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Sicilia nel piatto: 5 prelibatezze da leccarsi i baffi


PESCA DI LEONFORTE IGP 

Prodotto di nicchia siciliano, la Pesca di Leonforte Igp presenta caratteristiche organolettiche speciali e colori e sapori inconfondibili decisamente apprezzati negli ultimi 30 anni. La pesca tardiva di Leonforte, denominata la Settembrina, viene coltivata in provincia di Enna su una superficie di circa 200 Ha. L’estensione non eccessiva, contrariamente a quanto si possa pensare, è uno dei punti di forza della produzione. 

NESPOLE DI CIACULLI 

In Sicilia, tra le vallate delle campagne di Ciaculli e Croceverde Giardina, il parco Agricolo di Ciaculli rappresenta una vera oasi agricola appena fuori le mura cittadine. In questo territorio è da sempre attiva la produzione di nespole, frutto primaverile che matura tra marzo e giugno. Il Consorzio valorizza le produzioni locali nelle varietà: "Nespolone gigante bianco" e "Nespolone rosso". Vai all'itinerario 

CARCIOFO SPINOSO DI MENFI 

Oltre ad essere una meta dal fascino incontaminato, grazie ad un mare limpidissimo e alle spiagge ancora intatte che si susseguono lungo la sua costa, Menfi, incantevole comune della provincia diAgrigento, può anche essere a tutti gli effetti considerata una delle capitali dell'agricoltura siciliana, in particolare per quel che concerne i carciofi che occupano ben 600 ettari dei terreni coltivati del circondario. Tra di essi spicca per storia e caratteristiche, anche se non per estensione della sua coltivazione, il rinomato Spinoso di Menfi, che ha seriamente rischiato l'estinzione. 

CASSATA SICILIANA La Cassata è senza ombra di dubbio una delle più celebri specialità della pasticceria siciliana. Ma oltre ad essere una vera e propria prelibatezza, questo dolce dalla storia lunghissima e dalle influenze multiculturali è anche un emblema della storia della regione ed il simbolo di come la cultura locale abbia colto a piene mani da quelle portate dalle dominazioni succedutesi nel corso dei secoli sul territorio, arricchendosene senza mai perdere la sua vera identità. 

PISTACCHIO DI BRONTE La coltivazione e la produzione di pistacchio rappresenta per Bronte, paese della provincia di Catania un importante fonte di reddito, tanto da essere soprannominato l'"Oro Verde", per il suo alto valore commerciale. Il pistacchio potrebbe a buon titolo ricoprire la carica di emblema della città siciliana: la sua longevità e resistenza, la sua forza di voler sopravvivere a tutte le avversità, addirittura a fruttificare malgrado sia abbarbicato su aride rocce laviche, rispecchiano molte caratteristiche del popolo brontese.

Le Strade della Mozzarella approda a Milano. E poi vola a New York

Sarà un’annata densa di appuntamenti, anche oltreoceano, per Le Strade della Mozzarella. Il tradizionale incontro che celebra uno dei più famosi prodotti del Made in Italy, e che si svolge annualmente a Paestum (quest’anno il 18 e 19 aprile), ha intrapreso la strada dell’internazionalizzazione. Già, perché l’evento – dopo un restyling del proprio nome in un più moderno LSDM – ha iniziato a far conoscere la Mozzarella DOP oltreconfine. Se a dicembre 2015 è stata la volta di Parigi, il 16 febbraio 2016 LSDM farà tappa a Milano, presso lo Spazio Eventi Fresco&Cimmino di via Ugo Foscolo 4. Dalle 14 alle 19.45 si ritroveranno all’ombra della Madonnina chef napoletani e chef milanesi. Tra i relatori, che parleranno di tutte le possibili declinazioni della Mozzarella, ci saranno Alfonso Pepe della Pasticceria Pepe di Sant’Egidio del Monte Albino), Ciro Salvo di 50 Kalò di Napoli, Gianfranco Iervolino di Palazzo Vialdo di Torre del Greco, Giuseppe Vesi di Fresco&Cimmino di Milano Alessandro Negrini di Aimo e Nadia di Milano, Ilario Vinciguerra di Ilario Vinciguerra Restaurant di Gallarate, Christian e Manuel Costardi di Christian e Manuel di Vercelli, Gaetano e Pasquale Torrente di Al Convento di Cetara. Poi, dopo aver toccato il Nord Italia, LSDM partirà per New York, dove andrà in scena a maggio 2016, per poi chiudere alla grande a Roma il prossimo ottobre.
webitmag.it

Giappone Tonno pinna blu venduto all'asta per 109 mila euro

Una catena di ristoranti giapponese ha pagato l'equivalente di circa 109.000 euro per un tonno pinna blu acquistato durante la prima asta dell'anno al mercato Tsukiji di Tokyo.

Kiyoshi Kimura, il presidente della società che gestisce la catena Sushi Zanmai, ha detto di essere "contento" di essersi aggiudicato il pesce nell'ultima asta di Capodanno del mercato prima che la struttura - nata 80 anni fa - venga trasferita in un altro sito nei prossimi mesi.

Kimura ha pagato 14 milioni di yen per questa specie di tonno a rischio di estinzione (l'esemplare pesava 200 chili), il triplo di quanto era stato pagato l'anno scorso ma ben lontano dal record di 155,4 milioni di yen pagati nel 2013 per un tonno pinna blu da 222 kg.(ANSA).

Lungo le strade del vino dalla Francia al Sudafrica

In giro per il mondo tra filari storici, cantine d’autore e vini pregiati
Sono centinaia le strade ufficiali del vino diffuse in tutto il mondo: sono percorsi bellissimi da fare a piedi, in auto o in bicicletta, creati dalle maggiori regioni vinicole e valorizzati dagli enti locali per scoprire il territorio, le cantine, i diversi metodi di produzione e le etichette di vini più prestigiose. Unite in associazioni e federazioni e tutelate da norme locali, le strade del vino sono uno strumento che avvicina alla cultura, alla natura e ai sapori di ogni singola area vinicola, strettamente collegate al turismo e al commercio. Ogni regione di ogni Paese ne possiede più di una, soprattutto nel vecchio continente: dall’Austria alla Spagna, dalla Germania al Portogallo, dalla Svizzera alla Francia, terre dalle antiche tradizioni vitivinicole. Ma anche in California, in Sudafrica e in Nuova Zelanda si sono moltiplicati gli itinerari e i percorsi alla scoperta di vigneti e di cantine di altissima qualità che, in alcuni casi, stanno rubando la scena alle grandi aziende europee. Ecco una scelta delle strade più belle e famose da percorrere.
Alsazia, Francia
Ogni regione francese ha un numero altissimo di strade del vino, le route des vins, che attraversano vigneti generosi e curati come giardini in territori ricchi di sapori e di tradizioni. Sono percorsi turistici tra castelli, relais châteux, cantine e aziende che offrono un’ottima gastronomia e un organizzazione di accoglienza di alto livello. Tra le aree più ricche di itinerari ci sono il Bordeaux, la Borgogna, il Beaujolais, lo Champagne e la Côte du Rhône; nel Poitou Charente c’è persino un percorso, l’unico al mondo, dedicato al cognac. Eppure la strada del vino più antica di Francia è quella alsaziana, nata intorno al 1950: quasi al confine con la Germania, la route è un susseguirsi di villaggi - alcuni storici e bellissimi come Comar e Ribeauvillé - con le facciate a graticcio, le strade acciottolate attraversate da canali e ponti che scorrono lungo filari traboccanti d’uva. La route attraversa la regione da nord a sud per 170 chilometri in un dedalo di strade - circa 50 - che, corredate di cartelli informativi, raggiungono vigne, castelli e cantine aperte alle degustazioni degli ottimi vini bianchi alsaziani. Per informazioni: www.vinsalsace.com
Renania-Palatinato, Germania
Nata nel 1935 durante la grande e storica annata per la produzione di vini Riesling del Reno, la Weinstraße Renania-Palatinato è una delle strade del vino più belle della Germania sud-occidentale. E’ il percorso più antico che attraversa un paesaggio unico, dove si concentrano i vigneti più produttivi e una natura rigogliosa, punteggiata da borghi medievali, castelli, monasteri e boschi fiabeschi. La Weinstraße parte dalla Weintor, la porta del vino di Schweigen-Rechtenbach, al confine con la Francia, e termina dopo 85 chilometri a Bockenheim. Lungo il percorso una rete di aziende e cantine ospita viaggiatori e appassionati di vino attraverso sentieri ricchi di fascino e cultura e borghi storici come Bad Bergzabern, Edenkoben, Neustadt an der Weinstraße, Deidesheim, Bad Dürkheim e Grünstadt. Il percorso principale e le tante deviazioni sono collegate da un’ottima segnaletica: cartelli gialli riportano un grappolo d’uva con dieci chicchi e la scritta Weinstraße per non perdersi nella generosa foresta del Palatinato, la più estesa del Paese. La vicinanza del fiume Reno regala un clima favorevole anche per la coltivazione di fichi, kiwi, limoni e oleandri in una sorta di oasi dal microclima quasi mediterraneo, con una media di 225 giorni di sole all’anno. Il momento migliore per percorrere la strada è da marzo a ottobre, dopo la vendemmia, quando si susseguono feste, mercatini e degustazioni. Info:www.germanwineroute.com
Lavaux, SvizzeraNelle fertili terre del cantone del Vaud, lungo le rive settentrionali del lago di Ginevra, l’uomo ha creato i terrazzamenti di viti del Lavaux per la produzione di vino da un ottimo Chasselas, compiendo un lavoro armonioso e artistico. In realtà quest’anomala strada del vino in Svizzera, Terrasses de Lavaux, si può ammirare solo a bordo di un trenino, lento e pittoresco, che per più di tre ore sfiora i bellissimi vigneti. Si sale a bordo del Lavaux Express, in funzione da aprile a ottobre, da Lutry o da St-Saphorin, passando accanto a Aran e Grandvaux, Riex, Epesses e Dézaley. Dai finestrini i vigneti, che si estendono per trenta chilometri da Château de Chillon fuori Losanna, sono uno splendore, specie al tramonto quando i colori regalano ancora più emozioni. Dichiarate patrimonio mondiale dell’Unesco, le vigne rappresentano la storia e la cultura della nostra civiltà: conosciuti già a partire dall’XI secolo dai monaci benedettini e cistercensi che godevano dei loro frutti, pare abbiano origini romane, grazie al ritrovamento di alcuni reperti archeologici. Risale all’epoca medievale, invece, la costruzione dei terrazzamenti e dei sentieri che li circondano. Per informazioni: www.lavauxexpress.ch
Douro, PortogalloIl fiume Douro scorre sinuoso e lento tra le colline terrazzate di vitigni, punteggiate da quintas e castelli nel Portogallo del nord. La valle che attraversa e che porta il suo nome, una delle regioni vinicole più antiche d’Europa, produce il celebre vino Porto: si visita in automobile, in bicicletta o con un treno a vapore. Lo spettacolo lungo il fiume è struggente: i vigneti ricoprono il territorio, da dove spuntano villaggi, borghi, ristoranti, cantine belle come musei e alloggi romantici e ricchi d’atmosfera. Lungo le rive del fiume si vedono attraccati i barcos rabelos, le barche che un tempo, cariche di botti di vino, scivolavano fino all’Atlantico. Qui, tra il fiume e l’oceano, l’area vinicola è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco perché produce ancora artigianalmente il vino liquoroso più famoso del mondo. Alle visite enogastronomiche si uniscono quelle culturali: tanti, infatti, sono i musei, i castelli e le chiese che hanno fatto la storia del Paese. Il percorso per visitare la grande valle del Douro parte dalla città di Porto, culla del vino portoghese, e arriva fino in Spagna attraverso borghi, santuari barocchi, case coloniche circondate da vigneti e siti preistorici. Tantissime sono le tappe, dove fermarsi a degustare, dove fare acquisti o anche semplicemente dove visitare castelli, come quello di Guimarães, in cui nacque il primo re e fondatore del Portogallo. Si passa per Peso da Régua, famoso per il museo sulla produzione storica del vino, e si prosegue per Lamego, cittadina dominata dal santuario barocco di Nossa Senhora dos Remédios, che si raggiunge percorrendo una scalinata ricoperta di azulejos. E’ proprio in questo monastero che, alla fine del XVII secolo, nacque l’originale vino Porto: due mercanti londinesi, risalendo il fiume Douro, scoprirono che, aggiungendo acquavite al vino rosso dei frati, potevano preservarne la qualità durante le lunghe traversate per mare. Il successo del vino in Inghilterra fu immediato e molti commercianti inglesi decisero di trasferirsi nella città di Porto e lungo le rive del Douro per produrre il vino personalmente. Molti dei marchi che ancora oggi producono il Porto, infatti, recano nomi inglesi (Sandeman, Taylor’s, i più conosciuti). La strada del vino prosegue poi per Vila Nova de Foz Côa con il suo parco archeologico d’arte rupestre, patrimonio dell’Unesco, e termina a Barca de Alva, a due chilometri dal confine spagnolo, in un parco naturale. Info:www.visitportugal.com
Rioja, Spagna
Tra le numerose strade del vino in Spagna la più famosa è quella che attraversa i 54mila ettari di vitigni doc de La Rioja. La ruta è attrezzata con relais, ristoranti, cantine e musei per accogliere chi vuole scoprire il territorio, a nordest della Spagna, le sue tradizioni e il suo ricco patrimonio enogastronomico. Viaggiare lungo la strada de La Rioja significa anche entrare nella cultura e nella storia del Paese e avvicinarsi allo stile di vita dei numerosi villaggi e borghi presenti lungo la via. Tante sono le possibilità di entrare nell’area vitivinicola: la via più frequentata è quella in autobus o in automobile da Bilbao fino a Haro, la capitale del vino della zona. Qui, nell’incantevole borgo medievale si organizzano numerose visite guidate alle migliori cantine e si fanno ottime degustazioni di vini rossi, tra i più pregiati di Spagna. Un’altra opzione è partire da San Sebastián, attraversare Haro e raggiungere altri borghi medievali, come Samaniego, Elciego o Laguardia, nella vicina Rioja Alavesa. Qui, tra vigneti a perdita d’occhio spuntano cantine e aziende dove fermarsi a fare degustazioni e acquisti, in particolare vicino a Elciego, dove sorge la famosa e prestigiosa Bodega Marqués de Riscal, l’azienda vinicola più antica di Spagna. Oggi la struttura, realizzata da Frank O. Gehry, innovatrice e anticonformista, fa scuola tra i grandi produttori spagnoli di vino ed è anche un luogo di incontro e di studio, una vera città del vino. Informazioni: www.spain.info/it
Stellenbosch, Sudafrica
La produzione di vino sudafricano sta acquistando sempre più fama e considerazione internazionale, grazie all’esperienza vinicola francese insieme alle ottime condizioni climatiche e del suolo del Paese africano. Qui si coltivano ben 30 varietà dei vitigni e l’autoctono Pinotage e sono già 15 le strade del vino, riunite in un’associazione, che consentono di scoprire le cantine e le etichette di vino più prestigiose. La più famosa e frequentata è la wine road Stellenbosch e Franschhoek, la prima regione del vino nel Paese con un’area ricca di cantine aperte al pubblico per degustazioni e inserite in un paesaggio davvero unico: i filari, allineati in distese inifnite, sono circondati dalle montagne Helderberg e da parchi naturali immensi. La strada del vino, fondata nel 1971 e che si percorre in jeep o in bici, parte da Città del Capo e viaggia in direzione nordest verso la provincia del Western Cape, attraverso il distretto di Cape Winelands tra centinaia di tenute e aziende vinicole. Ogni anno la strada originaria si arricchisce di nuovi produttori e di cantine, in particolare quelli provenienti dalla zona di Franschhoek, ricca di ristoranti dove degustare le specialità gastronomiche. Il percorso è suddiviso in cinque itinerari minori, che raggruppano 150 cantine con il logo Wine Route all’ingresso: qui si fanno degustazioni o visite guidate ai vigneti e ai ristoranti più prestigiosi della zona. Per informazioni: www.wineroute.co.za
Sonoma, UsaA nord di San Francisco, nella soleggiata California, si estendono le due contee del vino più famose e accoglienti degli Usa: Napa e Sonoma, i cui vigneti producono ottimi Cabernet Sauvignon, Syrah e Merlot. La Northern Sonoma County Wine Road è la strada che permette di attraversare i ricchi filari, le cantine e le grandi aziendi che lavorano nella Sonoma Valley. L’itinerario, nato 40 anni fa, ha riunito numerose tenute in un’unica associazione che avvicina i viaggiatori e i curiosi ai sapori della gastronomia locale e soprattutto all’ottimo vino, che si produce nelle 197 cantine, sparse tra le colline della valle. Non è una vera strada, ma piuttosto un percorso di degustazioni dove sostare in ristoranti, alberghi, mercati, piccoli borghi e cantine prestigiose tra eventi e feste. A portare la cultura del vino in questa zona della California furono due italiani, Giuseppe e Pietro Simi, che nel 1876 fondarono a Healdsburg la Simi Winery. Per informazioni: www.wineroad.com
Nuova Zelanda
La lontanissima Nuova Zelanda è la nuova terra del Sauvignon e del Merlot, un ottimo vino che si produce nei vigneti lungo la strada panoramica Classic Wine Trail: l’itinerario unisce cultura, sapori e molte avventure, come si addice al territorio aspro e incontaminato che la ospita. Il percorso vinicolo si snoda per 380 chilometri, da nord a sud, tra Hawke’s Bay e Marlborough, attraverso scenari mozzafiato, foreste e litorali selvaggi. E’ un percorso fuori dalle solite mete turistiche, in tre grandi regioni produttrici di vino e nella capitale, tra villaggi rurali e fiumi, in particolare nella regione di Wairarapa, dove si può degustare e acquistare vini di qualità nelle oltre 120 cantine, con ristoranti e aree picnic. Il Wine Trail attraversa anche città e villaggi da scoprire, come Hastings, Napier, Greytown, Picton e Blenheim. Per informazioni:www.classicwinetrail.co.nz
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In tour tra i mercati gastronomici d'Europa Tra i templi gourmet dello street food, dove si fa anche la spesa

Si è diffusa un po’ ovunque la tendenza di trasformare i tradizionali mercati con le classiche bancarelle delle verdure e dei formaggi in luoghi gourmand, dove deliziarsi con le prelibatezze locali, comodamente seduti in piccoli ristoranti o ai banconi di accoglienti spazi interni. Le città stanno recuperando edifici in disuso, dimore ottocentesche, palazzi Liberty e persino vecchi chiostri per ospitarvi raffinati mercati gastronomici dove, oltre a fare la spesa, ci si ritrova a degustare cibi locali e delicatessen degne dei ristoranti stellati, a partecipare a corsi di cucina e a degustazioni o semplicemente per un aperitivo con ottimi cibi di strada. Molti sono diventati indirizzi utili per i visitatori che trovano in un unico spazio, accogliente e ricco d’atmosfera, i sapori autentici e le tradizioni enogastronomiche locali.
Nel nostro Paese sono numerosi gli indirizzi da visitare, raffinati e popolari, che garantiscono l’autenticità delle ricette della tradizione e i sapori più genuini. AVenezia lo storico mercato di Rialto, tra Campo de le Becarie, Campo de la Pescaria e Campo San Giacometto, offre bancarelle di frutta, verdura, carni e pesce fresco, alternate a piccoli locali dove assaggiare le prelibatezze del posto: i bigoli, risi e bisi, il baccalà mantecato e le sarde in saor. A Firenze vale la pena fare un salto al mercato centrale, ospitato in un edificio in ferro e vetro, progettato nel 1874 dall’architetto Mengoni, dove oltre ad acquistare prodotti a chilometro zero ci si può fermare alle sue botteghe artigiane, ai banchi di leccornie e nelle tante trattorie dove pranzare e cenare fino a mezzanotte; c’è persino la scuola di cucina Lorenzo de’ Medici con corsi, degustazioni e showcooking.
Il mercato Wagner di Milano, aperto dal 1929, è un indirizzo raffinato e gourmand con una ventina di botteghe e piccoli luoghi - panetterie, rosticcerie e gastronomie – dove fare degustazioni. C’è anche un forno che produce continuamente pane, dolci e focacce. Nello storico e rinnovato mercato di Mezzo a Bologna, nel Quadrilatero di via Drapperie, via degli Orefici, via Clavature e via Pescherie Vecchie, tra le numerosissime attività commerciali c’è il bistrot di Eataly dove assaggiare ogni tipo di golosità. A Napoli il coloratissimo e caotico mercato di Porta Nolana, considerato il migliore della citta’ per il pesce, offre di tutto e da un po’ di tempo anche assaggi di fritti, pesce fresco, pizza e dolci appena sfornati.
In Spagna i mercati gastronomici sono una realtà diffusa e di successo: gli indirizzi più rinomati sono i mercati di Barcellona e di Madrid. La Boquería è lo storico mercato rionale al coperto di Barcellona, sulle Ramblas, in una struttura in ferro battuto che risale al 1200. Tra gli stand e le bancarelle sono stati posizionati strategicamente sgabelli e banconi dove fermarsi ad assaggiare le prelibatezze cucinate con gli ingredienti in vendita lì accanto. E’ un vero tempio della gastronomia dove si mangia di tutto, dal pesce fritto alla tortilla de patatas, dall’esqueixada di baccalà alla paella. Altrettanto rinomato è il raffinato mercado de san Miguel di Madrid, dove si pranza con le tapas o si cena ai banconi con i prodotti più genuini e caratteristici di Spagna. C’è un altro indirizzo che vale la pena visitare: Madreat, un mercato di molti produttori indipendenti che offrono un’ampia scelta di piatti provenienti da tutto il mondo e reinterpretati da vari cuochi.
In Germania ci sono il mercato etnico di Friburgo, in pieno centro, dove si mangiano le specialità di tutto il mondo, e il mercato Neue Heimat, a Friedrichshain, in un capannone industriale riconvertito di Berlino. Qui, nella capitale, si fanno degustazioni ogni domenica mentre il giovedì è la giornata giusta per fermarsi al Markthalle, aperto dal 1891 nel vivace quartiere di Kreuzberg: nei suoi stand gastronomici si degustano le ricette tradizionali di ogni parte del mondo. Il venerdì e il sabato è il turno di coltivatori e venditori di prodotti regionali, che espongono olio, marmellate, miele e formaggi.
Chi si reca a Londra trova a Southwark street ogni giovedì, sabato e domenica il celebre Borough market in una struttura che per secoli ha ospitato il mercato dei prodotti alimentari: oggi è un ricco tempio della cucina locale, realizzata con i prodotti degli orti cittadini. Anche qui, vicino al London Bridge, si assaggiano ai banconi i piatti provenienti da ogni angolo del mondo, dal sushi alla pizza, e si sentono i profumi e gli aromi più incredibili: dai tartufi ai salumi, dai biscotti al kebab, dalla pasta fatta a mano alle carni grigliate.
La tradizione culinaria greca si fonde con l’atmosfera orientale nell’Agorà di Omonia, ad Atene: il suo mercato sorge in un edificio che risale all’Ottocento e che un tempo era una stazione ferroviaria fin de siècle, caratterizzata dal tetto in vetro e metallo. Qui, soprattutto la sera, ci si ritrova ai numerosi bar interni che offrono una grande varietà di ouzo e cibo, in particolare olive, pitta con salsa tzatziki, mentre si ascolta dell’ottima musica rebetika.
Al porto di Helsinki si mangia il miglior pesce del Baltico nel mercato Kauppatori, il più importante della capitale finlandese: qui si gusta pesce fresco – dal salmone alle aringhe - cucinato al momento.
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A tutto peperoncino, viaggio piccante tra mercatini e ricette tipiche

Rossi ma anche viola o marroni e addirittura neri. Dalle foglie verdi ma anche variegate o porpora. Il sapore? Piccante certo ma con mille sfumature e gradazione diverse. Il mondo dei peperoncini è davvero vasto e ricco di sorprese e Peperoncini, 32+1 varietà da scoprire scritto da Sandra Longinotti per Nomos Edizioni è un bel viaggio nel gusto con le carte d'identità delle varie specie e tante originali ricette che ne esaltano al massimo il sapore, nella vista grazie alle fotografie di Marino Visigalli e anche proprio in giro per l'Italia per mezzo della sezione dedicata ai grandi vivai e ai mercatini.
Un progetto speciale dedicato sia agli amanti e ai conoscitori delle specie, sia a chi desidera iniziare ad avvicinarsi a questi affascinanti frutti per la prima volta.
Tra le ricette (insalate, stuzzichini, primi, carne e pesce) non mancano nemmeno tre dolci davvero speciali e un'idea per un cocktail.
Non mancano le raccomandazioni (i peperoncini possono essere davvero molto piccanti, per cui bisogna proteggere sempre mani e occhi e non esagerare con le dosi le prime volte che si prova una ricetta). Infine i luoghi comuni e i miti da sfatare. Utilissimi anche per lasciare di stucco l'amico calabrese che sostiene che i frutti della sua terra sono i più piccanti del mondo. I calabresi sono considerati peperoncini mediamente piccanti con circa 30.000 SHU, attualmente il più piccante al mondo è il Carolina Reaper che può superare i 2.200.000 SHU.
http://www.nomosedizioni.it/catalogo.php?b=00000050

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Snow food, piatti stellati ad alta quota. Appuntamenti gastronomici sulle piste da sci e proposte gourmet nei migliori rifugi e baite di montagna

Polenta e salsicce, carne stufata e cotolette, piatti di affettati e una valanga di dolci, accompagnati da vino rosso, birra o semplicemente grappa: è ciò che ci si aspetta di trovare nei rifugi e nelle baite di montagna dopo una bella sciata. Da qualche anno su tutto l’arco alpino, dalla Val d’Aosta al Trentino, la nuova tendenza è di proporre quelle stesse ricette tradizionali trasformate in piatti gourmet, più innovativi e sofisticati. Grandi chef stellati stanno cambiando le abitudini degli sciatori e degli amanti della montagna con allettanti proposte culinarie, che valorizzano le materie prime locali, unendole a sapori nuovi.
Fioccano le proposte dei rifugi di montagna e delle baite ad alta quota ma anche gli appuntamenti enogastronomici che richiamano curiosi e golosi. Tra questi c’è la Mountain Gourmet Ski Experience, attesa kermesse culinaria organizzata a Courmayeur, ai piedi del Monte Bianco, da Heston Blumenthal, pluristellato cuoco inglese e appassionato sciatore: qui, dall’8 al 12 gennaio, chef stellati internazionali si incontreranno e si sfideranno ai fornelli, celebrando alcuni piatti inediti della tradizione gastronomica valdostana, che poi si potranno gustare nei migliori ristoranti gourmet nei rifugi di montagna. Info: www.courmayeurmontblanc.it
In Alta Badia l’evento gastronomico più atteso che unisce lo sport alla buona cucina è Gourmet Skisafari, giunto ormai alla quarta edizione. Il 13 dicembre otto chef stellati altoatesini e del Sud d’Italia cucineranno i migliori piatti tradizionali della propria regione in diverse baite. Gli organizzatori dell’evento sono gli chef locali Norbert Niederkofler, Matteo Metullio, Nicola Laera e Chris Oberhammer che ospitano altri 4 grandi chef provenienti dalle regioni del Sud Italia: Angelo Sabatelli, Alois Vanlangenaeker, Filippo La Mantia e Nino di Costanzo.
Norbert Niederkofler, chef del ristorante St. Hubertus del Relais & Chateaux Hotel Rosa Alpina, presenterà ai tavoli del rifugio Col Alt il proprio piatto forte, una zuppa di vino con crostini alle erbe e salmerino marinato su bruschetta di patate; Matteo Metullio, lo chef stellato più giovane d’Italia, che lavora al ristorante La Siriola dell’Hotel Ciasa Salares, ha scelto di preparare un tortello al caprino su purè di rape rosse, arachidi e ragout di maialino da latte. Questo piatto si degusterà al rifugio Piz Arlara. Nicola Laera del ristorante La Stüa de Michil dell’Hotel La Perla, cucinerà nel rifugio Bamby tagliatelle di puccia alla genovese di manzo del proprio maso, con veli di ricotta pugliese stagionata in grotta. Infine Chris Oberhammer del ristorante Tilia di Dobbiaco presenterà al rifugio Pic Pré un orzotto del molino di Villabassa con maialino nostrano e maggiorana. Al rifugio I Tablá sarà possibile incontrare lo chef pugliese Angelo Sabatelli dell’omonimo ristorante di Monopoli, che per l’occasione cucinerà spaghetti aglio, olio, peperoncino e capesante con salsa di marasciuolo (rapa selvatica). Lo chef Alois Vanlangenaeker del ristorante Zass del San Pietro di Positano presenterà al rifugio Bioch, con vista sulla Marmolada, un piatto tipico campano: linguine al limone con cozze, bottarga e pane croccante di Agerola. Il palermitano Filippo La Mantia sarà ospite del rifugio Las Vegas con uno dei suoi piatti preferiti, pasta con il broccolo in tegame, mentre al rifugio Club Moritzino ci sarà lo chef ischitano Nino di Costanzo, che cucinerà uovo, porcini, frisella e taleggio di bufala. Ai piatti creati dagli chef provenienti dal Sud Italia verrà abbinato un vino altoatesino, mentre ai piatti proposti dagli chef dell’Alto Adige verranno abbinati vini del Sud della Penisola, creando speciali accostamenti presentati da esperti sommelier. Per l’evento sarà possibile acquistare un unico ticket di 40 euro per la degustazione di quattro piatti, che fino al 3 aprile gli sciatori dell’Alta Badia potranno degustare presso le 14 baite che partecipano all’iniziativa “Sciare con gusto”. Info: www.altabadia.org/it
Sempre in Val Badia, presso il Maso Alfarei di San Linert, il 16 e il 28 dicembre è possibile partecipare a un corso di preparazione dei tradizionali biscotti natalizi.
In Trentino chi ama la neve ha la possibilità di partecipare a 5 ciaspolate gourmet, cioè percorsi con le ciaspole adatti a tutti, che conducono ai rifugi dove degustare i migliori prodotti della tradizione gastronomica trentina. In Val di Fassa, da Passo San Pellegrino al rifugio Fuciade, la facile passeggiata con le ciaspole è lunga circa 4 chilometri e prevede il rientro al chiaro di luna su una slitta a cavalli o su motoslitte. La cucina del rifugio è curatissima con piatti raffinati abbinati ai migliori vini del territorio. A Pale di San Martino, da Passo Rolle si cammina per 20 minuti nella neve fino a Capanna Cervino, baita in legno dove i piatti sono fedeli alle ricette trentine: polenta fumante con gulasch, canederli e formaggio fuso, merenda con tagliere di salumi e formaggi locali. Al confine est degli Altipiani cimbri, presso Luserna, dal centro fondo Millegrobbe si cammina nei boschi per circa 4 chilometri alla Malga Millegrobbe (il percorso si può fare anche di notte): qui sono imperdibili l’ottima birra artigianale, i piatti di selvaggina e il Vezzena, il formaggio locale. Nel cuore del parco nazionale dello Stelvio, in fondo alla Val di Rabbi, da località Plan parte un bellissimo percorso fino alla Malga Stablasolo, dove si degustano piatti della tradizione: canederli, taglieri di salumi e formaggi, vino locale e dolci caserecci. Le favolose cime delle Dolomiti del Brenta si raggiungono con lievi salite da località Fratè, fra Pinzolo e Madonna di Campiglio, fino a Malga Ritorto, dove si degustano gli ottimi formaggi dell’alpeggio a base di fiori ed erbe del pascolo, polenta con funghi fragranti o gulasch e il tagliere misto con marmellate, pane e vino rosso della casa. 
In tutti i comprensori sciistici del Trentino, inoltre, ogni sabato, dal 9 gennaio al 12 marzo, si svolge il #Trentinoskisunrise - Snow and breakfast at first light: si scia all’alba sulle piste più belle piste e si fa una ricca colazione nei migliori rifugi. Info: www.visittrentino.it
In Svizzera, dal 7 al 10 gennaio, il Gran Hotel Tschuggen di Arosa ospita l’evento Tschuggen Gourmet Tour: sei chef stellati capitanati da Dieter Müller, chef 3 stelle Michelin, propongono serate gourmet e di cinema, Stars & Movies. La serata d’inaugurazione si svolge presso il ristorante gourmet La Vetta, che vanta una stella Michelin e 15 punti della prestigiosa guida gastronomica Gault Millau. Info: www.tschuggen.ch
L’elenco dei rifugi e delle baite che uniscono il piacere dello sci alla buona cucina, è davvero lungo ma alcuni indirizzi sono davvero imperdibili. E’ il caso del rifugio Gardonè in Val di Fiemme, tra le piste del gruppo del Latemar, all’arrivo della telecabina da Predazzo: qui si fanno pranzi veloci per chi non vuole smettere di sciare e si dà la possibilità a chi vuole rilassarsi nel ristorante e sui divanetti della lounge esterna di godere di piatti gourmet d’alto livello. Il locale è aperto anche la sera per eventi speciali. Il nuovo rifugio Meriz di Paganella, sul versante che si affaccia su Fai, merita una sosta per la proposta gourmet dello chef Lorenzo Tiberio. Il raffinato Fienile Monte, in Val di Fassa, è lo chalet gourmet del rifugio Salei: ricavato da una vecchia stalla, è elegante e con una alta cura dei particolari, aperto anche la sera ma su prenotazione. A 4 chilometri da San Martino di Castrozza, nell’itinerario delle Malghe, c’è Malga Ces, un rifugio che dal 1942 offre piatti tradizionali, dalla ricotta con i mirtilli alle zuppe. La malga è accessibile anche a chi non sa sciare perché si raggiunge in automobile. Chalet Fiat sulla cima di Monte Spinale, a Madonna di Campiglio, gode della miglior vista del Brenta ed è uno dei ritrovi più modaioli e divertenti della zona. Sull’Alpe di Siusi il Maso Grottner del Romantik Hotel Turm, a 5 chilometri da Fiè allo Sciliar, in provincia di Bolzano, è un luogo unico: posto sotto la tutela dei Beni culturali, risale al XIII secolo e conserva dettagli antichi come la Selchküche, la stanza col soffitto annerito dalla pratica di affumicatura dei salumi, il forno per cuocere il pane, tuttora funzionante, l’autentica stube in legno e le vecchie botti di vino nel seminterrato. Il Maso Stangler è tra i più vecchi di San Costantino, una frazione di Fíe allo Sciliar: è un fienile ristrutturato utilizzando materiali naturali e tradizionali; qui si coltivano piccoli frutti (sopratutto il ribes nero) e si producono sciroppi. In Val d’Ega è nata la prima malga vegetariana: tra il santuario della Madonna di Pietralba e il Bletterbach una comoda strada forestale porta in 40 minuti di camminata alla malga Monte San Pietro, un vero tempio della salute che Alexander Bisan ha voluto dedicare alla natura. Tra i piatti vegani ci sono le tagliatelle al pesto di erbe aromatiche, le polpette al farro, i gnocchi alle ortiche e agli spinaci selvatici oltre a una grande scelta di sciroppi dissetanti alla melissa, al sambuco e alla menta e tè alle erbe. 
A Cortina d’Ampezzo, in località 5 Torri, c’è il rifugio panoramico Scoiattoli della famiglia Lorenzi, dove si degustano ottimi piatti della tradizione ampezzana: speck, cervo, capriolo, polenta con i funghi raccolti nel bosco vicino, “i casunzei”, ravioli ripieni di rape rosse, semi di papavero e formaggio fuso, e tagliolini al cervo, serviti con pancetta e mirtilli.
In provincia di Bergamo, sul versante meridionale di Pizzo Arera, c’è il rifugio Capanna 2000 dove si degustano ottimi “casoncelli”, piatto tipico del territorio, con farina e un ripieno di carne d’arrosto e salame o polenta accompagnata ai secondi piatti e ai formaggi.
Oltre confine, in Svizzera, Corvatsch è la stazione sciistica più alta delle Alpi orientali, a pochi chilometri da St. Moritz. E’ un vero paradiso per chi ama la montagna, ma è anche un comprensorio ideale per chi apprezza la buona cucina in locali prestigiosi. In quota, infatti, si trovano ristoranti panoramici e baite gourmet, stalle e rifugi trasformati in locali che propongono piatti tradizionali di alta qualità. I migliori indirizzi sono: Kuhstall, baita nata da una stalla comunale che si è aggiudicata 13 punti della prestigiosa guida gastronomica Gault Millau; si trova lungo la pista di discesa di Sils Maria ed è facilmente raggiungibile anche a piedi e di sera. Osteria Rabgiusa, situata nel cuore del comprensorio con una grande terrazza riparata dal vento, è raggiungibile con gli sci o le ciaspole, percorrendo l’itinerario che parte dalla stazione a monte della funivia di Furtschellas. Il ritrovo Chüdera, a 2.312 metri d’altezza, propone pasta fatta in casa e ottimi salumi e formaggi con vista spettacolare su Sils, e la baita Alpetta, capanna rustica ma accogliente nel cuore della pista Chastelets, offre gustosi menu regionali e ottimi vini. Ci sono anche la Stüvetta Giand’Alva, con una grande terrazza panoramica e dove si degustano pizzoccheri e una deliziosa minestra d’orzo, e il rifugio Fuorcla Surlej, con il migliore panorama sulle vette ghiacciate del Piz Bernina e del Piz Roseg.

Ogni venerdì gli sciatori possono divertirsi sulla pista da sci illuminata più lunga di tutta la Svizzera (4,2 chilometri), che apre alle ore 19 e rimane aperta fino all’una, e rifocillarsi al ristorante Murtèl, presso la stazione intermedia della funivia, dove la fonduta di formaggio e la pizza sono ottime. Poi si prosegue la serata all’Hossa Bar, il locale più modaiolo con un nuovo bancone all’aperto e un’area barbecue, oppure si cena nel ristorante panoramico Romantik Hotel Muottas Muragl, con vista su tutto l’altopiano engadinese. Infine, Berghaus Diavolezza, rifugio di montagna raggiungibile con la funivia Diavolezza da Pontresina, offre cene romantiche o feste divertenti; a Capodanno si pagano circa 142 euro per la cena, la festa e il trasporto in funivia.
Anche in Austria si moltiplicano i rifugi gourmet: la Stubai, valle austriaca vicina al Brennero, offre più di 40 baite e ristoranti di montagna lungo le piste da sci, da slittino e i sentieri escursionistici. Tra queste si segnalano la baita Galtam, nello Schlick 2000, che organizza anche il trasporto con il gatto delle nevi; e la baita Ochsenhütte nel comprensorio di Serles. I punti di ristoro e le baite sono indicate lungo le vie da una segnaletica rosa. Nell’area sciistica del ghiacciaio dello Stubai c’è un locale da provare: l’esclusivo ristorante Schaufelspitz, premiato dalla guida Gault Millau e che si trova alla stazione Eisgrat, dove ogni martedì e giovedì, dalle 9,30 alle 10,30, si tiene il pasta show per vedere come si prepara la pasta fresca.

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Nasce Osservatorio del Vino Italiano

Mai più discordanze sui numeri del vino made in Italy, e riflettori accesi sui luoghi reali di acquisto e consumo del canale 'Ho.re.Ca.', dagli Hotel ai ristoranti, alle enoteche, ai catering. Nasce l'Osservatorio del Vino Italiano, un network di realtà pubbliche e private per la raccolta, l'analisi, il commento e la diffusione dei dati statistici del settore vitivinicolo. 

Il nuovo strumento di monitoraggio e promozione di un settore che a fine anno ha a portata di mano l'obiettivo dei 5,5 miliardi di export, è un progetto promosso da Unione Italiana Vini (Uiv) con la partnership di Ismea, Sda-Bocconi Wine Management Lab, e la collaborazione di Wine Monitor-Nomisma. 

L'Osservatorio dei vino Italiano, ha detto il presidente Uiv Domenico Zonin, ''migliorerà la competitività di imprese capaci di non annoiare mai il mercato mondiale grazie alla varietà di zone produttive, di dimensioni d'impresa e di prodotto. Una varietà che però ha bisogno di conoscere le tendenze per vincere le sfide di mercato e che supporterà il management delle nostre aziende vinicole che avranno il vantaggio di avere analisi di mercato aggiornate e affidabili''. ''Nasce in casa Uiv - ha sottolineato il curatore del progetto Paolo Castelletti - uno strumento inedito per l'Italia a disposizione delle aziende. E' di fatto un Centro Studi per un comparto che finora ha sofferto di dati inorganici''. 

Al debutto oggi, presso la sede del ministero delle Politiche agricole, ha incassato il plauso del Mipaaf ''per la lungimiranza e il supporto alla promozione'' garantito dal nuovo strumento di monitoraggio statistico. ''Mettere insieme attori privati e pubblici di assoluta eccellenza - ha detto il vice ministro alle Politiche Agricole Andrea Olivero, presente al taglio del nastro - può garantire al Sistema-Paese quelle informazioni necessarie per crescere sui mercati mondiali. Il settore che ha fatto passi da gigante nell'internazionalizzazione aveva bisogno di indicatori per far meglio il lavoro di imprenditore''.
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Unesco: Parma eletta città creativa per gastronomia. E' la prima volta per l'Italia

per soggiornare a Parma


Parma è stata ufficialmente proclamata oggi a Parigi, dall'Unesco "città creativa per la gastronomia". E' la prima volta che una città italiana ottiene questo prestigioso riconoscimento internazionale. Il negoziato è durato circa sei mesi. La notizia è stata comunicata al sindaco di Parma Federico Pizzarotti da Irina Bokova, direttore generale di Unesco. Si conclude così positivamente l'iter avviato in primavera e concretizzatosi lo scorso 10 Novembre con la presentazione della candidatura a Parigi alla presenza dei massimi organismi Unesco. Insieme al Comune di Parma - che ha coordinato l'intera operazione attraverso l'assessorato alle attività produttive e turismo - hanno lavorato tutte le istituzioni e le associazioni della città, senza dimenticare il contributo dell'associazione di cuochi 'Chef to Chef' e il sostegno della Regione Emilia Romagna. Le altre città creative per la gastronomia proclamate dall'Unesco sono: Bergen in Norvegia, Belem in Brasile, Burgos in Spagna, Phuket in Spagna.

"Sono particolarmente soddisfatto - commenta il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina -. La visibilità dell'Unesco e delle sue città creative aiuterà non solo Parma ma tutto l'agro-alimentare italiano per contrastare anche quei fenomeni di Italian sounding che fanno delle nostre produzioni tipiche le più imitate al mondo''.

L'Unesco, sottolinea il ministro Martina, ''oggi ha riconosciuto che il cibo non è solo un prodotto commerciale ma il simbolo di una comunità, il risultato di un processo identitario che dimostra la nostra creatività, anche in questo campo. Nessuno potrà replicare la capacità di chi il cibo lo produce e lo rende unico al mondo".

''Col negoziato, guidato dal prof. Pier Luigi Petrillo, il Ministero dell'Agricoltura conferma l'impegno in ambito Unesco: pochi giorni - ricorda il ministro - fa ricorreva il primo anniversario dell'iscrizione della pratica agricola della vite al alberello di Pantelleria nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell'Unesco, la prima pratica agricola al mondo ad ottenere questo risultato. E sempre lo scorso anno abbiamo ottenuto l'iscrizione nella Lista dei patrimoni culturali materiali dell'Unesco del primo paesaggio vitivinicolo, quello delle Langhe-Roero e Monferrato''.

Pizzarotti, Parma ha una vocazione internazionale
"Questo riconoscimento rafforza la vocazione internazionale di Parma, e può aprire la strada ad importanti sviluppi per la nostra economia, soprattutto in campo turistico". Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, accoglie così la notizia del riconoscimento di Città creativa per la gastronomia che l'Unesco ha tributato a Parma. "E' anche la conferma - ha aggiunto il sindaco - che il futuro del territorio parmense passa in primo luogo attraverso la valorizzazione dei suoi prodotti di eccellenza e la capacità di trasformarli in cibo. Sono anche convito che, se saremo bravi, potremo utilizzare questo riconoscimento come volano per far conoscere Parma nel mondo anche come città d'arte, carica di storia, che si appresta a celebrare i suoi primi 2.200 anni di vita".
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Il biologico? È riconoscibile se ha un proprio volto

È l'anello debole del sistema commerciale, è la truffa facile che sembra messa sul piatto d'argento della tavola dei malintenzionati. Stiamo parlando del bio alimentare, salutato da un successo incredibile negli ultimi tempi e, come tutte le cose di successo, soggetto alle imitazioni più disparate.
Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza ha sgominato i falsari che favorivano l'importazione
di prodotti biologici con attestazioni discutibili ottenute nei paesi dell'Est europeo. Un duro colpo, scarsamente ripreso dai media, benché il mondo del bio che subisce danni da queste operazioni truffaldine riguardi 45mila agricoltori italiani. Il giro d'affari del comparto biologico, fra esportazioni e consumi interni, si aggira sui 3 miliardi di euro – ha sottolineato la Coldiretti – che in questa occasione ha voluto giustamente ribadire quanto siano anacronistiche le ritrosie verso la tracciabilità del prodotto nazionale. «Occorre che sia facilmente riconoscibile in etichetta la produzione ottenuta con materia prima e standard nazionali, per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevole». Ma davanti ad una richiesta di genere lapalissiano, poi arrivano i
distinguo di questi o quegli interessi, che di fatto allargano le maglie alla truffa. L'Italia, da questo punto di vista è sotto scacco proprio perché ha una fragilità storica, quasi come i suoi confini a contatto col mare. Sono tanti i prodotti da difendere, ma soprattutto si deve gestire una situazione produttiva polverizzata in migliaia di realtà, che sono una forza sul territorio e anche un fenomeno di flessibilità economica, ma risultano deboli da difendere. Eppure questa faccenda del biologico falso amareggia perché in questi venti anni, man mano che è cresciuto il fenomeno, ho visto con i miei occhi il crescere di una coscienza nelle giovani generazioni. Una rivoluzione culturale non pianificata e organizzata, ma divenuta una concatenazione di fatti che poi sono andati nella direzione di un'agricoltura pulita, sostenibile e – aggiungo io dopo averne verificato i risultati su un medio periodo – anche buona.
Dove si insidia allora la truffa? Nel fatto che queste coltivazioni che hanno rese minori e di fatto costi maggiori, in taluni casi hanno portato a un prezzo importante del prodotto finale. Penso ai vini biologici e biodinamici, che nonostante il fattore prezzo hanno attecchito sul mercato. La truffa arriva nel momento in cui uno cerca di tagliare la prima parte, quella del lavoro, per tenere buona solo quella del raccolto. Ma in mezzo c'è qualcosa di irriducibile, che a questo punto va ricercato da chi acquista: il racconto, il volto di chi è arrivato a realizzare un prodotto che ha dentro di sé dei valori. Se questa parte è incerta, se il biologico non ha un volto, meglio diffidare e rivolgersi ad altri... tanto l'offerta ormai è diffusa e dà ampie soddisfazioni a tutti.
avvenire.it

Giornata Internazionale Cucina Italiana, viaggio di piatto in piatto

Oggi è l'8/a Giornata Internazionale della Cucina Italiana, promossa dal Gruppo Virtuale Cuochi Italiani, un network formato da oltre 1900 associati, tra cuochi e ristoratori, che propongono la cucina tricolore fuori dall’Italia.

Quest'anno è dedicata alla parmigiana di melanzane, che sarà preparata da centinaia di chef e ristoranti italiani in tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda al Brasile. Ma sono tantissimi i piatti e gli alimenti tipicamente italiani da cui i viaggiatori stranieri sono "stregati".

L’iniziativa, lanciata nel 2008, si propone come una reazione alla 'falsificazione' del Made in Italy culinario.

Secondo alcuni la parmigiana è un piatto napoletano, in quanto sarebbe stato descritto per la prima volta nel 1837, nel saggio “Cucina teorico-pratica” dello chef Ippolito Cavalcanti; altri invece affermano che è stata creata in Sicilia, dove le melanzane sono giunte per prime in Italia per poi diffondersi in tutta la penisola. In effetti, negli ultimi decenni, questo piatto della tradizione, originario del Sud Italia, è diventato sempre più popolare anche nel resto del Paese e del mondo, grazie all’aumento di ristoranti italiani con chef formati in Italia. Inoltre, a livello globale sono state create diverse variazioni sulla ricetta originale, a conferma del successo del piatto.
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Formaggi e vini: divino abbinamento

Come presentare i formaggi al ristorante valorizzando le loro caratteristiche organolettiche con l’abbinamento ai vini è stato il tema di un incontro formativo, presso la Casa di Alti Formaggi a Treviglio, guidato dal vicepresidente di Onaf (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio) Giuseppe Casolo in collaborazione conAscovilo e Movimento Turismo del Vino Lombardo.
Casolo
 ha sottolineato l’importanza dei formaggi nella ristorazione, prodotti complessi in quanto soggetti a numerose variabili dovute alla lavorazione e stagionatura e che come tali richiedono competenza. La valorizzazione di un prodotto, infatti, passa attraverso la conoscenza approfondita delle sue peculiarità e adeguata preparazione all’analisi sensoriale anche in ottica di abbinamento con i vini corretti.
Salva Cremasco, Provolone Valpadana, Valtellina Casera, Taleggio, Gorgonzola, Bitto, Strachitunt
, sono i grandi formaggi lombardi DOP e IGP in questi giorni protagonisti anche di un’iniziativa che coinvolge alcuni tra i migliori ristoranti milanesi, proposti in menu speciali e abbinati ai vini della regione.
Ma cerchiamo di riassumere i preziosi consigli di Giuseppe Casolo: “La valorizzazione di un prodotto passa inevitabilmente attraverso il produttore: citare al cliente il nome del produttore serve a identificare il prodotto, come per il vino; praticare il taglio con i coltelli adatti e in maniera corretta, mantenendo una porzione di crosta e in prossimità del servizio, evitando ossidazioni; può essere utile presentare proposte a tema, per esempio in base alla territorialità, al tipo di latte, e saper spiegare al cliente le peculiarità del prodotto, consigliando l’abbinamento più adatto che oltre al vino può comprendere marmellate o miele che possono favorire la comprensione in chi non ha esperienza”. Tra le regole ideali da rispettare, l’ordine di servizio di una ruota di formaggi che deve tenere conto dell’assuefazione alla quale i recettori olfattivi e gustativi sono soggetti, e la corretta porzionatura: “Si parte dai formaggi freschi – spiega Giuseppe Casolo – per arrivare a quelli più stagionati ed evoluti e terminare con gli erborinati, proponendo porzioni di piccole dimensioni, 30 grammi ciascuna, disposte lungo i bordi del piatto, rigorosamente bianco”. 
Anche l’abbinamento coi vini segue regole di base: succulenza e untuosità cercano alcoolicità e tannicità; grassezza e tendenza al dolce chiedono freschezza ed effervescenza; sapidità, aromaticità, speziatura, tendenza amara e acida hanno bisogno di un vino che presenti persistenza e intensità aromatica, morbidezza e aromaticità. Qualche esempio proposto? Salva Cremasco fresco con Lugana, Provolone dolce e Bonarda, Gorgonzola piccante accompagnato da Moscato di Scanzo.
Secondo il programma di Divini Formaggi di Lombardia, sono 14 i locali selezionati per proporre, dal 24 al 30 novembre, ai loro clienti una formula che prevede una ricetta creata “ad hoc”, con l’utilizzo di uno tra i 13 formaggi lombardi a marchio di qualità DOP (su un totale di 46 a livello nazionale), abbinata a un calice di un vino scelto tra una delle 42 denominazioni regionali (5 DOCG, 22 DOC e 15 IGT, pari all’8% delle denominazioni di qualità italiane).
I ristoranti aderenti a “DiviniFormaggi di Lombardia”Bellariva, Chic’n Quick Trattoria moderna, El Chiustrin, Globe, I Valtellina, Il Giardino del Naviglio, L’Ulmet, La Dolce vita, Peccatori di gola, Testina Milano, Trattoria Casa Fontana 23 risotti, Trattoria Ferrelli a Milano, Trattoria Masuelli San Marco e Viola Enoteca. (Per informazioni: 340.9546271 o Facebook: Diviniformaggi)
I formaggi DOP i cui Consorzi aderiscono a DiviniFormaggi di Lombardia sono Provolone Valpadana, Gorgonzola, Salva Cremasco, Strachitunt Valtaleggio, Taleggio, Valtellina Casera, Bitto, Formai de Mut Alta Val Brembana.
I vini DOCG, COG e IGT i cui Consorzi partecipano all’iniziativa: Franciacorta, Lugana, Moscato di Scanzo, Oltrepò Pavese, Vini Mantovani (Colli Morenici Mantovani e Lambrusco Mantovano), San Colombano, Terre Lariane, Valcalepio, Valtellina, Valtènesi Montenetto, Botticino, San Martino della Battaglia, Cellatica.
Marina Caccialanza
ristorazionecatering.it

Arte, cibi selezionati e turismo Nasce il progetto "Amorfood"

Unire i sapori unici della Sicilia con l’arte contemporanea, dando visibilità a una rete di piccoli produttori locali, e scoprire alcuni luoghi memorabili dell’Isola attraverso itinerari turistici appositamente pensati.

È tutto questo Amorfood, progetto di due giovani imprenditori siciliani, Andrea MulèAndrea Di Rosa, con la direzione artistica di Antonella Amorelli, già coordinatrice e anima di Riso, Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia e oggi direttrice di AmorLab.

Amorfood è un progetto che nasce dall’amore per il cibo siciliano d’eccellenza, che si è sviluppato mediante un’attenta ricerca e selezione di sapori antichi, a volte dimenticati, di prodotti naturali che rappresentano l’essenza della Terra di Sicilia. A questo scopo sono state selezionate dieci piccole realtà produttive dell’Isola, unite in un unico progetto, per offrire sapori unici e irripetibili: la crema dolce di peperoncino e la confettura di fichidindia di Castelbuono, i capperi di Salina, le lenticchie di Villalba, l’olio extravergine d’Oliva di Sciacca, le pesche sotto sciroppo e la confettura di pesche di Leonforte, il miele di sulla di Caltavuturo, i pistacchi sgusciati e la crema di pistacchio di Bronte, la crema di mandorle di Adrano e l’origano di Mussomeli. Tutti prodotti naturali, con assenza totale di qualsiasi additivo e realizzati unicamente con l’uso della materia prima e senza grassi o altre aggiunte.
Le residenze d’artista, i video-documentari e la Amorfood Art Collection

Per raccontare in maniera originale i processi di produzione è stato coinvoltoCampostabile, una coppia di artisti siciliani (Mario Campo e Lorena Stabile), che ha svolto una residenza d’artista di tre settimane nelle aziende selezionate, sotto la cura diGiovanni Iovane, critico d'arte e professore di Storia dell’Arte Contemporanea a Brera, Milano. Dalle residenze sono stati realizzati video artistici che offrono una narrazione visiva un racconto dei singoli prodotti, nonché dei luoghi, del contesto e della storia profonda che c’è dietro. Riprese, parole, suoni e immagini liberamente create, attraverso cui gli artisti hanno costruito un racconto visivo per ciascuno dei prodotti scelti, esaltandone le peculiarità più spiccate ma anche gli aspetti meno visibili e meno accessibili che si celano dietro una sapienza produttiva, tramandata per generazioni.
Campostabile per il 2014 è stato chiamato anche a realizzare un opera d'arte dellaAmorfood Art Collection, curata da Giovanni Iovane, per la cui realizzazione, ogni anno, sarà chiamato un giovane artista all’interno del panorama emergente siciliano. Nel progetto Amorfood verranno coinvolti successivamente anche artisti e curatori di fama nazionale e internazionale. L’artista viene invitato a esplorare i luoghi in cui nascono i cibi, entra in contatto con i produttori, ascolta le loro storie, scopre i processi tradizionali di produzione e, proprio come avvenuto con Campostabile, al termine del periodo di residenza, dopo aver raccolto tutte le suggestioni di questi luoghi di pregio del cibo siciliano, produce una nuova opera unica e originale, che entra a far parte della Amorfood Art Collection.
Per il progetto Amorfood Art Collection 2014, Campostabile ha ideato una scultura dalle dimensioni minime, che si arricchisce della doppia possibilità visiva rappresentata dalla vocazione sia bidimensionale che tridimensionale. Sul recto campeggia una forma astratta composita, che scaturisce da un processo di scomposizione, destrutturazione, analisi e reinvenzione a partire da ritagli di riviste di moda. Una struttura che per qualche verso parrebbe di matrice organica, ma che in realtà è sganciata da qualsiasi referenzialità esterna e nasce proprio da una reinvenzione, nutrendosi dell’ambiguità visiva data dall’essere un collage bidimensionale di immagini che raccontano diverse idee di profondità. In un piccolo dispositivo scultoreo due polarità, l’universo dell’industria/artificio e quello dei gesti arcaici/manuali creano un cortocircuito che più che generare dissonanza crea stupore, genera curiosità propositiva, quasi a suggerire, per via intuitiva ma non senza una precisa determinazione, un possibile percorso da intraprendere, magari come collettività.

Gli itinerari turistici che uniscono cibo e arte della Sicilia più autentica

Attorno ai dieci produttori coinvolti e ai luoghi sono stati anche realizzati appositiitinerari turistici che hanno lo scopo di incentivare un turismo non ordinario, accompagnando i visitatori nella terra madre di questi sapori unici. Itinerari, pensati per chi vuole vivere un’esperienza unica, che unisca arte, archeologia, natura, benessere, sport, cucina e soprattutto l’accesso a palazzi, abbazie, collezioni, ville e giardini privati. Luoghi segreti e scenari irripetibili, in cui la proverbiale ospitalità siciliana sarà arricchita dal miglior cibo della Sicilia e dalla scoperta dei territori stessi in cui nascono i prodotti. La “rete” Amorfood penserà a tutto, dall’affitto di appartamenti all’organizzazione del viaggio e dei trasporti, dai tour d’arte alle visite alle collezioni, fino alla possibilità, per chi vuole, di accedere a servizi esclusivi, quali spa o campi da golf.

Questi i macro-itinerari: PalermoCefalù e le MadonieSalina e l’arcipelago delle Eolie;Catania, Etna e TaorminaEnna e la Val di Noto; la Sicilia centro-meridionale, daCaltanissetta a Palma di Montechiaro, fino al parco archeologico di Agrigento; e infine,Sciacca, Selinunte e Mazara del Vallo.

Amorfood è, dunque, un progetto in cui i sapori unici dei prodotti siciliani realizzati con passione antica, arte e turismo viaggiano insieme, per guardare alla Sicilia quale risorsa: lo scopo è, infatti, di valorizzare le eccellenze dell’Isola, non soltanto in Italia, ma anche nei mercati internazionali, come il Giappone, gli Emirati Arabi o il Qatar, doveAmorfood ha già presentato il proprio progetto, riscuotendo fortissimo interesse da parte del Paese mediorientale. Amore vero, che non si basa sul semplice appagamento dei sensi, ma su una conoscenza profonda dei cibi selezionati, restituendo valore ai processi produttivi storici e tradizionali, che garantiscono da sempre al cibo un sapore autentico.
ilsitodipalermo.it

Sparkle premia e festeggia le bollicine 200 etichette al Westin Excelsior di Roma il 22 novembre

- 80 aziende spumantistiche e oltre 200 etichette per un viaggio tra le migliori bollicine italiane.

Questo è Sparkle Day 2015, la manifestazione curata e organizzata dalla rivista Cucina&Vini, che offre la possibilità di degustare il meglio della produzione spumantistica nazionale.

L'appuntamento è sabato 22 novembre dalle 16.00 alle 22.00 nei saloni del The Westing Excelsior di via Veneto a Roma; in questa occasione verranno anche assegnate le 5 Sfere, il simbolo con il quale la Guida Sparkle 2015 premia le top label delle bollicine italiane. Un viaggio di colori, profumi e sapori attraverso i territori vocati, con Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg a guidare il gruppo con ben 19 cantine, seguito da Franciacorta con 14, Trento Metodo Classico con 12. Da Nord a Sud, non mancheranno etichette significative anche da altri regioni come il Piemonte, l'Alto Adige, il Friuli, la Toscana, le Marche, l'Abruzzo, l'Umbria, il Lazio, la Campania, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna.

"Un parterre straordinario che conferma il successo e la credibilità dello Sparkle Day - commenta Francesco D'Agostino, direttore di Cucina&Vini e curatore della guida Sparkle - Non capita spesso di poter degustare, tutte insieme, le migliori bollicine presenti sul mercato. Un appuntamento imperdibile per i tanti appassionati ma anche per i semplici curiosi che avranno inoltre la possibilità di provare dei gustosi abbinamenti con alcune eccellenze food di altissima qualità; previsti laboratori per degustare l'abbinamento col Parmigiano".
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Torna di scena la 22/ma edizione del premio Ercole Olivario per valorizzare il top dell'olio extra vergine d'oliva, simbolo del made in Italy nel mondo

Promosso da Unioncamere e Camera di Commercio di Perugia, con la collaborazione delle organizzazioni nazionali degli operatori olivicoli, l'edizione 2014 promette grandi numeri: 98 i finalisti selezionati tra 251 etichette di extra vergine e dop provenienti da 16 regioni, dove a fare la parte del leone è il Lazio con 45 aziende in concorso, seguita da Umbria, Puglia, Sicilia e Abruzzo. L'Oscar dell'extra vergine è stato presentato oggi a palazzo Madama da Linda Lanzillotta vice presidente del Senato, insieme ai presidenti di Unioncamere e della Camera di Commercio di Perugia, Ferruccio Dardanello e Giorgio Mencaroni.

''Il Senato è felice di ospitare questo premio che valorizza una delle eccellenze italiane - ha detto Lanzillotta - a conferma dell'interesse delle istituzioni per un patrimonio che l'Italia deve promuovere per crescere economicamente''. Il premio è organizzato dall’Unione Italiana delle Camere di Commercio, l’Ercole Olivario si svolge con la collaborazione della Camera di Commercio di Perugia, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali con il sostegno del sistema Camerale nazionale, degli Enti e le organizzazioni degli operatori olivicoli Cno, Unaprol e Unasco. Si svolgerà il 28 marzo a Perugia e il 29 a Spoleto, dove la giuria, con 16 assaggiatori, stilerà la classifica per i diversi profili di extra vergine fruttato (leggero, medio e intenso) nelle categorie convenzionale e Dop e Igp. © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati