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Una casa fatta ad arte, la visione di Cambellotti. A Roma mostra sul maestro alla Biennale di Monza del 1923
Ai Musei San Domenico di Forlì due secoli di intersezioni tra arte e moda
L’esposizione indaga l’abito che modella, nasconde, dissimula e segna il corpo; segno di potere, di riconoscimento, di protesta
Se l’abito fa l’artista (e viceversa)
GIANCARLO PAPI - avvenire.it
Forlì
È di vecchia data il flirt fra arte e moda. Poi, via via nel tempo, il rapporto si è consolidato trasformandosi in un matrimonio di fatto (e di interesse, secondo Achille Bonito Oliva). A sancire l’unione ci ha pensato nel 1996 Germano Celant con il megaprogetto denominato “Il tempo e la moda” organizzato a Firenze con l’obiettivo di assegnare alla moda quel titolo nobiliare che gli avrebbe consentito l’ingresso ufficiale nel consesso delle arti. E ciò, aveva sentenziato Celant, in quanto «il colpo di forbice è simile al colpo di pennello, entrambi isolano con decisione assoluta una forma o una figurazione, marcano una superficie che genera una realtà». Che, più o meno, è come la pensava Oscar Wilde secondo cui «o si è un’opera d’arte o la si indossa». Passando attraverso i principali movimenti artistici del Novecento, la mostra era una carrellata sugli autori più in vista dell’espressività contemporanea che hanno interpretato l’abito come una seconda pelle, superficie cromatica e volumetrica sulla quale tessere l’opera. Non solo. Una delle sezioni del progetto, curata direttamente da Celant, si spingeva oltre, chiamando in causa moda e arte per una collaborazione sperimentale che vedeva coinvolte un gruppo di coppie stilista-artista (Gianni Versace-Roy Lichtenstein, Miuccia Prada-Damien Hirst, Karl Lagerfeld-Tony Cragg, per esempio), ciascuna autrice di un’opera a quattro mani.
L’evento fiorentino, tra appuntamenti mondani e qualche innocuo fuori programma a tempo determinato, aveva anche il non secondario compito di scuotere una città ingessata nella propria storia, puntando sul rapporto tra arte e moda, per riaffermare la propria identità culturale e ribadire nello stesso tempo il diritto di partecipare ai banchetti del presente.
Questa esposizione dedicata a “L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni. 17891968” allestita a Forlì ai Musei San Domenico (fino al 2 luglio, catalogo Dario Cimorelli Editore), che interviene sullo stesso tema affrontato da Celant, non ha ambizioni del genere. Intendiamoci, non che gli organizzatori forlivesi non siano stati attenti e sensibili all’aspetto dell’audience, anzi («somiglia a un vero e proprio kolossal», hanno detto della mostra), ma l’argomento è stato trattato con enfatica problematicità senza calcare la mano sugli effetti speciali che non siano quelli legati all’imponente numero e alla qualità delle opere esposte provenienti da collezioni pubbliche e private, dai musei più prestigiosi del mondo e dalle più importanti case di moda.
La mostra, diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocca, attraverso trecento opere tra quadri, sculture, accessori, abiti d’epoca e contemporanei indaga, lungo un percorso cronologico e tematico (l’apertura è affidata all’allegoria dell’arte della tessitura del grande dipinto di Tintoretto Atena e Aracne), gli stili, i materiali, il sistema di comunicazione e di rappresentazione della moda dipinta, ritratta, scolpita, realizzata da grandi artisti e stilisti (tra i primi si incrociano, tra gli altri, Matisse, de Chirico, Picasso, Hirst, Fontana, Mondrian; tra i secondi si va da Armani a Ferragamo, da Dior a Prada, da Balenciaga a Gucci).
Ecco allora l’abito che modella, nasconde, dissimula e segna il corpo. L’abito come segno di potere, di ricchezza, di riconoscimento, di protesta. Come cifra distintiva di uno stato sociale o identificativa di una generazione. L’arte come opera e comportamento, come racconto e spirito del tempo. È il riflesso di un’epoca, infatti, quello evocato nella seconda metà del XVIII secolo dagli abiti riportati nei ritratti dipinti da George Romney e Joshua Reynolds che documentano il gusto e la predilezione per forme semplici e naturali espresse da una società aggiornata ed evoluta come quella inglese. I tessuti, le fogge, le pieghe diventano motivi dominanti di una pittura di luce, basata più sulle atmosfere e sul colore, che sul disegno, aprendo gli orizzonti della modernità. Così che la sobria praticità della moda inglese si diffonde in tutta Europa trasformandosi, anche per la nascita dei negozi, in oggetto di consumo sempre più diffuso.
La testimonianza di tali trasformazioni tra la fine dell’Ancien Régime, la Rivoluzione francese e gli anni dell’Impero, la ritroviamo nella produzione ritrattistica di Antoine-Jean Gros e Francois-Xavier Fabre che restituiscono il sapore di una società trasformata dalle ambizioni dei nuovi protagonisti che succedono a quell’aristocrazia che la Rivoluzione aveva fatto uscire di scena. E se poi gli anni del Romanticismo vedono come protagonisti della rappresentazione pittorica della moda, da una parte Francesco Hayez fino alla metà dell’Ottocento e in seguito, sul versante francese, James Tissot, che documentano l’evoluzione della figura femminile in un abbigliamento dipinto con straordinaria materialità e nitore, il Novecento è caratterizzato dalle Avanguardie, a partire dal 1905 con l’Espressionismo.
Agli artisti di quel movimento si ispirano stilisti come Paul Poiret che con le sue figure allungate, estenuate dai colori che appaiono abbacinanti e, in seguito, è quasi in parallelo con la nascita del Cubismo che cresce nella moda l’esigenza dell’impiego di forme geometriche, linee spezzate e lamellari. Nel clima di Picasso nasce Coco Chanel che riscrive da cima a fondo l’immagine della figura femminile con l’accuratezza matematica delle forme euclidee ed è a questa tendenza a geometrizzare l’abito che viene fatta risalire risalire ufficiosamente la nascita del Minimalismo in moda.
Negli anni Venti e Trenta è ancora più stringente il rapporto tra arte e moda. Dapprima ne è artefice la stilista Elsa Schiaparelli che stabilisce un vero e proprio sodalizio con alcuni maestri del Surrealismo ricavandone molti spunti di creatività. Con il Futurismo la moda viene ritenuta addirittura indispensabile perché tramite le sue fogge e i suoi colori può “propagare” un’idea così che Giacomo Balla parla di Vestito Antineutrale in una pubblicazione in cui detta alcune regole sull’abbigliamento futurista.
E mentre negli anni Quaranta e Cinquanta sono l’Informale e l’Espressionismo astratto a influenzare la moda “estrema” di Balenciaga e del primo Dior con la sua linea “a corolla”, gli anni successivi segnano prepotentemente l’entrata in scena della Pop art, che cerca l’incontro dell’arte con il contesto di massa, e del Made in Italy che lancia il Bel paese come la patria di riferimento del gusto e dello stile.
8 marzo, l’arte dei Musei Vaticani celebra il genio femminile
L’Arte Inquieta mostra a Palazzo Magnani Reggio Emilia fino al 12 Marzo 2023
- ORARI:
- Mercoledì e giovedì: 10-13 e 15-18
- Venerdì, sabato, domenica e festivi: 10-19
- 24 Novembre (Santo Patrono), 8 e 26 Dicembre: 10-19
- 1 Gennaio: 15-19
- CHIUSO il 24, 25 e 31 dicembre
- Ultimo ingresso un'ora prima dell'orario di chiusura
- È obbligatorio depositare borse e zaini
Arte. Trafugata, ritrovata e restaurata: torna a Milano la “Madonna del latte”
Bentornato Marco d’Oggiono. Bentornata Madonna del latte. Questa è un’occasione di festa per la Pinacoteca Ambrosiana. Che può finalmente riabbracciare, restaurato, e offrire nuovamente al pubblico questo capolavoro «dalla storia antica e, in tempi recenti, avventurosa», ha ricordato Lorenzo Ornaghi, presidente della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Si tratta infatti di un olio su tavola che faceva parte della raccolta di quadri acquistati negli anni dal cardinale Federico Borromeo, e che questi donò nel 1618 alla Pinacoteca Ambrosiana, a favore dell’erigenda Accademia.
Da allora è sempre stato esposto in Pinacoteca, dove la sua presenza, nel 1951, è riportata nella guida redatta dal prefetto Giovanni Galbiati. Trafugato poco dopo dal museo, è stato recuperato e restituito nel 2021 dall’intervento dei Carabinieri del Nucleo per la Tutela del patrimonio culturale di Monza – dopo che un commerciante d’arte milanese si era rivolto al Nucleo per accertarne la provenienza. L’ultimo atto: il restauro realizzato dal Laboratorio “Luigi Parma” di Milano grazie al sostegno di Arte Generali. E la restituzione al pubblico, con la Madonna del latte esposta nella Sala 3 fra altri capolavori del Rinascimento lombardo e dello stesso Marco d’Oggiono.
«Questo è un evento sentito come importante non solo per la nostra istituzione ma per l’intera città di Milano», ha affermato monsignor Marco Ballarini, prefetto dell’Ambrosiana, prima di ringraziare i Carabinieri, i restauratori e il mecenate – al quale ha dato voce Cristina Resti, Art Expert di Arte Generali, mentre Anna Parma, del Laboratorio “Luigi Parma”, ha illustrato l’opera di restauro conservativo ed estetico effettuato su questo olio su tavola di 50 per 39 centimetri, «con un intervento che ci ha permesso di ritrovare la tavolozza di Marco d’Oggiono».
Monsignor Ballarini, ricordando come il suo mandato sia ormai in scadenza, ha colto l’occasione per ringraziare quanti hanno collaborato con lui in questi cinque anni. Fra loro monsignor Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, il quale ha definito «motivo di grande gioia» il ritorno a casa del dipinto. «Non sappiamo bene come sia stato sottratto, forse è accaduto durante una serie di lavori importanti. Ma grazie ai Carabinieri, è tornato a disposizione di tutti».
Si rinnova e rilancia così la vocazione di questa istituzione: Federico Borromeo «non era un collezionista» come lo intendiamo oggi, «egli volle l’Ambrosiana “per la gloria di Dio e per la pubblica utilità”. E non solo di Milano e dell’Italia, ma anche delle “nazioni foreste”», ha sottolineato monsignor Rocca.
Ed eccoci di fronte a questa Madonna del latte. «Il dipinto documenta la fortuna e diffusione delle invenzioni da parte di Leonardo di “Madonne col Bambino” nell’ambito della sua scuola che vede come protagonisti, fino dal 1490, due suoi allievi, Boltraffio e Marco d’Oggiono», spiega il professor Giulio Bora, nella scheda storico-artistica dell’opera diffusa ieri all’incontro di presentazione del restauro.
Il milanese Marco d’Oggiono (1470 circa-1530 circa) si cimentò più volte con questo soggetto, e con grande fortuna presso la committenza. L’esemplare dell’Ambrosiana, eseguito «verosimilmente verso la metà del secondo decennio del Cinquecento», «ricalca in parte» un precedente modello dello stesso Marco, ora conservato al Louvre. Vi sono infatti «sostanziali differenze di stesura e di invenzione»: fra le varianti, «la peculiare presenza del fondale montagnoso e lacustre».
«La realizzazione del Bambino rivolto verso il riguardante sorretto dalle mani della Vergine risulta essere la fedele riproposizione di quella del Louvre, certamente condotta riutilizzando il medesimo modello o cartone», prosegue Bora. «Sostanzialmente variata è invece la soluzione del volto della Vergine, qui reso frontalmente e, come nel Bambino, anche in questo caso mostrato in un dialogo diretto con il riguardante e rilevato in un’espressione assorta e sospesa». Dunque, non resta che varcare la soglia dell’Ambrosiana, salire alla Sala 3. Guardare. E offrirsi allo sguardo accogliente e profondo di quella Madre e di quel Bambino, ancora capaci, dopo cinque secoli, di arrivarti al cuore. E di parlarti senza aprire bocca.
avvenire.it
(segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone - Turismo Culturale)
A Firenze 'Sauro Cavallini. L'opera di un internato'
I mesi di prigionia segnarono profondamente sua la vita e quando iniziò a praticare la scultura, gli incubi della prigionia presero forma e si tradussero nelle sue prime opere d'arte che non avrebbe più ripetuto negli oltre 50 anni successivi. Oggi quelle opere assumono un valore di testimonianza di un passato particolarmente doloroso e 16 di quei lavori, realizzati tra il 1961 e il 1963 in ferro e in ottone, saranno esposti per la prima volta a Firenze nelle sale della sede della presidenza della Giunta regionale della Toscana. Le sculture, alcune delle quali misurano anche due metri d'altezza, furono realizzate durante i primi anni '60 con la tecnica della 'goccia su goccia' ovvero sciogliendo scarti metallici mediante fiaccola ossidrica fino a creare l'opera, e sono dedicate unicamente alla figura umana dove l'angoscia, la sofferenza, il grido di aiuto, sono leggibili in modo inequivocabile. (ANSA).
Le mostre del 2023 Renoir, Perugino e maestri giapponesi
Dalla fotografia d'autore, con Morath ed Erwitt, alla poetica visione dei maestri giapponesi, fino al gesto pittorico di Perugino e Renoir e alle opere sorprendenti dell'argentino Erlich per la prima volta in Europa: anche il 2023 sarà un anno ricco di mostre interessanti, tra stili ed epoche differenti.
VENEZIA - Al Museo di Palazzo Grimani il 18 gennaio si apre "Inge Morath. Fotografare da Venezia in poi", a cura di Kurt Kaindle e Brigitte Blüml, con Valeria Finocchi.
La mostra presenta il reportage che la fotografa austriaca realizzò in Laguna, quando l'Agenzia Magnum la inviò in città per conto della rivista L'Oeil: il percorso raccoglie circa 200 fotografie (di queste circa 80 mai esposte) con un focus su Venezia.
ABANO TERME - Si intitola "Vintage" la mostra dedicata a Elliott Erwitt in programma al Museo Villa Bassi Rathgeb dal 28 gennaio all'11 giugno. A cura di Marco Minuz, l'esposizione riunisce 154 fotografie vintage, raramente esposte al pubblico, e 30 scatti iconici che toccano vari temi, dall'integrazione razziale alle mutazioni sociali, il nudismo e ancora i cani, i bambini, i viaggi.
PARMA - Oltre 50 opere (edizioni e serigrafie, sperimentazioni su metallo, tessuti e plastica oltre a fotografie e video) provenienti da collezioni europee e americane compongono "Roy Lichtenstein. Variazioni Pop", a Palazzo Tarasconi dall'11 febbraio al 18 giugno. A cura di Gianni Mercurio, la mostra ripercorre l'intera carriera artistica di Lichtenstein a partire dagli anni '60, documentando temi e generi.
ROVIGO - "Pierre-Auguste Renoir: l'alba di un nuovo classicismo", curata da Paolo Bolpagni, aprirà al pubblico il 25 febbraio a Palazzo Roverella. Fino al 25 giugno, il progetto mette al centro la produzione di Renoir a partire dagli anni '80 del XIX secolo, che segnò l'inizio di un progressivo allontanamento dall'esperienza impressionista: dopo un viaggio in Italia nel 1881 per il pittore fu infatti l'inizio di una rivoluzione creativa verso una personale forma di classicismo.
GENOVA - La primavera a Palazzo Ducale si accompagna alla monografica dedicata a Man Ray (dal 4 marzo al 2 luglio), fotografo ma anche pittore, scultore, regista d'avanguardia e grafico. La mostra, curata da Walter Guadagnini e Giangavino Piazzola, esplora cronologicamente e tematicamente vita e carriera dell'artista.
TORINO - L'universo giapponese, attraverso un percorso tematico suddiviso in 9 sezioni, con oltre 300 capolavori e alcune opere mai presentate in Italia, si potrà ammirare nella mostra "Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e i miti del Giappone", ospitata dalla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino dal 23 febbraio al 25 giugno. Nel percorso 30 disegni preparatori, 24 stampe di paesaggio di Hiroshige, una ventina di stampe di 'fiori e uccelli' (kachōga), una quarantina di stampe di attori kabuki (yakushae), una quarantina delle cosiddette stampe 'di belle donne' (bijinga), circa 30 stampe e 20 libri di carattere erotico (shunga), una ventina di stampe di guerrieri ed eroi (mushae).
PERUGIA - "Il meglio maestro d'Italia. Perugino nel suo tempo", curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, è in programma alla Galleria Nazionale dell'Umbria dal 4 marzo all'11 giugno. Realizzata in occasione del V centenario della morte del pittore, l'esposizione documenta il ruolo di preminenza artistica del Perugino nella sua epoca, attraverso oltre 70 opere, tutte antecedenti al 1504, ovvero nel momento in cui si trovava all'apice della sua carriera.
MILANO - Arriva a fine marzo a Palazzo Reale la prima prima grande mostra in Europa dell'artista argentino Leandro Erlich: nel percorso grandi installazioni con cui il pubblico potrà relazionarsi e giocare, diventando esso stesso l'opera d'arte.
Tra i lavori esposti anche "Batiment", in cui le persone simulano l'arrampicata su un grande edificio, o "Swimming Pool" in cui si ha la sensazione di muoversi sott'acqua. Nel 2023 Palazzo Reale ospiterà anche mostre di Pistoletto, Morandi, Basilico, Newton, El Greco e Goya.
ROMA - Da marzo a luglio a Palazzo Barberini la mostra "I Barberini. Caravaggio, Bernini, Poussin e la nascita del barocco", a cura di Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori, Sebastian Schütze, e allestita per il 400esimo anniversario dell'elezione a papa di Urbano VIII Barberini. Il percorso, che per la prima volta riunisce alcuni capolavori della collezione Barberini, racconta come durante il pontificato di Urbano VIII vi fosse una congiuntura artistica straordinaria, da lui incoraggiata, che determinò la nascita e l'affermarsi in Europa del barocco. (ANSA).
San Casciano come Riace, dall'acqua emergono 24 bronzi di epoca etrusca e romana. Il più grande deposito di statue dell'Italia antica. Gli archeologi: 'Una scoperta che cambierà la storia'
Bronzi e altari, a San Casciano emerge un tesoro romano unico "Senza eguali nel Mediterraneo". Franceschini, "Eccezionale"
Tra Ottocento vigezzino e arte contemporanea | Paesaggio, ritratto, natura morta | dal 2 luglio al 4 settembre a Casa De Rodis, Domodossola
TRA OTTOCENTO VIGEZZINO E ARTE CONTEMPORANEA
Paesaggio, ritratto, natura morta
La nuova mostra di Casa De Rodis a Domodossola
Tra Ottocento vigezzino e arte contemporanea è il nuovo percorso espositivo di Casa De Rodis, a Domodossola (VB), aperto dal 2 luglio – inaugurazione ore 18 –, al 4 settembre. Paesaggio, ritratto, natura morta sono tre dei generi più frequentati dagli artisti di ogni tempo. Punti fermi che accompagnano da secoli la storia dell’arte, al di là di movimenti e correnti. Punto di partenza, il nucleo dei Maestri vigezzini: Alfredo Belcastro, Camillo Besana, Stefano Biotti, Enrico Cavalli, Giovanni Battista Ciolina, Carlo Fornara, Lorenzo Peretti Junior, Gian Maria Rastellini, Giacomo Rossetti. Punto di arrivo e di ripartenza, il lavoro di importanti artisti contemporanei: Stefano Anchisi, Cornelia Badelita, Romina Bassu, Hubert Blanz, Enzo Cucchi, Antonio De Luca, Marlin Dedaj, Özgür Demirci, Otto Dix, Serena Gamba, Piero Gilardi, Gioberto Noro, Alessandro Gioiello, Sea Hyun Lee, Robert Mapplethorpe, Mary McIntyre, Aldo Mondino, Fabio Roncato, Marcus Schaller.
Un percorso di ricerca trasversale organizzato da Collezione Poscio e Fondazione Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini con l’obiettivo di instaurare un dialogo a più voci tra Ottocento e contemporaneo. La mostra, a cura di Giorgio Caione, accade davanti allo spettatore e gli si dis-vela come ponte, collegamento e connessione tra opere che appartengono a epoche diverse, capaci di creare un gioco di risonanze ed echi, sia esso tematico, simbolico o emotivo. Perché tutta l’arte, come ci ricorda il curatore partendo dalla celebre frase di Maurizio Nannucci, è stata contemporanea. Il nuovo non è solo il nostro, di nuovo, ma anche quello che lo era una volta e che oggi, forse, non riconosciamo più come tale. Vallate, alpeggi e montagne dipinti en plein air si confrontano con polaroid, paesaggi scomposti e ricomposti fatti di circuiti e microchip, immagini ottenute da raccolte di scatti satellitari. E ancora, ritratti si specchiano in volti che diventano ciechi e muti, immagini in movimento ci scrutano con sguardi rivolti dritti in macchina. Nature morte immerse nella luce e nel colore fanno da contraltare a memento mori destrutturalizzati e frutti intagliati nel poliuretano espanso.
Il percorso si inserisce all’interno di Val Vigezzo. La Valle dei Pittori, il bando “In Luce” sostenuto da Fondazione Compagnia di San Paolo. Una progettualità pluriennale legata alla valorizzazione del territorio ossolano e delle sue eccellenze artistiche, con al centro la pittura vigezzina e la valle dei pittori. La strategia di medio-lungo periodo è instaurare un dialogo con la produzione contemporanea di opere d’arte e la ricerca culturale più attuale tramite residenze artistiche, organizzazioni di mostre, istituzione di borse di studio, ricerche d’archivio e progetti di rete in cui al momento sono coinvolti Fondazione Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini, Comune di Santa Maria Maggiore, Associazione Musei d’Ossola, Fondazione Ciolina, Collezione Poscio, Associazione Asilo Bianco APS.
Un’ulteriore tappa sarà la Mountain Academy, corso gratuito per creare un taccuino d’artista. La quarta edizione, 22-23-24 luglio Santa Maria Maggiore, Valle Vigezzo, sarà condotta da Giulia Gentilcore e Irene Lupia (Tana dei Lupi Gentili). Tra i relatori esterni: Marcella Pralormo (storica dell’arte, Direttrice della Pinacoteca Agnelli dal 2002 al 2021), Alessandro Gioiello (artista) e Serena Gamba (artista).
Tra Ottocento vigezzino e arte contemporanea
Paesaggio, ritratto, natura morta
a cura di Giorgio Caione
dal 2 luglio al 4 settembre
Casa De Rodis - Piazza Mercato 8, Domodossola (VB)
inaugurazione
sabato 2 luglio ore 18
ingresso
libero
Fonte: Comunicato Stampa
Da Santa Sofia a Caravaggio l'arte a rischio in Ucraina
Dalla suggestiva Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, con le sue cupole dorate, alle testimonianze archeologiche di Sebastopoli con i resti di una città fondata dai greci sulle rive del Mar Nero.
Ma anche il centro storico medievale di Leopoli a Cernivci, la favolosa residenza dei metropoliti bucovini e dalmati con la sua ottocentesca e opulenta sinergia di stili architettonici, il museo di Odessa che tra i suoi tesori vanta persino un Caravaggio. A rischio distruzione, nell'Ucraina invasa dalle truppe russe, ci sono pure i capolavori dell'arte e i tanti siti patrimonio dell'Umanità. Testimonianze di tutte le epoche storiche a cui si aggiungono le meraviglie della natura, come le faggete, che l'Unesco ha già inserito nella sua prestigiosa lista, o la steppa, che risulta tra i siti candidati. Pagine di storia e di bellezza che ora potrebbero essere cancellate dai bombardamenti, sacrificate dalle esigenze della guerra, devastate, razziate. Nel Paese i siti certificati dall'Unesco sono in tutto sette, ma altri se potrebbero aggiungere nei prossimi anni se venissero accettate le 17 candidature , dai resti dell'antica città di Tyras, antico porto commerciale del mondo antico fondato alla fine del VI secolo a.C., alla foce del Dnestr, al complesso di monumenti della fortezza medievale di Sudak, dall'osservatorio astronomico di Mykolayiv, ritenuto il più antico osservatorio navale dell'Europa sudorientale, alle città rupestri della Gotia crimeana.
E se tra i progetti di candidatura a patrimonio dell'umanità c'è l'intero centro storico di Odessa, con la sua raffinata struttura urbana ottocentesca dove sono cresciuti Trotsky e Kandinsky , ma anche la mitica "scalinata Potemkim" icona dei cinefili, il museo dell'arte occidentale di questa citta così fascinosa e multiculturale è uno scrigno di tesori dell'arte che vanno da Caravaggio a Rubens, da Gerad David a Guercino. Una quantità impressionante di opere dell'arte europea che il regime russo aveva confiscato a nobili, commercianti, collezionisti della grande regione di Odessa che a quel tempo si estendeva dalla Romania alla Crimea.
Rubata nel 2008, ritrovata nel 2010 e quindi oggetto di un delicato restauro, la tela attribuita a Michelangelo Merisi vanta tra l'altro una storia avvincente e tormentata, ricostruita qualche anno fa dalla studiosa Nataliia Chechykova.
Con tutta probabilità acquistata a Parigi da Alexander Petrovich Basilewsky, un grande collezionista russo di origini ucraine, la tela, che all'epoca si intitolava Le Baiser de Judas, venne offerta in regalo nel 1870 al fratello dello Zar, Vladimir Alexandrovich Romanov e quindi approdò in Russia dove però, proprio tra rivoluzione e guerre, ha avuto una vita tutt'altro che facile. Donato all'Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo, il quadro di Caravaggio venne trasferito nel 1916 nel museo di Odessa insieme ad altre 28 creazioni dei grandi maestri europei. Solo un anno dopo però la città fu investita in pieno dalla rivoluzione del 1917 e poi dalla guerra civile, conquistata e persa dall'Armata rossa più volte. Durante la seconda guerra mondiale poi Odessa fu bombardata pesantemente e poi occupata dalle truppe romene e naziste e della Cattura di Cristo (come oggi viene intitolato il quadro) per un po' non si seppe più nulla, tanto più che inspiegabilmente la tela non risultava nell'elenco delle opere messe in salvo dal museo. Data per persa, la tela ricomparve "miracolosamente" nel giugno del 1945, 14 mesi dopo la liberazione della città, riconsegnata alle autorità sovietiche dalla Chiesa Cattolica Romana. (ANSA).
Slitta al 30 ottobre mostra "Raffaello giovane" a C.Castello. Il 18 settembre anteprima dell'evento
In una nota, le curatrici e il Comune tifernate spiegano che la data è stata "aggiornata a causa dei maggiori adempimenti previsti per la logistica degli allestimenti". "Non abbiamo voluto rinunciare alla mostra - prosegue la nota - nonostante le molte difficoltà che implica organizzarla durante una pandemia.
Questo però ha determinato uno spostamento di data per poter concludere l'intera rete delle procedure connesse ai contatti con i musei e al trasporto delle opere, alcune fuori Italia ma anche fuori Ue ormai e l'adeguamento del museo che ospiterà la mostra con un nuovo allestimento sia permanente che temporaneo.
Abbiamo mantenuto la data del 18 settembre simbolicamente: era la data che avevamo scelto e che abbiamo cercato di mantenere fino alla fine. Servirà come anteprima dell'evento e del restauro dello Stendardo di Raffaello, una delle grandi attività connesse alla mostra".
Al Teatro degli Illuminati - in sicurezza - le curatrici presenteranno in anteprima i dettagli della mostra e il restauro dello Stendardo, l'immagine guida della stessa esposizione. La corale Marietta Alboni presenterà in anteprima il video "Il nostro Raffaello". Evento e video saranno trasmessi in diretta Facebook. (ANSA).
Siti di Barumini trainano il turismo culturale in Sardegna
Il sito Unesco di Su Nuraxi, a Barumini, continua a essere la meta preferita in Sardegna per il turismo archeologico-culturale. La conferma arriva dai numeri dell'estate 2021 che, nonostante gli strascichi ancora evidenti della pandemia Covid, certificano come l'area archeologica di Barumini sia la più ricercata dai turisti nazionali e internazionali che scelgono l'isola.
Nel trimestre giugno-luglio-agosto, infatti, Su Nuraxi ha registrato quasi 26.500 mila presenze, segnando + 11mila ingressi rispetto allo stesso periodo dell'anno prima. Sui grandi numeri, i siti del territorio, raggiungono il 65% di presenze rispetto al 2019, anno pre pandemia e dunque periodo di normalità.
"Si tratta di numeri incoraggianti e che ci fanno ben sperare che la ripresa sia finalmente arrivata e ci auguriamo possa consolidarsi nel proseguo della stagione e nel prossimo futuro - sottolinea il presidente della Fondazione Barumini sistema cultura, Emanuele Lilliu - un traguardo importante dopo le grandi difficoltà passate che non hanno, comunque, interrotto il grande lavoro della Fondazione per rendere l'offerta ancora più integrata e per attivare nuovi eventi e percorsi in grado di sostenere la ripresa del turismo in Sardegna e nei nostri siti".
E proprio dall'offerta generata dalla Fondazione arrivano altre importanti indicazioni, grazie al successo della mostra: 'Humanum. Sardegna e Campania, da Su Nuraxi a Pompei', nata grazie alla collaborazione tra la Fondazione, il Museo Archeologico di Napoli, la Soprintendenza Archeologica per la Città Metropolitana di Cagliari e ancora visitabile al centro Giovanni Lilliu. Dall'inaugurazione dello scorso 3 luglio a oggi, infatti, le visite hanno toccato quota 4.600 (che contando anche giugno portano in totale a 5.400 ingressi al centro G.Lilliu).
Tra gli altri numeri di rilievo anche la continua crescita di visitatori a Casa Zapata, altra importante attrazione di Barumini. Nel periodo giugno-agosto sono stati quasi 10.900 gli ingressi registrati con 2.500 turisti in più rispetto allo stesso periodo del 2020. (ANSA).
MENS-A/Parma Festival di “Cultura diffusa” in Emilia-Romagna
MENS-A è un evento sul Pensiero Ospitale e Cosmopolitismo in Italia, nella consapevolezza della funzione storica della Cultura quale unico strumento che consente comunicazione e dialogo fra gli uomini e le società. L’obiettivo di MENS-A è quello di creare una rete che valorizzi innovazioni di processi, il pluralismo culturale, il Patrimonio vivente, in un orizzonte di cultura “diffusa” e turismo intelligente.
Quest’anno il tema di MENS-A è Nuovo Umaneismo.
Da una parte la pandemia Coronavirus ha evidenziato sempre più la centralità dell’uomo, la sua complessità e fragilità, la sua costante domanda di senso. Dall’altra nel 2021 ricorrono i 700 anni della scomparsa del grande poeta Dante Alighieri. Abbiamo pensato così di riflettere sui valori dell’Umanesimo rinascimentale per concentrarci sul Nuovo Umanesimo.
Il 23 settembre MENS-A fa tappa a Parma con un convegno dal titolo Bellezza nelle arti, nelle discipline, nella ricerca.
Davide Zanichelli, direttore di Fondazione Palazzo Magnani farà parte della tavola rotonda sul tema “Progettare la Bellezza” insieme a Sara Piccinini (direttrice Collezione Maramotti) e Carla Dini (APE Parma Museo).
MENS-A è un progetto ideato dall’Associazione APUN (APS) con la direzione scientifica di Beatrice Balsamo, in collaborazione con l’Università di Bologna, l’Università di Modena/ Reggio e di Parma, Comuni di Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Vignola, Ravenna. È una compartecipazione con l’Assessorato Cultura-Regione Emilia–Romagna e Direzione AUSL Regione Emilia-Romagna. Rilascia i crediti formativi agli studenti di Unibo, UNIMORE e UniPr e ai docenti di primo e secondo grado delle scuole, essendo un progetto MIUR.
Alcune presenze a MENS-A 2021:
Elisabetta Sgarbi (Editrice e regista), Luigi Alici (Filosofo, Unimc), Angela Vettese (Critica d’Arte), Salvatore Natoli (Filosofo), Eugenio Borgna (Psichiatra e Scrittore), Pietrangelo Buttafuoco (Giornalista e Scrittore), Franco Cardini (Storico e Saggista), Gustavo Zagrebelsky (Giurista), Dario Squilloni (Psicologo), Maurizio Schoepflin (Storico della Filosofia – ISSR “all’Apollinaire” Roma), Umberto Curi (Filosofo), Massimo Montanari (Medievista), Gulio Ferroni (Critico letterario e saggista), Extraliscio (Gruppo musicale)
Fonte: palazzomagnani.it
(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serronee Albana Ruci - Turismo Culturale)
Capodanno al museo, divertirsi con l'arte
ROMA - Divertirsi con l'arte, ma anche con la musica e con le parole, per salutare finalmente questo anno buio e accogliere nel migliore dei modi il 2021: è davvero molto ricca l'offerta digitale e open air che i musei e i luoghi di cultura propongono al pubblico per trascorrere il 31 dicembre e i primi giorni del nuovo anno all'insegna della bellezza.
ROMA - "Oltre tutto" è il capodanno della Capitale, da seguire sul sito culture.roma.it e sulla pagina Facebook di @cultureroma, a cura di Francesca Macrì e Claudia Sorace: il 31 dicembre direttamente dal Laboratorio di Scenografia del Teatro dell'Opera Michela Murgia e Chiara Valerio accompagneranno il pubblico in un viaggio emozionante, pieno di musica, parole e arte. Da non perdere la prima mondiale di Tomás Saraceno "How to hear the universe in a spider/web: A live concert for/by invertebrate rights" pensato appositamente per "Oltre tutto", la grande istallazione al neon, alta 16 metri, di Tim Etchells con il messaggio "This precise moment in time as seen from the future" e il lavoro di Alfredo Pirri dal titolo "Fuoco - Cenere - Silenzio", creazione site specific che reinterpreta la pira e l'elemento rigeneratore del fuoco. Il 2 gennaio alle 16 sulla piattaforma Google Meet il Chiostro del Bramante dà appuntamento ai bambini e ai loro genitori per un divertente laboratorio didattico digitale dal titolo "Leggiamo la grande arte" dedicato alla lettura di Banksy di Fausto Gilberti (ed. Corraini). Con Technotown e Casina di Raffaello invece il 3 gennaio sarà possibile vivere un'avventura virtuale tra i grandi inventori, la scienza, l'arte e la letteratura che hanno fatto la storia del nostro Paese grazie alla Grande Tombola dell'Innovazione: dalle 16.30 grandi e piccini potranno divertirsi collegandosi con il proprio tablet, computer o smartphone e scoprire quale innovatore italiano e la sua invenzione corrisponderanno ai singoli numeri estratti.
MILANO - Una serata d'arte e musica di grande suggestione in cui i pensieri di tutti potranno essere protagonisti: è il capodanno di Milano dal titolo "Pensieri Illuminati", completamente aperto ai cittadini e ideato per una visione in streaming. Il 31 dicembre l'evento si comporrà di un mix di tanti elementi diversi che dal Duomo si estenderà al Museo del Novecento per arrivare alla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale: la narrazione collettiva trasformata dall'artista Felice Limosani in grafica generativa e pixel luminosi, la musica diretta dal Maestro Beatrice Venezi, eseguita dell'Orchestra 'I Pomeriggi Musicali', la drammaturgia messa in scena dalla Civica Scuola di Teatro 'Paolo Grassi' - Fondazione Milano e poi a mezzanotte la video installazione narrata da Alessandro Preziosi e proiettata sulla Cattedrale. Al Mudec il nuovo anno si apre invece con Gerda Taro, celebre fotografa a cui viene dedicato la "puntata" del 2 gennaio della miniserie "10 x 10" (progetto composto da dieci mini-video documentari che raccontano al pubblico la vita di dieci grandi protagoniste della storia della fotografia): alle 10 sui canali social Facebook e Instagram del Museo delle Culture Nicolas Ballario, volto di SkyArte e voce di Rai RadioUno per l'arte contemporanea, svelerà aneddoti e aspetti particolari della vita e della carriera dell'artista.
VENEZIA - Nuovo appuntamento sui canali social di Palazzo Grassi - Punta della Dogana con il format #OpenLab per i giorni 1, 2, 3 gennaio: inizia il nuovo anno con "A book is a book is a book", un atelier in tre puntate, curato da Libri Belli di Livia Satriano, che invita il pubblico a riscoprire i libri della tradizione letteraria italiana, attraverso le loro copertine.
CORTONA - Si intitola "Look listen live Maec" lo speciale spettacolo di Capodanno, in scena il 1 gennaio dalle 18 in collegamento dal Maec di Cortona: il format, ideato da Maria Vittoria Paci, vedrà protagonista la Cor Orchestra diretta da Roberto Michele Baldo, con performance, sorprese e ospiti come l'attore Alessio Boni, gli scrittori Maurizio De Giovanni e Frances Mayes.
LATINA - Un percorso che si snoda in tutta la Città di Latina, con una serie di 8 "fotostorie" e 12 "singoli scatti" che rappresentano circa 100 fotografie divise in 10 maxi poster 6x3mt e 100 manifesti 100x140cm: è la mostra open air "Life in the Time of Coronavirus", a cura di Giovanni Pelloso, in programma fino al 19 gennaio, pensata per raccontare la forza e la violenza del virus. La mostra è stata creata selezionando il materiale (oltre 10000 immagini) raccolto con una call internazionale: un appello a cui hanno risposto in moltissimi, dalla Spagna all'Inghilterra, dall'Iran al Brasile, dall'India al Nepal, oltre che dall'Italia, che ha permesso di costruire una narrazione collettiva dedicata a questo tempo di pandemia.
PRATO - Sulla pagina Facebook del Museo di Palazzo Pretorio il 1 gennaio sarà trasmesso alle 11 in diretta "Nel mar che bagna a Mergellina il piede", lo speciale concerto di Capodanno nel quale saranno eseguiti brani inediti di autori del Seicento napoletano.
SASSARI - Un percorso altamente spettacolare è quello offerto da "Luci in Miniera" nell'ex borgo dell'Argentiera di Sassari, in cui ora è presente il Mar-Miniera Argentiera, il primo museo minerario a cielo aperto in realtà aumentata: durante tutto il periodo delle festività natalizie sarà un tripudio di luci, videoproiezioni, installazioni luminose, sonore e in realtà aumentata. Cinque le nuove installazioni luminose che vanno ad arricchire il museo open air, dall'Albero del buio a quelle dedicate agli elementi naturali, Terra, Aria, Acqua e Fuoco.
Vax Day: Dal Mibact campagna social con le primule nell'arte
Un primo piano del busto e delle mani della "Dama col mazzolino" di Andrea Del Verrocchio, l'opera, conservata a Firenze al Museo Nazionale del Bargello, alla quale si è ispirato Stefano Boeri per mettere a punto il logo della campagna di vaccinazione anti Covid. Ma anche una ricerca sul 'fiore che annuncia la primavera' condotta e condivisa da tutti i suoi istituti, dalle biblioteche agli archivi dai musei ai parchi archeologici: il ministero di beni culturali e turismo guidato da Dario Franceschini scende in campo a sostegno del #VaccineDay lanciando una campagna sui profili sociale del Mibact.
Un tripudio di primule di diverse specie, dalle corolle in giallo, arancio, rosa. Che si ritrovano scolpite sui marmi, stampate su pergamene, dipinte su porcellane, catalogate in antichi erbari, descritte in scrupolosi codici botanici. Un caleidoscopio di espressioni di arte che va dalle primule intarsiate nel "fregio di camino" di Francesco di Giorgio Martini a Palazzo Ducale di Gubbio, ai ricami di un costume tradizionale della Calabria esposto al Museo delle Civiltà di Roma; dalle porcellane della Manifattura Discry alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Genova, a una cartolina del 1919 del Fondo Cesare Poma dell'Archivio di Stato di Biella. Primule che si ritrovano nelle Cinquecentine della biblioteca Universitaria di Cagliari, come nei volumi sulla "Flora italiana ossia Raccolta delle piante più belle che si coltivano nei giardini d'Italia" della Biblioteca Palatina di Parma o nella corona di fiori della "Ninfa alata" di Gennaro De Crescenzo, nella Saletta neoclassica di Palazzo Reale a Napoli. Tutti insieme, sottolineano dal ministero, "per impegno corale della Cultura a favore della salute dei cittadini e del rilancio del Paese". (ANSA).