Il 13 novembre prende il via la Roero Wine Week in contemporanea con la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba

 



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Buon vino e tartufo bianco. Un binomio di eccellenze italiane che delizia anche i palati più raffinati in cerca di sapori che siano garanzia di qualità e tengano alto il prestigio del Made in Italy. Il Roero si prepara a prendere per la gola gli appassionati di prelibatezze piemontesi con un evento che per la prima volta accosterà queste due specialità che rappresentano uno dei fiori all'occhiello della gastronomia regionale e nazionale. Sta per prendere il via, infatti, la Roero Wine Week, la settimana dedicata al Roero DOCG coordinata dal Consorzio di Tutela del Roero. L'iniziativa, che coinvolgerà produttori, enoteche e ristoranti, si terrà tra il 13 e il 22 novembre, in contemporanea con la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba e creerà un vero e proprio legame con questa importante manifestazione che, ogni anno, richiama tantissimi visitatori provenienti da tutta Italia e non solo. Questo inedito accostamento si pone come obbiettivo quello di celebrare e promuovere due prodotti considerati dei veri e propri simboli del territorio piemontese e della sua ricca gastronomia.

Vino e tartufo a braccetto durante la Roero Wine Week

Sono ben 57 i produttori di Roero DOCG Bianco e Rosso coinvolti nelle iniziative della Roero Wine Week. Tutti assieme si sono uniti come in un grande team che ha come scopo comune quello di promuovere un territorio splendido come quello del Roero ed i suoi vini di qualità. Nel corso della manifestazione i clienti delle enoteche e dei ristoranti aderenti su tutto il territorio nazionale avranno l'opportunità di prendere parte ad inebrianti degustazioni al calice di Roero DOCG Bianco e Rosso scoprendo, così, in maniera coinvolgente e gustosa la ricca e variegata proposta di questo magnifico territorio collinare Patrimonio UNESCO. Alcuni locali, inoltre, proporranno interessanti serate a tema con il produttore che accompagnerà i clienti durante l'assaggio dei propri prodotti svelando tantissime curiosità, segreti ed informazioni legate al territorio del Roero, alla cantina ed alla loro storia, rendendo la degustazione una vera e propria esperienza a 360°. Ma non è finita. Perchè ogni incontro ed evento legato alla manifestazione sarà accompagnato da un gustoso piatto a base di Tartufo Bianco di Alba, nell'ottica di una stretta collaborazione enogastromica locale. Leggi qui per scoprire tutti i segreti del Tartufo Bianco di Alba e su come servirlo in tavola per esaltarne l'aroma inconfondibile.

Le colline Patrimonio UNESCO che non deludono

Ma la Roero Wine Week non è soltanto un'occasione per deliziare il palato con prodotti di grande eccellenza e raffinatezza. L'iniziativa è anche, e soprattutto, un modo interessante per scoprire un territorio ricco di attrattive di interesse storico, culturale e paesaggistico. In questa splendida area collinare della provincia di Cuneo uomo e natura vivono in un rapporto di perfetta armonia, equilibrio e reciprocità in cui l'uno valorizza l'altra senza mai prevaricarsi. Proprio in questa cornice di grande fascino, durante i weekend della manifestazione si potranno trascorrere interessanti giornate alla scoperta delle 57 cantine partecipanti che apriranno le proprie porte ai visitatori per effettuare visite e degustazioni dal produttore al consumatore. Ma c'è di più. I locali che aderiscono all'iniziativa, infatti, nel periodo di durata della Roero Wine Week potranno offrire ai loro clienti l'opportunità di usufruire di un ingresso scontato per la visita al Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna d’Asti, alla Mostra Outside-Inside che si tiene all’interno del Castello di Monticello d’Alba e al Museo Wine Experience di Mondodelvino a Priocca, un suggestivo borgo adagiato sulle colline del Roero e racchiuso tra due fiumi, il Borbore e il Tanaro, dominato dal bel campanile neogotico della chiesa di Santo Stefano. In questo modo si potranno scoprire alcuni interessanti luoghi legati al mondo del vino, alla cultura ed alle tradizioni di uno dei territori più affascinanti della regione e dell'intero Stivale.

Mostra chiusa, lo staff racconta le opere al telefono. Idea Fondazione Palazzo Magnani per 'True Fictions' a Reggio E.

 

REGGIO EMILIA - Ascoltare al telefono la storia di una delle opere esposte, come faceva il celebre personaggio di Gianni Rodari, raccontando ogni sera le favole a sua figlia lontana. Accadrà dall'11 novembre al 23 dicembre, tutti i mercoledì dalle 15 alle 17, con 'True Fictions.
    Fotografia visionaria dagli anni '70 ad oggi', mostra allestita a Palazzo Magnani di Reggio Emilia dal 17 ottobre al 10 gennaio e ora sospesa fino al 3 dicembre a seguito dell'ultimo Dpcm.
    Basterà sfogliare il catalogo presente sul sito palazzomagnani.it, scegliere l'immagine che più incuriosisce, chiamare il numero 0522/444446 e chiacchierare con lo staff della Fondazione sulla fotografia prescelta, dalle tecniche utilizzate, alla vita dell'artista, "dalle idee che sottendono ogni progetto a tutte le verità e le finzioni che queste particolari immagini nascondono".
    'True Fictions' è la prima mostra in Italia dedicata al fenomeno della 'staged photography', tendenza che dagli anni '80 ha rivoluzionato il linguaggio fotografico e la collocazione della fotografia nell'ambito delle arti contemporanee.

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I colori di van Gogh da vivere in digitale

 

Sarà un racconto di musica e arte quello che Marco Goldin, curatore della grande mostra padovana "van Gogh. I colori della vita" al Centro San Gaetano ormai chiusa per il Dpcm, e il compositore e pianista Remo Anzovino porteranno sul web nel mese di novembre, per svelare a tanti appassionati la genialità e la potenza della pittura del grande artista olandese. Dopo il primo recital proposto su Facebook dall'interno della mostra la scorsa settimana, iniziativa che ha ottenuto un record di 200mila presenze online, Goldin e Anzovino torneranno a raccontare van Gogh in quattro puntate in diretta ogni lunedì di novembre. Appuntamento sulla pagina Facebook di Linea d'ombra (che produce la mostra) e sul sito lineadombra.it a partire dal prossimo 9 novembre alle ore 21, con una prima serata dal titolo "van Gogh nei campi di grano. La forza della natura e l'idea del tempo circolare".

La prima puntata, divisa in tre parti (introduzione al tema, letture e musiche, e confronto con il pubblico), vedrà protagoniste soprattutto le lettere inviate da van Gogh al fratello Theo, alla sorella Wil e a Émile Bernard, scritte nella seconda metà di giugno del 1888 quando stava dipingendo i campi di grano nella pianura della Crau, poco fuori Arles. Le puntate successive sono previste nei lunedì seguenti di novembre (16, 23 e 30) e saranno dedicate rispettivamente agli amici di van Gogh ad Arles, al tema della malinconia nella casa di cura di Saint-Rémy e alla fine del viaggio nella vita a Auvers.

ansa

Torna ad Arezzo restaurato il grande polittico di Pietro Lorenzetti

 Dopo sei anni si concludono i lavori di restauro sulla pala con la "Madonna con Bambino, Santi, Annunciazione e Assunzione". Nei prossimi giorni sarà ricollocata nella Pieve di Santa Maria

Il polittico di Pietro Lorenzetti per la pieve di Santa Maria ad Arezzo dopo il restauro

Il polittico di Pietro Lorenzetti per la pieve di Santa Maria ad Arezzo dopo il restauro

Avvenire

Dopo un lungo e complesso restauro durato ben sei anni, il polittico di Pietro Lorenzetti raffigurante la "Madonna con Bambino, Santi, Annunciazione e Assunzione" nei prossimi giorni sarà ricollocato nella Pieve di Santa Maria ad Arezzo. Si conclude così un importante lavoro di pulitura, consolidamento e messa in sicurezza che restituisce all'ammirazione, allo studio e alla devozione uno dei grandi capolavori dell'arte medioevale. A causa dell'emergenza sanitaria saranno invece rinviati a data da destinarsi gli eventi in programma per celebrare il ritorno del capolavoro nella sua sede originaria.

L'opera

L'opera, una tempera su tavola fondo oro, venne realizzata tra il 1320-24. Lo documenta il contratto stipulato il 17 aprile 1320, con il quale il vescovo Guido Tarlati impegna il maestro senese, richiedendogli espressamente di dipingere figure bellissime con colori pregiati, in campi dorati con oro da cento fogli a fiorino. Il documento impone al pittore di impegnarsi senza interruzioni e senza assumere altre committenze fino ad aver raggiunto la "perfezione" dell'opera e specifica che spetta al vescovo Guido e ai canonici della Pieve di approvare la tavola finita (pattuita per centosessanta lire pisane). Il dipinto piacque alla committenza e venne collocato sull'altare maggiore della Pieve, chiesa dove, nonostante spostamenti che ne hanno in parte cambiato lo status, ancora si trova.

Il polittico è arrivato ad oggi privo di significative parti strutturali, come le due colonne poste alle estremità con sei figure dipinte per ciascuna, che dovevano renderlo autoportante sostenendolo fino a terra; manca anche la predella, che Giorgio Vasari ebbe a descrivere "con molte figure piccole, tutte veramente belle e condotte con buonissima maniera" e mancano i pilastrini tra gli scomparti terminanti in pinnacoli.

I restauri

Uno dei primi restauri di cui sappiamo essere stata oggetto l'opera risale alla fine dell'Ottocento quando, durante i lavori che interessarono la Pieve, la tavola fu portata in municipio per essere ricollocata nella sua sede tra il 1880 e il 1881. Nuovamente restaurata nel 1916, un nuovo intervento si rese necessario nel 1976 quando uno squilibrato tentò di appiccare fuoco al capolavoro. Nell'occasione un'approfondita ricerca accertò che l'opera doveva misurare all'origine ben più degli attuali 293 centimetri di larghezza.

A distanza di quasi quarant'anni, dopo le opportune analisi, si è verificata la funzionalità del supporto, quindi è stata operata una pulitura della superficie pittorica che ha provveduto alla rimozione degli strati di restauro apposti nell'ultimo intervento (vernici e integrazione pittorica, alterate nel tempo). Questa operazione ha rivelato estesissime aree di pittura e di fondi oro in cui persistevano strati evidenti di sporco e di patinature antiche di difficile datazione. Si è quindi imposta una seconda fase di pulitura delicatissima, interamente condotta al microscopio, che ha permesso di recuperare i colori cangianti e le straordinarie decorazioni condotte a mano libera dal pittore, offrendo così un fondamentale contributo alla complessiva leggibilità del dipinto.

Un'apposita fase di ricerca, in connessione con la Soprintendenza di Siena Grosseto e Arezzo, è stata dedicata all'ipotesi di ricostruzione delle parti strutturali in legno della perduta cornice monumentale, che ne facevano una macchina autoportante di grande impatto visivo. È stata quindi proposta una ipotetica ricostruzione, con disegno digitale, che consentisse di restituire spaziature e proporzioni corrette all'opera, facilitandone la lettura in rapporto soprattutto con l'interno monumentale della Pieve per la quale fu concepita. La direzione dei lavori, la proprietà e l'équipe tecnica hanno convenuto di limitare tale ricostruzione al solo recupero della larghezza del polittico: sono stati pertanto inseriti listelli dorati che distanziano le varie parti dell'opera riconducendola (almeno in larghezza) alla misura originaria.

Durante il restauro il cantiere allestito nello studio RICERCA, è stato visitato da studiosi e conservatori di musei di tutto il mondo, mentre le restauratrici Paola Baldetti, Marzia Benini e Isabella Droandi hanno svolto un'intensa attività didattica e di sensibilizzazione, in laboratorio, in collaborazione con scuole aretine di ogni ordine e grado, e con studenti universitari italiani e stranieri accompagnati dai loro docenti.

Il restauro è stato autofinanziato fin dall'inizio (2014) a cura di RICERCA e, dal 2017, con il sostegno di ART ANGELS AREZZO Onlus , associazione che si prefigge di sostenere la conservazione, il restauro e la valorizzazione del patrimonio artistico del territorio aretino, .sul cui sito è presente l'elenco completo dei grandi e dei piccoli donatori, che hanno contribuito al recupero.

Restano ancora da finanziare le somme per per interventi indispensabili per la corretta ricollocazione dell'opera in chiesa. A tal proposito è in corso una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe.

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Cinquecentenario. Raffaello manager dell’«arte totale»

 

Avvenire

Dal libro di Marco Bussagli, Raffaello, che esce in questi giorni da Giunti in grande formato (pagine 320, euro 85) anticipiamo alcuni brani dedicati alla filosofia con cui l’urbinate organizzò in modo modernissimo la sua bottega. Mentre il V centenario della morte va a chiudersi, questo volume ripercorre storia, mito e temi del genio che fu formidabile disegnatore, pittore di quadri e di affreschi e anche architetto. Diviso in due sezioni, la prima svolge un percorso storico-critico , mentre la seconda presenta letture di opere e dettagli pittorici.

Se esiste una figura del Rinascimento che assomma in sé le varie caratteristiche di una superstar dei tempi moderni, questa è Raffaello Sanzio. Rispetto agli altri due giganti dell’epoca, Leonardo e Michelangelo, infatti, il pittore urbinate ha una personalità che lo avvicina a quella dei grandi divi del cinema o della musica di questo secolo o di quello appena trascorso. La solarità di un successo che arrise all’artista fin da giovane e la felice condizione di un aspetto di riconosciuta avvenenza sono peculiarità che non possiamo ritrovare, per esempio, in Michelangelo, la cui fisicità condizionò la vita del grande artista sfociando in un tormento interiore che non trova riscontro nell’esistenza di Raffaello. Amato dal genere femminile, ricco e incline a godersi i piaceri della vita, il Sanzio fu un vero imprenditore, oltre che un grande artista (…).

Raffaello prima di Bernini e Bernini prima di Le Corbusier. Fu infatti l’architetto francese l’ispiratore della celebre frase pubblicata nella Carta di Atene del 1952 divenuta lo slogan dell’architetto triestino Ernesto Nathan Rogers che della sua arte diceva: «Dal cucchiaio alla città». È questa la chiave di lettura per cogliere l’impostazione che il Sanzio dà alla sua idea di bottega: non solo un apparato che supporti la produzione del maestro, ma una struttura in grado di fare fronte a tutte le esigenze di mercato e culturali a esso connesse, con una diversificazione delle competenze all’interno di una stessa regìa, quella di Raffaello. In realtà, l’artista urbinate aveva avuto esempi importanti e concreti cui ispirarsi, a cominciare dalla bottega paterna di Giovanni Santi... L’altro modello che aveva ben presente era, come è ovvio, quello del suo secondo maestro, Pietro Vannucci, un artista che era un vero e proprio impresario… La sua bottega si sperimentò in imprese epocali come quella della Sistina che, tuttavia, si era configurata con modalità ben diverse da quelle più tradizionali, nel senso che il pittore si era misurato con altri maestri di ugual levatura che aveva dovuto coordinare. Un modello non troppo dissimile da quello che avrebbe poi messo a punto negli anni il Sanzio, paradossalmente negli stessi luoghi. (…)

Dietro tale percorso, però, c’era una visione teorica che non è difficile far risalire, prima di tutto, proprio a Giovanni Santi, in quanto uomo di teatro, e poi a Vasari che le conferì la sua dimensione ufficiale. Studi ormai storici riconducibili alle ricerche di Alfredo Saviotti hanno attribuito al padre di Raffaello la messa in scena teatrale dei giorni dal 26 al 30 maggio 1475, organizzata per festeggiare l’anniversario di nozze di Costanzo Sforza e Camilla d’Aragona, che si erano celebrate a Pesaro un anno prima. Il testo ci è pervenuto nel manoscritto (Pal. 286) oggi conservato presso la Biblioteca nazionale di Firenze. Che poi Giovanni Santi avesse davvero intrapreso un’attività teatrale è testimoniato dalla lettera di Capilupi che descrive la festa di teatro organizzata per le nozze, nel febbraio del 1488, di Guidobaldo da Montefeltro ed Elisabetta Gonzaga. Da tutto questo si evince come il Santi avesse ben chiara, già lui, l’idea di quella che potremmo definire 'arte totale'. Nel prevedere e coordinare lo spettacolo, infatti, l’eclettico artista, in qualità di autore del testo e, verosimilmente, pure scenografo nonché, forse, perfino regista, sperimentò la dimensione concreta dell’arte totale che aveva, come corollario, la necessità di cedere parte delle competenze ad altri. Del resto, l’approccio critico di Giovanni Santi è quello di chi vuole dimostrare la parità della pittura e della scultura nei confronti della letteratura, ossia elevare due arti meccaniche al rango di arti liberali. Un’idea che, in certo senso, implica la declinazione del processo creativo con la cessione di quote del piano generale a competenze altrui, in un’ottica di confluenza delle singole arti in un unico disegno. Non mera esecuzione, ma progettazione. In armonia con questo pensiero critico si pone l’apporto di Vasari e della concezione di quelleda lui definite 'arti congeneri'. È, infatti, nel suo Proemio all’Introduzione alle tre arti del disegno, premessa, a sua volta, alle celebri Vite, che lo scrittore aretino vuole confutare l’idea che sia la scultura ad avere un maggior numero di 'arti congeneri' come oreficeria, glittica, cesello, e via di questo passo. Per farlo, Vasari compie una serie di passi e riflessioni, spiegando «che la scultura e la pittura per il vero sono sorelle' perché, come l’architettura, 'la più universale' delle arti, sono tutte 'nate di un padre che è il disegno ». È a questi scenari che s’ispira l’azione artistica del Raffaello maturo (...).

Quella di Raffaello, però, è una presa di coscienza graduale che prende le mosse da un’impostazione tradizionale della bottega, come quella degli esordi, con la collaborazione di Evangelista di Pian di Meleto e di Timoteo Viti, ridotta al lumicino rispetto ai fasti di Giovanni Santi. Da qui il maestro inizia il suo cammino e, con tanto lavoro, cresce all’ombra del ricordo del padre, per arrivare a vette eccelse. Varrà la pena di ricordare, in questo senso, il suo intervento nella cappella Chigi in Santa Maria della Pace a Roma dove, accanto alla finestra che sovrasta l’arcosolio decorato da Raffaello, Viti eseguì un altro affresco su disegno del maestro, con quattro Profeti identificati da altrettante scritte, ossia Abacuc, Giona, David e Daniele. Tuttavia, la prima occasione che vide concretamente al lavoro una bottega in grado di far fronte a committenze importanti fu quella che operò nelle Stanze di Giulio II. Crebbe, allora, intorno al maestro,un gruppo di pittori le cui competenze finirono pian piano per emergere, fino a trasformare i rispettivi titolari di ciascun personale know-how (come si dice oggi) in altrettanti maestri, come Giulio Romano, Giovan Francesco Penni e, come s’è visto, il'vecchio' Timoteo Viti. Nasceva così, fra gli estremi della necessità del mercato e quelli della novità critica e cosciente dell’arte totale, quel rivoluzionario concetto di progetto corale che si sarebbe poi sviluppato anche con Bernini, sfociando nell’idea del 'bel composto', ossia nell’unità tematica e visiva di architettura, scultura, pittura e decorazione.

Al via le iscrizioni per master I livello in gestione dei beni culturali

 

L’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale sostiene e promuove il master di I livello ‘Gestione del patrimonio mondiale e valorizzazione dei beni e delle attività culturali’, organizzato dall’Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT con il patrocinio di Federculture, Symbola e Associazione per l’Economia della Cultura.
Il percorso di studi, che avrà inizio il prossimo gennaio, mira a fornire tutti gli strumenti conoscitivi necessari per la gestione e la valorizzazione di beni e attività culturali a livello internazionale, con l’obiettivo di contribuire alla formazione di esperti che possano occupare ruoli di consulenza in istituzioni pubbliche o private.
“Attraverso il confronto con le diverse realtà interessate – spiega Maria Grazia Bellisario, ex direttore Ufficio UNESCO MiBACT – abbiamo riconosciuto la necessità di contribuire alla formazione di professionisti della gestione dei beni  e delle attività culturali, con un particolare riferimento ai beni iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, in  stretto rapporto con le più significative espressioni della cultura nazionale e internazionale”.
Il master si rivolge a studenti e/o a professionisti del settore che siano in possesso di almeno una laurea triennale. Tra i professionisti, si rivolge ad operatori dell’amministrazione pubblica e provenienti dall’ambito privato che siano interessati ad acquisire crediti formativi necessari agli sviluppi di carriera. Il termine per le iscrizioni per l’anno accademico 2020/2021 è previsto il 30 novembre.

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Milano-Cortina: De Micheli firma decreto finanziamento

 

Paola De Micheli, ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha firmato il decreto che finanzia con un miliardo di euro le opere infrastrutturali per le Olimpiadi di Milano-Cortina del 2026. Si tratta, si legge in una nota del Mit, di opere stradali e ferroviarie finanziate nella Legge di Bilancio 2020 che consentiranno di migliorare l’accessibilità, i collegamenti e la dotazione infrastrutturale dei territori della Regione Lombardia, della Regione Veneto, delle Province Autonome di Trento e di Bolzano interessate dall’evento sportivo.

“Con il Decreto Olimpiadi faremo compiere un salto di qualità infrastrutturale – spiega la ministra De Micheli – a una delle aree più sviluppate del Paese con una ricaduta importante per la qualità della vita delle persone e anche un miglioramento competitivo per le imprese. Le opere finanziate – ribadisce – servono a potenziare l’accessibilità e i collegamenti in vista del grande appuntamento internazionale, ma sono state concepite per mantenere la loro utilità nel tempo, anche dopo il 2026, e verranno realizzate nel segno della piena sostenibilità ambientale”.

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Ecco film e serie tv che raccontano meglio l’art ‘de vivre à la Parisienne’

 

La serie televisiva Emily in Paris ha fatto dei cliché parigini un vero e proprio carattere distintivo, tanto da attirare diverse critiche dall’opinione pubblica transalpina, che si è detta offesa dalla visione stereotipata e irrealistica che la nuova serie TV offre della società francese. Non è la prima volta che le interpretazioni televisive e cinematografiche enfatizzano gli aspetti più pittoreschi delle culture che raccontano, ma quali sono i film e le serie TV che più fedelmente rappresentano l’art de vivre à la Parisienne?

Babbel ha raccolto le opinioni di 38.000 parigini.
La più votata tra le produzioni in lingua inglese è il film del 2011 ‘Midnight in Paris’, che si aggiudica il 41% dei voti, seguita da ‘Ratatouille’ (2007) con il 28% e, sorprendentemente, proprio da ‘Emily in Paris’ (2020) con il 16% delle preferenze. Chiudono la top 5 ‘The Aristocats’ (1970) con il 4% e ‘Julie & Julia’ (2009) con il 3% dei voti.

Il film collettivo del 2006 ‘Paris, Je T’aime’, che racchiude 18 cortometraggi d’autore ambientati nei diversi quartieri della capitale, è risultato essere la rappresentazione in lingua francese più apprezzata. Il secondo posto va a ‘Il favoloso mondo di Amélie’ (2001) con il 21%, mentre la pellicola ‘La Haine’ (1995), vincitrice del premio per la miglior regia al Festival di Cannes, completa il podio con il 12% dei voti. La serie comedy ‘Dix pour cent’si posiziona al quarto posto con l’11%, mentre ‘Les Intouchables’ (2011) chiude al quinto posto con il 5%.

Altri suggerimenti indicati dagli intervistati sono ‘Moulin Rouge’ (2001), ‘2 Giorni a Parigi’ (2007), ‘The Eddy’ (2020), ‘Un Americano a Parigi’ (1951), ‘Neuilly Yo Mama!’ (2009), ‘La Pantera Rosa’ (1963), ‘Ultimo Tango a Parigi’ (1972), e ‘Non sposate le mie figlie!’ (2014).

‘Emily in Paris’ offre una visione stereotipata di come si vive nella capitale francese, ma spinge anche ad una riflessione sul “culture shock”, ovvero lo shock culturale che chi si trasferisce in un paese diverso deve affrontare. Dalla lingua al cibo, passando per le relazioni interpersonali, sono molti gli aspetti che devono essere interiorizzati quando si cambia nazione e Emily si trova spesso ad affrontare nuove situazioni.

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I Giardini di Castel Trauttmansdorff danno il benvenuto alla neve

 

La fine della stagione 2020 dei Giardini di Castel Trauttmansdorff è prevista per domenica 15 novembre. Fino ad allora i visitatori, che potranno usufruire del biglietto scontato di ‘Tardo autunno’ a 8.50 euro, anziché 11 euro, avranno l’occasione di vedere, oltre ai colori della vegetazione, le cime innevate delle montagne che fanno da cornice al noto giardino botanico meranese.
Da diversi punti panoramici dei Giardini di Sissi, in effetti, le alte montagne si stagliano imponenti e fanno il solletico al terso cielo autunnale con cime spruzzate di bianco. Il maestoso Gruppo di Tessa con i suoi picchi più alti come il Roteck (3337 m), il Texelspitze (3318 m), il Lahnbachspitze (3008 m) e lo Zielspitze (3008 m) si mostra, nella sua prima veste invernale, dai principali punti panoramici dei Giardini di Sissi:
il Giardino degli Innamorati, il punto più elevato dei Giardini, con i suoi padiglioni che ricordano tre giganteschi mazzi di fiori piantati nello specchio d’acqua, attorno al quale sono disposte diverse sedute da cui ammirare romanticamente il paesaggio; il Binocolo di Matteo Thun, la piattaforma fatta a scale traforate, progettata dal noto architetto e designer altoatesino, che sporge verso la Val d’Adige, e che si trova sotto il Giardino degli Innamorati. Una sorta di trampolino nel vuoto per tuffarsi nel candore delle vette circostanti; la Spiaggia delle Palme, il balcone panoramico con tanto di sabbia e sdraio, un incredibile punto di vista che crea un connubio perfetto tra mare e monti;la Voliera, con la vicina passerella di 15 m che conduce nel vuoto e offre una visuale magnifica sulle creste spruzzate di neve delle montagne intorno.
Dopo una stagione florida, di sole e di caldo, i Giardini di Castel Trauttmansdorff e la natura cedono il passo alle temperature più rigide per concedersi un po’ di meritato riposo fino alla prossima primavera. 

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Dpcm: Faq, mercatini Natale vietati in tutta Italia

Le manifestazioni locali con prevalente carattere commerciale e anche quelle di natura fieristica, come nel caso dei cosiddetti mercatini di Natale, ma realizzate fuori dell'ordinaria attività commerciale in spazi dedicati ad attività stabile o periodica di mercato, sono da assimilare alle fiere e sono quindi vietate. E' quanto si legge sul sito del Governo, in merito alle domande frequenti sulle misure adottate nel Dpcm del 3 novembre scorso. La risposta è la stessa per tutte e tre le zone (rossa, gialla o verde). (ANSA).


Costa, nelle città italiane servono 20.000 km di ciclabili



"Nelle città italiane ci sono 5.000 chilometri di piste ciclabili. Sono un po' poche. Dobbiamo arrivare ad almeno 20.000". Lo ha detto oggi il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa (M5s), nel corso di una diretta Facebook sul bonus mobilità.
Per Costa "la stragrande maggioranza dei sindaci che sento, ci segue su questo. Abbiamo scelto di concentrarci sulle città con più di 50.000 abitanti perché è lì che si soffre di più per il traffico".

"L'altro step sono le ciclovie, quelle fra comuni e regioni - ha proseguito il ministro -. Il cicloturismo vale 5 miliardi all'anno. Se lo incrementiamo, avremo un turismo ecologico e creeremo indotto". (ANSA).

Al MANN la bottiglia d'olio più antica

 

Quella conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e 'la più antica bottiglia d'olio del mondo'. La 'scoperta' di Alberto Angela, avvenuta nel corso di un sopralluogo nei depositi del Mann due anni fa, aveva dato lo spunto per uno studio con l'Università di Napoli Federico II, lavoro che ha portato interessanti risultati, appena pubblicati sulla rivista NPJ Science of Foods del gruppo Nature. Sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 dC. questa bottiglia ci racconta infatti l'importanza di un alimento base della nostra dieta mediterranea già duemila anni fa. Tutto nasce da una collaborazione tra Dipartimento di Agraria e il MANN per indagare sui reperti organici conservati nei depositi, una straordinaria ricchezza del museo napoletano, il cui riordino è stato avviato dal direttore Paolo Gulierini con l'obiettivo di renderli fruibili anche dal pubblico. La bottiglia è stata già esposta al museo nella mostra Res Rustica accanto ad un pane carbonizzato.. Le ricerche sono state condotte da un team multidisciplinare coordinato dal professore Raffaele Sacchi ed hanno consentito per la prima volta di verificare l'autenticità e caratterizzare l'identità molecolare di un campione di olio di oliva ."Si tratta del più antico campione di olio di oliva a noi pervenuto in grosse quantità,- dichiara Sacchi -. L'identificazione della natura della 'bottiglia d'olio archeologico' ci regala una prova inconfutabile dell'importanza che l'olio di oliva aveva nell'alimentazione quotidiana delle popolazioni del bacino Mediterraneo ed in particolare degli antichi Romani nella Campania Felix". L'impiego di tecniche molecolari e la datazione al carbonio-14 hanno permesso di risalire contenuto della bottiglia, con aspetto del tutto simile a quelle rappresentate in affreschi pompeiani. Si tratta di un'enigmatica sostanza solida dalla consistenza cerosa ritrovata con tutta probabilità a Ercolano nel corso degli scavi archeologici iniziati dal Principe d'Elboeuf nel 1738 e continuati da Carlo di Borbone. (ANSA).

Debutta sul web Artissima XYZ, online 30 artisti

 

TORINO - Artissima 2020 porta sul web, dal 3 novembre al 9 dicembre, le tre storiche sezioni Present Future, curata da Ilaria Gianni e Fernanda Brenner, Back to the Future, curata da Lorenzo Giusti e Mouna Mekouar, e Disegni, curata da Letizia Ragaglia e Bettina Steinbrügge, dedicata al femminile.

"Il tutto - spiega la direttrice Ilaria Bonacossa - sulla piattaforma Artissima XYZ, sostenuta da Compagnia di San Paolo e facile da consultare su tutti i device, pensata per restituire a galleristi e collezionisti l'esperienza fisica della fiera". In tutto 30 autori, 10 per sezione. Con interviste, videoeventi, prezzi delle opere, podcast e archivi digitali.

"Queste tre sezioni mostrano il lavoro di 30 gallerie su un preciso artista - aggiunge Bonacossa - era importante dare loro spazio. Abbiamo lavorato con le gallerie in modo sperimentale. Ognuna ha contribuito con 500 euro. Per quanto riguarda l'inaugurazione delle mostre realizzate con la Fondazione Torino Musei, a Gam, Mao e Palazzo Madama, già allestite e in programma fino al 9 gennaio, tutto dipende dal prossimo Dpcm".

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Museo Egizio parla piemontese, la lingua dei suoi ideatori Video clip realizzate con il Centro Studi Piemontesi

 









Può sembrare anomalo sentire parlare il dialetto piemontese dentro al più grande Museo egizio del mondo, ma in realtà alla radice di questa idea c'è la volontà di omaggiare quegli uomini che di quel museo posero le basi, collezionisti piemontesi che tra loro parlavano in dialetto. E' questo il cuore del progetto 'Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri', promosso dal Museo Egizio di Torino in vista della celebrazione dei 200 anni del Museo nel 2024. Si tratta di 8 clip realizzate col Centro Studi Piemontesi e patrocinate dalla Regione Piemonte.
    "Nel 50/o anniversario delle identità regionali - dichiarano il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e l'assessore regionale alla Cultura, Vittoria Poggio - siamo orgogliosi di sostenere questa iniziativa geniale e anche pedagogica quando ricorda che la nostra terra custodisce beni materiali di inestimabile valore, ma anche immateriali come l'idioma dei nostri antenati. Iniziative come questa dimostrano la volontà di fare programmi culturali che non si fermano neppure di fronte alla pandemia, trasformando così le insidie della condizione umana in opportunità". (ANSA).

Van Gogh a Padova e l'eroismo dell'arte

 

Forse lo stesso Van Gogh li avrebbe immaginati così, tutti in fila, su una parete , in un sentimento di vicinanza e di calore, quasi di affetto. Ma vedere i grandi ritratti del pittore olandese allineati in una stessa sala, dal quello del sottotenente Miliet, a quello di Joseph-Michel Ginoux, fino al postino e all'arlesiana, in un trionfo di giallo di verde e di blu, tutti gli amici di Arles, in un'esplosione di colore impressionante è davvero una grandissima meraviglia, da togliere il fiato. La sala è il cuore della mostra ''Van Gogh. I colori della vita'', al Centro San Gaetano di Padova dal 10 ottobre all'11 aprile, in tutto 96 opere di cui 82 del pittore divisi a metà circa tra quadri e disegni, distribuiti in sette sezioni e sette sale, in ordine cronologico, proveniente da tutti i grandi musei del mondo, ma in modo massiccio (74) soprattutto dal Kroller-Muller Museum, che possiede la seconda più vasta collezione al mondo di opere di Van Gogh. E per quelle 14 opere che non sono sue, si parla di Gauguin, Seurat, Signac, Hiroshige, in quadri meravigliosi che hanno un preciso rapporto con il percorso artistico ed esistenziale del pittore olandese.

Ma ad aprire il percorso sono tre grandiose tele di Francis Bacon, che già da sole varrebbero il viaggio a Padova, in cui il gigante della seconda metà del Novecento si confronta con un quadro emblematico di Van Gogh, Il pittore sulla strada di Tarascona, andato distrutto, per realizzare una serie di Studi per un ritratto di Van Gogh. ''E' il punto di partenza - spiega il curatore Marco Goldin - di una mostra che, insieme al libro che la accompagna, vuole riscrivere la vita e l'opera del grande artista olandese, attraverso la lettura del suo epistolario. Con l'immagine del pittore come eroe da cui parte, e soprattutto nella convinzione che Van Gogh non fosse per niente pazzo''. Si perché il 15 ottobre sarà anche in libreria per La Nave di Teseo, ''Van Gogh. L'autobiografia mai scritta'', un poderoso volume di 700 pagine in cui lo storico dell'arte che da oltre 20 anni si occupa del grande pittore ha ritradotto e dato senso al suo epistolario (''che poi andrebbe anche considerato tra le grandi opere letterarie del suo secolo'', dice Goldin) rileggendone la vita.

Anche la mostra infatti, nelle sue sette sezioni che contengono i maggiori capolavori realizzati dall'olandese - dall'Autoritratto con il cappello di feltro grigio, Il seminatore, i vari campi di grano, i paesaggi attorno al manicomio di Saint-Remy e molti altri - è organizzata in senso strettamente cronologico ripercorrendo le fasi e i colori della vita dell'artista che in dieci anni rivoluzionò il mondo dell'arte.

Si parte sempre dai luoghi, dalla miniera di Marcasse a Etten, con il cupo grigiore dei primi disegni ad indagare il dolore e la fatica; a Sien e il tempo dell'Aia; Nuenen tra tessitori e contadini, ''dove il paesaggio inizia ad affacciarsi dalle finestre delle case'', dice ancora Goldin; all'esplosione di Parigi, ''dove inizierà a confrontarsi con il mondo dell'arte moderna''; fino all'anno decisivo, il 1888 ad Arles tra i colori della Provenza, quindici decisivi mesi in cui realizza circa 200 quadri; e poi la fine del viaggio a Saint-Remy nell'istituto di cura per malattie mentali dove ruba dalla finestra il paesaggio.

La mostra si chiude con la grande foto delle tombe affiancate di Vincent e di suo fratello Theodore, Theo, colui al quale sono indirizzate gran parte delle lettere, il gallerista che lo ha mantenuto destinandogli il 15-20% dei suoi guadagni negli ultimi dieci anni della sua vita, quando decide appunto, dopo tanti lavori ed altrettanti fallimenti, che l'arte sarà la sua missione. ''Van Gogh non era pazzo come viene dipinto in modo pittoresco dal cinema per esaltarne il lato maledetto - spiega Goldin e anche il suo rapporto con la famiglia era si conflittuale ma anche di un fortissimo legame''. Lo spiega a fondo questo viaggio nella sua opera e nei suoi sentimenti che è, come i circa 150 km che Vincent faceva in un paio di giorni, un atto altrettanto eroico e faticoso in un momento in cui un pandemia che non è finita mette a rischio ogni elemento della nostra vita. Ci saranno quindi visite contingentate nei tempi, e tutte le accortezze del caso per una occasione da non perdere assolutamente.

La mostra è promossa da Linea d'Ombra, e dal Comune di Padova, con la collaborazione del Kroller-Muller Museum e il Gruppo Baccini come main sponsor.

ansa

La Via Romea Germanica diventa "Rotta culturale europea"

 

La Via Romea Germanica, 2200 chilometri da Stade (a nord di Amburgo) a Roma, che passa per Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio, con sede europea a Bolzano, è da oggi una "Rotta culturale europea". Il Consiglio d'Europa ha infatti concesso il massimo riconoscimento al cammino di storia, cultura e turismo che dal Nord della Germania attraversa l'intero continente, e l'Italia dal Brennero, per giungere a Roma. La Via Romea Germanica si aggiunge così all'elenco delle Vie certificate: per l'Italia finora c'era riuscita solo la Via Francigena.

Il riconoscimento, che viene dopo un intenso anno di lavoro, è concesso dal Governing Board del Consiglio d'Europa dopo un'attenta valutazione, dopo la presentazione di un dossier, e con l'esame di un esperto esterno. Esso colloca la Via Romea fra i grandi cammini europei, consente l'accesso a bandi comunitari di rilievo. "Una sfida e una grande opportunità - commenta il presidente europeo dell'Associazione Via Romea Germanica, Flavio Foietta - che porterà il nostro cammino a crescere, e ad implementare la nostra attività al fianco dei territori, per uno sviluppo culturale, turistico ed economico". 

Ansa

Fotografia: due mostre da non perdere a Reggio Emilia

 


"True Fictions. Fotografia visionaria dagli anni '70 ad oggi" a Palazzo Magnani e "Atlanti, Ritratti e altre storie - 6 giovani fotografi europei" a Palazzo da Mosto
spettando Fotografia Europea, due mostre da non perdere: True Fictions. Fotografia visionaria dagli anni ’70 ad oggi racconta in 100 scatti l’aspetto più immaginifico di questa arte, con i lavori Paolo Ventura, Sandy Skoglund e altri maestri.
Atlanti, Ritratti e altre storie – 6 giovani fotografi europei, invece, dà visibilità a nomi meno noti.Info: Reggio Emilia, Palazzo Magnani e Palazzo da Mosto, fino al 10 gennaio 2021.
palazzomagnani.it


iodonna.it

L’ospitalità religiosa per contrastare la pandemia

 di: Francesca Giani

«I dati dell’ospitalità religiosa in Italia fanno riferimento a circa 4.000 strutture che mettono a disposizione 287.000 posti letto per turismo, spiritualità e molte altre tipologie di soggiorno temporaneo. Si tratta in gran parte di case per ferie e religiose, istituti e case di preghiera, ostelli, conventi, monasteri, foresterie e studentati (…). L’introito potenziale annuo (…) è stimato in 1,8 miliardi di euro. L’attuale blocco costa al settore circa 5 milioni di euro al giorno». Queste le parole del documento realizzato dall’ufficio per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI in collaborazione con altri enti cattolici dal titolo #ospitiamoabracciaaperte: Anche la resistenza è vocazione Covid-19, crisi e prospettive dell’ospitalità religiosa.

La pandemia ha colpito gravemente le attività ricettive extralberghiere molto diffuse in ambito ecclesiale. In particolare risultano sofferenti le case per ferie. Normate a partire dal giubileo del 1975, confortate da finanziamenti in occasione del grande giubileo del 2000, erano già in difficoltà economica negli anni precedenti la pandemia, sia a causa dell’ingresso dei B&B sul mercato (con cui condividono buona parte dei clienti), sia a motivo della specializzazione della gestione (norme, incombenze e mercato che necessita sempre di maggiore competenza e specializzazione). Non di rado per un ente ecclesiastico erano già una voce di bilancio in passivo, che nel periodo Covid è diventata perdita insostenibile.

Per le religioni abramitiche l’ospitalità dei fratelli offre alla donna e all’uomo la possibilità di accogliere Dio stesso. Uno dei riferimenti principali è narrato nel primo libro della Bibbia (Gen 18) in cui si racconta dell’incontro tra Abramo e tre angeli alla quercia di Mamre (Fig. 1), evento compreso dai cristiani come l’accoglienza stessa della Trinità.

Gesù conferma ciò dicendo che accogliendo persone bisognose si riceve lui stesso: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-43). La Regola di san Benedetto ripete tale concetto: «Tutti gli ospiti che arrivano siano accolti come Cristo, poiché sarà Lui stesso a dire: “sono stato ospite e mi avete accolto”. E a tutti sia reso l’onore dovuto, “soprattutto ai compagni di fede” e ai pellegrini».

È quindi chiara la motivazione che spinge i religiosi nell’impegno per l’ospitalità: servire quella cifra divina condivisibile nella vita degli uomini.

A motivo della pandemia, le case per ferie hanno sospeso la loro attività ricettiva e sono invitate dal già citato documento CEI a vivere una parola che «potrebbe sintetizzare la missione a cui sono chiamate queste realtà oggi: resistenza». Di fronte a questa richiesta mi sembra opportuno riflettere sulle necessità e le opportunità che la pandemia offre al mondo dell’accoglienza religiosa e quale potrebbe essere il modo più evangelico di vivere tale resistenza.

«Le parole ospedale, ospizio hospice un tempo condividevano lo stesso significato di alloggio o ricovero temporaneo per forestieri» (dal blog Terminologia etc.). Sant’Ignazio di Loyola, giunto a Roma nel 1523 per richiedere a papa Adriano V le credenziali per il viaggio a Gerusalemme, abitò presso l’ospedale di San Giacomo degli Spagnoli[5] «poiché, oltre a servire da ospedale per gli infermi della colonia spagnola a Roma, aveva anche 22 camere per i pellegrini spagnoli poveri». Presso l’ospedale degli spagnoli, ma così anche negli altri luoghi di accoglienza dei viandanti, erano ospitati sia i pellegrini sia i malati. La pandemia ha creato nuove necessità abitative che suggeriscono di impiegare gli spazi per i pellegrini a scopo sanitario, come accadeva ai tempi di sant’Ignazio.

È di venerdì 30 ottobre 2020 l’articolo apparso sul Corriere della sera di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini intitolato “Le dieci cose da fare subito” una delle quali è il Covid hotel del quale scrivono: «Se ne parla da mesi, ma ancora è un miraggio la ricerca di hotel o appartamenti per consentire a tante famiglie che non hanno spazi adeguati di isolare i positivi durante il periodo di quarantena. (…) Bisogna siglare i contratti, proprio come si è fatto per sistemare gli sfollati dopo i terremoti».

Oggi in Italia mancano alberghi sanitari, spazi in cui dare ospitalità protetta a persone che hanno bisogni indotti dalla pandemia. Sappiamo bene che una delle poche armi presenti contro il virus è quella del distanziamento: il virus se non incontra altri esseri umani non si propaga. Questo è il motivo per cui chi ne è colpito deve essere isolato e attendere che il virus faccia il suo decorso finché non smette di essere contagioso.

È però difficile isolarsi se la propria abitazione è condivisa con altri e non ha le caratteristiche opportune (bagno esclusivo, numero delle stanze adeguate). E, come sempre, i più poveri sono esposti maggiormente ai rischi, e quindi più colpiti (chi ha la casa condivisa con altri nuclei familiari, chi ha un solo bagno, chi non ha la possibilità di isolarsi).

Abbiamo rilevato tre tipi di esigenze abitative indotte dalla pandemia a cui anche le case per ferie potrebbero dare risposta:

  1. uso abitativo: la pandemia richiede nuove sistemazioni di alloggio per:
  • Personale di supporto medico e paramedico;
  • Militari e altre categorie che alloggiavano in camerate;
  • Persone con difficoltà nei nuclei familiari;
  • Persone senza fissa dimora.
  1. uso quarantena preventiva: Luogo di residenza per persone con la necessità di avere un periodo di isolamento fiduciario;
  • persone che hanno necessità di allontanarsi dalla famiglia nel periodo di quarantena preventiva;
  1. uso quarantena:
  • persone positive al virus Covid-19 e paucisintomatici o asintomatiche;
  • pazienti guariti clinicamente ma non virologicamente;
  • persone sintomatiche in attesa di fare il tampone.

Alcuni religiosi hanno già aderito alle richieste ricevute per trasformare la propria casa per ferie in albergo sanitario. A livello strutturale e normativo non c’è bisogno di alcuna modifica. Alla proprietà è offerto un contratto di locazione onerosa per trasformare temporaneamente l’immobile da casa per ferie in albergo sanitario.

La gestione della struttura solitamente è affidata a terzi. Per garantire l’opportuna sicurezza è necessario che gli ingressi e i percorsi siano totalmente separati da quelli di una comunità limitrofa o da altre opere.

«Secondo papa Francesco “capire che cosa Dio ci stia dicendo in questi tempi di pandemia diventa una sfida anche per la missione della Chiesa”e ha indicato il periodo della pandemia da Covid 19 come un “tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile, con il realismo che solo il Vangelo può offrirci”».

«Lo sforzo per non disperdere l’eredità di chi ci ha preceduto e ha voluto le attività di ospitalità» richiesto dal documento CEI troverebbe un giusto compimento nel mettere a disposizione di chi è colpito dalla pandemia i beni della Chiesa in sinergia con il sistema sanitario nazionale o con altri enti che si occupano di assistenza.

Ne sono esempio le Suore di nostra signora del cenacolo che hanno locato il centro pellegrini di Roma divenuto temporaneamente struttura per ospitalità protetta per l’accoglienza di pazienti Covid positivi asintomatici, non critici, in via di guarigione (Figura 2).

La Fondazione Summa Humanitate ha ricevuto da parte di un ente del vicariato di Roma la richiesta di trovare in locazione una casa per ferie con 90 camere singole per ospitare dei senza fissa dimora colpiti da Covid-19.

Stiamo cercando di dare una risposta concreta e rapida. Invito chi fosse nella possibilità di accogliere tale richiesta a scrivere a fgiani@fondazionehumanitate.it. Potrebbe essere anche l’occasione per affinare il protocollo di intervento messo a punto dalla fondazione per trasformare una casa per ferie in albergo sanitario. Alla stessa email si potranno inviare le segnalazioni delle case per ferie già divenute temporaneamente alberghi sanitari, così da stilare un’anagrafe delle stesse che sarà condivisa con Caritas italiana.

I santi che sono all’origine degli istituti religiosi hanno risposto con generosità ai segni del tempo in cui hanno vissuto (ricordo san Luigi Gonzaga che, assistendo un malato di peste, fu poi vittima di quella malattia). Perché non offrire (a pagamento) le proprie strutture per accogliere gli appestati di oggi?

Settimana News

Covid: Perù, dopo 8 mesi di stop riapre il Machu Picchu

 

 Dopo 8 mesi di chiusura forzata a causa della pandemia, riapre le sue porte la fortezza inca di Machu Picchu che sorge sulle Ande, il gioiello più prezioso dei siti turistici peruviani. Per motivi di sicurezza potranno accedere al sito solamente 675 al giorno, appena il 30% del numero di visitatori del pre-pandemia.
    "Aprire Machu Picchu al mondo mostra che "noi peruviani siamo resilienti", ha dichiarato il ministro del commercio estero e del turismo Rocio Barrios.
    La chiusura del sito turistico è stato un duro colpo per le decine di migliaia di persone che si guadagnano da vivere con l'industria del turismo locale. (ANSA).

Due Stati un obiettivo: primo incontro bilaterale sul turismo Italia (Enit) e San Marino



Primo incontro bilaterale Italia San Marino sul Turismo. In videoconferenza il Segretario Pedini Amati ed il ministro Franceschini. Sul tavolo la volontà di rilanciare con reciproco vantaggio le relazioni esistenti e di riattivare l'accordo sulla cooperazione Italia San Marino

Da grande vittima del Covid a strumento di ripresa post pandemica. Le gigantesche conseguenze sul turismo dei mesi del lockdown e l'incertezza attuale rimangono sullo sfondo della incontro, in video conferenza. Condivisa dal Segretario Federico Pedini Amati e dal Ministro Dario Franceschini la volontà di promuovere e favorire iniziative comuni, sostenendo interventi normativi funzionali allo sviluppo di progetti coerenti con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 ed auspicando un rilancio del turismo come strumento per la ripresa pandemica da Covid 19. 

Sul tavolo la volontà di rilanciare le relazioni turistiche bilaterali già esistenti dando piena attuazione a quanto contemplato nell'Accordo sulla cooperazione in campo turistico tra Italia e San Marino del 2004, riattivando i lavori della commissione mista prevista da quell'accordo “Abbiamo molto tempo da recuperare” ha scherzato il ministro Franceschini, che nel corso dell'incontro ha parlato della necessità per l'Italia di decongestionare i grandi poli attrattivi come Venezia e Roma per favorire la crescita in tutto l territorio nazionale “siamo un paese di borghi splendidi, io credo che riattivare questo accordo con San Marino significhi lavorare in questa direzione e favorire un turismo colto e con capacità di spesa” Nell’incontro, che si è concluso con la firma della dichiarazione congiunta si è parlato anche della ridefinizione e dell’adeguamento dell’accordo tecnico di collaborazione tra Ufficio del Turismo di San Marino e Agenzia Nazionale per il Turismo (ENIT), del progetto del Tavolo Turistico Territoriale (TTT) ideato dalla Segreteria di Stato per il Turismo, di contesti internazionali e di scambio di informazioni per lo sviluppo di politiche comuni a sostegno del settore dei tour-operator e del comparto alberghiero. Il primo incontro del tavolo misto, di cui faranno parte anche l'assessore regionale dell'Emilia Romagna Andrea Corsini e, per la Regione Marche, il sindaco di Montegrimano Terme Elia Rossi, è previsto per il 9 novembre.