Fonte: verbaniamilleventi.org
- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it
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Italia ha bisogno oggi più che mai di potersi riconoscere in un patrimonio storico e artistico senza pari, rilanciando i consumi culturali
Nel serrato dibattito degli ultimi mesi sulle politiche pubbliche, reso più vivace dalla nascita di un governo di destracentro con ampia maggioranza parlamentare e una premier donna, si deve registrare una Grande Assente: la Cultura. Per la verità, in un’epoca di emergenze continue e gravi che fanno parlare ormai abitualmente di “permacrisi” (ovvero di crisi permanente), era piuttosto prevedibile. Di fronte alla confluenza di gravi problematiche di salute pubblica, economiche, belliche, dunque attinenti la sopravvivenza stessa e i bisogni primari, la cultura passa inevitabilmente in secondo piano. “Di cultura non si vive”: molte persone impegnate nei diversi settori culturali amaramente sottoscriverebbero tale affermazione; “la cultura non si mangia”, aggiungerebbero con un pizzico di cinismo beffardo altri, non troppo sensibili al fascino dell’arte, della musica, della letteratura.
A questo punto sarebbe facile per contrappasso sposare una posizione vivacemente antitetica, che andava assai di moda sul finire degli anni Ottanta del Novecento: “di cultura si vive, eccome”, se solo sapessimo mettere a frutto i giacimenti culturali di un Paese che – questo lo slogan di allora ripetuto allo sfinimento – è «un museo a cielo aperto ». I meno giovani ricorderanno questo tipo di argomentazione, che in alcuni casi suonava quasi come un invito alla riscossa per tutti gli operatori dei diversi settori culturali: musei, siti archeologici, enti lirici, teatri. Sembrava fosse stato scoperto il petrolio italiano fatto di colonne, mosaici e statue, accatastati senza rispetto in armadi polverosi nei sotterranei dei grandi musei. Per un po' si continuò a pensare che bastasse tirarli fuori, sottrarli alla occhiuta, gelosa ed escludente custodia degli storici dell’arte, mapparli, aggiungervi un po’ di cosiddetti “servizi aggiuntivi” (caffetterie, angoli riposo, ristorantini) e la nostra economia sarebbe volata.
Naturalmente così non è andata. Il grande lancio della commercializzazione della cultura naufragò presto sulle prime inefficienze e contraddizioni. I mecenati (grandi imprese in cerca di lustro) snobbavano tlo spettacolo dal vivo (troppo effimero, transeunte, per lucidare un blasone-brand) a favore del restauro di un bene archeologico, immutabile, immobile da secoli, e dunque stabile ritorno pubblicitario per l’azienda che ne avesse finanziato il recupero. Lo strumento della fiscalità non riuscì a rafforzare più di tanto l’azione dei mecenati, e anche quella si rivelò una bolla. Altre fragilità e disorganizzazioni fecero il resto: come quando per bando pubblico si affidarono a diverse aziende informatiche grandi progetti di mappatura dei beni esistenti, che non riuscivano però a dialogare attraverso le banche dati approntate dato che i linguaggi e i programmi utilizzati erano differenti…
La cultura non mise le ali all’economia né in quegli anni Ottanta né nei decenni che seguirono, anche perché i problemi erano e sono molto più complessi; a cominciare da strade e infrastrutture mancanti. Paradigmatico il caso della Sicilia, che gronda siti archeologici di bellezza incomparabile ma ancora oggi ha un sistema di collegamenti e di viabilità che esclude ogni possibilità di accesso concreto a molte di tali archeo-meraviglie. E tuttavia forse non fu questa la sola debolezza di un rilancio che voleva tradurre in oro luccicante e sonante i vecchi gioielli di famiglia. Ai nostri giorni le cose non vanno molto meglio, se nei programmi elettorali delle recenti elezioni politiche la cultura ha ottenuto poca o nessuna attenzione, con affermazioni e propositi generici, senza indicazioni chiare delle risorse finanziarie per i diversi interventi, con la solita oscillazione tra quanti vogliono più ruolo per il pubblico e quanti preferirebbero mettere tutto in mano ai privati. È forse giunto, perciò, il momento propizio per parlare di politiche culturali con un occhio più evoluto, che del passato sappia fare tesoro aggiungendo però una consapevolezza nuova, figlia dei nostri tempi così liminali, così disorientanti, che ci stanno traghettando in un altro mondo, in un’altra epoca, in cui senza bussole sarà certamente più facile perdersi.
Finora nel nostro Paese il mondo delle politiche culturali nei diversi settori è stato affrontato facendo riferimento ad alcuni paradigmi concettuali. Anzitutto la conservazione, tipica dell’approccio degli storici dell’arte, interessata soprattutto alla preservazione del bene. Successivamente, come accennato sopra, si è affermata l’idea della promozione-valorizzazione-commercializzazione, figlia in parte di un democratico desiderio di portare la cultura alle masse, in parte del più concreto desiderio di mettere a frutto capitelli e dipinti. Dal punto di vista strettamente politico è prevalso troppo spesso, invece, un paradigma elettoral-assistenzialistico: non a caso gli enti lirici hanno sempre assorbito buona parte del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) potendo vantare numerosi addetti (maestranze, elettricisti, costumisti ecc.) e dunque un buon bacino di consenso potenziale.
Ma oggi molte cose sono cambiate, anche nella percezione delle istituzioni della cultura, per lo meno in ambito internazionale. I libri, il teatro, le mostre entrano in maniera più o meno codificata e a buon diritto nel paniere che definisce il benessere dei diversi Paesi. O, quantomeno, si riscontra che i Paesi che risultano in cima alle classifiche della felicità attribuiscono ai consumi culturali un grande posto nel modo di occupare il cosiddetto tempo libero (concetto anche questo in via di ridefinizione). Pensiamo alla Finlandia che da anni è in testa alla classifica della felicità dei Paesi («Sustaineble Development Solution Network», World Happiness Report 2022) e che si basa su uno stile di vita che potremmo definire da “giovane colto” (muoviti, studia, leggi, vivi la cultura, vivi la natura, ama, condividi, ricerca) anche per i pensionati, che trovano occasioni culturali in situazioni di prossimità domestica. Quanto ai giovani veri e propri, hanno facilmente a disposizione in piccoli centri distribuiti territorialmente il necessario per produrre le loro intuizioni musicali, registrarle e metterle in rete, in modo da avere occasioni concrete di farsi conoscere. Purtroppo l’Italia non è neanche sulla scia di questo modo di vivere “giovanile e colto”. Sempre nello stesso Rapporto, l’Italia perde ulteriori postazioni e passa dal 25° al 31° posto.
Nonostante la ritrovata normalità e l’accelerazione dell’estate 2022 nella fruizione di eventi e spettacoli dal vivo, i consumi culturali sono ancora lontani dai livelli pre-Covid e risalgono lentamente. L’indice realizzato da Impresa Cultura Italia-Confcommercio e Swg ha raggiunto nei primi 9 mesi del 2022 i 68 punti (+9 sul 2021 e +12 sul 2020), distante però più di 30 punti dal valore di riferimento del 2019. Valori di riferimento che non erano certo stellari. Dalla crisi di antica data del comparto culturale, accentuata oggi da un’emergenzialità globale, è possibile però, per dirla con il sociologo Mauro Magatti, trarre una lezione generativa, che non resti impantanata nelle contraddizioni della politica culturale nel nostro Paese, ma da esse tragga una provocazione e uno stimolo potente a ripensarsi alla luce del cambiamento d’epoca in una nuova centralità. Il mondo della cultura nei suoi diversi comparti non ha mai avuto, come in questi tempi di mutazione velocissima, di fronte a sé una sfida più entusiasmante, più nobile e fondativa.
Oggi, come ha argomentato Stefano Zamagni su “Avvenire” del 13 gennaio 2023, uno dei problemi sociali più importanti che emergono all’orizzonte è fornire una risposta solida alla posizione transumanista, sostenuta dai colossi dell’high tech, che si propone non tanto il potenziamento ma il superamento di ciò che è umano nell’uomo. Il progetto che si può contrapporre con forza a questa tesi è quello neoumanista, sostenuto anche dalla Chiesa, la cui culla è proprio l’Europa. Un neo-umanesimo che nella libera espressione creativa da una parte e nel nutrimento, nella fruizione culturale dall’altra trova la sua espressione più vera. Un progetto che ricordi all’Uomo, che si è perso e non sa più chi egli sia, che non è fatto solo di materia e conoscenza razionale (su queste basi l’intelligenza artificiale sta dilagando in modo anche inquietante e potrebbe essere assai competitiva in poco tempo) ma di emozioni, sentimenti, motivazioni, valori, creatività, intuizioni, etica, responsabilità, dubbi, ripensamenti, e tanto altro: il “codice dell’anima”, come avrebbe detto Hillmann. Il talento indomabile di poeti, scrittori, pittori, musicisti interpreta nelle loro anime all’eterna ricerca del Bello e del Vero il mistero insondabile dell’umano e della sua perenne domanda di senso. A una distruttiva, robotica barbarie transumanista può essere argine roccioso e inespugnabile la loro umanità caparbia, intensa e inquieta.
avvenire.it
ansa.it
ABU DHABI - Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi, è una città ricca di cultura e di storia che sorprende per i suoi contrasti: sfarzosi palazzi d'epoca tra costruzioni avveniristiche, forti costieri trasformati in centri d'arte e antichi villaggi beduini, tutelati dall'Unesco, nelle oasi del deserto che la circonda.
Fondata nel 1791 dalla tribù dei Bani Yas, è una città che corre verso il futuro con grattacieli, torri e strutture audaci, come la vicina Dubai, e con un totale rispetto verso le sue tradizioni. Tanti sono i punti di interesse da scoprire per apprezzare la sua cultura, come il forte Qasr Al Hosn, il palazzo Qasr Al Watan, il museo Louvre Abu Dhabi e il Qaryat al Torath Heritage Village.
Qasr Al Hosn è uno storico forte, circondato da grattacieli altissimi che luccicano da lontano: è il monumento commemorativo dell'intera nazione, simbolo della storia di Abu Dhabi. Situato nel cuore della città, l'edificio sorge su una torre di guardia in corallo e pietra marina, costruita alla fine del XVIII secolo, la struttura più antica dell'isola di Abu Dhabi, e all'interno ospita la Casa degli Artigiani, che celebra il patrimonio artistico e la tradizione artigianale degli Emirati Arabi Uniti.
Un altro simbolo della capitale e dell'intero Paese è il Louvre Abu Dhabi, il primo museo universale del mondo arabo che difende e promuove lo spirito di apertura tra le culture, rivelando le storie di connessioni tra le civiltà. Capolavoro dell'architettura contemporanea, sorge sull'isola di Sa'diyyat, distretto culturale della capitale, ed è il più grande museo della penisola arabica, con una struttura che di per sé è un'opera d'arte: il tetto a cupola, le cui geometrie si ispirano alle tradizionali foglie di palma ricoperte di paglia, è costituto da 7.850 stelle ripetute in diverse dimensioni e angolazioni che creano una "pioggia di luce", quando i raggi del sole le attraversano. Le sue gallerie ospitano opere d'arte internazionali che abbracciano la storia dell'umanità, in particolare due opere di Leonardo, altrettante opere di Picasso e uno dei celebri ritratti di Napoleone del pittore francese David.
Qasr Al Watan, palazzo presidenziale ancora in funzione, invita a scoprire la ricca eredità di conoscenze e tradizioni che hanno plasmato la storia degli Emirati Arabi Uniti. Il palazzo è un'icona nello skyline di Abu Dhabi, con un design perfettamente realizzato per rendere omaggio al patrimonio arabo.
A poco più di un'ora di auto dal cuore della capitale, la regione di Al Ain ospita alcuni dei villaggi più antichi del mondo ed è stata dichiarata patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.
Per scoprirli si passeggia lungo i sentieri ombreggiati dell'oasi di Al Ain, che ospita oltre 147mila palme da dattero e alberi da frutto su 1.200 ettari ed è alimentata da un sistema di irrigazione in funzione da 3mila anni. Oppure si visita il Qaryat al Torath Heritage Village, con un souk di una trentina di bancarelle che offrono prodotti artigianali e alimentari della tradizione emiratina. Qui si possono osservare le donne beduine mentre creano splendidi pezzi d'artigianato e scoprire abiti tradizionali, spezie, profumi, prodotti a base di palma da dattero e accessori. Chi è alla ricerca di un po' di avventura può recarsi al Parco del deserto di Jebel Hafit, dove fare escursioni a piedi o in bicicletta e godersi un esclusivo glamping nel deserto del rifugio Liwa Nights, che dà la possibilità di scoprire da vicino la cultura beduina. Nell'oasi di Liwa è possibile fare escursioni con il quad, partecipare a un safari o cavalcare un cammello sulle dune, prima di trascorrere la serata ad ammirare il cielo stellato.
Per maggiori informazioni: dctabudhabi.ae e visitabudhabi.ae (ANSA).
Dalla fotografia d'autore, con Morath ed Erwitt, alla poetica visione dei maestri giapponesi, fino al gesto pittorico di Perugino e Renoir e alle opere sorprendenti dell'argentino Erlich per la prima volta in Europa: anche il 2023 sarà un anno ricco di mostre interessanti, tra stili ed epoche differenti.
VENEZIA - Al Museo di Palazzo Grimani il 18 gennaio si apre "Inge Morath. Fotografare da Venezia in poi", a cura di Kurt Kaindle e Brigitte Blüml, con Valeria Finocchi.
La mostra presenta il reportage che la fotografa austriaca realizzò in Laguna, quando l'Agenzia Magnum la inviò in città per conto della rivista L'Oeil: il percorso raccoglie circa 200 fotografie (di queste circa 80 mai esposte) con un focus su Venezia.
ABANO TERME - Si intitola "Vintage" la mostra dedicata a Elliott Erwitt in programma al Museo Villa Bassi Rathgeb dal 28 gennaio all'11 giugno. A cura di Marco Minuz, l'esposizione riunisce 154 fotografie vintage, raramente esposte al pubblico, e 30 scatti iconici che toccano vari temi, dall'integrazione razziale alle mutazioni sociali, il nudismo e ancora i cani, i bambini, i viaggi.
PARMA - Oltre 50 opere (edizioni e serigrafie, sperimentazioni su metallo, tessuti e plastica oltre a fotografie e video) provenienti da collezioni europee e americane compongono "Roy Lichtenstein. Variazioni Pop", a Palazzo Tarasconi dall'11 febbraio al 18 giugno. A cura di Gianni Mercurio, la mostra ripercorre l'intera carriera artistica di Lichtenstein a partire dagli anni '60, documentando temi e generi.
ROVIGO - "Pierre-Auguste Renoir: l'alba di un nuovo classicismo", curata da Paolo Bolpagni, aprirà al pubblico il 25 febbraio a Palazzo Roverella. Fino al 25 giugno, il progetto mette al centro la produzione di Renoir a partire dagli anni '80 del XIX secolo, che segnò l'inizio di un progressivo allontanamento dall'esperienza impressionista: dopo un viaggio in Italia nel 1881 per il pittore fu infatti l'inizio di una rivoluzione creativa verso una personale forma di classicismo.
GENOVA - La primavera a Palazzo Ducale si accompagna alla monografica dedicata a Man Ray (dal 4 marzo al 2 luglio), fotografo ma anche pittore, scultore, regista d'avanguardia e grafico. La mostra, curata da Walter Guadagnini e Giangavino Piazzola, esplora cronologicamente e tematicamente vita e carriera dell'artista.
TORINO - L'universo giapponese, attraverso un percorso tematico suddiviso in 9 sezioni, con oltre 300 capolavori e alcune opere mai presentate in Italia, si potrà ammirare nella mostra "Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e i miti del Giappone", ospitata dalla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino dal 23 febbraio al 25 giugno. Nel percorso 30 disegni preparatori, 24 stampe di paesaggio di Hiroshige, una ventina di stampe di 'fiori e uccelli' (kachōga), una quarantina di stampe di attori kabuki (yakushae), una quarantina delle cosiddette stampe 'di belle donne' (bijinga), circa 30 stampe e 20 libri di carattere erotico (shunga), una ventina di stampe di guerrieri ed eroi (mushae).
PERUGIA - "Il meglio maestro d'Italia. Perugino nel suo tempo", curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, è in programma alla Galleria Nazionale dell'Umbria dal 4 marzo all'11 giugno. Realizzata in occasione del V centenario della morte del pittore, l'esposizione documenta il ruolo di preminenza artistica del Perugino nella sua epoca, attraverso oltre 70 opere, tutte antecedenti al 1504, ovvero nel momento in cui si trovava all'apice della sua carriera.
MILANO - Arriva a fine marzo a Palazzo Reale la prima prima grande mostra in Europa dell'artista argentino Leandro Erlich: nel percorso grandi installazioni con cui il pubblico potrà relazionarsi e giocare, diventando esso stesso l'opera d'arte.
Tra i lavori esposti anche "Batiment", in cui le persone simulano l'arrampicata su un grande edificio, o "Swimming Pool" in cui si ha la sensazione di muoversi sott'acqua. Nel 2023 Palazzo Reale ospiterà anche mostre di Pistoletto, Morandi, Basilico, Newton, El Greco e Goya.
ROMA - Da marzo a luglio a Palazzo Barberini la mostra "I Barberini. Caravaggio, Bernini, Poussin e la nascita del barocco", a cura di Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori, Sebastian Schütze, e allestita per il 400esimo anniversario dell'elezione a papa di Urbano VIII Barberini. Il percorso, che per la prima volta riunisce alcuni capolavori della collezione Barberini, racconta come durante il pontificato di Urbano VIII vi fosse una congiuntura artistica straordinaria, da lui incoraggiata, che determinò la nascita e l'affermarsi in Europa del barocco. (ANSA).
TRA OTTOCENTO VIGEZZINO E ARTE CONTEMPORANEA
Paesaggio, ritratto, natura morta
La nuova mostra di Casa De Rodis a Domodossola
Tra Ottocento vigezzino e arte contemporanea è il nuovo percorso espositivo di Casa De Rodis, a Domodossola (VB), aperto dal 2 luglio – inaugurazione ore 18 –, al 4 settembre. Paesaggio, ritratto, natura morta sono tre dei generi più frequentati dagli artisti di ogni tempo. Punti fermi che accompagnano da secoli la storia dell’arte, al di là di movimenti e correnti. Punto di partenza, il nucleo dei Maestri vigezzini: Alfredo Belcastro, Camillo Besana, Stefano Biotti, Enrico Cavalli, Giovanni Battista Ciolina, Carlo Fornara, Lorenzo Peretti Junior, Gian Maria Rastellini, Giacomo Rossetti. Punto di arrivo e di ripartenza, il lavoro di importanti artisti contemporanei: Stefano Anchisi, Cornelia Badelita, Romina Bassu, Hubert Blanz, Enzo Cucchi, Antonio De Luca, Marlin Dedaj, Özgür Demirci, Otto Dix, Serena Gamba, Piero Gilardi, Gioberto Noro, Alessandro Gioiello, Sea Hyun Lee, Robert Mapplethorpe, Mary McIntyre, Aldo Mondino, Fabio Roncato, Marcus Schaller.
Un percorso di ricerca trasversale organizzato da Collezione Poscio e Fondazione Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini con l’obiettivo di instaurare un dialogo a più voci tra Ottocento e contemporaneo. La mostra, a cura di Giorgio Caione, accade davanti allo spettatore e gli si dis-vela come ponte, collegamento e connessione tra opere che appartengono a epoche diverse, capaci di creare un gioco di risonanze ed echi, sia esso tematico, simbolico o emotivo. Perché tutta l’arte, come ci ricorda il curatore partendo dalla celebre frase di Maurizio Nannucci, è stata contemporanea. Il nuovo non è solo il nostro, di nuovo, ma anche quello che lo era una volta e che oggi, forse, non riconosciamo più come tale. Vallate, alpeggi e montagne dipinti en plein air si confrontano con polaroid, paesaggi scomposti e ricomposti fatti di circuiti e microchip, immagini ottenute da raccolte di scatti satellitari. E ancora, ritratti si specchiano in volti che diventano ciechi e muti, immagini in movimento ci scrutano con sguardi rivolti dritti in macchina. Nature morte immerse nella luce e nel colore fanno da contraltare a memento mori destrutturalizzati e frutti intagliati nel poliuretano espanso.
Il percorso si inserisce all’interno di Val Vigezzo. La Valle dei Pittori, il bando “In Luce” sostenuto da Fondazione Compagnia di San Paolo. Una progettualità pluriennale legata alla valorizzazione del territorio ossolano e delle sue eccellenze artistiche, con al centro la pittura vigezzina e la valle dei pittori. La strategia di medio-lungo periodo è instaurare un dialogo con la produzione contemporanea di opere d’arte e la ricerca culturale più attuale tramite residenze artistiche, organizzazioni di mostre, istituzione di borse di studio, ricerche d’archivio e progetti di rete in cui al momento sono coinvolti Fondazione Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini, Comune di Santa Maria Maggiore, Associazione Musei d’Ossola, Fondazione Ciolina, Collezione Poscio, Associazione Asilo Bianco APS.
Un’ulteriore tappa sarà la Mountain Academy, corso gratuito per creare un taccuino d’artista. La quarta edizione, 22-23-24 luglio Santa Maria Maggiore, Valle Vigezzo, sarà condotta da Giulia Gentilcore e Irene Lupia (Tana dei Lupi Gentili). Tra i relatori esterni: Marcella Pralormo (storica dell’arte, Direttrice della Pinacoteca Agnelli dal 2002 al 2021), Alessandro Gioiello (artista) e Serena Gamba (artista).
Tra Ottocento vigezzino e arte contemporanea
Paesaggio, ritratto, natura morta
a cura di Giorgio Caione
dal 2 luglio al 4 settembre
Casa De Rodis - Piazza Mercato 8, Domodossola (VB)
inaugurazione
sabato 2 luglio ore 18
ingresso
libero
Fonte: Comunicato Stampa
"Dopo due degli anni più difficili e divisivi che la storia ricordi, noi architetti abbiamo un'occasione unica per mostrare al mondo quello che sappiamo fare meglio: proporre idee ambiziose e creative che ci aiutino a immaginare un più equo e ottimistico futuro in comune".
Sicura e travolgente con tutta la forza della giovane Africa che è orgogliosa di rappresentare e nella quale è fiera di lavorare, Lesley Lokko, l'architetta anglo ghanese che guiderà la prossima Biennale Architettura (a Venezia da sabato 20 maggio a domenica 26 novembre 2023) commentava così qualche mese fa l'investitura appena ricevuta. "Una scelta audace e coraggiosa", sottolineava ringraziando il presidente della Biennale Roberto Cicutto. Lasciata New York per la sua Accra, in Ghana, dove con la collaborazione di David Adjaye ha fondato l'Africa Futures Institute (Afi) l'architetta, scrittrice e docente che succederà ad Hashim Sarkis è dunque al lavoro, concentrata sul grande impegno che la attende. E se il tema della kermesse veneziana è al momento top secret, in una densa intervista a thebrief testata online edita da Ppan, ragiona a tutto campo sul futuro di una disciplina nei confronti della quale spiega di sentirsi ottimista: "Lo sono perché ho potuto toccare con mano l'immaginazione di quest'ultima generazione di ragazzi africani- sottolinea - non solo di colore, ma anche indiani, e bianchi". Tra le prime a parlare di genere, identità e potere nell'architettura, temi che d'altronde sono stati sempre al centro della sua ricerca creativa, motore e sfondo in qualche modo pure della sua prolifica attività di romanziera (in Italia i suoi titoli sono pubblicati da Mondadori) Lokko si sofferma sull'importanza di "decolonizzare" l'architettura: "Considero la decolonizzazione un dono per l'architettura, perché significa aggiungere qualcosa, non sottrarre. Va colmato il divario", ripete ribadendo di sentirsi "quasi sopraffatta dalla creatività dei suoi studenti". E del resto - questo è un concetto che l'architetta, insignita del Riba Annie Spink Award per l'eccellenza nell'insegnamento dell'architettura nel 2020, ha ripetuto tante volte in diversi contesti - con un'età media sotto i vent'anni contro i 40 dell'Europa, l'Africa con tutta la sua enorme varietà e complessità è un continente che ha davvero molto da dare anche all'architettura. Un mondo "la cui complessità creativa richiede risposte altrettanto creative", spiega oggi a thebrief sottolineando ad esempio la necessità di lavorare sul linguaggio dell'architettura, che lei ritiene "veramente povero", per renderlo invece davvero universale.
"Una delle grandi sfide che attendono le prossime 4 o 5 generazioni di professionisti dell'ambiente del costruito - dice -sarà quella di trovare, da una parte, un linguaggio universale per descrivere l'urbano, e dall'altra, un linguaggio che sia specifico per ogni sito. Non ha senso parlare un linguaggio universale, se poi nessuno capisce quello che dici in posti diversi". Uno sforzo di apertura e di innovazione che per forza di cosa deve coinvolgere anche i luoghi della formazione, le università, le accademie. Lei ne è convinta, tanto che nel 2020 a solo un anno dalla nomina ha lasciato sbattendo la porta il suo lavoro di preside alla Bernard and Anne Spitzer School of Architecture di New York in polemica con quello che definì un carico di lavoro "paralizzante" e una "mancanza di rispetto ed empatia per le persone di colore, soprattutto per le donne di colore, per i quali non ero preparata". Oggi, mentre lavora alle basi della sua nuova scuola, lo ribadisce: "Le istituzioni universitarie sono almeno dieci anni che affermano di voler cambiare, ma quando poi cerchi di farlo, non riesci. Ora è tempo di passare dalle parole ai fatti. Non è più una questione di avere 3 o 4 professori di colore, 2 donne, e poi metterli sulla copertina di una rivista, è necessario un cambiamento profondo e strutturale, anche se è un'idea spaventosa per l'accademia". Creatività, nuove generazioni, identità, ruolo dell'Africa. Chissà che non siano proprio questi i temi al centro della sua attesa Biennale.
Giulia Caminito con 'L'acqua del lago non è mai dolce' (Bompiani) ha vinto la 59/ma edizione del Premio Campiello. La scrittrice ha avuto 99 voti sui 270 arrivati dalla Giuria Popolare di Trecento Lettori Anonimi.
Al secondo posto "Se l'acqua ride" (Einaudi) di Paolo Malaguti, 80 voti, al terzo "Sanguina ancora" (Mondadori) di Paolo Nori, 37 voti, al quarto "La felicita' degli altri" (La nave di Teseo) di Carmen Pellegrino, 36 voti e al quinto "Il libro delle case" (Feltrinelli) di Andrea Bajani, 18 voti. (ANSA).
Il sito Unesco di Su Nuraxi, a Barumini, continua a essere la meta preferita in Sardegna per il turismo archeologico-culturale. La conferma arriva dai numeri dell'estate 2021 che, nonostante gli strascichi ancora evidenti della pandemia Covid, certificano come l'area archeologica di Barumini sia la più ricercata dai turisti nazionali e internazionali che scelgono l'isola.
MENS-A è un evento sul Pensiero Ospitale e Cosmopolitismo in Italia, nella consapevolezza della funzione storica della Cultura quale unico strumento che consente comunicazione e dialogo fra gli uomini e le società. L’obiettivo di MENS-A è quello di creare una rete che valorizzi innovazioni di processi, il pluralismo culturale, il Patrimonio vivente, in un orizzonte di cultura “diffusa” e turismo intelligente.
Quest’anno il tema di MENS-A è Nuovo Umaneismo.
Da una parte la pandemia Coronavirus ha evidenziato sempre più la centralità dell’uomo, la sua complessità e fragilità, la sua costante domanda di senso. Dall’altra nel 2021 ricorrono i 700 anni della scomparsa del grande poeta Dante Alighieri. Abbiamo pensato così di riflettere sui valori dell’Umanesimo rinascimentale per concentrarci sul Nuovo Umanesimo.
Il 23 settembre MENS-A fa tappa a Parma con un convegno dal titolo Bellezza nelle arti, nelle discipline, nella ricerca.
Davide Zanichelli, direttore di Fondazione Palazzo Magnani farà parte della tavola rotonda sul tema “Progettare la Bellezza” insieme a Sara Piccinini (direttrice Collezione Maramotti) e Carla Dini (APE Parma Museo).
MENS-A è un progetto ideato dall’Associazione APUN (APS) con la direzione scientifica di Beatrice Balsamo, in collaborazione con l’Università di Bologna, l’Università di Modena/ Reggio e di Parma, Comuni di Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Vignola, Ravenna. È una compartecipazione con l’Assessorato Cultura-Regione Emilia–Romagna e Direzione AUSL Regione Emilia-Romagna. Rilascia i crediti formativi agli studenti di Unibo, UNIMORE e UniPr e ai docenti di primo e secondo grado delle scuole, essendo un progetto MIUR.
Alcune presenze a MENS-A 2021:
Elisabetta Sgarbi (Editrice e regista), Luigi Alici (Filosofo, Unimc), Angela Vettese (Critica d’Arte), Salvatore Natoli (Filosofo), Eugenio Borgna (Psichiatra e Scrittore), Pietrangelo Buttafuoco (Giornalista e Scrittore), Franco Cardini (Storico e Saggista), Gustavo Zagrebelsky (Giurista), Dario Squilloni (Psicologo), Maurizio Schoepflin (Storico della Filosofia – ISSR “all’Apollinaire” Roma), Umberto Curi (Filosofo), Massimo Montanari (Medievista), Gulio Ferroni (Critico letterario e saggista), Extraliscio (Gruppo musicale)
Fonte: palazzomagnani.it
(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serronee Albana Ruci - Turismo Culturale)
Un primo piano del busto e delle mani della "Dama col mazzolino" di Andrea Del Verrocchio, l'opera, conservata a Firenze al Museo Nazionale del Bargello, alla quale si è ispirato Stefano Boeri per mettere a punto il logo della campagna di vaccinazione anti Covid. Ma anche una ricerca sul 'fiore che annuncia la primavera' condotta e condivisa da tutti i suoi istituti, dalle biblioteche agli archivi dai musei ai parchi archeologici: il ministero di beni culturali e turismo guidato da Dario Franceschini scende in campo a sostegno del #VaccineDay lanciando una campagna sui profili sociale del Mibact.
Un tripudio di primule di diverse specie, dalle corolle in giallo, arancio, rosa. Che si ritrovano scolpite sui marmi, stampate su pergamene, dipinte su porcellane, catalogate in antichi erbari, descritte in scrupolosi codici botanici. Un caleidoscopio di espressioni di arte che va dalle primule intarsiate nel "fregio di camino" di Francesco di Giorgio Martini a Palazzo Ducale di Gubbio, ai ricami di un costume tradizionale della Calabria esposto al Museo delle Civiltà di Roma; dalle porcellane della Manifattura Discry alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Genova, a una cartolina del 1919 del Fondo Cesare Poma dell'Archivio di Stato di Biella. Primule che si ritrovano nelle Cinquecentine della biblioteca Universitaria di Cagliari, come nei volumi sulla "Flora italiana ossia Raccolta delle piante più belle che si coltivano nei giardini d'Italia" della Biblioteca Palatina di Parma o nella corona di fiori della "Ninfa alata" di Gennaro De Crescenzo, nella Saletta neoclassica di Palazzo Reale a Napoli. Tutti insieme, sottolineano dal ministero, "per impegno corale della Cultura a favore della salute dei cittadini e del rilancio del Paese". (ANSA).
Il Ponte di Rialto si tinge d’arte per il ‘Natale di Luce 2020’, verso le celebrazioni per i 1600 anni di Venezia. Con un gioco di proiezioni e dissolvenze, il ponte si trasforma in un libro su cui scorrono alcune delle pagine più significative della storia della città. Come riporta HotelMag, la struttura in pietra d’Istria del ponte si accende di immagini che, in rapida sequenza, ricordano alcuni dei momenti e dei protagonisti della storia, dell’arte e dell’architettura veneziane.
La videoproiezione, promossa dal Comune di Venezia e Vela, con la partnership del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc, nell’ambito del progetto ‘Natale di Luce 2020’, prende avvio il 5 dicembre per essere ripetuta sino al 31 dicembre 2021. Una rassegna artistica luminosa, da Vittore Carpaccio a Jacopo de’ Barbari, da Antonio da Ponte a Vincenzo Scamozzi, al Canaletto, per raccontare questo punto nevralgico che unisce le due sponde del Canal Grande.
La narrazione, a cura di Etra Comunicazione, che si chiude con un brindisi simbolico al nuovo anno, vuole anche introdurre le celebrazioni per il 1600esimo anniversario della fondazione di Venezia, che ricorrerà il 25 marzo 2021.
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E se poi a qualcuno venisse voglia di approfondire altre figure di questo periodo storico, rimandiamo alla lettura di una nuova raccolta, Il verso giusto. 100 poesie italiane (collana i Robinson/Letture, Laterza), scritta dal grande linguista e filologo Luca Serianni, che ha scelto cento poesie del Novecento per valore assoluto, rappresentatività e, naturalmente, gusto personale.
È il 1912 quando Giorgio Caproni nasce a Livorno. Ancora bambino si trasferisce a Genova con la famiglia, e qui compie i suoi studi. Diventa maestro elementare e inizia a pubblicare i primi volumi di poesia, tutti rivolti alla ricerca di una musicalità della parola, come tipico della sua scrittura: è il periodo in cui nascono Come un’allegoria, Ballo a Fontanigorda, Finzioni e Cronistoria. Dal 1945 si stabilisce a Roma dove continua a insegnare e a scrivere. Nel 1959 esce Il seme del piangere, centrato sulla costruzione del personaggio della madre defunta, Annina. Sempre caro gli fu infatti il tema del lutto e della comunicazione con essenze invisibili (morti, ricordi, figure fantasmagoriche), uniche possibili interlocutrici con cui affrontare la tranisitorietà e la provvisorietà della vita umana.