruttando, in particolare, la tecnica a “stacco” che richiede tutta l'abilità degli esperti produttori locali. 

LA CULTURA
Ogni anno Novellara celebra il suo frutto più tradizionali con una sagra ad esso dedicata. Durante “Miss Anguria, la regina della bassa” viene premiato il cocomero più grande.

IN CUCINA
Ideale da consumare fresca, appena tagliata, da sola o come ingrediente per le macedonie, l'anguria reggiana si presta ad essere utilizzata per la preparazione di gelati, dolci e torte a base di crema e frutta, o per accompagnare cocktail e bevande fresche.
La ricetta: Spiedini di anguria e feta. Basta tagliare l'anguria e la feta a cubetti delle stesse dimensioni, infilzarli negli stecchi per spiedini, aggiungere timo limone (oppure altre erbe aromatiche come menta fresca o rosmarino) e condire il tutto a piacere con una semplice emulsione di olio di oliva, sale, pepe e spezie varie.

IL TERRITORIO
Chiamata anche “Bassa”, la Bassa Reggiana, è una regione della provincia di Reggio Emilia che si estende per 10 km includendo i comuni lungo il confine lombardo che costeggiano la sponda destra del fiume Po. L'Unione Bassa Reggiana, la cui sede è a Novellara, comprende anche i Comuni di Boretto, Brescello, Gualtieri, Guastalla, Luzzara, Poviglio e Reggiolo e consente di scoprire le numerose tracce lasciate nel corso del tempo dalle importanti famiglie locali e non come i Goinzaga, i Bentivoglio e gli Este.

turismo.it

(segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone) 

I 10 musei archeologici più spettacolari Da Roma a Londra, da Berlino ad Atene

La ricostruzione del monumento delle Nereidi del 390 a.C., nella sala 17  del British Museum di Londra © ANSA


ROMA - Da Roma a Londra, da Berlino ad Atene, viaggio alla scoperta dei siti migliori per chi ama la storia antica
Pergamonmuseum di Berlino Ospita straordinarie collezioni di opere classiche dell’antichità del vicino Oriente e dell’arte islamica: è un grande spazio espositivo, in pieno centro della capitale tedesca, e vanta reperti unici e di grande pregio come l’altare di Pergamo, la porta del mercato di Mileto e la maestosa porta di Ishtar, l’ingresso dell’antica Babilonia con tasselli di ceramiche blu. Durante la seconda guerra mondiale le opere vennero protette dalle esplosioni grazie ai muri di mattoni. Il museo prende il nome dalla città di Pergamo, in Anatolia, da cui provengono la maggior parte delle opere esposte; sorge nella Museuminsel, l’isola sulla Sprea, inserita dall’Unesco nel patrimonio dell’umanità e sede di altri musei tra i più belli della città. Attualmente l’altare di Pergamo è in ristrutturazione ma un elaborato modello in 3D ne mostra la bellezza e l’unicità. Il museo si visita tutti i giorni, dalle 10 alle 18, e il giovedì fino alle 20; per informazioni: www.smb.museum/home.html
British Museum di Londra - E’ uno dei più grandi e importanti musei della storia del mondo con 8 milioni di oggetti che ne testimoniano l’inestimabile valore, dalle origini all’epoca contemporanea. Tra le opere più prestigiose spiccano la stele di Rosetta, le sculture del Partenone, lo stendardo sumero di Ur e ciò che resta di due delle sette meraviglie del mondo antico: il mausoleo di Alicarnasso e il tempio di Artemide a Efeso. Dal 2000 il museo ospita la Great Court, la più grande piazza coperta d’Europa, progettata da Norman Foster e sovrastata da una cupola in vetro. Le gallerie si visitano tutti i giorni, dalle 10 alle 17.30 mentre la Great Court, dalla domenica al mercoledì, dalle 9 alle 18, e dal giovedì al sabato, dalle 9 alle 23. La visita al British Museum è gratuita ma alcune mostre sono a pagamento; per informazioni: britishmuseum.org
Centrale Montemartini di Roma - E’ difficile scegliere un museo archeologico nella città simbolo dell’antichità, ma tra i tanti luoghi d’arte che raccontano la storia dell’umanità c’è nella capitale un luogo davvero originale: la Centrale Montemartini, un impianto termoelettrico dei primi del Novecento, dismesso e trasformato in museo. Qui, in una straordinaria ambientazione di archeologia industriale, sono esposte sculture, epigrafi e mosaici, oltre a reperti antichi recuperati da altri musei capitolini. Tra i pezzi di maggiore pregio spiccano il frontone del tempio di Apollo Sosiano e il mosaico di santa Bibiana. Il museo e le esposizioni temporanee sono aperti da martedì a domenica, dalle 9 alle 19; per informazioni: www.centralemontemartini.org
Acropolis Museum di Atene - Realizzato dall’archistar Bernard Tschumi e inaugurato nel 2009 ai piedi della collina del Partenone, il museo ateniese ospita la collezione di reperti rinvenuti nell’Acropoli, il punto più alto di Atene; sono capolavori che coprono 15 secoli di storia dell’umanità, compresi i fregi del Partenone, le quattro cariatidi dell’Eretteo e il Cavaliere Rampin, unico esempio giunto fino a noi di statua equestre d’epoca arcaica. La sede del museo è un notevole esempio di architettura che permette da ogni sala il contatto visivo con l’Acropoli, consentendo al visitatore di osservare le opere esposte e il luogo di provenienza. La struttura ospita anche un ristorante con terrazza, da dove ogni venerdì si può cenare con vista sul Partenone illuminato. Il museo è aperto tutti i giorni, dalle 8 alle 20, il lunedì fino alle 16 e il venerdì fino alle 22; per informazioni: www.theacropolismuseum.gr
Museu d’Arqueologia de Catalunya di Barcellona - Il MAC, museo d’archeologia di Catalogna, è la principale sede museale di Barcellona con reperti che vanno dalla preistoria al Medioevo. Sorge nel parco del Montjuic, a fianco di altri edifici come la Fondazione Miró e il museo nazionale d’arte catalana. Recentemente rinnovato, espone un’importante collezione di 50mila opere rinvenute nel territorio catalano, suddivise in cinque sezioni: Preistoria, Fenici e Greci, Cultura Iberica, Roma e i Visigoti. Il museo, che organizza mostre temporanee, eventi speciali, visite guidate ed è anche un importante centro di restauro, è aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9.30 alle 19 e la domenica e i festivi, dalle 10 alle 14.30. Per informazioni: www.mac.cat.
Museo archeologico nazionale di Napoli - Tre sono le collezioni del ricco museo archeologico del capoluogo campano: Farnese, con gli splendidi reperti romani, Pompeiana ed Egizia. Tra le opere più prestigiose esposte nel museo ci sono la Nike di Borgo Orefici e la Venere Callipigia; meritano una visita anche le recenti sale, nel Gabinetto segreto, riservate ai reperti a soggetto erotico provenienti soprattutto da Pompei ed Ercolano. Anche i reperti egizi sono di grande prestigio e occupano il terzo posto nel mondo dopo quelli de Il Cairo e di Torino. Il museo di Napoli è aperto tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 9 alle 19.30; per informazioni: www.museoarcheologiconapoli.it
Arkeoloji Müzesi di Istanbul - Situati nel distretto di Eminönü a Istanbul, in Turchia, vicino al parco di Gülhane e al palazzo Topkapi, i musei archeologici di Istanbul sono un imponente complesso composto da padiglioni ottomani, giardini ed edifici ottocenteschi dalle forme neogreche che ospitano tre sedi museali: Archeologia, Antico Oriente e Arte islamica. Le collezioni del grande complesso vantano oltre un milione di reperti della cultura del mondo antico e tra questi spiccano i sarcofagi di Sidamara e quello di Alessandro Magno, magnifico lavoro ellenistico ritrovato nel cimitero reale di Sidone, nell’attuale Libano, scolpito con scene di battaglia e di caccia. Il museo si visita tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9 alle 19; per informazioni: https://istanbularkeoloji.muzeler.gov.tr
Museo archeologico Antonio Salinas di Palermo - Sorge tra i chiostri e le fontane del complesso monumentale tardo cinquecentesco della Casa dei Padri della Congregazione di san Filippo Neri, a Palermo, e ospita la storia della Sicilia dalla preistoria al Medioevo. Tra i pezzi più prestigiosi della collezione archeologica, tra le più ricche d’Italia, ci sono le metope - fregi architettonici - dei templi di Selinunte, definito il più importante complesso scultoreo dell’arte greca d’Occidente; le 17 gronde leonine del tempio di Himera, esposte nella corte chiamata agorà; e la ricostruzione del frontone del tempio C di Selinunte con la grande maschera della Gorgone. Quest’ultima occupa l’ala orientale dell’edificio con le otto sale che ruotano attorno al terzo cortile, coperto con una vetrata. Il museo è aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9 alle 18, e la domenica e i festivi solo fino alle 13.30. Per informazioni: www.regione.sicilia.it
Bardo National Museum di Tunisi - E’ il museo archeologico, nella periferia occidentale di Tunisi, che ospita la più ricca collezione di mosaici romani del mondo, tutti in perfetto stato di conservazione: un patrimonio inestimabile di eccezionale fattura artistica. Inaugurato nel 1888, il Bardo è anche il più antico museo del mondo arabo e d’Africa; sorge nel Grand Palais, fastosa e luminosa residenza turco-ottomana circondata da un grande giardino ricco di essenze locali e disposta su tre piani, con 6 dipartimenti e 34 sale. Il palazzo, che nel 1899 venne ampliato con un piccolo edificio per le collezioni islamiche, è stato dichiarato monumento storico nel 1985. Oltre alle ceramiche islamiche antiche e ai rari manufatti fenici, meritano di essere visti i preziosi mosaici romani, tra cui “Perseo libera Andromeda”, che ricopriva la sala di una villa romana del III secolo; “Trionfo di Nettuno”, che apparteneva a un atrio di Chebba; “I ciclopi forgiano i fulmini di Giove” e “Ulisse e le sirene” che provenivano da residenze romane di Dougga. Il Bardo si visita tutti i giorni, dalle 9 alle 17; per informazioni: www.bardomuseum.tn
Museo archeologico Aguntum di Dölsach - A pochi chilometri da Lienz, nel Tirolo austriaco, il museo di Dölsach sorge in un parco archeologico che ospita l’antico insediamento romano Claudium Aguntum, che faceva parte della provincia Noricum, nel cuore dell’Austria, e che venne distrutto nel 612 d. C. E’ un interessante museo archeologico, il più importante a nord delle Alpi; ospita i resti di una villa ben conservata, delle terme, di alcune botteghe, di un mercato, del foro e di parte delle mura cittadine. Il museo, costruito nel 2005 su progetto degli architetti Thomas Moser e Werner Kleon, comprende l’area archeologica e due edifici: uno destinato alla mostra permanente con statue, ceramiche, monete, oggetti in bronzo, ricostruzioni e modelli in scala; e uno chiamato “Atriumhaus”, costruito per proteggere i resti della grande villa romana. Salendo su una torre alta 18 metri, poco lontana dall’insediamento, si ha la migliore vista sull’antica città. Il museo è aperto da lunedì a sabato, dalle ore 9.30 alle 16. Per informazioni: www.aguntum.at/it
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Riattivata la Fontana delle Najadi E' l'esempio più significativo del liberty nella capitale

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ROMA - Ha ripreso a zampillare la fontana delle Najadi, situata al centro di piazza della Repubblica, che è stata oggetto di un importante lavoro di recupero finanziato dal Dipartimento Simu ed eseguito da Acea, d'intesa con la Sovrintendenza Capitolina.
La parte architettonica della fontana fu realizzata nel 1885 seguendo il progetto di Alessandro Guerrieri nella zona Termini e completata da Mario Rutelli nel 1897 con le sculture raffiguranti le Najadi, ninfee delle acque (dei laghi, dei fiumi, degli oceani e delle acque sotterranee). Inaugurata nel 1901 fu successivamente integrata dallo stesso Rutelli con un primo gruppo centrale, sostituito, dopo il trasferimento nel 1913 della fontana nell'attuale posizione, dal gruppo scultoreo con Glauco avvinghiato al delfino, dalla cui bocca si sprigiona altissimo il getto d'acqua centrale. Costituisce l'esempio più significativo del linguaggio liberty a Roma.

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Anni Venti, l'arte risponde all'inquietudine Grande esposizione a Palazzo Ducale Genova con oltre 100 opere

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L'inquietudine personale e collettiva, il senso di attesa per quello che sarebbe potuto essere il futuro, la paura di nuove guerre, l'entusiasmo della modernità, il rifugio nel sogno e nell'irrazionalità: alla straordinaria complessità esistenziale, sociale, culturale e politica del secondo decennio del '900 l'arte riuscì a rispondere seguendo varie strade, tutte documentate nella grande mostra "Gli anni Venti in Italia. L'età dell'incertezza", in programma a Palazzo Ducale di Genova dal 5 ottobre. Allestita fino al 1 marzo, e a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone, l'esposizione presenta circa 100 opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, distribuite in un percorso che si snoda attraverso le sale dell'Appartamento del Doge e che si sofferma in particolare sulla produzione pittorica e plastica di quegli anni. Tanti gli artisti presenti in mostra, capaci con il loro spirito e la loro incessante ricerca in varie declinazioni linguistiche di dare voce a un'epoca emblematica, che costituì una cruciale fase di passaggio tra il trauma della Grande Guerra e la crisi mondiale del decennio successivo. Da Carlo Carrà a Giorgio de Chirico, da Fortunato Depero a Felice Carena e Felice Casorati, da Ubaldo Oppi a Fausto Pirandello, da Alberto Savinio a Gino Severini e Mario Sironi, e poi Carlo Levi, Scipione, Achille Funi, Enrico Prampolini, Mario Tozzi: la mostra documenta le intuizioni e le risposte di artisti che, trovandosi immersi in una realtà piena di contraddizioni, di turbamenti ma anche di speranze, riuscirono a farvi fronte trasferendo ed elaborando ogni istanza nel linguaggio pittorico e plastico. Un lungo itinerario espositivo attende i visitatori, con ben 9 sezioni: "prologo" e "preludio", rispettivamente una galleria di ritratti che documentano la società dell'epoca e il ricordo drammatico dell'esperienza bellica appena trascorsa; "attese", che illustra l'incanto, lo stupore e il senso di sospensione; "l'uomo della folla", con il disagio che dà voce a una visione distopica del reale; "suggestioni dell'irrazionale", con spiragli aperti su sogni, incubi, angosce e ossessioni; "reificazione dell'individuo", la creazione dell'immagine di un uomo nuovo, improntato alla cultura del macchinismo; "evasioni", ossia la fuga dalla realtà quotidiana verso mondi fluttuanti nel tempo; "identità e differenze", con la sensazione della perdita della consapevolezza identitaria; infine "Déco in scena", la dimensione effimera che rappresentò l'altra faccia dell'"età dell'incertezza".

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Viaggio tra i siti Unesco d’Italia, la Campania Da Napoli a Caserta, ecco i sei siti patrimonio dell’umanità

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L’itinerario alla scoperta delle bellezze naturali, archeologiche e storico-artistiche della Campania che l’Unesco ha premiato con 6 siti considerati patrimonio dell’umanità parte dal capoluogo Napoli, che dal 1995 è tutelato e sorvegliato dall’organizzazione internazionale: Capodimonte con il parco e la reggia, Castel Sant’Elmo, la certosa di san Martino, la villa e il parco Floridiana, Villa Rosebery e il comune, il reale orto botanico, Marechiaro e i distretti di Villa Manzo e del Casale. 
Napoli è una delle città più antiche d’Europa, il cui tessuto urbano conserva gli elementi della sua lunga e movimentata storia. La disposizione a griglia rettangolare dell’antica fondazione greca è ancora riconoscibile nel tessuto urbano del centro storico, ma la storia della città è soprattutto legata al mare e al porto, che le ha conferito un importante ruolo culturale. Napoli, infatti, ha esercitato notevoli influenze soprattutto nell’architettura, espressa nei suoi antichi forti, nelle chiese e nei palazzi patrocinati dalle famiglie nobili. Il centro storico, diviso in due dalla celebre strada Spaccanapoli, rappresenta il nucleo più antico della città, fondata nel VI secolo a.C. con il nome di Neapolis. Culla delle correnti artistiche di ogni epoca, occupa 17 chilometri quadrati e accoglie numerosi quartieri, tra cui Avvocata, Montecalvario, Mercato, Stella, San Carlo all’Arena, Chiaia, Vicarìa e parte delle colline del Vomero e di Posillipo. Il motivo per cui tutta questa vasta area è stata dichiarata patrimonio dell’umanità è per la ricchezza senza uguali del tessuto urbano, degli edifici e delle strade che conservano e testimoniano una storia millenaria ricca di eventi, che ha visto succedersi e incrociarsi popoli e culture provenienti da tutta Europa. Nel centro storico abbondano obelischi, monasteri, chiostri, musei, catacombe, statue, monumenti, palazzi storici e numerosi scavi archeologici, sia all’aperto sia sotterranei. Della storia greca restano oggi solo alcune mura difensive, mentre sono più numerose le testimonianze d’epoca romana: i resti del teatro antico, delle catacombe e vari reperti, alcuni visibili nei musei e altri nelle zone archeologiche della città, tra cui l’area di san Lorenzo Maggiore. D’epoca svevo–normanna, invece, è l’edificio più celebre e simbolo della città: Castel dell’Ovo. Costruito nel I secolo a.C. sull’isolotto di Megaride come villa di Lucio Licinio Lucullo, il sito cambiò diverse volte funzione e aspetto nel corso dei secoli, fino all’arrivo di Ruggiero il Normanno che, conquistando Napoli nel XII secolo, fece del maniero la propria residenza. Da allora la fortezza subì numerose trasformazioni, soprattutto durante il periodo angioino e quello aragonese, fino a giungere allo stato in cui si presenta oggi. Il castello, annesso allo storico rione di santa Lucia, è visitabile e al suo interno si svolgono mostre, convegni e manifestazioni durante tutto l’anno. Al periodo successivo di dominazione spagnola, dal XV al XVII secolo, risalgono invece gli altri due castelli simbolo della città: Castel Nuovo o Maschio Angioino e Castel Capuano. Sempre in quel periodo vennero innalzate le mura difensive e costruiti il convento di sant’Agostino degli Scalzi, il Collegio dei Gesuiti di Capodimonte e il bellissimo palazzo reale che con la basilica di san Francesco di Paola incornicia la celebre piazza del Plebiscito. Oggi l’edificio ospita la biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III. Durante il governo dei Borbone venne ingrandito il porto e vennero risanati alcuni borghi attorno al centro storico; è in quel periodo che vennero decorati gli interni dei palazzi reali e delle residenze nobiliari, molti dei quali oggi trasformati in musei e centri culturali.
Uscendo da Napoli la bellezza della Costiera amalfitana non poteva passare inosservata: è entrata nel prestigioso elenco dell’Unesco nel 1997 con 12 borghi di grande valore culturale e paesaggistico come i terrazzamenti di frutteti di Amalfi e di Ravello, le ville romane di Minori e di Positano del I secolo d.C. e i manufatti in ceramica di Vietri sul Mare. Della costiera l’Unesco volle tutelare il suo “meraviglioso esempio di paesaggio mediterraneo con straordinario valore naturale e culturale”. La costa, lunga una trentina di chilometri, è punteggiata da alberi di limoni, da chiazze di buganvillea viola e porpora che colorano i borghi, gli anfratti rocciosi, gli archi, le grotte e le rupi scoscese, che come passaggi verticali uniscono il cielo e il mare. Il litorale è uno spettacolo per il colore del Tirreno, giada e turchese, e delle case arrampicate sui monti; per le baie e le grotte che si aprono all’improvviso; per gli scorci sui Faraglioni e sulle tozze e gialle torri che vegliano dall’acqua; per i piccoli borghi di pescatori scolpiti nella roccia e per i terrazzamenti di vigneti. E’ il tratto di costa che ha incantato artisti, intellettuali, personaggi celebri del cinema e del teatro e che ogni volta che lo si percorre regala scorci sempre nuovi.
Delimitato dalla litoranea 163 Amalfitana, piena di angoli bellissimi che mozzano il fiato a ogni curva, la Costiera è piacevole da percorrere anche via mare noleggiando un’imbarcazione dal porto di Positano, dominato dalla chiesa di santa Maria Assunta con il tetto maiolicato, e navigare lungo la costa. Positano si raggiunge comodamente da Napoli con gli aliscafi o i traghetti che partono più volte durante la giornata. Dal mare si scoprono anfratti rocciosi, punteggiati da ville lussuose, grotte e piccole spiaggette nascoste, delimitate dalle torri cinquecentesche che difendevano la costa dagli attacchi dei saraceni e che oggi sono state trasformate quasi tutte in abitazioni private. Sotto l’arco del ponte che sostiene la statale, alto 28 metri, la montagna si apre e l’acqua del mare entra nel fiordo di Furore, scenografica insenatura con una manciata di case, aggrappate al dirupo. Subito dopo la grotta dello Smeraldo nell’incantevole baia di Conca dei Marini si arriva ad Amalfi, la più antica Repubblica marinara d’Italia e incantevole borgo che s’innalza con le sue case bianche, circondato da spiagge morbide e archi naturali. Nella cittadina merita una visita la cattedrale dedicata a sant’Andrea, incastonata nel centro storico: risale al IX secolo, quando la Repubblica era una potenza commerciale, e offre l’incantevole chiostro Paradiso del Duecento dove spesso si tengono concerti. Proseguendo nella navigazione si arriva davanti alla baia di Atrani, suggestivo borgo-presepe stretto tra il mare e le pareti rocciose e, adagiato su uno sperone, l’incantevole borgo di Ravello: i suoi belvedere e le terrazze di villa Rufolo e Cimbrone, dalle quali si ammira un panorama mozzafiato, incantarono tanti artisti, tra cui Greta Garbo e Richard Wagner in onore del quale, ogni anno, d’estate si svolge il Festival internazionale di musica. E poi, lungo la costa, si scoprono Maiori, borgo incantevole con una spiaggia a mezzaluna e la collegiata di santa Maria a Mare; Cetara, antico borgo di marinai e pescatori, e Vietri sul Mare, città etrusca e romana, famosa in tutto il mondo per il suo artigianato della ceramica, in particolare per le mattonelle dipinte con temi religiosi.
Importante e quasi scontata è la tutela dell’Unesco alle ricche aree archeologiche di Pompei ed Ercolano che, insieme all’area di Torre Annunziata, offrono un quadro preciso della vita quotidiana dell’antica Roma. Qui – Pompei con la Villa dei Misteri, Ercolano con la Villa dei Papiri, il teatro romano, e le ville di Torre Annunziata – il tempo si è fermato all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., quando tutto è stato sepolto dalla lava. Seppellite e protette per secoli sotto la cenere, gli scavi archeologici hanno portato alla luce – e ancora lo continuano a fare – le antiche città romane con le domus decorate, le botteghe, i teatri, gli uffici pubblici, numerosi luoghi sacri, tra cui le necropoli, e le strade perfettamente lastricate. Oggi si passeggia tra sculture, mosaici e pitture murali, case, templi, teatri e terme risalenti a più di duemila anni fa.
Sempre nel 1997 l’Unesco inserì tra i beni da proteggere anche la maestosa Reggia barocca di Caserta, progettata da Luigi Vanvitelli su incarico di Carlo III di Borbone nel XVIII secolo. Il complesso monumentale fu voluto per rivaleggiare con le regge di Versailles e de La Granja di Madrid: il risultato, sebbene non fosse come quello voluto in origine da Carlo III, era un grandioso palazzo con il suo parco di 120 ettari, i giardini, un’area naturale, i padiglioni di caccia e un complesso industriale per la produzione della seta. Rientrano nella tutela anche l’acquedotto Carolino, che alimenta le fontane del parco, e il complesso di san Leucio, tappa fondamentale della cultura settecentesca e dello sviluppo industriale e tecnologico del territorio campano. Il Belvedere di san Leucio è oggi la sede del Museo della seta, all’interno del quale si possono ammirare alcuni antichi telai e macchinari originali per la filatura della seta.
Sono protetti dall’Unesco come riserva della Biosfera anche il parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni con i siti archeologici di Paestum e Velia. A Padula, nel Vallo di Diano, c’è anche la certosa di san Lorenzo, considerata il più grande complesso monastico dell’Italia meridionale. Paestum, l’antica città greca di Poiseidonia, fondata alla fine del VII secolo a.C. e dedicata a Poseidone, dio del mare, conserva ancora oggi alcuni templi dorici. Velia, in greco Elea, nacque nel 540 a.C. e conserva nell’area dell’acropoli i resti di un tempio ionico, del teatro risalente al III secolo a.C. e delle terme di Adriano del II secolo d.C. Qui fiorì una scuola filosofica presocratica molto importante con Parmenide come fondatore e Zenone come illustre discepolo.
Infine vanno segnalate anche la pizza napoletana e le macchine dei santi inserite dall’Unesco nell’elenco del patrimonio immateriale dell’umanità.
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