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Arriva l'olio nuovo, +80% di produzione dopo crollo 2018

(ANSA) - ROMA, 23 NOV - Al via la vendita dell'olio nuovo in tutte le regioni con la produzione di extravergine stimata nel 2019 in aumento dell'80% dopo il crollo storico registrato lo scorso anno. Emerge da un'analisi di Coldiretti su stime Unaprol/Ismea diffusa nella giornata dedicata all'olio nuovo nei mercati di www.campagnamica.it, da Roma a Milano, da Padova a Brindisi in occasione del giro di boa della raccolta delle olive che è stata completata per oltre il 50%. 

"A livello nazionale si punta - sottolinea la Coldiretti - ad una produzione di oltre 315 milioni di chili, che resta comunque notevolmente inferiore alla media dell'ultimo decennio. I primi dati globali provvisori per i principali concorrenti dell'Italia su scala mondiale relativi alla stagione di raccolta dell'olio di oliva 2019/20 evidenziano che la Spagna dovrebbe produrre 1.35 milioni di tonnellate di olio d'oliva, un po' meno rispetto al 1.77 milioni di tonnellate dell'anno precedente mentre la Grecia raggiungerebbe le 300mila, in crescita rispetto alle 185.000 tonnellate dell'anno precedente". "Nel confronto con il 2018 - viene spiegato - la produzione torna a crescere al Centro Sud dove si concentra gran parte del raccolto nazionale mentre è prevista in discesa al Nord". 

Stando alle stime di Coldiretti, a pesare sul mercato è il basso prezzo di olive e olio riconosciuto agli agricoltori già ad inizio campagna con valori che sono al di sotto dei costi di produzione, in calo fino al 40% rispetto allo scorso anno in Puglia dove si produce oltre la metà dell'olio di oliva Made in Italy. "Nei soli primi otto mesi dell'anno si registra - denuncia la Coldiretti - un balzo del 48% nell'arrivo dall'estero di olio iberico per un quantitativo di ben 280 milioni di chili, spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali e mondiali".

Natale: ad Aosta inaugurato Marché vert Noel

(ANSA) - AOSTA, 23 NOV - Fino a lunedì 6 gennaio nel centro di Aosta si può respirare l'atmosfera del Natale in un tipico villaggio alpino allestito nell'area del Teatro Romano. E' il Marché vert Noel, il tradizionale mercatino natalizio che l'anno scorso ha fatto registrare 78 mila ingressi. Decine di chalet in legno propongono idee regalo, prodotti dell'artigianato di tradizione e dell'enogastronomia valdostana. Nelle piazzette e nelle stradine del piccolo villaggio prenderanno vita momenti di animazione: dagli atelier 'en plein air', che proporranno artigiani scultori e intagliatori all'opera, ai momenti di degustazione delle forme di Fontina del concorso Modon d'or. Il Marché vert Noel apre alle 10.30 (a Natale e Capodanno alle 15); da lunedì al venerdì e le domeniche chiude alle 20 e tutti i sabati, venerdì 6 e domenica 8 dicembre alle 22. In piazza Chanoux è stato inaugurato l'albero di Natale artistico, sul quale possibile salire tramite una scala a chiocciola alta nove metri e ammirare il 'salotto buono' della città.

Ferrara e dintorni durante il Ponte dell'Immacolata

Chi si trova a scegliere Ferrara per il Ponte dell’Immacolata viene avvolto da atmosfere fiabesche, arte e mercatini di Natale pronti ad esaudire qualsiasi desiderio, anche quelli gastronomici con i prodotti tipicicome il pampepato e i cappellacci di zucca. Con le iniziative promosse da Visit Ferrara, dal 6 all’8 dicembrela città estense diventa ancora più magica grazie ad eventi speciali dedicati alle famiglie inclusi nel pacchetto per il “Ponte dell’Immacolata a Ferrara e nel suo territorio” che prevede un programma di 4 giorni nella provincia ferrarese a partire da 235 euro a persona, incluse 3 notti in hotel.

ABBAZIA DI POMPOSA
Il primo giorno si comincia con la visita all’Abbazia di Pomposa, con sosta in azienda agrituristica e degustazione di vini e prodotti tipici. 


COMACCHIO 
Il secondo giorno il tour continua a Comacchio e nelle sue Valli, prima di partire alla volta di Ferrara e cenare in un’osteria del centro a base di specialità locali. 


FERRARA PALAZZO DEI DIAMANTI 
Il terzo giorno è in programma la visita guidata alla città e alla mostra di Palazzo dei Diamanti, che fino al 13 aprile 2020 ospita “De Nittis e la rivoluzione dello sguardo”, un’esposizione sull’artista figura di spicco dell’arte parigina di fine Ottocento. 


FERRARA CASTELLO ESTENSE
L’ultimo giorno è dedicato ai Mercatini di Natale e al tempo libero. Il Castello Estense si trasforma nel Castello dei Balocchi, invitando grandi e bambini ad attraversare il ponte levatoio per entrare in un percorso fantastico tra giochi, animazioni, laboratori, a partecipare alla Cena dei Balocchi, ad intraprendere le escursioni in barca nel fossato. Il 7 dicembre poi, in Piazza Castello si accende la magia delle Fontane danzanti a ritmo di un’orchestra di oltre 20 elementi e del coro di voci femminili dell’Associazione Musicisti di Ferrara.


FERRARA CHIESA DEL GESU’
In Via Borgo dei Leoni si trova una chiesa fatta edificare per i Padri Gesuiti nel 1570, danneggiata e più volte modificata. Al suo interno conserva un’opera d’arte particolare. 


Per le famiglie che vogliono saperne di più della storia e delle meraviglie della città, il sabato dalle 15.00 alle 17.00 ci sono le visite guidate Raccontare Ferrara al costo di 8 euro. Un viaggio che parte dal Castello Estense, continua nella Piazza della Cattedrale e poi attraverso le vie medievali di San Romano e delle Volte per raggiungere quello che era il ghetto ebraico con le sue sinagoghe. C’è anche la possibilità di scegliere la proposta di Visit Ferrara di 2 giorni, “Ferrara a Natale”, valida fino al 6 gennaio escluso Capodanno. In questo pacchetto sono inclusi una notte a Ferrara, la visita guidata della città il sabato, la cena in ristorante tipico, l’ingresso alla mostra di Palazzo dei Diamanti con sconto sul catalogo e un light lunch nella caffetteria del Castello Estense a partire da 135 euro a persona.
turismo.it

Toscana, l'antica tradizione delle piante medicinali

Antico cofanetto medicinale da viaggio

Vicino al confine con l’Umbria, Sansepolcro è un pittoresco borgo adagiato nella parte orientale della Valtiberina toscana. I più lo conoscono per essere il luogo di nascita e morte del pittore e matematico Piero della Francesca, ma la maggior parte dei visitatori rimane poi piacevolmente sorpresa nello scoprire una cittadina ricca di storia, cultura e tradizioni. Particolarmente affascinante in tal senso è l’Aboca Museum, un originale museo che recupera e tramanda la storia del millenario rapporto dell’uomo con le piante, diffondendo da secoli l’antica tradizione delle piante medicinali attraverso le fonti del passato. Il Museo è ospitato nel rinascimentale Palazzo Bourbon del Monte, in prossimità della Chiesa di San Rocco. 

Ecco dunque svelarsi uno scrigno di tesori formato da preziosi erbari, libri di botanica farmaceutica, antichi mortai, ceramiche e vetrerie. Il visitatore viene condotto in un affascinante viaggio nel passato attraverso la suggestiva e fedele ricostruzione degli antichi laboratori che portano alla scoperta di curiosità, aneddoti e profumi naturali, il tutto intrecciando la storia delle erbe nei secoli. Si passa dall’antica spezieria cinquecentesca alla cella dei veleni fino alla farmacia dell’Ottocento con i medicamenti dell’epoca. Nelle sale espositive si ammirano gli utensili impiegati nelle spezierie per la conservazione e la lavorazione delle erbe medicinali come gli antichi mortai, le bilance, le ceramiche e vetri da farmacia dal XIV al XIX secolo. La principale sala del museo è dedicata al mortaio, il più antico ed insostituibile strumento dello speziale, qui esposto in pregiatissimi esemplari antichi.

Fanno parte della collezione museale anche i più autorevoli erbari antichi appartenenti alla Bibliohteca Antiqua: si tratta di un’importante patrimonio botanico-farmaceutico, che testimonia l’antica scienza delle erbe dal Cinquecento sino ai primi del Novecento. Inoltre l’Aboca Museum svolge un’importante funzione di ricerca storico bibliografica legata al mondo delle erbe medicinali essendo un Centro Studi: vengono infatti organizzati diversi workshop, convegni dal carattere multidisciplinare e mostre temporanee itineranti che ricostruiscono aspetti inediti della cultura delle erbe in epoche e luoghi geografici diversi. Oltre, naturalmente, alle visite guidate dedicate alle scuole.
turismo.it

L’ENIT PER LA SETTIMANA DELLA CUCINA ITALIANA NEL MONDO

L’ENIT PER LA SETTIMANA DELLA CUCINA ITALIANA NEL MONDO
Sono oltre 50 le iniziative organizzate dalle 28 sedi dell’Agenzia Italiana del Turismo - Enit per la Settimana della cucina italiana nel mondo, il progetto che, ideato e coordinato dalla Farnesina, coinvolge Mise, Mipaf, Miur, Mibact, enti, associazioni e istituzioni che promuovono l’Italia a livello globale, e che terminerà il 24 novembre.
Anche l’Enit ha dunque abbracciato la mission e prosegue l’educational tour virtuale per “diffondere le bontà e la cultura del cibo ed esportare il made in Italy a tavola, nutrendo l’immagine della Penisola nei mercati internazionali”.
La vacanza enogastronomica, sottolinea l’agenzia, “registra il più alto tasso di crescita rispetto alle altre tipologie di vacanza nel Bel Paese”. Il ciclo di eventi tematici ideati da Enit, dunque, “crea una rete di salvaguardia dei prodotti dop e doc italiani e consente di valorizzazione le eccellenze del territorio in una sinergia che coinvolge l’industria culturale italiana. Chef stellati e orchestre sinfoniche, mostre fotografiche, masterclass sui prodotti tipici regionali, degustazioni di vini italiani, blind tasting per esperienze sensoriali nell’enogastronomia italiana nonché campagne come "Taste of Leonardo - in collaborazione con il Sistema Italia, tutto contribuisce a “impastare” l’immagine dell’Italia enogastronomica”. 
Attivissima sul fronte-pubblicità, l’Enit ha ideato “un Adv branding declinato per turismi active e slow, con contenuti specifici sul food” e predisposto “un nuovo progetto di digital marketing secondo un approccio glocal con attività social-digital coordinate dalla sede centrale e implementate localmente dalle sedi estere”. 
La campagna sulla Settimana della Cucina Italiana nel Mondo è dunque declinata localmente sia dal punto di vista linguistico-culturale che di selezione dei mezzi e degli strumenti più idonei e maggiormente performanti.
“Solo in team si riesce a tinteggiare il mondo di italianità”, sottolinea il presidente Enit Giorgio Palmucci. “Eventi come questi giovano all’immagine della Penisola e al turismo. L’identità radicata dei nostri prodotti gastronomici è simbolo di cultura e valorizza anche la dimensione economico-sociale. L’Italia è un modello da tutti i punti di vista ma la cucina è l’esempio più significativo dello stile di vita italiano e mette tutti d’accordo”. 
Un mercato fiorente che muove ben 117 euro al giorno pro capite. 
“I turisti stranieri – commenta il direttore esecutivo dell’Agenzia Nazionale del Turismo Giovanni Bastianelli - hanno speso nel Belpaese circa il 36% in più nel 2018, il più alto tasso di crescita rispetto alle altre tipologie di vacanza e i percorsi enogastronomici, in generale, vengono associati a tutti i pacchetti venduti sia dagli operatori europei che da quelli oltreoceano. Le vendite da parte degli operatori esteri dell’organizzazione intermediata dei viaggi, sia tradizionale che online, infatti indicano un trend di ulteriore crescita del prodotto enogastronomico in Italia. Gli aumenti rilevati dai tour operatori variano dal +5% al +10% sul medesimo periodo del 2018” conclude Bastianelli. (aise)

Federturismo, l’Archivio della vacanza italiana



Posizionare la vacanza italiana come asset culturale intangibile del Paese valorizzandone l’iconografia, l’estetica, il design e l’immaginario: questo l’obiettivo dell’Archivio della Vacanza Italiana, progetto promosso da Federturismo Confindustria e Artix con la curatela di Marco Panella.Un progetto che idealmente affonda le radici nella grande narrazione fatta dell’Italia dai viaggiatori del Grand Tour e che stabilisce il suo perimetro iconografico dai primi del novecento sino ai giorni nostri, lanciando uno sguardo verso le trasformazioni e le innovazioni della transizione digitale che modifica motivazioni, suggestioni, fruizione e formazione della memoria del viaggio e della vacanza.

La grande Italia della vacanza è un modello attrattivo, che nel solo 2018 e nelle tante e diverse motivazioni di viaggio ha registrato 62 milioni di arrivi, è un modello economico che incide sul pil per circa il 13% ed è un modello culturale di bellezza, fatto di storia, arte, paesaggio e cibo.Dal turismo d’élite sino alla villeggiatura di massa degli anni sessanta per arrivare ai week end e ai soggiorni brevi, la vacanza italiana ha alimentato un immaginario profondo di cui sono testimoni le memorie fotografiche familiari e d’impresa, oltre a tutta la creatività d’autore che intorno al tema della vacanza ha sviluppato grandi interpretazioni e filoni narrativi, dal cinema alla musica, dal design degli oggetti alle architetture funzionali.

L’Archivio della Vacanza Italiana recupera il grande e inesplorato giacimento culturale delle fotografie familiari, valorizza l’iconografia sociale d’impresa che ha visto nelle colonie e nel dopolavoro gli antesignani della moderna concezione di welfare aziendale, ricostruisce l’immaginario popolare alimentato da rotocalchi, cinema e musica, e realizza una grande rappresentazione iconografica del sistema dell’ospitalità e dei territori della destinazione Italia.

L’Archivio della Vacanza Italiana è un progetto di sistema che Federturismo Confindustria e Artix promuovono chiamando a raccolta i player istituzionali, industriali e culturali del Paese, affinché siano partecipi e protagonisti della più grande operazione di storytelling del costume italiano mai fatta prima.

Lo strumento di dialogo dell’Archivio della Vacanza Italiana con gli italiani e con le imprese è la Call for Memory, azione social che invita a condividere nell’Archivio le proprie immagini di vacanza, immagini che saranno rese liberamente fruibili per la consultazione on line e che andranno ad alimentare la produzione di approfondimenti culturali con mostre itineranti, documentari e pubblicazioni tematiche.

“E’ un vero piacere - dichiara la Vice Presidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli - poter, grazie a queste belle immagini, ripercorrere insieme quasi cent’anni di vacanze e di viaggi degli italiani fatti di mete, mezzi di trasporto ed emozioni. È un immenso patrimonio che va valorizzato e messo a frutto, uno spaccato di vita per riflettere sulla nostra storia e sulla strada fatta insieme, per andare oltre come imprese e come Paese”.

“Lavoriamo sulla memoria per dare il nostro contributo al futuro – dichiara Marco Panella, Presidente di Artix e curatore dell’Archivio della Vacanza Italiana - realizzando una piattaforma culturale a disposizione di uno degli ambiti economici più caratterizzanti e produttivi del nostro Paese, il turismo. La vacanza in Italia è un archetipo che attraversa il tempo e le generazioni, fatto di luoghi e personaggi in cui s’intrecciano suggestioni da raccontare, affetti personali e immagini da condividere, una memoria privata degli italiani che, per la prima volta, diventa narrazione comune e condivisa. A gennaio, sui social e tramite i nostri media partner, rivolgeremo agli italiani la prima Call for Memory – continua Marco Panella - che rimarrà aperta fino ad aprile e sulla quale si andrà a costituire il primo nucleo dell’Archivio della Vacanza Italiana, che contiamo di rendere on line a giugno del 2020.”

“L’Archivio sarà un viaggio - lampo, istantaneo, che immortala l’Italia turistica e la sua evoluzione anche nei suoi tratti essenziali e poco noti, fondamentali per la ricostruzione della storia personale e collettiva di ciascuno e per la salvaguardia dei territori. Uno strumento culturale attraverso cui si può scorgere anche l’evoluzione del carico emozionale che il viaggio porta con sé. L’Agenzia Nazionale del Turismo Italiana custodisce, dal canto suo, un proprio patrimonio e infatti ha attivato un progetto multimediale di digitalizzazione dei propri beni che stanno riaffiorando in una ricostruzione che culminerà nei festeggiamenti del Centenario Enit nel 2019”, dichiara il Presidente Enit Giorgio Palmucci.

“Nell’immaginario collettivo – è il commento del Direttore Generale della Fondazione FS Italiane Luigi Cantamessa – l’iconografia del viaggio in treno ha sempre stimolato e affascinato viaggiatori provenienti da ogni dove. Dagli archivi fotografici della Fondazione FS Italiane sono emerse magnifiche testimonianze dei grandi viaggi di massa nel dopoguerra a bordo dei treni diretti al Sud negli anni 50 e 60. Storie di famiglie, comitive, colonie di bambini che, grazie alle Ferrovie dello Stato hanno avuto modo di percorrere l’Italia, dalle grandi città d’arte alla bella e intatta provincia. La valorizzazione di queste preziose immagini non potrà che contribuire ad arricchire la costruzione di un nuovo modello di turismo sostenibile”.

“Con il Gruppo Tecnico Cultura e Sviluppo di Confindustria abbiamo deciso di aderire all'iniziativa consapevoli che, attraverso il linguaggio universale delle immagini, si potranno ripercorrere pezzi inediti di storia e di tradizioni del nostro Paese - dichiara Renzo Iorio, Presidente del Gruppo Tecnico Cultura e Sviluppo di Confindustria. Il nostro contributo mirerà ad una duplice direzione: da un lato contribuiremo alla campagna di promozione all'interno del Sistema associativo affinché per le imprese sia l'occasione per far vivere, in forme nuove, il proprio patrimonio documentale, dall'altro supporteremo il progetto come efficace operazione di storytelling nazionale”.
advtraining.it

"Con tutti i sensi": la campagna ENIT promuove la Costiera Amalfitana



Per tre mesi, dal 1 ottobre al 23 dicembre, l'Italia si promuove sul portale della guida turistica più venduta in Germania e punta sulla presentazione di otto prodotti turistici tra cui la vacanza attiva e termale, l'offerta culinaria, il turismo slow e verde.

La campagna "Mit allen Sinnen" (Con tutti i sensi) si svolge contestualmente in Germania, Austria e Svizzera. Prevede uno Smart Magazine con storytelling e integrazione di due video, teaser e banner su tutta la "rete viaggi" di MairDumont(Baedeker, Lonely planet, Dumont, weg.de, Eurowings, lastminute.de), invio di newsletter ad hoc e posting sui canali social di Marco Polo.

Obiettivo della promozione è ispirare a un viaggio in Italia 15 milioni di Unique Users, un target di viaggiatori smart & active con capacità di spesa medio-alta, un elevato livello di istruzione, preferenza di viaggi in Europa, interessati a prodotti editoriali turistici con suggerimenti, novità e presentazioni di aspetti inediti delle destinazioni.
amalfinews.it

Enit / Dal 2020 il treno giornaliero Genova-Zurigo

A partire dal 2020 sarà effettuato il collegamento via treno Genova-Zurigo. Lo annuncia il Comune di Genova in una nota legata alla presenza alla Giornata internazionale dei treni a Zurigo, in collaborazione con la sede locale dell’Enit, Ente nazionale italiano per il turismo.
Durante la giornata, alla quale si prevede parteciperanno oltre 10 mila persone, verranno inaugurati i tre nuovi treni Ice4 (Germania-Svizzera), Tgv 2n2 (Francia-Svizzera) e Giruno, che sarà destinato a effettuare il collegamento giornaliero Genova-Zurigo.
«La giornata di Zurigo – dichiara l’assessore allo Sviluppo economico turistico e marketing Territoriale Laura Gaggero – sarà una nuova occasione per rinsaldare la collaborazione e la conoscenza reciproca con la Svizzera, che in un’ottica di marketing turistico rappresenta per Genova un target ideale. È la tappa successiva all’incontro che, due settimane fa, ha portato a Genova per un educational una delegazione di giornalisti e operatori turistici, tra i quali Matteo Spiller, il rappresentante delle ferrovie Sbb, con il quale abbiamo anticipato gli scenari che il collegamento giornaliero con Zurigo potrà offrire, con vantaggi per entrambe le città».
Genova mostrerà le sue potenzialità e bellezze con un allestimento speciale all’interno di un vagone del treno Giruno e presso uno dei desk di accoglienza posizionato tra i binari 4 e 5 della stazione centrale. Ai visitatori verrà offerto anche un assaggio dei profumi della gastronomia genovese, con una dimostrazione di pesto al mortaio realizzata dall’Associazione Palatifini.
Il collegamento “fisico” tra le due città sarà simbolicamente anticipato in modo virtuale, con una diretta streaming con la città di Genova durante la quale il pubblico svizzero potrà interagire con una persona che accoglierà loro nella galleria Dorata di Palazzo Tobia Pallavicino di via Garibaldi, palazzo dei Rolli.

Le ferrovie svizzere organizzeranno, inoltre, un concorso che avrà come premio un soggiorno di due giorni a Genova offerto da Cb Genova, con la collaborazione della Camera di Commercio di Genova e dell’Acquario di Genova
blizjournal.it

La mostra. A Galleria Borghese i fasti dei Valadier, orafi per l'Europa neoclassica

Da Andrea a Giuseppe si dipana la parabola di una bottega d’arte in cui spicca l’opera di Luigi, artista molteplice che segnò la storia del neoclassicismo

Luigi Valadier, "Erma di Bacco" (1773) bronzo, particolare)

da Avvenire

Sono trascorsi esattamente 260 anni da quando, nel 1759, Luigi Valadier rilevò, alla morte del padre Andrea, la bottega di orafo che il genitore aveva aperto a Roma nel 1714 in via del Babbuino. È probabilmente questa, una delle ragioni, ossia la ricorrenza, che ha spinto Anna Coliva – direttrice della Galleria Borghese – a dedicare al grande orafo l’elegante mostra di cui è la curatrice.

Infatti, mancava al ventaglio d’iniziative che la studiosa ha organizzato nella splendida villa romana dal 2006 (quando s’insediò) a oggi, un evento dedicato a questa figura che deve considerarsi uno degli esponenti di spicco di quel gusto raffinato ed estetizzante che si era palesato sull’ultimo scorcio del XVIII secolo.

Adesso, l’esposizione intitolata Valadier. Splendore nella Roma del Settecento, risarcisce tale mancanza anche alla luce del fatto che la collezione del museo romano custodisce alcuni dei capolavori del grande artista, come l’Erma di Bacco (divenuta icona della mostra) e due tavoli dodecagonali.

Si tratta di oggetti che rappresentano bene quale fosse il gusto dominante intorno alla metà del secolo a Roma. Il fatto interessante è che – per molto tempo – si ritenne che l’erma fosse di antica fattura e soltanto approfondite ricerche documentarie d’archivio dimostrarono che l’aspetto di tipo anticheggiante era stato voluto da Valadier che aveva prodotto artificialmente la patina verde e i residui dorati. I tavoli, invece sono stati disegnati da Antonio Asprucci, l’architetto autore del pittoresco tempietto dedicato a Esculapio che si specchia nel laghetto di Villa Borghese. A Valadier si devono le belle teste delle quattro stagioni che si trovano sotto il ricco piano d’appoggio.

Del resto, l’artista-orafo, già come suo padre, ebbe un ruolo privilegiato proprio con la famiglia Borghese, grazie alla quale contribuì a dar forma all’idea estetica del neoclassicismo romano. Lo dimostrano le splendide e ricchissime caraffe in argento dorato per il servizio da tavola della famiglia, pure esposte in mostra. Infatti, il valore aggiunto (e irripetibile) dell’esposizione, è quello di presentare i capolavori di Valadier all’interno di un ambiente che si configurò come espressione pure di tale nuovo gusto. Il quale, per esempio, ebbe la plastica dimostrazione di quell’innovativo percorso artistico nelle bronzee applicazioni ornamentali, realizzate dall’orafo, per il camino di quella che oggi è la sala XVI della Galleria.

Per questo, per avere la giusta impressione e sondare il reale valore culturale di questa meritoria operazione, è necessario visitare questa mostra, dove troneggiano le monumentali lampade d’argento realizzate per il santuario di Santiago di Compostela. Si tratta di meravigliose “ampolle” trasparenti lavorate a racemi dalle dimensioni monumentali che sono esposte in sospensione a enormi staffe di legno realizzate appositamente per l’occasione. Ci sono poi altri capolavori, come le imponenti, anche se di ridotte dimensioni, statue in metallo e argento dorato, della basilica cattedrale di Santa Maria Nuova a Monreale o il San Giovanni Battista proveniente dal Battistero Lateranense che, per la prima, volta lasciano la loro collocazione originale.



Luigi Valadier, "Arianna" (già "Cleopatra", 1778-1784) bronzo

La capacità di Valadier gli permetteva di affrontare con la stessa grazia oggetti monumentali e addirittura statue come le copie di capolavori antichi, quali per esempio la traduzione in bronzo dell’Antinoo Capitolino(oggi Louvre), realizzata per Madame du Barry e il conte d’Orsay, oppure la straordinaria copia in bronzo dell’Arianna addormentata (poi dettaCleopatra) dei Musei Vaticani scolpita per re Gustavo III di Svezia, ma anche temi assai diversi. Valadier sembra onnivoro delle forme, capace d’imitare l’antico come un falsario, oppure d’inventare vasi come quello in marmo rosso proveniente dalla Frick Collection di New York o, ancora, la tazza in porfido sostenuta dalle Tre Grazie che fu realizza per la Casa Reale Svedese.

Del resto, il rango e il numero dei committenti dell’artista rivelano lo straordinario successo della sua carriera di orafo e argentiere, esaltando la vastità di campo, l’originalità e l’impronta internazionale della sua produzione, che la mostra intende rappresentare con importanti testimonianze.

Figura eclettica, Luigi Valadier non aveva alcuna difficoltà nel passare all’invenzione di opere di tutt’altro genere (pure in mostra) come la ricostruzione del tempio di Iside a Pompei commissionata da Maria Carolina d’Austria. È allora interessante e utile fare i confronti con i disegni e i progetti esposti e avvantaggiarsi degli strumenti didattici (totem multimediali) che accompagnano il visitatore in un percorso di grande suggestione, anche attraverso i luoghi di Roma che saranno resi poi ancora più belli dal figlio di Luigi, Giuseppe Valadier.

Roma, Galleria Borghese
Valadier. Splendore nella Roma del Settecento
Fino al 2 febbraio

Faenza. Picasso, vasaio alla ricerca dell'anima del mondo

Un gigantesco progetto ha legato dal 2017 alla fine di quest’anno decine di esposizioni dedicate a Picasso e il Mediterraneo. Ora al Museo delle Ceramiche la sua attività di scultore e ceramista

Un'opera ceramica di Picasso esposta a Faenza: particolare dalla “Civetta con testa maschile” (1953)

«Picasso-Mediterraneo è un evento internazionale che si svolge dalla primavera del 2017 alla fine del 2019. Più di settanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull’opera “ostinatamente mediterranea” di Pablo Picasso». È la nota sintetica di un gigantesco progetto che, nella sostanza, si realizza piuttosto come un’opera di propaganda del Museo Picasso di Parigi. Un modo per fare e incamerare soldi, in definitiva. Mentre l’apporto conoscitivo resta abbastanza limitato (pur sempre con standard espositivi medio-alti). Il culmine si è avuto nel 2018 con oltre trenta mostre allestite in alcuni Paesi europei: in Francia ben 20, in Spagna 9 e in Italia 6. Ma anche nel 2019 sono state 14 le esposizioni allestite in varie città mediterranee. Da queste cifre si intuiscono anche le graduatorie degli interessi che si giocano dentro una simile invasione picassiana: lui è la gallina dalle uova d’oro, nonostante la borsa valori ponga ancora ai vertici del mercato gli “aerostati” Hirst, Koons e Cattelan. La Francia è infatti il mercato che governa i valori dell’opera di Picasso e il Museo parigino è il Sancta Sanctorum dell’artista, la miniera che alimenta un’attività espositiva in patria e all’estero davvero impressionante, e la Spagna si adegua (anche perché il mercato spagnolo è debole sulla scena internazionale), mentre l’Italia è soprattutto lo scenario composto di passato e presente sul quale l’opera del genio di Malaga agisce come un guitto, lasciando un segno di Zorro sulla fronte di ogni abbonato del turismo e dell’industria culturale.

Il tema mediterraneo non è né nuovo né particolarmente seducente.Nel 1982 Villa Medici allestì proprio una mostra su Picasso e il Mediterraneo– Le Grand Bleu, come l’artista era solito chiamare il nostro mare – il cui catalogo veniva introdotto da Jean Leymarie. E oggi, nel sud della Francia, a Tolone, si è aperta la scorsa settimana un’altra mostra legata al progetto triennale, che questa volta si concentra su Picasso e il paesaggio mediterraneo, nel cui catalogo Maria Teresa Ocaña – già direttrice del Museo d’Arte della Catalogna –, osserva che questo genere pittorico fu uno dei più precoci sperimentati dal giovanissimo Picasso quando ancora si trovava a Malaga. Lì operava il pittore Antonio Muñoz Degrain eseguendo paesaggi «di un’immaginazione e di un colore esuberante» che Picasso ammirava. Quando poi si trasferisce a Barcellona, dove il padre ha ottenuto un posto da professore alla scuola di Belle Arti, Picasso approfondisce con maggiore libertà il colore e le luci del Mediterraneo dipingendo piccole marine. Naturalmente, anche il paesaggio è un tema che segue, anzi viene domato e vinto dai successivi sviluppi del linguaggio picassiano all’interno delle fasi cubista, neoclassica, postcubista e realista, fino alle tarde declinazioni neoespressioniste. Quando ha davanti un paesaggio, Picasso cerca di metamorfizzarlo con una mente proteiforme dove la lotta con la realtà deve portare alla vittoria dello stile che l’artista sta praticando come scienza dello sguardo.



Un'opera ceramica di Picasso esposta a Faenza: lastra tagliata e dipinta a forma di civetta (1957)



Dopo la seconda guerra mondiale Picasso si trasferisce per molto tempo nel sud della Francia e soggiorna in varie località della Costa Azzurra. È lì che comincia a sperimentare la ceramica come arte dove pittura e scultura possono ritrovarsi al di là delle comode distinzioni metodologiche degli stessi storici e critici. È forse il caso di ricordare che da studi recenti sembra emergere traccia di una versione più antica delTrattato sulla pittura di Leonardo (oggi perduta) dove il genio rinascimentale attribuiva il primato non alla pittura, come afferma nel testo oggi conosciuto, ma alla plastica di modellato dipinta. Anche Picasso – la cui natura ancipite di pittore e scultore non viene mai meno nelle sue opere – scopre che dall’arte dei vasai e dai manufatti fittili si possono cavare opere dal valore magico. Lo vediamo ora a Faenza, al Museo delle ceramiche, nella mostra Picasso. La sfida della ceramica, a cura di Salvador Haro González e Harald Thell (catalogo Silvana). Anche qui è esposta una campionatura proveniente dal Museo Picasso di Parigi, una cinquantina di opere accanto a quelle possedute dal Museo faentino che vi accosta altre ceramiche più antiche, precolombiane, medievali e rinascimentali. Può darsi che abbiano ragione i curatori della mostra quando scrivono nel catalogo che l’opera in ceramica di Picasso fu per molto tempo sottovalutata rispetto a pittura e scultura. Ma bisognerebbe anche uscire dal luogo comune riassunto nel termine “sfida” che ogni volta dipinge Picasso come un bambino capriccioso che reagisce ai limiti che gli vengono posti dimostrando che può riuscire bene in ogni cosa si proponga di fare. In realtà, a guidarlo verso lande sconosciute è piuttosto la sua esorbitante vitalità interiore. Così è per la ceramica, che cominciò a sperimentare a Vallauris, poco distante da Antibes, altro luogo ispiratore del Picasso mediterraneo. In entrambe le località vi sogno musei picassiani che conservano testimonianze notevoli del suo lavoro negli anni fra i Quaranta e la fine dei Sessanta. La ceramica – tecnica nella quale Picasso ha realizzato migliaia di opere – è davvero il momento dove l’immaginazione picassiana dimostra che non c’è forma o materia dove il suo tocco non resusciti un’anima prigioniera nella materia. Un mattone scheggiato, un “vaso” afflosciato in sede di cottura, un frammento di pignatta, ma anche un piatto, una piastrella, una brocca, o qualsiasi altra forma plasmata nell’argilla diventa sotto le sue mani e i suoi occhi “opera”, cioè riporta il manufatto ad antichissimi significati artistici, quando anche le stesse suppellettili cadevano dentro una ritualità sacra. Qualcosa del genere accade nell’arte tribale, e non per caso Picasso fu uno dei più avidi accumulatori di quelle immagini.

È questo che l’artista ci dice nella ceramica: egli è un taumaturgo, è colui che governa le forze del fascinans e del tremendum, perché thaumaè meraviglia, ma anche timore per qualcosa che viene alla luce da regioni che vanno oltre o si trovano sopra la nostra comprensione del mondo. In questo senso, il segno dipinto sul vaso o sull’anfora, sul boccale come su un piatto, è una sorta di transustanziazione che riafferma i valore magico del gesto umano come anche della parola (magia universalis, non pratica da ciarlatani, ma viatico a una realtà dove il mondo non si esaurisce nelle sue apparenze, anzi, esse sono soltanto il verso di una profondità che palpita di energie e forze che spesso non si rivelano o lo fanno soltanto a chi è capace di coglierle e incanalarne in una esperienza di vita). La ceramica di Picasso è un ex voto alla vita, alla forza che si sprigiona mentre il tornio compie i suoi cerchi. L’ex voto di Dioniso- bambino. E non è strano che l’artista riveli l’interesse per la ceramica delle antiche civiltà, culture dove mito e arte si sposano con naturalezza. Ovviamente, in questa piccola mostra (ma soprattutto se si va a Vallauris e in altri luoghi francesi dove sono conservate opere ancor più importanti di quelle esposte a Faenza), si vedrà che Picasso non pensa come un vasaio di suppellettili, ma come un artista che vuole cavare dalla materia quella stessa idea che lo spingerebbe ad agire sulla tela o sul muro con la pittura o ad articolare forme tridimensionali per la fusione o per l’assemblaggio, come nella poetica dell’objet trouvé. Picasso, come Matisse, porta alla massima tensione la dialettica fra le due arti sorelle, pittura e scultura, ponendo il sigillo a una storia che era cominciata due secoli prima: quella che trova i maggiori innovatori della scultura in alcuni sublimi pittori, da Géricault, a Moreau, Degas, Derain ecc. E anche Picasso nella ceramica vuole ritrovare questo connubio delle arti.

Avvenire

In Istria. Dal faro di Salvore a Colmo, il borgo più piccolo del mondo

In viaggio dalla costa alla scoperta dell’interno, meno battuto dai flussi turistici ma con chicche imperdibili. A cominciare da Grisignana, la città degli artisti. O Levade, patria del tartufo

Istria, l'antico faro di Salvore (foto G. Matarazzo)

L’Italia fa parte della sua storia, è lì di fronte, dall’altra parte del golfo, a poco più di un’ora di macchina, anche se si superano due confini. Forse si vede anche da lì il più antico faro ancora attivo dell’Adriatico, a Salvore, in Istria, Croazia. Un faro e tante storie attorno. Di mare e di terra. A cominciare dalla sua costruzione nel 1818 dall’architetto Pietro Nobile per ordine della Deputazione della Borsa di Trieste con l’appoggio dell’imperatore austriaco Francesco I come segnale per i navigatori notturni: “cursibus navigantium nocturnis dirigendis”, riporta la targa lapidea all’entrata. La leggenda narra che fu un nobile austriaco, il conte Metternich, a volerlo per una bella nobildonna di queste zone di cui si era innamorato a un ballo a Vienna. La giovane croata però morì prima che il faro venisse terminato. Il conte non lo visitò mai, eppure la sua bellezza e l’amore di cui è intriso sono arrivati fino a noi. Le acque di Salvore sono state teatro anche di grandi battaglie: nel 12° secolo il Doge di Venezia con una trentina di galee tese un’imboscata alla flotta dell’imperatore Federico Barbarossa, due volte più grande. Quando Otto, il figlio dell’imperatore, si rese conto che la sua flotta non poteva essere salvata, decise di fuggire. Si nascose in queste coste, in una vecchia cisterna romana: a questo episodio Salvore deve il suo nome (il “re salvato”).

Roma, perché c'è un cervo sopra la chiesa? La basilica in piazza di Sant'Eustachio è sormontata da una scultorea testa di cervo

Sant'Eustachio<br>

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La graziosa piazzetta di Sant’Eustachio a Roma si trova a due passi dal Pantheon, a pochi metri da piazza Navona e da Palazzo Madama. Insomma, non è strano che sia attraversata da centinaia di turisti ogni giorno, a tutte le ore. Molti poi, sono spinti qui dal desiderio di provare un espresso presso lo storico caffè omonimo. Ma non tutti sanno che alzando gli occhi al cielo e prestando attenzione alla sommità della Basilica di Sant’Eustachio, noteranno una stranezza: alla base della classica croce, c’è una scultorea testa di cervo. Per la precisione la croce si innalza proprio sulla testa dell’animale.

Sì, un cervo, con tanto di ramificate corna, che i più attenti osservatori ritroveranno anche in altre icone del rione (che si chiama anch’esso Sant’Eustachio). Ma cosa ci fa una testa di cervo in cima ad una chiesa? Un cervo che ha persino l’onore di sorreggere la croce cristiana dev’essere stato certamente un animale importante, vero o leggendario che fosse. La piazza prende il nome dalla chiesa di Sant’Eustachio, ma in precedenza si chiamava piazza della Schola. Il luogo di culto fu costruito nell’VIII secolo, in onore del santo che, all’epoca dell’Impero Romano, abitava qui. O almeno questo è quanto narra la leggenda.

Eustachio è stato identificato con Placido, un encomiato generale dell’esercito all’epoca di Traiano. Secondo la raccolta medievale della Leggenda Aurea, Placido un giorno si stava dedicando alla caccia, quando avvistò un cervo. Lo seguì fino al limitare di un burrone, quando la bestia si voltò e tra le sue corna comparve un croce luminosa. Il cervo si rivolse al generale, dichiarando di essere Gesù e chiedendo il motivo della persecuzione. Placido, spaventato, corse a casa dalla moglie, la quale aveva avuto a sua volta una visione. Fu così che i due decisero di recarsi dal vescovo e convertirsi al cristianesimo. Anni dopo, sotto Adriano, colui che ora veniva chiamato Eustachio fu condannato a morte con l’intera famiglia a causa della sua religione. Pare che tuttavia le fiere del Colosseo, che dovevano sbranarlo, si fermarono, e, chinando la testa, lo lasciarono vivere. L’imperatore condannò quindi Eustachio e famiglia ad una morte altrettanto cruenta, quella del toro di Falaride (si rinchiudeva lo sventurato in un toro di bronzo che veniva scaldato fino ad arroventare la vittima). Ma, si narra, una volta aperto lo strumento di tortura i loro corpi risultarono privi di vita, ma intatti.

Si dice che la chiesa sorga dove un tempo si trovava il giardino della casa del martire, su cui successivamente Nerone fece costruire le sue terme e Costantino, primo imperatore convertito al cristianesimo, vi eresse un oratorio. Documenti del 795 testimoniano in questo luogo la presenza di una diaconia (una sorta di centro di assistenza per i poveri) che nei secoli fu ampliato, e quindi consacrato, fino a giungere all’aspetto tipicamente barocco che ha oggi. Con la testa di cervo che sovrasta la chiesa e la piazza.

Piemonte, cosa fare tra Verbania ed Orta San Giulio In uno scenario naturale particolarmente suggestivo ecco due località affacciate sul lago che regalano infinte emozioni

Sulla sponda occidentale del Lago Maggiore si adagia il comune sparso di Verbania, capoluogo della provincia del Verbano- Cusio- Ossola, non a caso conosciuta come Giardino sul lago. Il comune, con i suoi tanti centri urbani, occupa una superficie molto ampia toccando località come Fondotoce, proprio sulla foce del fiume che si getta nel cuore del Golfo Borromeo, Suna e Pallanza, il promontorio della Castagnola, l’Isolino di San Giovanni, Intra. Ecco le cose da non perdere.

LE ATTRAZIONI DI VERBANIA
Verbania ha fama di essere sede di uno dei luoghi più belli della regione dei laghi italiana. Grazie alla sua posizione nel Golfo Borromeo del quale fa parte anche l’arcipelago delle Isole Borromee raggiungibili con i taxi d’acqua di Verbania, la zona è immersa in un contesto naturalistico che lascia senza fiato.

LA VIVIBILITA’
Non è un caso che diversi anni fa Verbania sia stata eletta come il Capoluogo più vivibile d’Italia, precedendo note città come Belluno, Bolzano e Trento. Giardini e parchi sono la principale attrattiva turistica della zona, da sempre meta ideale di chi cerca di coniugare al relax della vacanza la bellezza e l'armonia del paesaggio. 

VILLA TARANTO 
Nella parte nord orientale del promontorio della Castagnola, Villa Taranto è celebre per i suoi giardini adibiti ad orto botanico che la rendono, a detta di molti, il giardino più bello d’Italia se non del mondo.

ORTA SAN GIULIO ITINERARIO ROMANTICO
Il paesino di Orta San Giulio è uno dei borghi più belli d’Italia e sprigiona un’atmosfera particolarmente romantica. Le sue viuzze trasportano i visitatori in una sorta di dimensione sospesa nel tempo mentre viene svelato il patrimonio storico, artistico e naturalistico che offre. 





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Vermouth, vino e aromi delle Alpi

vermouth

Aperitivo per eccellenza nato all'ombra della Mole, iL Vermouth di Torino è un vino aromatizzato dalla tradizione plurisecolare che ha ottenuto, nel 2017, il riconoscimento della IG.

LA TRADIZIONE
Il Vermouth di Torino nasce dall'incontro della lunga tradizione legata alla produzione, risalente ai primi secoli dopo cristo, di un vino a base di erbe impiegato, nel corso dei secoli, a scopo terapeutico, con la maestria dei liquoristi piemontesi esperti dell'arte della distillazione sin da epoca quattrocentesca. La bevanda come oggi la conosciamo è il frutto del lavoro svolto dai produttori piemontesi che, alla fine del XVIII secolo, misero a punto una ricetta che si distingueva da quelle che si erano diffuse in diversi Paesi europei nei secoli precedenti. Una ricetta caratterizzata da maggiore dolcezza e amabilità e da note aromatiche più intense che incontrò persino il palato raffinato della famiglia reale diffondendosi ben al di fuori dei confini nazionali. Non a caso il Vermouth di Torino è, oggi, noto in tutto il mondo per la tradizione e la storicità della sua produzione.

LA DENOMINAZIONE
Precedentemente inserito nell'elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), nel 2017 il Vermouth/Vermut di Torino ha ottenuto il riconoscimento della Indicazione Geografica che lo ha definitivamente legato alla tradizione sabauda. Nello stesso anno è, dunque, nato l'Istituto del Vermouth di Torino che si occupa di promuovere e valorizzare, anche attraverso interessanti iniziative, la qualità del prodotto sui mercati nazionali ed internazionali.

LE CARATTERISTICHE
Il Vermouth di Torino è un vino aromatizzato preparato con una base di vino bianco, rosato o rosso, che viene aromatizzato con un blend di estratti naturali ottenuti da una ricchissima tavolozza di erbe e spezie e dolcificato con zucchero, mosto d’uva, zucchero caramellato o miele. Il colore ambrato si ottiene con aggiunta di caramello mentre le note aromatiche sono il frutto del mix di numerose erbe e spezie, ed in particolare, assenzio (in due differenti varietà riconosciute), camomilla romana, anice stellato, arancio amaro, ginepro, sambuco, zenzero, maggiorana, origano, lichene polomonario, cannella, chiodi di garofano, noce moscata e rabarbaro. Viene classificato in base al colore (bianco, rosso, ambrato e rosato) ed alla quantità di zucchero che viene impiegata nella produzione. Viene definito extra secco o extra dry quando contiene meno di 30 grammi di zucchero per litro, secco o dry quando contiene meno di 50 grammi per litro, e dolce quando il tenore di zuccheri è pari o superiore ai 130 grammi per litro. Viene prodotto anche un Vermouth Superiore che si riferisce a prodotti con un titolo alcolometrico non inferiore a 17% vol., realizzati con almeno il 50% di vini piemontesi e aromatizzati con erbe – diverse dall’assenzio – coltivate o raccolte in Piemonte.

LA PRODUZIONE
Per ottenere un ottimo Vermouth di Torino è fondamentale scegliere un vino che per struttura e acidità sia in grado di sorreggere gli aromi e bilanciare lo zucchero. Si aggiungono, quindi, gli estratti di erbe aromatiche e di spezie, fiori, semi, radici e cortecce, precedentemente messi in infusione in una soluzione idroalcolica per 15-20 giorni. Una volta miscelati con lo zucchero e il vino, vengono lasciati maturare in vasche di affinamento. Si procede, quindi, al filtraggio della bevanda e all’imbottigliamento.

LA CULTURA
Il vermouth deve il proprio nome al termine tedesco Wermut usato per definire l’Artemisia Absinthium. La ricetta del vinum absinthites a base di erbe è, infatti, antichissima e viene menzionata in trattati risalenti ai primi secoli dopo Cristo come rimedio per curare i problemi di stomaco e intestino. Il suo utilizzo come medicinale prosegue anche in epoca rinascimentale ma la ricetta viene arricchita con l'aggiunta di nuove spezie giunte dall'oriente, come cannella, chiodi di garofano e rabarbaro.

IN CUCINA
Consumato soprattutto come aperitivo o come componente di molti cocktail classici, tra cui il Martini, l'Americano, il Manhattan e il Negroni, il Vermouth si rivela anche un ottimo ingrediente per la preparazione di piatti a base di carne. Da sperimentate, inoltre, i numerosi abbinamenti proposti dall'Istituto del Vermouth di Torino in occasione dell'ultima edizione di Vinitaly, tra cui quelli con il cioccolato e i formaggi come il Parmigiano, quelli di montagna e quelli di latte di bufala.
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Enit 探索米兰 Perché chi fa turismo in Italia deve aprire un account Wechat


Numeri da record per il turismo a Milano: secondo i dati della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, nel 2018 il capoluogo lombardo ha raggiunto 7,7 milioni di arrivi(+2,2% rispetto al 2017) e 15,7 milioni di presenze (+1,6%). I visitatori stranieri hanno superato quelli italiani con 4,4 milioni di arrivi e 9 milioni di presenze, mentre gli italiani si sono fermati a 3,2 milioni di arrivi e 6,4 milioni di presenze. Una fetta importante di turisti è di provenienza cinese: nel 2018 sono stati circa 400mila i cinesi che hanno visitato Milano, in aumento dell’1,9% rispetto all’anno precedente.
Importante dunque che la città di Milano, con la propria offerta turistica, instauri un canale diretto coi visitatori cinesi. Poche settimane fa, l’annuncio del lancio dell’account ufficiale Yes Milano 探索米兰 (Tànsuǒ Mǐlán significa “esplorare Milano”) sull’applicazione cinese WeChat.
Milano è la prima città italiana ad avere un proprio account ufficiale su WeChat, app che conta più di un miliardo di utenti in tutto il mondo. L’iniziativa del Comune di Milano è frutto dell’accordo stipulato fra la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Tencent, l’azienda di Shenzhen proprietaria di WeChat. Partner dell’iniziativa anche Fc Internazionale, Teatro alla Scala e Camera della Moda. Entro il 2030, il turismo cinese rappresenterà quasi un quarto del turismo globale e si stima che nei prossimi 5 anni avrà per Milano un potenziale di 220 milioni di visitatori.

Perché Wechat

L’account YesMilano su WeChat avrà come funzione principale quella di fornire informazioni agli utenti che si trovano in Cina, da aspetti legati all’organizzazione del viaggio fino al soggiorno in città. Entro la fine del 2019, verrà inoltre avviata una seconda modalità d’interazione su WeChat. Attraverso un mini-program pensato per chi già si trova in Europa o a Milano, grazie alla geolocalizzazione l’utente potrà organizzare la visita in città sulla base dei propri interessi scegliendo tra percorsi enogastronomici, culturali, sportivi o dedicati allo shopping.
L’iniziativa YesMilano non è l’unica a dimostrare la forte attenzione di Milano e dei suoi operatori verso il turismo cinese. A giugno del 2018 Montenapoleone District, l’associazione che riunisce oltre 150 marchi del lusso del Quadrilatero della Moda di Milano, ha lanciato anch’essa il proprio account ufficiale WeChat. Secondo i dati Global Blue relativi al primo semestre 2019, i cinesi sono la prima nazionalità per acquisti tax free in Italia con il 28% del totale del mercato, e sono big spender in tutte e quattro le principali mete per lo shopping: a Venezia hanno pesato per il 35% sulla spesa totale, a Milano per il 33%, e a Roma e Firenze per il 28%.
Se da una parte, Milano ha una forte attrattiva agli occhi del consumatore cinese per lo shopping, la moda e anche il calcio, e vi è presente un tessuto industriale (e anche politico) che supporta iniziative di respiro internazionale, bisogna però ricordare che il viaggiatore cinese difficilmente quando viaggia in tratti di lunga percorrenza (come nel caso dell’Europa), visita solamente una città e neppure un singolo paese. I lunghi viaggi dei cinesi toccano più mete, anche perché solitamente avvengono durante le feste nazionali. Di conseguenza, la presenza digitale e social delle singole destinazioni assumerebbe maggiore visibilità se inserite in una strategia integrata del turismo italiano.
L’ente del turismo italiano Enit è già presente su WeChat dal 2017, così come l’Ambasciata italiana in Cina a Pechino e i vari consolati. Spazi di crescita ci sono, in particolare in vista del2020, anno del turismo Italia-Cina. Auspicabile quindi una maggiore attivazione sulle diverse piattaforme cinesi, molto diverse da quelle occidentali ma anche in costante evoluzione. Per esempio, TikTok è il social che sta crescendo di più in Cina e anche nel resto del mondo: a settembre è stata l’app più scaricata sia su Apple Store che Google store a livello globale.
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Enit / Buy Wedding in Italy: dai talk show momenti di confronto professionale e preziose informazioni


E’ in costante e interessante crescita il turismo incoming legato ai matrimoni stranieri in Italia. Questo il primo dato emerso dalla tre giorni svoltasi a Bologna, la quinta edizione in tutto del workshop b2b Buy Wedding in Italy, che ha messo di fronte offerta del mercato matrimoniale italiano e domanda dei wedding planner stranieri, ben 25 presenti, che con gli appuntamenti prefissati hanno dato vita a 2.200 incontri.

Interessante al punto che Enit, oltre ad avere ospitato la presentazione dell’evento a Roma e avere aiutato l’organizzazione curata da Valerio Schoenfeld a invitare buyer consolidati e affidabili, è stata presente nella seconda giornata di lavori, con il consigliere Sandro Pappalardo, testimoniando l’interesse per un segmento molto importante del settore turistico.

Secondo i dati del report dell’osservatorio Destination wedding tourism, il fatturato complessivo del settore si attesterà sui 486 milioni 854 mila euro, con il maggior assorbimento dei matrimoni soprattutto in tre territori: in primis la Toscana con il 25,6% del mercato, seguita dalla Campania (15,3%) e dalla Lombardia, con un market share pari al 14,3%. Queste tre regioni conquistano da sole oltre la metà del tutto: ben il 55,2%.

Un aspetto interessante del workshop ha riguardato le conferenze, coordinate da Bianca Trusiani, presidente del comitato tecnico Buy Wedding, che hanno toccato tematiche importanti e diverse. Novità di questa edizione, soprattutto per la caratura dei partecipanti, i talk show, moderati dal nostro collega, Massimo Terracina: il primo era dedicato al destination wedding quale leva per lo sviluppo di una destinazione e al contempo tutte le caratteristiche del territorio come gli usi, i costumi e l’enogastronomia rientrano nel destination wedding stesso, che ha visto la partecipazione, oltre che del consigliere di amministrazione Enit, Sandro Pappalardo, che ha fornito dei dati riguardo ai viaggiatori stranieri che si recano in Italia per i viaggi di nozze, Carmen Bizzarri, docente Università europea di Roma e Stefano Crugnola, agente di viaggio e componente del comitato permanente di promozione del turismo in Italia.

Un altro interessante e difficile argomento (per l’importanza e la complessità della cosa) è stato quello dedicato al “Professional challenge: wedding planner doc!”, il cui fulcro è stata la prassi di riferimento analizzata dai vari attori e competitor. Anche qui importanti indicazioni da Olimpia Ponno, ex presidente Mpi, Clara Trama, presidente dell’Associazione italiana wedding planner,Veronica Amati, sinologa e destination wedding planner, Ruggero Lensi, presidente Uni Italia, Franco Fontana, responsabile della certificazione del servizio e della persona, e Stefania Arrigoni, fondatrice di Assowedding. Tutti gli speaker hanno parlato di ciò che stava succedendo con tale prassi sia a livello italiano, sia internazionale. Clara Trama ha promosso e portato avanti questa prassi coadiuvata da Ruggero Lensi. Momento topico e molto seguito da tutti: ci sono stati confronti con altri wedding planner e presidenti di associazione di altre categorie.

travelquotidiano.com

Enit all’Ibtm di Barcellona tra workshop, flash mob e photobooth




Gli spagnoli spendono una fortuna in Italia, ben 1 miliardo e mezzo l’anno con picchi in Lazio, Lombardia, Veneto e Sicilia. E la spesa degli spagnoli non arresta a crescere e anzi aumenta del +15,8% nel 2018 sul 2017. Il Bel Paese è in capo alle loro scelte: all’ottavo posto tra le mete scelte dagli spagnoli nel mondo. E continua l’impennata dei fan spagnoli della penisola con presenze in aumento del 10%. Soprattutto al Sud Italia, tra cui Napoli, dove soggiornano fino a oltre 12 giorni. I visitatori dalla Spagna amano stare comodi e nel 71% dei casi prediligono hotel e villaggi a sistemazioni extralberghiere. In queste strutture ricettive si concentra il 44,2% della loro spesa turistica. Segue l’ospitalità di parenti e amici con una quota parte del 17,6% sul totale.

I dati sono stati resi noti dall’Enit-Agenzia Nazionale del Turismo in vista dell’Ibtm di Barcellona, da domani, martedì 19 a giovedì 21 novembre, in cui l’Ente ha organizzato appuntamenti di networking di confronto, health breakfast per promuovere l’enogastronomia italiana, photobooth per immersioni nelle atmosfere italiane e un flash mob in stile veneziano al The Imperial Barcellona con ambientazioni di corte in occasione del workshop indetto dall’Agenzia Nazionale del Turismo che farà incontrare 50 aziende italiane con oltre 200 buyers spagnoli per una full immersion nel mood italiano.

travelnonstop.com

Settimana della Cucina italiana, via! 50 eventi firmati Enit in 28 sedi


L'Agenzia nazionale del turismo si è mossa per questa manifestazione, ed è pronta a sfoderare oltre 50 iniziative nelle 28 sedi che ha nel mondo. Questo per promuovere la bontà e la cultura del cibo italiano, esportando allo stesso tempo il Made in Italy a tavola: da cene con chef stellati a degustazioni di vino fino ad esperienze sensoriali.
Inizia a tutti gli effetti la quarta edizione della Settimana della Cucina italiana nel mondo, da oggi, 18 novembre, fino al 24. Tanti gli enti e i cuochi coinvolti, tantissime le attività. Ovviamente Enit - l'Agenzia nazionale del turismo non poteva che giocare un ruolo di prim'ordine in questa manifestazione sparsa un po' per tutto il mondo. Lo fa prendendo la Penisola e servendola sotto una cloche d'argento: una volta scoperchiata si scoprono oltre 50 iniziative organizzate dalle 28 sedi dell'Agenzia italiana del Turismo.

L'Agenzia nazionale del Turismo ha organizzato 50 iniziative per la Settimana della Cucina italiana nel mondo (La Settimana della Cucina italiana comincia oggi! 50 eventi per Enit)

Il progetto, ideato e coordinato dalla Farnesina, coinvolge Mise, Mipaaf, Miur, Mibact, enti, associazioni e istituzioni, tutti attenti a promuovere l'Italia a livello globale. Enit, dal canto suo, ci tiene a diffondere la bontà e la cultura del cibo, esportando così il Made in Italy a tavola, nutrendo l'immagine della Penisola nei mercati internazionali. La vacanza enogastronomica, infatti, registra il più alto tasso di crescita rispetto alle altre tipologie di vacanza nel Belpaese. 

Il ciclo di eventi a tema ideati da Enit crea una rete di salvaguardia dei prodotti Dop e Doc italiani e consente la valorizzazione delle eccellenze del territorio, in una sinergia che coinvolge l'industria culturale italiana. Chef stellati e orchestre sinfoniche, mostre fotografiche, masterclass sui prodotti tipici regionali, degustazione di vini, blind tasting ed esperienze sensoriali, nonché campagne come "Taste of Leonardo", in occasione dei 500 anni dalla morte del genio italiano. 

Per l’occasione, l’agenzia ha predisposto un nuovo progetto di digital marketing secondo un approccio glocal con attività social-digital coordinate dalla sede centrale e implementate localmente dalle sedi estere. La campagna sulla Settimana della Cucina italiana nel mondo è dunque declinata localmente sia dal punto di vista linguistico-culturale che di selezione dei mezzi e degli strumenti più idonei e maggiormente performanti. 
«Solo in team si riesce a tinteggiare il mondo di italianità - dichiara il presidente Enit Giorgio Palmucci - Eventi come questi giovano all’immagine della Penisola e al turismo. L’identità radicata dei nostri prodotti gastronomici è simbolo di cultura e valorizza anche la dimensione economico-sociale. L’Italia è un modello da tutti i punti di vista ma la cucina è l’esempio più significativo dello stile di vita italiano e mette tutti d’accordo». 

Un mercato fiorente che muove ben 117 euro al giorno pro capite. «I turisti stranieri - commenta il direttore esecutivo dell’Agenzia nazionale del turismo Giovanni Bastianelli - hanno speso nel Belpaese circa il 36% in più nel 2018, il più alto tasso di crescita rispetto alle altre tipologie di vacanza e i percorsi enogastronomici, in generale, vengono associati a tutti i pacchetti venduti sia dagli operatori europei che da quelli oltreoceano. Le vendite da parte degli operatori esteri dell’organizzazione intermediata dei viaggi, sia tradizionale che online, infatti indicano un trend di ulteriore crescita del prodotto enogastronomico in Italia. Gli aumenti rilevati dai tour operatori variano dal +5% al +10% sul medesimo periodo del 2018».
italiaatavola.net

Il Magico Paese di Natale di Govone presenta Family Travel Workshop, un incontro fra operatori del settore turistico per scoprire il Natale a misura di famiglia in Piemonte

magico paese natale govone

Quattro giornate di full immersion nel cuore del Roero, fra l’esperienza incantata di Govone, il borgo cuneese che si trasforma ne Il Magico Paese di Natale, e itinerari dedicati ad arte, cultura, enogastronomia nonché attività formato famiglia a contatto con la natura.
È la Borsa del Turismo Family Travel Workshop, rivolta a Tour Operator italiani e internazionali e pensata per valorizzare il territorio piemontese e la sua offerta turistica, grazie all’incontro con gli operatori locali impegnati nell’ospitalità, nei servizi e nell’organizzazione di eventi. Patrocinano l’evento ENIT e Regione Piemonte, lo sostengono l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, il Comune di Govone, Priocca e Guarene, la Fondazione CRC e molti privati come il Casta Hotel, ABC Group e la Bus Company.
Sono 30 i Buyer selezionati, provenienti da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Regno Unito e da alcune regioni italiane come Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana e Veneto: prevalentemente interessati alle tematiche che riguardano la vacanza in famiglia, con un particolare focus sul turismo slow e sul mondo rurale, sono protagonisti di un viaggio educativo ideato per conoscere da vicino il Piemonte e le numerose opportunità offerte dal territorio. In programma ci sono percorsi dedicati all’arte e alla cultura, esperienze culinarie, attività outdoor che coinvolgono sia adulti che bambini, nel segno di un turismo lento e autentico, oltre alla possibilità di assaporare in prima persona l’atmosfera magica di Govone.
Proprio nel weekend 16-17 novembre è stat inaugurata la 13^ edizione de Il Magico Paese di Natale, un evento dedicato proprio alle famiglie, fra tradizione e fantasia. Un’occasione ideale per calarsi nel panorama UNESCO delle colline vitivinicole Langhe – Roero e Monferrato, dove un intero borgo indossa l’abito natalizio, ospitando il Mercatino di Natale più grande d’Italia, con ben 117 espositori selezionati provenienti da tutta Italia, e una originalissima Casa di Babbo Natale allestita all’interno del Castello di Govone, ex residenza sabauda inserita nelle liste UNESCO Patrimonio dell’Umanità.
Momento clou di questo appuntamento B2B è il Workshop in programma oggi, lunedì 18 novembre, a Priocca (CN) nella sede di Mondodelvino SpA, dove i buyer partecipanti a Family Travel Workshop e gli operatori turistici piemontesi possono confrontarsi sulle dinamiche di domanda e offerta, per trovare nuove opportunità di investimento e sviluppo turistico. Un vero e proprio business-to-business che coinvolge da un lato gli specialisti nella creazione e vendita di pacchetti turistici, dall’altro operatori incoming, consorzi, club di prodotto e strutture destinate all’ospitalità, con l’obiettivo finale di sviluppare un’offerta integrata con le risorse del territorio e dedicata in particolare al target delle famiglie. Uno scambio di spunti e suggerimenti, proposte di vacanza, itinerari tematici ed esperienze da condividere anche con i più piccoli componenti della famiglia. Nella seconda giornata di Workshop, un importante forum di approfondimento porta l’attenzione sulle tendenze che riguardano la domanda turistica di chi viaggia in famiglia, mettendo in discussione gusti e desideri, ma anche esigenze e servizi ad hoc.
atnews.it