Vacanze nell'anno più nero: dall'Ospitalità religiosa 17 mila notti low cost

 Vacanze nell'anno più nero: dall'Ospitalità religiosa 17 mila notti low cost

Repubblica Viaggi

Nel periodo in cui il settore turismo sta cercando un rilancio tutt'altro che semplice, il mondo dell’ospitalità di matrice religiosa si propone agli italiani con un’iniziativa dedicata a chi vuole conoscere un’accoglienza che privilegia la familiarità, il confronto e la convivialità. E la denominazione “Ospitiamo a braccia aperte” già chiarisce i sentimenti che animano i gestori delle strutture partecipanti, pur con tutte le precauzioni dovute all’emergenza sanitaria.

Sono circa diciassettemila le notti messe a disposizione con lo sconto del 30%, nei weekend da ottobre a marzo dal Trentino alla Sardegna, dal Piemonte alla Sicilia, senza tralasciare mete classiche. A cominciare, ovviamente, da Roma. Chiunque potrà toccare con mano l’esperienza di soggiorno offerta dalle strutture religiose e non profit.

Vacanze nell'anno più nero: dall'Ospitalità religiosa 17 mila notti low cost

Hotel Aurora. Peio (TN)

Obiettivo dell’iniziativa, patrocinata dall’Ufficio nazionale CEI per la Pastorale del Tempo libero, Turismo e Sport, guidato da Don Gionatan De Marco, è “mostrare uno dei tanti volti belli della Chiesa” per ridare impulso a realtà di accoglienza poco conosciute e slegate dai circuiti commerciali. Strutture ricettive che fanno capo al portale ospitalitareligiosa.it e che si rivolgono a chi vuole trascorrere un weekend di serenità o a chi sta progettando futuri soggiorni per i propri gruppi di riferimento. Il tutto senza dimenticare i fini caritatevoli, missionari e di sostegno a cui gli introiti sono destinati.

Realizzata dall’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana, l’iniziativa vede la collaborazione di importanti realtà del mondo religioso e laico, come il CITS (Centro Italiano Turismo Sociale), il CTG (Centro Turistico Giovanile) e il CNEC (Centro Nazionale Economi di Comunità).

L’elenco delle disponibilità è in continuo aggiornamento ed è già online sulla pagina specifica del portale ospitalitareligiosa.it, nella sezione delle Offerte Speciali, con tanto di mappa interattiva.

Natura & arte: un itinerario tra i musei "en plein air" del Belpaese

 Natura & arte: un itinerario tra i musei "en plein air" del Belpaese

Repubblica Viaggi

Da Todi al Pollino, dal Grossetano alla Val Gardena. Un viaggio alla scoperta dei parchi dedicati alla mostra di opere di scultura o installazioni d'autore. All'insegna della lentezza

"E poi, ho la natura e l’arte e la poesia, e se questo non è sufficiente, che cosa posso volere di più?" Lo diceva Vincent van Gogh, lo penserete anche voi visitando uno dei Parchi en plein air sparsi in tutta Italia che ospitano sculture e installazioni da ammirare in paesaggi d'eccezione. I primi sono nati negli anni Sessanta, ma continuano a spopolare e soprattutto in questo periodo di Covid-19, complice il distanziamento fisico e il clima mite, sono un piacere da girare. Per molti non si paga il biglietto d'ingresso e sono aperti ventiquattro ore su ventiquattro.
 
È un vero e proprio museo a cielo aperto Braida Copetti a Premariacco, a una decina di chilometri da Udine. Un sorprendente Parco Sculture - “braida” in friulano è il podere annesso alla casa colonica con la vigna, i sentieri e gli alberi da frutta - creato di recente, nel 2018, dopo dieci anni di ricerca, grazie all’amore per l’arte di una famiglia di antiquari. Tutto scaturisce da un lavoro di ricerca parallelo all’attività della Galleria d’arte dei Copetti: le opere di grandi dimensioni difficili da tenere in galleria, sono state portate all’aperto. La raccolta muta e si arricchisce di continuo: se una scultura viene venduta non si vede più, ma al suo posto ce ne sarà un'altra, oltre a venticinque sculture che costituiscono la collezione permanente. Si gira tra alberi da frutto, gelsi, carpini, roseti e ciliegi, fermandosi di qua e di là per ammirare le varie opere, vedere da vicino la brillantezza dell’acciaio, cogliere l'incisione di un masso. Ci sono Giacomo Manzù e Mario Negri, ma anche Pinuccio Sciola, l'artista delle pietre sonore, oltre a scultori di fama internazionale come Dušan Džamonja. Fino al 20 settembre, si può godere anche della mostra "Organismi en plein air. Kim Seung Hwan” che espone alcuni lavori dell'artista coreano visibili per la prima volta. In totale ci sono venti opere fatte con diversi materiali (bronzo, pietra, acciaio) e intitolate tutte Organism, tranne i due inediti, lunghi otto metri e larghi quattro: curiosamente e a dispetto della mole si chiamano “nuvole”, Clouds-Organism. Il Parco è sempre aperto su appuntamento (tel. numero 392 5598729) con accesso gratuito.
 

Il Giardino di Kränzelhof, a Cermes, in Alto Adige, è un luogo speciale in cui natura e creatività umana si incontrano, un posto dalla particolare atmosfera in cui vivere la sorpresa e l’inatteso, verso cui l’animo umano è naturalmente ricettivo. A volerlo il Conte Franz Von Pfeil, proprietario della tenuta vinicola Kränzel, una personalità piuttosto riservata e culturalmente rappresentativa, testimone vivente del fermento creativo di questa zona (siamo nei dintorni di Lana) e amante dell’arte e della natura. Ha deciso di dedicare due degli ettari che erano destinati alla tenuta vinicola per realizzare un suo sogno personale: la creazione di un giardino, in continua evoluzione, aperto a ogni nuova idea. La sua volontà è che ciascun visitatore possa dare una libera interpretazione delle parti di cui è costituito il giardino e che possa anche trovare una direzione da seguire, un’ispirazione per la propria vita. Ogni angolo offre un’esperienza particolare. Così in questo ampio spazio si alternano installazioni e sculture di artisti contemporanei (Elisabeth Pfeil; Leonard Schlögel, Sigi Geiser, Gianluca Ranzi solo per fare qualche nome) a un laghetto e una grotta, oltre a terrazze e labirinti, uno a spirale e un altro fatto di viti al suo centro. Qui il vento suona la sua musica. Diverse campane risuonano in diverse note. Numerosi sentieri, lastricati e non, collegano tutte queste parti fra di loro. In totale sono sette i giardini: il giardino Labirinto che vorrebbe ricordare un cervello umano, il giardino della Fiducia, il Teatro, il giardino della Sensualità, il giardino dell’Amore, il prato delle Feste e il giardino Ying e Yang. E poi si può fare una sosta golosa all'annesso ristorante Miil che si basa sulla realizzazione di un altro sogno del Conte: assomigliare a un’astronave aliena, per degustare sapori mai sentiti prima. Con ingresso a pagamento, è visitabile fino a fine novembre tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.
 
Il Parco di Beverly Pepper è un'altra esperienza da vivere: un'immensa area verde, incastonata nel centro storico del borgo umbro di Todi, nella quale è stato costruito un percorso artistico-naturalistico, che permette di godere dell'interazione fra genio creativo, contesto urbano e panorami sul paesaggio circostante. Sedici grandi sculture distribuite su due ettari, con vari materiali dal ferro all'acciaio inox, passando per la pietra. A ideare il Parco era stata la celebre artista statunitense, scomparsa il 5 febbraio scorso all'età di 97 anni. Dal 1972 Beverly Pepper aveva fatto di Todi la sua seconda patria, sede di vita e lavoro. Per questo ha voluto donare alla cittadinanza alcune delle sue opere. Lei personalmente ha costruito il percorso di visita e deciso dove collocare le sculture, dopo uno studio approfondito sulle visuali e sulla situazione orografica, fedele al concetto base della ricerca dell'artista: il rapporto tra opera d'arte e luogo di fruizione. La grande area verde nella quale si sviluppa il parco congiunge due importanti punti della città: il Tempio rinascimentale di Santa Maria della Consolazione e la chiesa di San Fortunato, passando per la Rocca, punto più elevato del centro storico di Todi. Tra le opere esposte, alcune di quelle che più hanno contribuito a fare di Beverly Pepper una delle scultrici contemporanee più note in tutto il mondo, come le due San Martino Altars (1993) e la riedizione delle Todi Columns, quattro sculture monumentali alte dagli 8 ai 12 metri, che nel 1979 erano state collocate al centro della tuderte Piazza del Popolo. Accesso libero, con anche visite guidate gratuite (tel. 346 5147236; fondazioneprogettibeverlypepper.com).
 

Natura & arte: un itinerario tra i musei "en plein air" del Belpaese

Parco Todi Fondazione Beverly Peper

È un piccolo Paradiso il giardino di Daniel Spoerri vicino a Seggiano (Grosseto), un paesino maremmano sulle pendici del Monte Amiata, del resto nelle mappe antiche questo luogo era denominato "Paradiso", forse per il clima mite che favorisce una vegetazione rigogliosa di numerose specie. Voluto dall'artista svizzero Daniel Spoerri negli anni Novanta, ospita centotredici installazioni di cinquantacinque artisti su un territorio vasto circa sedici ettari, ricchi di bosco, macchia mediterranea ed olivi. Alcune sono nascoste all’ombra di fitti boschetti, come "Il Galletto e la Mantide irreligiosa" di Daniel Spoerri; altre attirano lo sguardo da lontano, come l’olivo parzialmente dorato di Dani Karavan ("Adamo ed Eva").  Altre opere si confrontano con la mitologia ("Venere e Davide tra i respingenti" di Pavel Schmidt), o richiamano l’astrologia (l’intera opera astrologica di Eva Aeppli). Le opere più curiose sono l’installazione "Dies Irae" di Oliver Estoppey con tre suonatori di tamburo e ben centosessanta oche in cemento e il "Sentiero murato labintiforme" dello stesso Spoerri. Non manca la presenza delle opere interattive, per esempio la scultura sonora di J. R. Soto e l’installazione in bronzo "Chambre No.13" che affascina e riesce a confondere i sensi.
Il giardino, con ingresso a pagamento, è aperto dal giovedì alla domenica, dalle 10.30 alle 1730.
 
Nel Parco del Pollino in Basilicata, grazie al progetto Arte Pollino ci si può immergere in un vasto patrimonio artistico permanente, con opere realizzate da artisti di fama mondiale. Da non perdere la RB Ride dell'artista tedesco Carsten Höller, una “giostra” colorata con seggiolini che girano in cerchio e allo stesso tempo si inclinano verso il suolo, composta da dodici navicelle con dodici braccia e posizionata quasi a strapiombo su una collina. Ci si può anche salire per ammirare il panorama circostante e  rappresenta uno strumento per recuperare il valore del tempo, della riflessione e della contemplazione. Tra le altre opere il "Teatro vegetale" di Giuseppe Penone nel quale la natura è protagonista assoluta: ha la forma di un cerchio dal diametro di 125 m, fatto di elementi naturali, alberi, cespugli, pietre. Ancora "Earth Cinema" di Anish Kapoor, un taglio scavato nella terra (45 m di lunghezza), in cui si può entrare dai due lati. All’interno una lunga feritoia permette di “vedere” il paesaggio, sentendosi parte di esso. L’opera apre un nuovo punto di vista artistico sul territorio, invitando lo spettatore a osservarlo dal di dentro.
 

Natura & arte: un itinerario tra i musei "en plein air" del Belpaese

Biennale Gherdëina

Infine, ci sono eventi che permettono di stare all'aria aperta e di vivere l'arte a trecentosessanta gradi come la biennale Gherdëina, curata da Adam Budak di Praga, in corso fino al 20 ottobre, che si tiene in Val Gardena, nel cuore delle “montagne pallide” delle Dolomiti, e in vari altri luoghi della città di Ortisei, tra cui l’Hotel Ladina ormai dismesso. L'edizione porta il titolo “– a breath? a name? – the ways of worldmaking” (“– un respiro? un nome? modi di fare il mondo”), e vede una significativa svolta poetica nei confronti delle esigenze vitali fondamentali dell’interazione umana, quali l’atto del respirare e la volontà di dare un nome agli oggetti. In programma workshop, artist talk, conferenze con un focus sulla resilienza che cultura e natura garantiscono.

Brasile, l'arcipelago da sogno riapre ai turisti: ma solo quelli che hanno già incontrato il virus

 La singolare scelta di Fernando de Noronha: per accedere all’isola servono un sierologico positivo a IgG effettuato non oltre tre mesi prima dell’arrivo oppure un test molecolare, anche questo positivo, ma risalente a oltre venti giorni prima

Brasile, l'arcipelago da sogno riapre ai turisti: ma solo quelli che hanno già incontrato il virus

Repubblica Viaggi

In molti paesi del mondo, specialmente negli stati insulari dipendenti in modo pressoché assoluto dal turismo, le porte per i viaggiatori internazionali cominciano a riaprirsi sul serio. Si va dalle Maldive ad Anguilla, dalle Bahamas ad Antigua e Barbuda passando per Barbados o per la Repubblica dominicana, solo per citarne alcuni. In quasi tutti i casi occorre presentare l’esito negativo di un tampone effettuato da tre a cinque giorni prima dell’approdo nel paese e, in alcune situazioni, rassegnarsi a una pur gradevole quarantena. Nel complesso, dunque, la logica è proprio quella della massima garanzia in chiave di negatività: entra appunto chi possa testimoniare, test alla mano, di essere negativo a sars-Cov-2.
 
Tutto il contrario all’arcipelago brasiliano Fernando de Noronha, che appartiene amministrativamente allo stato di Pernambuco, quello che ha per capitale Recife, nel nord-est del gigante sudamericano. Le 21 isole situate a 350 chilometri dalle coste della madrepatria, nel pieno dell’oceano Atlantico, godono di una spiccata autonomia: costituiscono un distretto statale dotato dunque di un proprio statuto, con una certa libertà amministrativa e finanziaria. A questo si deve, forse, la decisione sulle singolari procedure di riapertura al turismo internazionale dallo scorso primo settembre, dopo oltre cinque mesi di lockdown assoluto. Nell’affascinante arcipelago, infatti, la logica è opposta a quella in vigore in buona parte del mondo: può entrare solo chi possa testimoniare di essere stato positivo al virus.
 

Brasile, l'arcipelago da sogno riapre ai turisti: ma solo quelli che hanno già incontrato il virus

Lo spiega il bollettino del governo nel quale vengono esposte le misure per consentire l’accesso ai turisti. Oltre al pagamento della tassa di conservazione ambientale i turisti dovranno trasmettere entro 72 ore dalla partenza i risultati – positivi - di uno fra questi due test: un sierologico che dimostri la presenza di immunoglobuline G (IgG) effettuato non oltre 90 giorni prima dell’arrivo all’aeroporto Carlos Wilson sull’omonima isola principale dell’arcipelago atlantico (nonché la più stesa e l’unica abitata); oppure un test molecolare positivo ma effettuato oltre venti giorni prima dell’arrivo. Evidentemente le autorità, pur assumendosi dei rischi, danno per assunto che un positivo di oltre venti giorni prima che non sia sintomatico non costituisca più un pericolo di contagio. Chissà cosa ne pensa l’Organizzazione mondiale della sanità. Non sembra necessario nient’altro: non testi rapidi all’arrivo, che anzi non sono ritenuti validi da parte dei viaggiatori, né un tampone negativo poco prima della partenza. Le immunoglobuline G, occorre ricordarlo, sono gli anticorpi che si legano al virus impedendogli di entrare in contatto con le cellule e vengono prodotte dopo due o tre settimane dall’infezione, garantendo un’immunità di durata senz’altro prolungata (ma sulla quale, nel caso di Sars-Cov-2, non c’è ancora certezza assoluta).
 
Si tratta solo della prima fase del graduale processo di riapertura dell’arcipelago nello stato di Pernambuco, santuario ambientale terrestre e marino oltre che patrimonio mondiale dell’Unesco. Un luogo selvaggio, dove il turismo è già di solito contingentato a poche centinaia di persone in contemporanea che si aggiungono ai 3mila residenti, che ospita oltre 230 specie di pesci e molluschi e 40 di uccelli marini, scorci segreti, baie più protette come quelle che affacciano sul “mar de dentro” (la parte dell’isola che guarda alle coste brasiliane) o più battute dai venti come la Baia de Lao nel “mar de fora” ed entroterra tagliati da percorsi naturalistici. In tutto lo stato, e dunque anche a Fernando de Noronha, le spiagge, prima accessibili solo fino alle 4 del pomeriggio, sono per esempio ora aperte a gruppi fino a dieci persone e senza limiti di orario. Ristoranti, bar e locali possono lavorare al 50% della capienza, i trasporti pubblici sono ripartiti così come le celebrazioni religiose e gli eventi sportivi. Hanno riaperto anche saloni di bellezza, palestre e altri esercizi. Le mascherine sono obbligatorie in pubblico e chiunque manifesti sintomi deve notificarlo alle autorità dell’arcipelago. “Sull’isola non si verifica trasmissione comunitaria da molto tempo – ha spiegato il segretario alla Salute del Pernambuco, André Longo, alla Reuters – dobbiamo fare in modo che prosegua in questo modo. Ovviamente il passo che compiamo è compiuto con un occhio alla sicurezza e alle attività economiche dell’arcipelago”.

Bagheria, gioiello Barocco della costa siciliana

 Conosciuta anche come la Città delle Ville, Bagheria si trova sulla costa tirrenica della Sicilia, a pochi chilometri da Palermo. È un piccolo gioiello del Barocco che, proprio per la sua bellezza, ha ispirato artisti e registi che, con le loro opere, l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo.

Meta estiva dell’aristocrazia palermitana, oggi ospita una moltitudine di ville in stile Barocco, quasi tutte del XVIII secolo. La più antica è Palazzo Butera-Branciforti, costruita nel 1658, mentre la più famosa è la settecentesca Villa Palagonia, visitata nel 1787 anche da Johann Wolfgang von Goethe.

Questo edificio è molto particolare ed è celebre per essere uno dei monumenti Barocchi più incredibili, ma anche più bizzarri che esistano in Italia. Viene chiamata anche “Villa dei Mostri” per le numerose statue di nani e di creature demoniache che la adornano, tutte come se fossero sotto un mistico, ma affascinante incantesimo. Quando Goethe visitò la villa ne rimase talmente colpito da coniare un neologismo: “pallagonico” per indicare un’opera deforme, folle e caotica.

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Villa Palagonia @123rf

L’artista Renato Guttuso, che a Bagheria è nato, lo definì “il luogo dei miei giochi da bambino” e realizzò ben tre opere dedicate a questa villa: “Il ratto – Villa Palagonia”, “Il portone murato” e “Spes contra Spem”. Piacque tanto anche a Salvador Dalì, che dichiarò di volere acquistare Villa Palagonia per i periodi di villeggiatura in Sicilia. Insomma, una vera chicca.

Ma non è l’unica bella villa di Bagheria. Ci sono anche Villa Valguarnera e Villa Spedalotto, dove vennero girate alcune scene del film “Johnny Stecchino”, e Villa Cattolica, che oggi ospita il museo comunale dedicato a Guttuso, dove sono custodite svariate opere dell’artista.

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Villa Cattolica @123rf

Famosa come location per cerimonie e pranzi di nozze è Villa Valguarnera, dove si svolgeranno anche i festeggiamenti per le nozze dell’attrice Dajana Roncione e il cantante degli Radiohead Thomas Edward Yorke. Questa villa non è solo una location per eventi, bensì un complesso monumentale di interesse storico, architettonico e artistico. Ispirata alla vicina vicina Villa Palagonia, anch’essa con elementi derivanti da matrici esoteriche e alchemiche. Molto suggestiva è la balconata che s’affaccia sul golfo di Termini Imerese e sul Monte Catalfano.

Questa villa è riconoscibile in diverse pellicole. Tra tutte, “La dea fortuna”, il film di Fernand Ozpetek che, come per tanti altri film, anche in questo caso le location assumono un ruolo centrale e diventano vere e proprie protagoniste accanto ai personaggi.

Una curiosità a proposito di film: quando Giuseppe Tornatore girò “Baarìa”, volle ambientarlo nella Bagheria di 50 anni fa, la sua città natale. Così, volle ricostruirla con precisione maniacale in Tunisia, non lontano da Tunisi, dove il clima e i colori ricordavano la Bagheria di quei tempi. Nelle immagini ritroviamo infatti la piazza con la chiesa madre (la Madrice), il corso principale (quello originale è lungo 425 metri, mentre ne sono stati riprodotti solo 405), la cattedrale, i negozi, le case e anche la sede del Partito comunista.

bagheria-sicilia

Ville Barocche a Bagheria @123rf

siviaggia.it

Le Muse inquiete, la Biennale tra arte e storia

 Le Muse inquiete, la Biennale tra arte e storia © ANSA

ansa

VENEZIA - Arti e Storia. In 125 anni di vita, fin dalla prima esposizione d'arte del 1895, La Biennale di Venezia non ha potuto sottrarsi a questo binomio. Un confronto, a seguire il percorso della mostra "Le Muse inquiete. La Biennale di fronte alla storia", al Padiglione centrale dei Giardini, fino all'8 dicembre, che si fa serrato, come oggi, in quel "secolo brevissimo" che va dagli anni '20, quando la mano e la volontà del fascismo si allungano sull'istituzione, ai grandi momenti della rinascita post-bellica, con la memorabile mostra d'arte del '48 (Picasso per la prima volta o la "scoperta" dell'arte statunitense grazie a Peggy Guggenheim), alle contestazioni del '68, all'irrompere della guerra fredda e della caduta del Muro di Berlino, fino agli anni '90 con gli albori della globalizzazione e il cambio di Statuto e il passaggio dell'ente a Fondazione. Spinta da uno di quei grandi eventi che cambiano la storia, la pandemia da Covid19 - come prima è successo con le guerre, i conflitti sociali, gli scontri generazionali e le profonde trasformazioni del '900 che "hanno premuto contro i confini dell'Istituzione veneziana" a dirla con Cecilia Alemani, coordinatrice del progetto e direttrice dell'esposizione d'arte slittata al 2022 - la Biennale ha voluto fare i conti con le sue vicende in rapporto alla società, alla politica, ai grandi eventi del mondo. Nel vastissimo materiale custodito all'Asac, l'archivio storico della Biennale - presto trasferito e ampliato negli spazi e negli - accessi - i direttori delle sei "muse" - Arte, Architettura, Cinema, Teatro, Musica e Danza - hanno scovato documenti, lettere, ritagli di giornale, quadri, registrazioni, video che, assieme a filmati rarissimi messi a disposizione dall'Istituto Luce, hanno dato vita all'esposizione, suddivisa in 12 sale. Una esposizione delle Biennali, del lavoro per realizzarle, della persone che le hanno guidate, delle censure del totalitarismo e delle libertà, del suo saper essere stata stata, nei due dopoguerra, a dirla con la curatrice, "faro di speranza nella rinascita civile dell'Italia e di molte altre nazioni". Più di mille documenti danno vita a "una mostra molto densa", spiega Cecilia Alemani, che ripercorre passo dopo passo, sotto titoli "chiave", "i momenti di crisi, di trasformazioni, di rivoluzioni, di introduzione di nuovi linguaggi artistici che, in una disciplina o nell'altra, hanno marcato la storia della Biennale". Ad accompagnare il visitatore, lungo il percorso allestito da Formafantasma, una utile pubblicazione che sopperisce di fatto alla quasi assenza di didascalie vicino al materiale esposto al fine di evitare "aggregazioni di persone" attorno a una bacheca o un tavolo. Ogni elemento, ogni raccolta di atti attorno a un singolo evento, a una "censura" o a uno "scandalo", anche mediatico, è motivo per aprire uno squarcio sul confronto-scontro tra arti e storia, per comprendere quel procedere per strappi e connessioni: dalla mostra del Cinema che dal '38 diventa strumento di propaganda fascista, alla causa di De Chirico contro la Biennale, al dipinto girato di Gastone Novelli e gli scontri in piazza del '68, alla protesta per il golpe in Cile nel '74 o la Biennale del Dissenso del '77 di Carlo Ripa di Meana; oppure, su fronti diversi lo scandalo per il dipinto del 1895 di Giacomo Grosso premiato e censurato dalla chiesa o le opere 'osè' di Jeff Koons con Ilona Staller. Tra le curiosità, ma drammatico segno dei tempi, la visita alla mostra d'arte di Hitler nel '34, con il suo rifiuto di un'opera di Seibezzi che gli viene offerta perché non gli sembra rappresenti bene Venezia, e il repentino cambio con un altro dipinto che ritrae delle barche. Da tutto traspare quell'inquietudine che attraversa le arti di fronte alla storia, "le muse inquiete" del titolo. perché, come dice il presidente della Biennale Roberto Cicutto, "l'inquietudine è il motore della ricerca che ha bisogno di confronto per verificare ipotesi e ha bisogno della storia per assorbire conoscenza".

THEMIS, IL LUXURY TRA CROCIERE E ITINERARI INEDITI

Themis, in Puglia il luxury tra crociere e itinerari inediti 

Selezionati i pacchetti turistici tematizzati direttamente connessi ai porti 

Sostenere lo sviluppo e le attività dei porti minori al fine di svilupparne le attività, indirizzare il traffico marittimo, in particolare crocieristico, verso territori ancora poco sfruttati turisticamente e rafforzare le connessioni con i porti principali: sono questi, in sintesi, gli obiettivi del Progetto Themis

Parlare di semplici "pacchetti vacanze" sarebbe riduttivo: quella che si offre è una vera e propria esperienza multisensoriale per croceristi di lusso. Si tratta, infatti, di offrire pacchetti exclusive per chi intende trascorrere soggiorni indimenticabili e lussuosi sia in mare aperto che in località incantevoli e raramente inserite nei convenzionali circuiti turistici.  Da un lato, dunque, i turisti potranno godere di una esperienza unica nel suo genere, dall'altra i territori, grazie a questo progetto, potranno riprendersi da un periodo difficile e complicato – soprattutto per il comparto turistico ed economico in generale – dovuto dalla pandemia del Covid-19.

I soggetti coinvolti come partner sono: l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, il Comune di Gallipoli, l’Autorità Portuale di Corfù, la Camera di Commercio di Bari e il Comune di Paxos, in Grecia. Nello specifico, poi, i Comuni di Barletta, Monopoli e Brindisi, e indirettamente anche i comuni di Bari e Manfredonia, dietro la guida dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, stanno attuando una campagna di marketing territoriale volta a promuovere il brand Themis collegandolo alle peculiarità locali e coinvolgendo le imprese del loro territorio. Unioncamere, invece, ha il compito di supportare le attività di incoming, outgoing e di formazione in capo alla CCIAA di Bari. 

Tutti gli Enti, ognuno per le proprie competenze e in sinergia tra loro, stanno portando avanti un lavoro complesso e articolato per il rilancio dei territori.

Si intende, dunque, potenziare il trasporto marittimo e la connettività transfrontaliera, sostenendo lo sviluppo e le attività dei porti minori inglobandoli nelle rotte cross-border e regionali e direzionando il traffico passeggeri, in particolare delle piccole crociere e dei maxi yacht, verso territori non ancora sfruttati dal punto di vista del turismo crocieristico rafforzando, allo stesso tempo, i collegamenti con i porti principali.

Per immaginare un reale rilancio dei porti minori, si sta lavorando su più fronti, offrendo al turista soluzioni che riguarderanno la conoscenza capillare del territorio dal punto di vista del cibo, della natura, della cultura, del benessere e delle esperienze collegate al territorio stesso.

Per rendere ancora più appetibile l’offerta, sono in fase di realizzazione opere infrastrutturali leggere per tutti i porti gestiti da AdSP MAM (Manfredonia, Barletta, Monopoli), per il porto di Gallipoli e il porto di

Gaios (Paxos) destinate all’accoglienza dei passeggeri. Le opere saranno realizzate entro il primo trimestre 2021 in modo da essere pronte per la prossima stagione.

Per poter raggiungere questi obiettivi, si è partiti dall’analisi internazionale della domanda di servizi turistici sul territorio pugliese, finalizzata a identificare un mercato specifico per i potenziali investitori, per poi lavorare sulla creazione di alcuni pacchetti turistici pensati e tematizzati in base alla predetta analisi e attività di incoming di buyer turistici legati al turismo crocieristico.

Si sta ora procedendo con la promozione internazionale dei pacchetti turistici e delle relative opportunità di programmazione di nuovi approdi nei porti del progetto, in particolare per piccole crociere e maxi yacht, e la creazione di un brand comune per identificare i territori coinvolti.

Intanto, il personale portuale, al fine di migliorare il livello dei servizi offerti, verrà coinvolto in specifici corsi di formazione.

I risultati che il progetto Themis intende realizzare, dunque, sono i seguenti:

lo sviluppo congiunto del settore turistico e di quello marittimo portuale, caratteristici e fondamentali in entrambe le economie dei due paesi;

il miglioramento dell’efficienza della capacità promozionale del territorio integrata delle amministrazioni pubbliche coinvolte;

servizi e strutture ricettive migliori nei porti di Manfredonia, Monopoli, Barletta, Gallipoli e Paxos;

migliore commercializzazione turistica dei territori del Gargano, della Puglia centrale, del Salento meridionale e delle Isole di Corfù con i loro porticcioli;

destagionalizzazione del traffico e dei flussi di passeggeri nelle aree portuali minori;

sviluppo dei servizi e delle industrie dell’indotto turistico nelle aree territoriali coinvolte.


"La nostra sfida è quella di offrire certezze e servizi, investimenti e nuove proposte, soprattutto in questa fase così delicata che stiamo vivendo per effetto delle pesantissime ripercussioni legate all'emergenza Covid", sostiene il presidente di AdSP MAM Ugo Patroni Griffi. "Un’economia ciclica, come quella delle crociere (e più in generale dello shipping), produce rilevanti e positivi effetti non solo sul porto ma anche sulle macro-aree territoriali limitrofe. Stiamo parlando di un flusso economico rilevante che si registra ogni volta che una nave si accosta ad un molo e i passeggeri scendono per escursioni o pernottamenti. I nostri porti, per conformazione geografica e peculiarità di servizi, soddisfano appieno la domanda sempre più richiesta dalle compagnie: la crociera multi-destination. Attraverso Themis puntiamo ad incentivare il settore delle crociere, in particolare delle crociere-lusso, il segmento con il maggior tasso di crescita in tutto il comparto turistico. Stiamo rafforzando significativamente la nostra offerta- conclude Patroni Griffi- e accogliendo le nuove sfide che il mercato ci pone."

fonte: comunicato stampa



Libri: il fotografo Geppetti tra Dolce vita e terrorismo

  © ANSA

Ha immortalato il mito della Dolce Vita negli anni '60, con gli scatti di Anita Ekberg e dei 'bacio dello scandalo' tra Liz Taylor e Richard Burton, ma negli anni '70 Marcello Geppetti si trova anche all'Idroscalo di Ostia, dove è stato rinvenuto il corpo senza vita di PIer Paolo Pasolini e 4 anni dopo in via Caetani, il giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. A raccontare la storia di uno dei re dei paparazzi romani è Vittorio Morelli con il libro 'Fotoreporter. Marcello Geppetti da via Veneto agli anni di piombo' (edizioni All Around).
    Macchina fotografica al collo a cavallo della Vespa ad inseguire le star del cinema, Geppetti faceva parte di quel gruppo di fotografi d'assalto romani che Federico Fellini ha consegnato alla storia nel suo film. Nel 1960 riprende Anita Ekberg che si difende dai fotografi nel 1960 armata di arco e frecce davanti alla sua villa romana. Nel 1961 ferma su pellicola Audrey Hepburn in una panetteria romana; nel giugno del 1962 a Ischia riprende il bacio tra Taylor e Burton con il suo teleobiettivo Novoflex da 400mm raddoppiato e montato sulla Nikon F. Tutti 'colpi' messi a segno da un giovane fotoreporter arrivato da Rieti all'inizio degli anni Cinquanta e che aveva mosso i suoi primi passi nella professione iniziando da fattorino in un giornale della Capitale.
    L'1 marzo del 1968 la reflex di Geppetti è in azione a Valle Giulia, sede della facoltà di Architettura dell'Università di Roma, dove riprende con vividezza gli scontri di piazza tra i manifestanti e le forze di polizia.
    L'archivio fotografico di Geppetti, tenacemente conservato dal figlio, conta circa un milione di negativi. Pezzi di storia italiana. Che meritano di essere riscoperti. Assieme alla figura di un uomo che, come racconta il figlio, aveva una integrità morale tale da rifiutare i 12 milioni di lire (cifra astronomica nel 1962) da parte dell'avvocato di Richard Burton per ritirare le foto del bacio. La risposta di Geppetti fu no, perché "io lavoro per la stampa e non per i privati, e poi cosa si direbbe, di me, in giro?". (ANSA).

Confturismo e Confesercenti, un'estate da dimenticare. Patanè, perdite da 100 miliardi. Messina, rivedere bonus vacanze

  © ANSA

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Un'estate da dimenticare per il turismo italiano. E' l'amaro bilancio stilato da Confturismo Confcommercio e Assoturismo Confesercenti.
    Per la prima volta tra luglio e agosto - rileva Swg per conto di Confturismo - scende da 65 a 63 punti su scala da 0 a 100 l'indice di fiducia del viaggiatore. Non era mai successo in 5 anni di rilevazioni e il fatto che avvenga quest'anno, visti i record catastrofici da marzo in poi, è ancora più grave.
    Andranno quindi deluse le speranze riposte sul mese di settembre per cercare di recuperare una stagione senza stranieri. "A fine marzo ipotizzavamo una perdita di valore della produzione del turismo nel 2020 nell'ordine dei 100 miliardi di euro: allora sembrava una visione eccessivamente drammatica ma ogni giorno che passa ci avviciniamo sempre più alla sua concretizzazione", commenta Luca Patanè, presidente di Confturismo-Confcommercio, che al governo chiede "risposte adeguate per fare un salto di qualità. Con le risorse del Recovery Fund si può fare molto, ma bisogna mettere il turismo al centro delle politiche attive per la ripresa".
    Anche per Assoturismo Confesercenti, il lieve recupero del mercato italiano di agosto non basta a salvare l'estate 2020: nel trimestre giugno-agosto le presenze nelle strutture ricettive ufficiali in Italia si sono fermate a 148,5 milioni, oltre 65 milioni in meno rispetto al 2019 (-30,4%), con un calo più forte nell'alberghiero (-32,6%) rispetto all'extralberghiero (-27,5%). "Ora - fa notare Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti - le imprese sperano in un prolungamento della stagione estiva a settembre e in una graduale ripresa degli stranieri, anche se le notizie di una risalita dei contagi hanno frenato le prenotazioni e in qualche caso provocato delle disdette. L'emergenza è quindi tutto fuorché archiviata: occorre prolungare i sostegni al settore, che si trova di fronte ad una nuova stagione di incertezza. Ma anche estendere e modificare il meccanismo dei buoni vacanze: la bassa adesione dimostra che, così com'è, è troppo oneroso per gli imprenditori, che non sono nelle condizioni di perdere liquidità". (ANSA).

La Galleria Borghese riapre il Deposito. Visite guidate gratuite ogni mercoledì e giovedì su prenotazione

 La Galleria Borghese riapre il Deposito © ANSA

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ROMA - La tela di Sassoferrato raffigurante le tre età dell'uomo, copia da Tiziano; la Sacra famiglia con Santa Elisabetta di Scipione Pulzone; o ancora, Un mendicante di Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto. E poi, oltre a dipinti su tavola e tela, anche olii su rame, su lavagna, micromosaici e commessi di pietre dure, come ad esempio il Cardinale Rosso, un piccolo quadro con un uccellino realizzato accostando pietre semi preziose di diverso formato e colori. Sono alcune delle opere presenti nel grande Deposito della Galleria Borghese, che, dopo la chiusura forzata dei mesi scorsi, torna a essere un luogo aperto e accessibile alla collettività.

La Galleria Borghese - divenuta con i suoi 111 mila follower il terzo museo più seguito in Italia grazie all'attività sui social svolta durante il lockdown - riapre infatti la visita guidata negli affascinanti spazi di quella che può essere considerata a buon diritto la "seconda pinacoteca" del museo romano.

Al via dunque le visite guidate gratuite svolte dal personale del museo, ogni mercoledì e giovedì alle ore 16.30, per ammirare il deposito organizzato su due livelli: un luogo magico, dove le opere, seguendo i canoni delle gallerie seicentesche, sono ordinate per scuole di pittura e per aree tematiche e complete di tutti gli apparati espositivi. La prenotazione è obbligatoria, nel rispetto delle misure di sicurezza, al numero 06 67233753 oppure all'indirizzo ga-bor@beniculturali.it.

De Filippi, 60 anni di arte e militanza. Al museo Castromediano di Lecce il lungo percorso del pittore

 mostra a Lecce Fernando De Filippi Il vento del passato - Lenin parla ai delegati © ANSA

Una ricerca che in sessant'anni si è intrecciata con gli snodi cruciali del panorama culturale e artistico internazionale dalla seconda metà del Novecento a oggi. Un lungo lavoro che il pittore Fernando De Filippi, leccese, classe 1940, ha condotto dai primi anni Sessanta, quando si trasferì a Milano sviluppando la sua indagine nelle opere legate al suo impegno politico e sociale militante, attingendo alle iconografie della Pop Art sganciate però dalle istanze americane, per giungere, attraverso l'analisi dell'iconografia di Lenin, alle performance, alle scritte sulla sabbia che rimandano agli scritti teorici di Marx e poi, dagli anni Ottanta, alla mitologia e alla costruzione di un immaginario in cui al centro dell'attenzione c'è l'albero come immagine del mondo e visualizzazione del pensiero. Fino alle opere sul fuoco degli anni Duemila realizzate grazie alle nuove tecnologie. Il racconto di questa esperienza artistica e umana, scandita da un centinaio di mostre in Italia e all'estero e da una lunga attività didattica coronata con la direzione dell'Accademia di Brera dal 1991 al 2009, è documentato nella mostra che il museo Castromediano di Lecce dedica fino al 2 ottobre al maestro in occasione del suo ottantesimo compleanno. Nel dibattito culturale la voce di Fernando De Filippi si è sempre fatta sentire.

''Senza pause, testimone e primo attore - osservano i curatori Brizia Minerva e Lorenzo Madaro - l'artista c'è nella lucida consapevolezza dei passaggi della storia, nelle scelte di campo e nella riflessione sulla natura dell'arte, nell'utilizzazione consapevole di situazioni, immagini, simboli, mitologie del nostro tempo. C'è nel sapiente possesso dei linguaggi e degli strumenti del fare arte, dal passato al presente tecnologico''. Nel 1975, quando la contestazione, i fermenti culturali e il vento del cambiamento scuotevano tutti i settori della società, De Filippi fu protagonista di una azione 'open air' con l'affissione nelle strade di Milano di centinaia di striscioni e manifesti con slogan a caratteri cubitali tratti dai testi marxisti, ''L'arte è ideologia'', ''Le contraddizioni sono ovunque'', ''La mano non è soltanto l'organo del lavoro, è anche il suo prodotto'', ''Arte come pratica sociale''. De Filippi è pittore, scultore, grafico, pratica installazione e fotografia, attraversa un'importante fase con azioni d'impronta politico-ideologica e concettuali, ritorna ancora alla pittura, ma attraverso elaborazioni digitali.

''Tutto nasce - ha spiegato in passato - da un retaggio concettuale, non dalla visione della natura ma da una sedimentazione mentale''. In questo lavoro l'artista ''cerca di mettere insieme ordine e disordine, passione e raziocinio''. La ricerca di De Filippi, osservano i curatori, è caratterizzata ''da una rigorosa e insieme flessibile visione mentale e analitica che tuttavia non rinuncia alla 'poesia', sia pure in una forma priva di ogni ingenuità o lirismo''. Il tema della memoria come meccanismo che ricuce gli eventi del tempo in una ricostruzione personale che si confronta con la dimensione storica e sociale ''attraversa tutte le stagioni di questo percorso: in un continuo andirivieni tra passato e presente, tra atemporalità dell'arte e tempo storico''. Al taglio del nastro della mostra, promossa dalla Regione Puglia con il patrocinio del Comune di Lecce, è intervenuto anche il maestro.

''De Filippi - ha detto Luigi De Luca, direttore del Polo Biblio-museale della città - non ha mai derogato in tutta la sua lunga e feconda carriera alla responsabilità della scelta, come uomo e come artista. Quando l'ideologia si affievolisce, quando anche l'arte si riduce a slogan e tutto sembra perduto, De Filippi ci indica una via: quella di un'arte come ricomposizione dell'unità della vita''. 

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