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La mostra a Rovigo. Nell'Arcadia di Renoir l'alba del Novecento

 

Pierre-Auguste Renoir, “Roses dans un vase”, 1900 (particolare) - Pierre-Auguste Renoir, “La Baigneuse blonde”, 1882. Pinacoteca Agnelli, Torino Pierre-Auguste Renoir, “Roses dans un vase”, 1900. Kunsthaus, Zurigo

La mostra ricostruisce in modo molto puntuale ed efficace questa dimensione di lunga portata della pittura di Renoir. In un certo senso l’artista è interprete ante litteram di quel fenomeno solitamente chiamato “ritorno all’ordine” – espressione un po’ sfortunata che suona come una Quaresima dopo un Carnevale – e che Bolpagni preferisce sostituire con il rappel à l’ordre di Cocteau, o meglio ancora con il “ritorno al mestiere” usato da de Chirico nella fase postmetafisica per contrassegnare il proprio desiderio di una pratica pittorica che guarda alla storia e che è certamente valido per un Renoir lettore, per scriverne più tardi una prefazione, del trattato di Cennino Cennini. L’artista francese infatti sente il bisogno di recuperare un gap culturale e tecnico, di rifondare la propria pittura su basi di una concretezza quasi arcaica. Questo conciso Grand Tour italiano, che da Venezia arriva a Palermo toccando Firenze, Roma, Napoli e la Calabria, ha esattamente questa funzione: il fatto poi che avvenga nella fase della piena maturità e non agli inizi della sua formazione gli consente un rapporto libero, da pari, con i modelli. In Italia Renoir scopre ciò che non poteva vedere al Louvre: la pittura veneta del Quattrocento di Carpaccio e il colorismo flamboyant di Tiepolo, il Raffaello affreschista, la pittura pompeiana. E scopre quella luce, lagunare o mediterranea, che a Parigi non c’è e che presto inseguirà trasferendosi, anche per ragioni di salute, nel Midi. Tutto questo si salda con il mai sopito amore per Ingres e quindi di Rubens a cui possiamo aggiungere più avanti la pittura guizzante e per segni dell’ultimo Delacroix. Il trait d’union con il momento impressionista, come sottolinea Bolpagni, è il problema «della luce, di come catturarla sulla tela: il tema è un altro, e concer il “metodo”, la via da seguire per raggiungere tale scopo». Non è un caso che l’esito sarà una pittura di sintesi, massiva, «fuori dal tempo » la definisce Bolpagni, lontana da sofismi simbolisti, compositivamente complessa e opulenta dal punto di vista cromatico. In mostra è rappresentata da un capolavoro assoluto, La bagnaise blonde della Pinacoteca Agnelli (1882), uno dei nudi più belli di tutto l’Ottocento, e da un nutrito gruppo di bagnanti. Allo stesso tempo non è un caso che approdi alla scultura, a cui l’artista si dedica incitato di Maillol. Renoir si riaggancia dunque al tema del classicismo che è una delle anime vere della cultura francese, ma lo fa con un approccio  anticlassico”, dove il mito del Mediterraneo e la forza delle forme prende il posto dei canoni e della mimesis. Una categoria di classicismo dunque che sarà propriamente novecentesca. È così che Renoir diventa un riferimento per gli artisti degli anni Venti e Trenta. Lo dimostrano i riscontri italiani, ben documentati in mostra, con de Chirico che si dichiara apertamente debitore del francese, ma anche di scultori come Marino Marini ed Eros Pellini, mentre è una piccola mostra nella mostra l’omaggio-riscoperta ad Armando Spadini. Non solo. C’è un Renoir che apre ulteriori prospettive attraverso generi di minore impegno e per questo campo per libere sperimentazioni come nature morte (qui messe a confronto con lavori più tardi di De Pisis, Tosi e Paulucci) e piccoli dipinti di paesaggi (a cui non sarebbe dispiaciuto vedere accostati gli analoghi di Sassu). Questi ultimi insieme a una serie di tardi ritratti femminili presentano tinte acide e forme liquide che sembrano aprire piste protoespressioniste. Ma è impossibile non pensare che la via tracciata verso il mito panico sarà poi percorsa dopo un fondamentale viaggio in Italia dal Picasso “richiamato all’ordine” (e tra l’altro collezionista del secondo Renoir) come pure da Matisse. D’altra parte anche nell’«eterna e soleggiata arcadia» di Renoir “ tout n’est qu’ordre et beauté, / Luxe, calme et volupté”.

avvenire.it

Novecento. Frugoni: fare gli italiani con la storia dell'arte

 

«Nell’autunno del ’44 mio padre insegnò a Brescia al liceo Calini ma mia madre ed io continuammo a rimanere a Solto ». Lo racconta Chiara Frugoni nelle prime righe dell’introduzione a una curiosa “cattedrale” tripartita secondo le arti classiche del Belpaese, eretta da Arsenio, suo padre, che sarà poi uno storico e insigne medievista, morto precocemente in un disastro automobilistico nel 1970, dove perì anche il figlio Giovanni. Solto, un paesino nei pressi del Lago d’Iseo, in provincia di Bergamo, dista un’ottantina di chilometri da Brescia: avevano casa lì i nonni di Chiara. Lei e la madre fin dall’estate del 1943 erano sfollate a causa della guerra e dei bombardamenti che si ripetevano. Finché le scuole rimasero chiuse anche Arsenio visse lì da sfollato, ma poi dovette cercare di guadagnare qualcosa per la sopravvivenza familiare, e la scuola fu una soluzione che incontrò anche le sue attitudini didattiche e il desiderio d’insegnare. All’epoca, il professor Frugoni faceva la spola da Solto a Brescia in bicicletta: aveva vari talenti, anche pratici, e uno spiccato senso dell’impegno civile che espresse sia nell’impegno antifascista sia in imprese educative: una di queste fu scrivere una “storia dell’arte italiana”, dall’antichità al Novecento, in vari cicli di conferenze ripartite fra Architettura, Scultura e Pittura: in tutto 31, che poi l’editrice La Scuola avrebbe pubblicato tra il 1946 e il ’47. Una tempestività emblematica quella che Frugoni persegue con questa opera in trentuno volumetti. Una sorta di “ricostruzione” dell’Italia ferita dalla guerra. Impresa che ha anche dell’incredibile se si pensa al clima di precarietà che dominava. Frugoni si basò principalmente sull’Enciclopedia Treccani, i volumi del “saper vedere” di Matteo Marangoni, i saggi di Piero Toesca e La storia dell’arte italiana di Guido E. Mottini. Morcelliana negli ultimi tre anni ha ripubblicato in tre tomi queste conferenze che per settant’anni erano state dimenticate. Invertendo l’ordine con cui vennero pensate, il primo volume uscito nel 2020 è quello sulla pittura, introdotto da Chiara Frugoni; nel 2021 è apparso quello sull’Architettura e, adesso, La storia della scultura d’Italia, con prefazione di Salvatore Settis (pagine 232, euro 35, come i precedenti, ricco d’illustrazioni). Chiara ricordò che queste conferenze furono scritte in «tempi brevi e frammentari». Le possibilità di fare, durante la guerra, erano ovviamente molto ridotte; a questo proposito, nel 2021 uscì dal Mulino un volume di Gianni Sofri dedicato all’“anno mancante” nella vita di Frugoni, proprio quel 1944 in cui scrisse anche le sue conferenze sull’arte. Dopo il terribile bombardamento di Brescia a luglio Frugoni lasciò Solto e raggiunse il Lago di Garda, dove si era organizzata la Repubblica Sociale Italiana, e rimase a lungo a Gargnano perché erano molto ricercate persone capaci di fare da interpreti tra alcuni ufficiali tedeschi e l’esercito del Duce. Uno di questi ufficiali, Hans Jandl, incaricato di vigilare su Mussolini, scelse Frugoni come suo interprete e insegnante di italiano. Fra i tedeschi la cosa non era piaciuta, ma Frugoni con la sua cultura seppe guadagnarsi la loro fiducia. Nel libro di Sofri sono ripercorsi gli interrogativi su che cosa trattenesse Frugoni a Gargnano oltre a insegnare l’italiano al tenente colonnello Jandl. L’alone di mistero ha fatto pensare anche a cose malevoli, ma Frugoni dimostrò sempre una specchiata convinzione antifascista. Forse, ecco una possibile risposta, fra le altre cose dedicò molto tempo alle conferenze che pubblicò a guerra finita. Frugoni non era uno storico dell’arte, le sue inclinazioni erano per la medievistica, ma «occupandosi di fonti scritte medievali, ebbe sempre un’attenzione per le immagini» nota la figlia, lei stessa storica e medievista scomparsa l’anno scorso; e a questo proposito aggiunge che per ognuna delle tre arti Arsenio consultò circa mille immagini. Non dovette essere facile, non soltanto perché occorreva sapere dove cercarle in un periodo storico dove tutto era molto complicato, ma ancor più occorreva stabilire un indice delle personalità creatrici, delle opere stesse (talvolta di autori anonimi), ed esprimere giudizi di valore, rimanendo una trattazione divulgativa. I principi estetici che segue Frugoni si rifanno chiaramente a Benedetto Croce: attenzione alle questioni di stile e alle personalità creatrici, la poesiva e l’espressione; ma con una maggiore attenzione al contesto sociale nel quale le opere videro la luce. Ciò che ne esce non è un vero manuale di storia dell’arte o – nota Chiara Frugoni – «una storia dell’arte raccontata alla Gombrich». Piuttosto, scrive la studiosa, «il romanzo della storia dell’arte». Si trattava, credo, di riaffermare i fondamenti umani e umanistici, classici, dell’identità nazionale, dopo la catastrofe. Sarei quindi propenso a definire questa storia narrata agli italiani “ancora da fare”, il “romanzo dell’Italia antica e futura attraverso la storia dell’arte”. Il curatore dell’impresa editoriale, Saverio Lomartire, nel volume sulla pittura nota che Frugoni esprime «la consapevolezza del valore di testimonianza storica, sociale e di pensiero rivestito da quanto prodotto dall’umanità nei secoli con i colori (e con i mattoni, le pietre, i marmi, i metalli)». Naturalmente, Frugoni, non essendo uno storico dell’arte, ha anche le carenze e i travisamenti, imputabili credo a gusto personale: come quando, a proposito della pittura di Filippo De Pisis, scrive che «è gustosa, fresca, leggiadra, ma è davvero inconsistente » o quando dichiara una palese antipatia per il futurismo e la metafisica. E che dire quando, terminando le conversazioni sull’architettura, nel Novecento cita Piacentini, ma nemmeno un cenno va a Terragni, morto nel 1943, dopo aver lasciato due capolavori come la Casa del Fascio e l’Asilo Sant’Elia a Como? E a Giovanni Michelucci, che aveva costruito la Stazione di Firenze. Opere, ben più importanti, per l’identità italiana proiettata nell’Europa modernista. Ma è vero che lo storico coglie un fatto che contrassegna la nostra indole attraverso l’architettura quando nota che gli italiani sono meno sensibili al paesaggio naturale, così come potrebbe esserlo un nordico, un tedesco o un inglese, perché «sono un popolo di architetti e costruttori» tanto che «hanno perfino costruito il loro paesaggio », vedi i colli toscani «ricreati come scenario architettonico». Un discorso che, ricorda Lomartire, cade mentre da poco erano state varate la legge 1 giugno 1939 sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico e lquella del 29 giugno 1939 sulla Protezione delle bellezze naturali. Con questa coscienza Frugoni anticipa il grande dibattito sulle tutele: del paesaggio (contro la speculazione di costruttori senza scrupoli) e dei centri antichi. Sono dunque conferenze che denotano anche un impegno socio-politico per educare gli italiani al bello, al vero, alla libertà dopo la distruzione. Il fatto è che l’arte, come la cultura, non impediscono né guerre né totalitarismi. La funzione più utile della cultura è quella della ricostruzione dopo la distruzione, ridare le ragioni di una identità che combatta le future tentazioni violente e autoritarie, mentre oggi ci rendiamo conto che spesso la cultura è misero marketing del Grand tour. Introducendo il volume sulla scultura, l’ultimo edito da Morcelliana, Salvatore Settis si sofferma sulla pubblicazione, in appendice, di un testo breve che Frugoni dedicò nel 1967 a Warburg, in occasione della traduzione italiana per La Nuova Italia dei saggi riuniti nel volume La rinascita del paganesimo antico. Frugoni aveva capito ciò che spingeva Warburg verso l’arte: «mostrare come le esperienze interne ed esterne dell’uomo giungano ad esprimersi nelle forme che l’uomo stesso si crea; mostrare la funzione della creazione figurativa nella vita della civiltà e il rapporto variabile che esiste tra esperienza figurativa e linguaggio parlato». Settis loda Frugoni, però mette in guardia dal “circolo ermeneutico” che finisce per trovare soltanto ciò che già cercava: limite “deterministico” in cui incorre oggi l’iconologia. Si è finito per dir poco della scultura. Ancora Settis nella prefazione parla di metodo più che di singoli giudizi o scelte clamorose nella scultura: l’attenzione alle dinamiche formali, il rapporto fra imitazione ed espressione, che per la scultura medievale diventano precipue, prendono una china più personale con l’emergere di alcuni grandi nomi: da Antelami a Wiligelmo, a Nicola e Giovanni Pisano, seguendo una linea dove la partita fra arte e stile è sempre più legata alla rivelazione del genio senza negare il cromosoma italiano, quello più classico. Che non gli impedisce di demolire uno scultore come Giambologna, per la “superficiale piacevolezza” (già Marangoni aveva parlato per il Mercurio volante del Bargello di “figuretta fermacarte”); idem per il ridimensionamento di Francesco Mochi e per la critica al carraccismo dell’Algardi, mentre, dopo aver dedicato molte pagine a Michelangelo (ma troppo poche a Donatello), loda il valore coloristico della scultura ricca di sensi del Bernini, “marmi fatti carne” e la “grazia schietta” di Serpotta. In una linea peraltro all’epoca condivisa da molti (si pensi alla stroncatura di Longhi), ecco l’accusa rivolta a Canova di incomprensione del rapporto tra arte e realtà, quando nota che «si può creare uno stile sul vero, ma non si può infondere il vero in uno stile ». Da cui la ripresa del Thovez in L’illusione di un classico dove definì le danzatrici canoviane «magnifiche spoglie esanimi». Una critica che rivela l’impostazione fortemente etica e “ricostruttiva” del discorso storico di Frugoni.

avvenire.it

La ricetta della felicità? Considerare i fine settimana come una vacanza


AGI - Come si raggiunge la felicità? Ma, soprattutto, si può accrescere rispetto ai suoi standard? Prendendosi del tempo o facendo una vacanza, suggerisce il Washington Post, che parte da un presupposto: “Gli americani trascorrono la maggior parte del loro tempo al lavoro e lavorando molte più ore che in molti altri paesi” e “sebbene gli americani spesso ricevano meno giorni di vacanza che in altre parti del mondo, molti di loro non usano nemmeno i giorni liberi che hanno a disposizione”. Eppure, “il tempo libero è importante per reimpostare e ricalibrare le energie”, afferma il quotidiano. Che fare? Come organizzarsi o sfruttare meglio le occasioni per una pausa rigenerante ed essere anche più felici?

La risposta è di una semplicità estrema: basta trattare i fine settimana come se si trattasse di una vacanza e questo può far raggiungere l’obiettivo. Uno studio recente, come quello condotto dalla Ucla Anderson School of Management, ha stabilito che su 441 lavoratori, alla cui metà è stato chiesto di trascorrere un fine settimana primaverile come si trattasse di un fine settimana qualsiasi e all’altra metà di considerare lo stesso weekend “come una vera e propria vacanza”, ha offerto risultati di grande interesse.

Infatti, quando le persone sono tornate al lavoro il lunedì successivo, quelle che hanno trascorso il fine settimana come se fossero stati davvero in vacanza “hanno riscontrato maggiore felicità, meno negatività e più soddisfazione” rispetto a quanti hanno affrontato il fine settimana come normale routine. I primi, poi, hanno anche “speso più soldi” dei secondi: circa 130 dollari contro 104. “Ma non sono stati i soldi spesi a comprare la felicità”, sottolinea il Post, quanto “la quantità del denaro speso”. Il motivo?

Secondo i ricercatori, il punto è che “la concezione della vacanza rispecchia un modo d’essere più consapevole”, in particolare perché presta maggiore “attenzione al presente”. Una sorta di carpe diem? Di fatto sì, risponde Cassie Holmes, professore alla Anderson School dell'Ucla, perché “permette di sentire che possiamo davvero fare una pausa e goderci l’attimo". Di più: “I risultati suggeriscono che dirigere l'attenzione al presente è stato molto importante per raccogliere benefici emotivi dal tempo libero", hanno scritto gli autori dello studio nel report conclusivo, perché in fondo “le vacanze migliorano il benessere emotivo e identificano un modo per sfruttare meglio il tempo libero che le persone già hanno".

Una ricetta semplice, che però può cambiare la vita, da bene in meglio. E non solo nel fine settimana.

RIPARTE PHOTOGRAPH-ER È ONLINE IL BANDO


 PHOTOGRAPH-ER è rivolto a giovani fotografə tra i 18 e i 35 anni di età residenti o domiciliatə in Emilia-Romagna, per sostenerlə nel loro percorso di formazione artistica e professionale.

Il percorso prevede lezioni frontali, tavoli di confronto e workshop con l’obiettivo di sviluppare e incentivare il processo artistico dei giovani artistə grazie all’incontro e all’insegnamento di fotografə affermati, ma anche di favorire l’accesso al mondo del lavoro attraverso lo scambio con diversi professionistə del settore.
Durante la formazione infatti i partecipanti avranno modo di confrontarsi con espertə del mondo dell’arte e della fotografia, provenienti da diversi ambiti e settori: fotografə professionistə, curatorə, photoeditor, galleristə.
Il percorso è totalmente gratuito.

 

 

PROGRAMMA

 

Sabato 25 marzo ore 10-17 [IN PRESENZA ]
Incontro di presentazione

 

Domenica 25 marzo ore 10-17 [IN PRESENZA ]
Workshop con Renata Ferri: come si scrive e presenta un portfolio

 

Sabato 1 aprile 2021 ore 11-13 [IN PRESENZA ]
Le gallerie: come promuovere e vendere il proprio lavoro?
Incontro con Marcella Manni e visita della galleria Metronom di Modena

 

Venerdì 14 aprile ore 16-18 [ONLINE]
La stampa: come collaborare con i giornali?
Incontro con Francesca Marani (Visual Editor of Global PhotoVogue) e Max Ferguson (Photo Editor Granta Magazine),

 

Sabato 15 aprile ore 11-13 [IN PRESENZA]
Progettare e organizzare mostre
Incontro con Giangavino Pazzola (curatore a Camera – Centro Italiano per la Fotografia) e Daniele De Luigi (curatore di Fondazione Modena Arti Visive e del progetto “Giovane Fotografia Italiana”)

 

Venerdì 28 aprile [IN PRESENZA]
Invito all’inaugurazione del festival Fotografia Europea
Accesso illimitato alle mostre del festival e agli eventi collegati dal 28 aprile all’11 giugno

 

Sabato 29 e Domenica 30 aprile [IN PRESENZA]
Letture portfolio
Durante le giornate inaugurali di Fotografia Europea i giovani fotografi potranno iscriversi a 2 letture portfolio a loro scelta

 

Lunedì 1 maggio – orario da definire [IN PRESENZA]
I protagonisti di Fotografia Europea 2023: incontro con i fotografi della nuova edizione

 

Sabato 20 e domenica 21 maggio – orario da definire [IN PRESENZA]
Workshop di 2 giorni con Arianna Arcara

 

Sabato 27 maggio – orario da definire [IN PRESENZA]
L’editoria specializzata: come sviluppare e pubblicare il proprio libro fotografico?
Incontro con Bruno Ceschel

 

Domenica 28 maggio – orario da definire [IN PRESENZA]
Visite guidate alle mostre organizzate dalla rete di partner di Fotografia Europea

 

Sabato 11 e domenica 12 giugno – orario da definire [IN PRESENZA]

Workshop di 2 giorni con Aaron Schumann

 

Gli incontri in presenza si terranno presso gli spazi di Fondazione Palazzo Magnani (corso Garibaldi, 31) e di SD Factory (via Brigata Reggio, 29) a Reggio Emilia.

 

+++ Il programma potrà subire variazioni +++

(Fonte: fotografiaeuropea.it)

Nasce Museo nazionale Enrico Caruso a Napoli

 

NAPOLI - Tra i più grandi tenori di tutti i tempi, "voce" italiana nel mondo, interprete assoluto del bel canto e della tradizione napoletana, ma anche caricaturista, imprenditore di se stesso e incarnazione di un personale riscatto sociale. Proprio nel pieno delle celebrazioni per i 150 anni della nascita, Enrico Caruso (25 febbraio 1873 - 2 agosto 1921) avrà finalmente il suo primo museo nazionale, a Palazzo Reale nella sua Napoli, la città da cui tutto partì e dove tornò ormai divo.

Ad annunciarne l'apertura, il 20 luglio 2023, il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, insieme al direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, il direttore di Palazzo Reale di Napoli, Mario Epifani e la curatrice del museo, la musicologa Laura Valente.
    "Enrico Caruso è un esempio eccelso del genio italico, capace di innovare nel solco della tradizione - spiega Sangiuliano - comprendendo in pieno come valorizzare il proprio talento nel segno della modernità".
    Il nuovo museo, alla cui inaugurazione è stato invitato anche il sindaco di New York e il direttore del Metropolitan I'Opera House, "sarà un museo vivo e multimediale", come spiega Osanna e proporrà un "percorso complessivo su Caruso", tra registrazioni, cimeli, costumi, grammofoni, caricature, spartiti con segni autografi, grazie alla donazione dal Fondo Pituello (del valore stimato di un milione di euro) e alla collaborazione di partner "carusiani" da tutto il mondo, come gli Archivi Ricordi e Puccini, i grandi teatri d'opera come il San Carlo, La Scala e il Metropolitan e la Cineteca di Bologna, che ha diretto il lavoro di restauro e sincronizzazione vocale sul film My Cousin.
    Il 25 febbraio, prima celebrazione dei 150 anni al Museo Memus del San Carlo con anche la donazione al Museo Caruso degli atti di nascita e morte del tenore, conservati dell'archivio del Comune. (ANSA).

(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone - Turismo Culturale)

Olio: studio, l'extravergine è buono e fa bene alla salute

 

L'olio extravergine di oliva, col suo alto contenuto di polifenoli, ha effetti terapeutici nei soggetti affetti da sindrome metabolica da sovrappeso, prediabete, diabete e ipertensione.

È il risultato dello studio scientifico portato avanti dall'Università degli studi di Palermo, presentato questa mattina alla quindicesima edizione de "L'Isola del Tesolio. Filiera e sostenibilità, le sfide future per un settore oleario di qualità", il convegno organizzato dal Cofiol, il consorzio della filiera olivicola, all'Orto Botanico di Palermo.

"Aggiungendo l'olio extravergine di oliva nella dieta di questi pazienti - ha spiegato Lydia Giannitrapani, docente di fisiopatologia e metodologia clinica alla facoltà di Medicina dell'Università di Palermo - in soli sei mesi c'è stato un miglioramento significativo di alcuni parametri biochimici". La Sicilia occupa il terzo posto in Italia per quantità di olio prodotto dopo Puglia e Calabria, vanta il primato per la più grande superficie biologica coltivata e per i giovani under 35 titolari di aziende agricole. "Dal 2 ottobre del 2013, data in cui è nato il Comitato promotore IGP Sicilia, è stata fatta molta strada - ha sottolineato Dario Cartabellotta, dirigente generale del dipartimento di Agricoltura della Regione - per merito di tutti quei produttori che nel tempo si sono aggregati alla grande famiglia dell'olio extravergine di oliva. Oggi l'olio è entrato a pieno titolo in quelli che definiamo i gioielli di famiglia dell'agricoltura siciliana, insieme all'IGP, al DOC, al biologico". Tra i vari progetti di cui si è parlato nel corso dell'incontro, quello supportato dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali con i fondi del PNRR, che coinvolge le filiere siciliane, pugliesi e calabresi puntando al riammodernamento di uliveti e frantoi, ma anche al miglioramento dei parametri di promozione e commercializzazione. Consegnati poi i premi della "Selezione Speciale Barbera"ideata da Manfredi Barbera, amministratore delegato dell'omonima azienda olivicola, ad alcune eccellenze del settore agroalimentare.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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    Dalla fotografia d'autore, con Morath ed Erwitt, alla poetica visione dei maestri giapponesi, fino al gesto pittorico di Perugino e Renoir e alle opere sorprendenti dell'argentino Erlich per la prima volta in Europa: anche il 2023 sarà un anno ricco di mostre interessanti, tra stili ed epoche differenti.

        VENEZIA - Al Museo di Palazzo Grimani il 18 gennaio si apre "Inge Morath. Fotografare da Venezia in poi", a cura di Kurt Kaindle e Brigitte Blüml, con Valeria Finocchi.

    La mostra presenta il reportage che la fotografa austriaca realizzò in Laguna, quando l'Agenzia Magnum la inviò in città per conto della rivista L'Oeil: il percorso raccoglie circa 200 fotografie (di queste circa 80 mai esposte) con un focus su Venezia.
        ABANO TERME - Si intitola "Vintage" la mostra dedicata a Elliott Erwitt in programma al Museo Villa Bassi Rathgeb dal 28 gennaio all'11 giugno. A cura di Marco Minuz, l'esposizione riunisce 154 fotografie vintage, raramente esposte al pubblico, e 30 scatti iconici che toccano vari temi, dall'integrazione razziale alle mutazioni sociali, il nudismo e ancora i cani, i bambini, i viaggi.
        PARMA - Oltre 50 opere (edizioni e serigrafie, sperimentazioni su metallo, tessuti e plastica oltre a fotografie e video) provenienti da collezioni europee e americane compongono "Roy Lichtenstein. Variazioni Pop", a Palazzo Tarasconi dall'11 febbraio al 18 giugno. A cura di Gianni Mercurio, la mostra ripercorre l'intera carriera artistica di Lichtenstein a partire dagli anni '60, documentando temi e generi.
        ROVIGO - "Pierre-Auguste Renoir: l'alba di un nuovo classicismo", curata da Paolo Bolpagni, aprirà al pubblico il 25 febbraio a Palazzo Roverella. Fino al 25 giugno, il progetto mette al centro la produzione di Renoir a partire dagli anni '80 del XIX secolo, che segnò l'inizio di un progressivo allontanamento dall'esperienza impressionista: dopo un viaggio in Italia nel 1881 per il pittore fu infatti l'inizio di una rivoluzione creativa verso una personale forma di classicismo.
        GENOVA - La primavera a Palazzo Ducale si accompagna alla monografica dedicata a Man Ray (dal 4 marzo al 2 luglio), fotografo ma anche pittore, scultore, regista d'avanguardia e grafico. La mostra, curata da Walter Guadagnini e Giangavino Piazzola, esplora cronologicamente e tematicamente vita e carriera dell'artista.
        TORINO - L'universo giapponese, attraverso un percorso tematico suddiviso in 9 sezioni, con oltre 300 capolavori e alcune opere mai presentate in Italia, si potrà ammirare nella mostra "Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e i miti del Giappone", ospitata dalla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino dal 23 febbraio al 25 giugno. Nel percorso 30 disegni preparatori, 24 stampe di paesaggio di Hiroshige, una ventina di stampe di 'fiori e uccelli' (kachōga), una quarantina di stampe di attori kabuki (yakushae), una quarantina delle cosiddette stampe 'di belle donne' (bijinga), circa 30 stampe e 20 libri di carattere erotico (shunga), una ventina di stampe di guerrieri ed eroi (mushae).
        PERUGIA - "Il meglio maestro d'Italia. Perugino nel suo tempo", curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, è in programma alla Galleria Nazionale dell'Umbria dal 4 marzo all'11 giugno. Realizzata in occasione del V centenario della morte del pittore, l'esposizione documenta il ruolo di preminenza artistica del Perugino nella sua epoca, attraverso oltre 70 opere, tutte antecedenti al 1504, ovvero nel momento in cui si trovava all'apice della sua carriera.
        MILANO - Arriva a fine marzo a Palazzo Reale la prima prima grande mostra in Europa dell'artista argentino Leandro Erlich: nel percorso grandi installazioni con cui il pubblico potrà relazionarsi e giocare, diventando esso stesso l'opera d'arte.
        Tra i lavori esposti anche "Batiment", in cui le persone simulano l'arrampicata su un grande edificio, o "Swimming Pool" in cui si ha la sensazione di muoversi sott'acqua. Nel 2023 Palazzo Reale ospiterà anche mostre di Pistoletto, Morandi, Basilico, Newton, El Greco e Goya.
        ROMA - Da marzo a luglio a Palazzo Barberini la mostra "I Barberini. Caravaggio, Bernini, Poussin e la nascita del barocco", a cura di Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori, Sebastian Schütze, e allestita per il 400esimo anniversario dell'elezione a papa di Urbano VIII Barberini. Il percorso, che per la prima volta riunisce alcuni capolavori della collezione Barberini, racconta come durante il pontificato di Urbano VIII vi fosse una congiuntura artistica straordinaria, da lui incoraggiata, che determinò la nascita e l'affermarsi in Europa del barocco. (ANSA).

    Alberobello a vocazione turistico-culturale

     

    (TurismoItaliaNews) Finanziamento da oltre 400mila euro per il Comune di Alberobello. L’opportunità è quella del bando pubblico promosso dal ministero del Turismo per l’individuazione di progetti volti alla valorizzazione dei Comuni a vocazione turistico-culturale nei territori in cui sono ubicati siti Unesco e appartenenti alla rete delle città creative.
     Il Comune di Alberobello si è aggiudicato un consistente finanziamento di 411.077,90 euro grazie al progetto nasto dall’osservazione del contesto territoriale in cui la città pugliese è immersa e dalla volontà di creare itinerari digitali volti alla valorizzazione dei territori urbani della Città e delle aree rurali circostanti. “Si tratta di un importantissimo progetto - spiegano Francesco De Carlo e Valeria Sabatelli, rispettivamente sindaco di Alberobello e assessora con delega alle relazioni con Unesco – che consentirà uno straordinario upgrade nel nostro modo di approcciare il turismo, dove alle straordinarie opere, peraltro già annunciate, di ripristino dei siti Unesco per riportarli alla loro originaria bellezza, sarà affiancato un importante processo di digitalizzazione che consentirà di vivere l’esperienza del viaggio in modo più immersivo e coinvolgente”.
    L’osservazione del contesto territoriale, in cui sono inseriti gli iconici trulli di Alberobello, ha determinato un’innovativa strategia di valorizzazione dei siti turistici che, a partire dal sistema locale di base, intende migliorare l’ambiente culturale, per i cittadini e per gli ospiti visitatori, attivando processi di digitalizzazione tesi a promuovere il territorio e i suoi itinerari turistici. Questo progetto rappresenta un valido supporto alla più ampia strategia di valorizzazione della “Città dei Trulli” messa in atto da questa Amministrazione, attraverso la creazione di nuovi di percorsi ispirati a un turismo sostenibile e lento, che progressivamente consenta di rendere la città più attrattiva rispetto a nuove e più ampie tipologie di visitatori e di distribuire così il flusso turistico in tutte le zone di interesse della città e, complice il clima straordinario, in tutti i periodi dell’anno.
    I nuovi itinerari offriranno la possibilità di visitare la città di Alberobello, ma anche di esplorare le zone limitrofe seppur meno note ugualmente ricercate e visitate. Saranno realizzati dei veri e propri itinerari urbani ed extraurbani, attraverso il supporto di pannelli informativi con presenza di Qr-Code, che permetteranno a ciascun fruitore, attraverso l’utilizzo del proprio dispositivo mobile, di avvicinarsi alla conoscenza di quei monumenti, di quei luoghi, di quegli spazi o aree che racconteranno il vissuto di una città straordinariamente unica. Gli itinerari saranno strutturati per chi visiterà la città a piedi, soffermandosi nel solo centro storico, e per chi invece preferirà l’utilizzo di bici (di proprietà o noleggiate) anche attraverso il territorio circostante.

    Tra le aree extraurbane interessate dal progetto è possibile citare il territorio della frazione Coreggia, particolare e unica dal punto di vista rurale e ambientale, sia per la presenza della ciclovia dell’acquedotto, sia per la caratteristica zona di interesse carsico denominata “canale di Pirro”; la zona boschiva denominata “Bosco Selva” con la possibilità di usufruire di aree di sosta, servizi, igienici, percorsi ambientali; infine la zona adiacente la ex Fondazione Gigante, detta Casa Rossa, immobile di interesse storico che si trova a circa 3 km da Alberobello, immerso in un territorio ricco di alberi da frutto e boschi.

    Oltre alla attenta fase di progettazione, il piano prevede:
    - la realizzazione di un’app turistica fruibile in quattro lingue - italiano, inglese, francese e spagnolo - che proporrà contenuti audio, testuali e immagini, abbinati a contenuti speciali, come immagini tratte dall’archivio storico per un confronto fotografico tra ieri e oggi e contenuti di carattere informativo;
    - la creazione di segnaletica turistica integrata con il Qr-Code nei luoghi simbolo della città e presso le aree ambientali, che consentiranno al turista di ricevere il maggior numero di informazioni di cui necessita per vivere in modo completo l’esperienza di scoperta della città;
    - la dotazione di info point digitali a partire da largo Viterbo, zona di arrivo alla città sia per gruppi sia per individui. Il punto sarà dotato di un pannello di benvenuto dove saranno evidenziati gli itinerari proposti oltre a informazioni generiche sulla città con la presenza di materiale cartaceo divulgativo (mappe, brochure, volantini…);
    - la creazione di un arredo urbano per migliorare l’accoglienza e la sosta dei turisti attraverso: panchine dotate di ripetitore wi-fi, attacchi Usb per la ricarica dei dispositivi mobili e prese tradizionali per la ricarica di pc e di altre apparecchiature elettroniche.

    Ultimo ma non meno importante il potenziamento dell’illuminazione attraverso uno studio illuminotecnico attento e condiviso per valorizzare i luoghi e consentire la funzionalità della videosorveglianza. Tutto l’arredo sarà adeguato nei materiali e nei colori che saranno coerenti con i caratteri paesaggistici del luogo e consentiranno la più corretta contestualizzazione.

    Gli autoritratti di Alfredo Catarsini in mostra a Firenze


     Per i 30 anni dalla scomparsa del pittore Alfredo Catarsini, la Fondazione a lui intitolata e l'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze promuovono una mostra con 25 suoi autoritratti intitolata 'L'Artista allo specchio. Alfredo Catarsini: autoritratti dal 1930 al 1985' e curata da Rodolfo Bona.

    Sarà aperta il 17 gennaio e si concluderà il 17 febbraio. Nell'arco di 64 anni Catarsini espose le sue opere per ben 30 volte in sedi prestigiose.
        La mostra è un'esposizione di 25 autoritratti dell'artista, realizzati con varie tecniche d'espressione, di diversa misura, che abbracciano oltre mezzo secolo testimoniando l'evoluzione artistica di Catarsini. Gran parte delle opere proviene dalla collezione della Fondazione Catarsini ma non mancano prestiti significativi.
        "L'artista ha indagato il movimento della figura - afferma Bona, direttore artistico della Fondazione Alfredo Catarsini 1899 - e l'espressione dell'uomo, temi ricorrenti in tutta la sua produzione, nei ritratti intensi degli anni '30 e '40, nei nudi e negli autoritratti, nei quali ha eletto il proprio volto a terreno di indagine formale e psicologica, registrandone i mutamenti fisionomici e intellettuali".
        Per Cristina Acidini, presidente dell'Accademia delle Arti del Disegno, "la mostra convalida il grande impegno della Fondazione 'Alfredo Catarsini 1899', energicamente guidata da Elena Martinelli, che l'Accademia delle Arti del Disegno è lieta di accogliere e valorizzare". 

    ansa

    Reggio Emilia, Giornata nazionale della Bandiera 7 Gennaio anniversario Tricolore


    Nella mattinata del 7 gennaio, al 226° anniversario del primo Tricolore, inizieranno i festeggiamenti per la Giornata nazionale della Bandiera. Numerosi gli eventi che si susseguiranno tra lectio magistralis, alzabandiera e consegna delle Costituzioni. Parteciperanno, tra gli altri, il ministro Luca Ciriani e Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio

    eggio Emilia festeggia, il 7 gennaio 2023, la Giornata nazionale della Bandiera e il 226° anniversario della nascita del Primo Tricolore con la partecipazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, onorevole Luca Ciriani, quale massimo rappresentante istituzionale.

    Alla celebrazione interverrà, per la lectio magistralis al teatro Municipale ‘Valli’, anche il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Il programma della festa annuale del Tricolore – che celebra la nascita del vessillo avvenuta a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797 – prevede, subito dopo la sonata a distesa della Campana civica – alle ore 10 in piazza Prampolini la cerimonia di apertura delle Celebrazioni alla presenza del ministro Luca Ciriani, del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e delle altre autorità. Sono previsti gli Onori militari al ministro Ciriani, l’Alzabandiera e l’esecuzione dell’Inno nazionale. Gli onori militari saranno resi da una Compagnia interforze composta da: Esercito – 87° Reparto comando Supporti tattici “Friuli”; Marina militare – Comando marittimo Nord-La Spezia; Aeronautica militare – 1^ Aerobrigata aerea Os; Arma dei Carabinieri – Legione Emilia-Romagna; Guardia di Finanza – Comando regionale Emilia-Romagna. Con il coordinamento dal Comando militare Esercito Emilia-Romagna. Sarà presente la Bandiera di Guerra del 87° Reparto comando Supporti tattici “Friuli”. Sarà schierata, in abiti storici, anche la Guardia civica reggiana. Alle ore 10.45, in Sala del Tricolore (ingresso a invito), intervento di saluto del sindaco Luca Vecchi e consegna della Costituzione italiana a delegazioni di Associazioni interculturali aderenti alla Fondazione Mondinsieme. Alle ore 11.30, al Teatro Municipale Romolo Valli, gli interventi del sindaco Luca Vecchi, del presidente della Provincia Giorgio Zanni, del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Seguiranno la lectio magistralis del professor Andrea Riccardi fondatore della Comunità di Sant’Egidio e l’intervento conclusivo del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. Al termine dell’incontro al teatro Municipale, l’esibizione della Fanfara della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri.

      INIZIATIVE COLLEGATE – In occasione della festa del Tricolore a Reggio Emilia, la stessa Fanfara della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri si esibirà per le vie del centro storico già il 6 gennaio, con partenza alle ore 17.30 dal teatro Municipale Valli-piazza della Vittoria. Il 7 gennaio, il Museo del Tricolore (piazza Casotti, 1) sarà aperto con orario continuato dalle ore 11.30 alle ore 18. Alle 11,30 e alle 16,30 (in questo caso su iniziativa del Lions Club Reggio Emilia Host Città del Tricolore – Distretto Lions 108Tb) è possibile partecipare a visite guidate. Alle ore 15.30, allo stesso Museo del Tricolore: Tre colori per una bandiera, laboratorio per bambini dai 6 ai 12 anni. Nel pomeriggio del 7 gennaio – alle ore 1515.30 e 16 – in Sala del Tricolore (piazza Prampolini, 1), si terrà la rievocazione storica: Napoleone e il Tricolore, la città italiana più matura per la libertà, a cura dell’Associazione per la ricostruzione storica Les Grognards de l’Armée d’Italie. Figuranti e attori dell’associazione rievocheranno l’encomio napoleonico ai rivoluzionari reggiani vittoriosi a Montechiarugolo, poi le sedute del Congresso cispadano per l’approvazione della Costituzione repubblicana e la proclamazione del Tricolore quale vessillo del nuovo Stato libero. E alle ore 17.30, ancora nella Sala del Tricolore: concerto Armonie dalla patria della bandiera, omaggio alla memoria del professor Giovanni Marzi, con esibizione della Filarmonica Città del Tricolore (evento promosso da Lions Club Reggio Emilia Host Città del Tricolore). Infine, l’8 gennaio alle ore 17, in Sala del Tricolore:Canti di Festa intorno al Tricolore. Con il Coro di voci bianche dell’Associazione Parma Musicale; Asia Marcassa – voce, Roberto Barrali – pianoforte, Beniamina Carretta – direzione. 

     stampareggiana.it

    Restituito alla città palazzo Rosmini a Rovereto

     

    Dopo 12 anni, tanto è durato il lungo restauro, è stato riaperto uno dei palazzi più belli di Rovereto: Palazzo Rosmini “al Frassem” (che i roveretani conoscono come palazzo Balista) si trova in corso Rosmini ed è di proprietà della Cassa Rurale AltoGarda - Rovereto. 

    In occasione della riapertura è stata anche inaugurata la mostra “Le vie dell’arte. Confluenze, destini, bellezza“ allestita in dodici sale del Palazzo. Si tratta di una selezione delle opere più belle, una sessantina per l’esattezza, di trentatré pittori e scultori, quasi tutti trentini, curata da Roberta Bonazza, sarà aperta al pubblico (ingresso libero) fino al 30 giugno 2023.

    rainews.it

    La strage dei fiori, a Lecce mostra diffusa sui giovani Iran

     

    LECCE - La strage dei fiori è il titolo di una mostra diffusa che apre dal 24 dicembre e andrà avanti per tutte le festività sul perimetro esterno del Museo Castromediano e sul balcone di Palazzo Carafa a Lecce. E' un Natale per non dimenticare, con le illustrazioni di Gianluca Costantini dedicate ai drammi vissuti in queste settimane dalle donne iraniane e dai giovani "Tu, amico, tu, fratello, tu che hai il mio stesso sangue / quando arriverai sulla luna / scrivi la storia della strage dei fiori".

    Il titolo di questa mostra nasce dai versi della poetessa iraniana Forugh Farrokhzad.
        L'arte invade così lo spazio pubblico e incontra lo sguardo dei cittadini che con più o meno consapevolezza transitano nei luoghi urbani. È il principio che guida la programmazione espositiva che il Polo biblio-museale di Lecce propone periodicamente sul perimetro esterno del Castromediano: una mostra visitabile 24 ore al giorno, quindi. La mostra prosegue nella piazza centrale della città, grazie alla collaborazione del Comune di Lecce, che ha installato una delle illustrazioni di Costantini sul balcone dell'ufficio del sindaco a Palazzo Carafa, sede del municipio di Lecce.
        Un Natale di consapevolezza, quindi, è ciò che le due istituzioni - Polo biblio-museale di Lecce e Comune di Lecce - auspicano assieme, grazie alla fondamentale sollecitazione di Gianluca Costantini, che ha concepito anche una grafica dedicata.
        Il progetto di Gianluca Costantini propone una riflessione intensa e urgente su quanto sta accadendo in Iran. «I fatti dell'Iran non possono lasciarci indifferenti soprattutto davanti al silenzio delle diplomazie mondiali - dichiara Luigi De Luca, direttore del Polo biblio-museale di Lecce. Un'intera generazione rischia di essere sterminata dalla follia omicida del regime teocratico di Teheran.
     

     Le uniche voci che si alzano contro questa follia sono quelle degli artisti e degli uomini e donne di Cultura oltre a quelle dei giovani. In particolare il fumettista Gianluca Costantini ha trasformato i suoi canali social in una tribuna di denuncia delle violenze del regime". (ANSA).

    Ponti e festività, 2023 da record per viaggi e relax. Con appena 4 giorni di ferie più di un mese di vacanza

    Turisti in aeroporto © ANSA
    Per chi ama viaggiare o semplicemente trascorrere lunghi fine settimana fuori casa, il 2023 è un anno da record: con appena 4 giorni di ferie, se non si lavora durante il weekend, si possono accumulare 32 giorni di vacanza.
        Calendario alla mano, ecco le possibili combinazioni per organizzare e prenotare viaggi o fughe dalla routine.
        A gennaio la prima occasione per viaggiare è l'Epifania, che cade di venerdì e che consente di partire per 3 giorni, aggiungendo sabato 7 e domenica 8 gennaio.
    Domenica 9 e lunedì 10 aprile si festeggiano Pasqua e Pasquetta, 3 giorni di mini vacanza se si aggiunge anche il sabato.
        Il 25 aprile, festa della Liberazione, cade di martedì: prendendo lunedì di ferie e attaccandolo al fine settimana si ottengono 4 giorni di vacanza. Il primo maggio, lunedì, regala un fine settimana lungo cosi come il 2 giugno, festa della Repubblica, che è un venerdì.
        Per chi non è in vacanza ad agosto, il 15 cade di martedì: con un solo giorno di ferie se ne fanno 4 di vacanza. Il primo novembre, festa di Ognissanti, è un mercoledì: con 2 giorni di ferie - lunedì e martedì o giovedì e venerdì - si potrà organizzare una vacanza di 5 giorni.
        Anche a dicembre ci sono tante opportunità di organizzarsi i fine settimana: l'8, festa dell'Immacolata, è un venerdì, così come il giorno di Natale è un lunedì e Santo Stefano un martedì, che complessivamente regalano 4 giorni di vacanza (5 per i milanesi che aggiungono la festa del patrono del 7 dicembre).
        San Silvestro, infine, viene di domenica ma con lunedì, primo gennaio 2024, ci si può concedere un lungo weekend.
        Trentadue giorni di vacanza con 4 giorni di ferie e un 2023 da godersi viaggiando. Dove? Tra le destinazioni da scegliere ci sono alcune località italiane dove organizzare un fine settimana lungo o una breve vacanza. L'Umbria, innanzitutto, è tra le mete consigliate dalla guida Lonely Planet: base per visitare i borghi medievali è Perugia, che nel 2023 celebra il cinquecentesimo anniversario della morte del Perugino. Sempre in Italia due destinazioni da non mancare sono Bergamo e Brescia, che insieme sono state nominate Capitale Italiana della Cultura 2023, con oltre cento eventi in programma. Altri due suggerimenti della Lonely Planet per una mini vacanza sono Malta, con le sue offerte di arte e mare, e in Grecia la Penisola Calcidica, che regala spiagge incantevoli dove rilassarsi.
        Infine, rimanendo in Europa, National Geographic propone un viaggio nella natura incontaminata delle Highlands scozzesi, tra brughiere e pecore, o delle Alpi austriache tra trekking, arrampicate e serate in baita.
    ansa.it

    Anche quest’anno è il Parmigiano Reggiano il formaggio più premiato al mondo. A due caseifici reggiani la medaglia Super Gold

     La giuria internazionale composta da 250 esperti provenienti da oltre 30 paesi ha assegnato a Parmigiano Reggiano 93 medaglie, 2 delle quali Super Gold: alla Latteria Sociale Centro Rubbianino (RE) e al Caseificio di Gavasseto e Roncadella (RE). Bertinelli: “Torniamo in Italia da vincitori dopo aver gareggiato con oltre 4mila formaggi da 45 paesi del mondo”

    REGGIO EMILIA – Il Parmigiano Reggiano vince 93 medaglie e si riconferma il formaggio più premiato ai World Cheese Awards, la competizione internazionale di riferimento nel mondo dedicata ai formaggi che quest’anno si è svolta a Newport, in Galles. La giuria internazionale, composta da 250 esperti provenienti da oltre 30 paesi, ha assegnato a Parmigiano Reggiano 2 medaglie Super Gold: alla Latteria Sociale Centro Rubbianino (RE) e a Caseificio di Gavasseto e Roncadella (RE).

    Quest’anno la Nazionale del Parmigiano Reggiano era composta da 86 caseifici provenienti dalle 5 province del comprensorio: Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (a sinistra del fiume Reno), Mantova (a destra del Po). Uno sforzo di gruppo che ha fruttato alla Nazionale 90 riconoscimenti: 2 Super Gold (miglior formaggio del tavolo), 17 medaglie d’oro, 33 d’argento, 38 di bronzo. A queste si aggiungono le 3 medaglie (un oro, un argento e un bronzo) riconosciute a tre caseifici che si sono iscritti indipendentemente al concorso.

    “Il Parmigiano Reggiano – ha affermato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano – ha dimostrato ancora una volta le qualità di un formaggio unico al mondo. Torniamo in Italia a testa alta, con un bottino complessivo di 93 medaglie, di cui 2 Super Gold e 18 ori dopo aver battagliato con oltre 4.000 formaggi da 45 paesi del mondo. Un successo che è motivo d’orgoglio per tutta la nostra filiera che ogni giorno impegna migliaia di allevatori di 305 caseifici artigianali nella ricerca dell’eccellenza assoluta“.

    “Il Parmigiano Reggiano è premiato dall’Appennino alla pianura, in tutte le province dell’area di origine. Con il successo gallese salgono a 561 i riconoscimenti della Nazionale del Parmigiano Reggiano ottenuti in quattro lustri in 7 paesi del mondo diversi. La prossima edizione dei World Cheese Awards, che quest’anno sono stati vinti da un ottimo formaggio Gruyère di un caseificio svizzero, si terrà a Trondheim in Norvegia” ha commentato da Newport Gabriele Arlotti, ideatore della Nazionale.

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    La mostra a Parma. Goya e Grosz: quando la ragione dorme gli artisti vegliano

    A Palazzo Pigorini si intrecciano si intrecciano i Capricci e i Disastri della guerra di Goya e una dozzina di tele (di cui una inedita) e un cospicuo gruppo di opere grafiche di Grosz
    George Grosz, “A Piece of My World II The Last Battalion”, 1938

    George Grosz, “A Piece of My World II The Last Battalion”, 1938 - George Grosz Estate. Courtesy Ralph Jentsch Berlin

    Avvenire
    Francisco Goya e George Grosz. Sembra l’uovo di Colombo, eppure nessuna mostra aveva affiancato il pittore spagnolo dell’illuminismo e l’espressionista tedesco. Accade per la prima volta a Parma dove si intrecciano – nei fatti una doppia personale in contrappunto – i Capricci e i Disastri della guerra di Goya e una dozzina di tele (di cui una inedita) e un cospicuo gruppo di opere grafiche di Grosz, tutte successive alla stagione Dada. A dare senso al progetto "Goya - Grosz. Il sonno della ragione" (fino al 28 gennaio) sono «la satira sociale dirompente, l’impegno politico, il rilievo morale e l’estrema innovazione formale che accomunano le opere dei due grandi pittori», spiegano in catalogo i curatori della mostra a Palazzo Pigorini (tra l’altro a ingresso gratuito) Ralph Jentsch e Didi Bozzini. Ma passando per le sale è chiara la fratellanza tra i due artisti che ambiscono con il loro lavoro a incidere sulla società e sul loro tempo ma che soprattutto avvertono e restituiscono contraddizioni e tragedie che appartengono come una costante all’uomo. Come chi si affida a ciarlatani invece che a scienziati e mistificatori invece che a politici. E la follia della guerra, dove l’uomo mostra il suo volto di lupo. Eppure non è un progetto nato sull’onda dell’attualità, bensì prima della pandemia. La cronaca l’ha raggiunto. Il percorso propone la sequenza integrale dei Caprichos, proveniente da Parigi, in una prova freschissima, tra le prime uscite dal torchio e con un prestigioso pedigree: venne infatti acquistata da Delacroix dietro consiglio di Baudelaire, al quale si deve per altro la riscoperta di Goya e la sua proiezione come elemento seminale della modernità. Seguendo Victor Stoichita, Bozzini riconosce nei Capricci, pubblicati il 6 febbraio 1799, l’ultimo Mercoledì delle ceneri del secolo, un grande carnevale. Questa mascherata, come in un comic novel ante litteram, mette in scena un mondo alla rovescia: ma solo in apparenza perché offre invece il ritratto di un’aristocrazia ignorante e inetta, un clero reazionario, un popolo superstizioso.
    Si capisce bene allora la maschera sdegnosa dell’autoritratto (in vesti giacobine: in costume, sostanzialmente) che apre la serie e che nel bozzetto riporta questa didascalia: “Il mio vero ritratto, di umore nero e in atteggiamento satirico”. Goya nei Capricci ha una vis comica, per quanto acre, assente in Grosz. Goya interpreta l’adagio di chi castigat ridendo mores – un’espressione d’altronde non così antica a quei tempi: venne infatti composta da Jean de Santeuil nella seconda metà del Seicento per il busto di Arlecchino sul proscenio della Comédie Italienne a Parigi. Sempre nel carnevale, dunque, siamo. Il Goya pittore di corte interpreta anche il joker che si permette di sottolineare vizi e peccati. Sa di poter contare sulla protezione dell’aristocrazia progressista e più sopra ancora del re, alla quale infatti ricorre quando l’Inquisizione si mette alle sue calcagna. Ma Goya è fiducioso in un progresso. La sua satira asseconda – con un talento shakespeariano per il fantastico unito all’ironia dello scettico – una lettura senza sfumature dell’uomo: la luce dell’elemento razionale contro il buio dell’irrazionale che lo ricaccia nella sfera della bestialità. La storia gli farà cambiare idea. Lo rendono evidente i Disastri della guerra, dove l’elemento morale resta fortissimo ma ha perso ogni manicheismo: tutto accade alla luce del sole perché è buio anche il pieno giorno. E il fantastico ha ceduto il passo a un realismo che supera in fantasia ogni incubo. Da qui parte Grosz, che del Novecento assorbe e anticipa disillusione e disincanto. Il suo attacco alla società è frontale, senza vie di uscita. Prima è la Germania di Weimar. Quindi quella hitleriana, che Grosz seguirà a New York, dove è accolto a braccia aperte (ma non esiterà a metterne alla berlina le contraddizioni), dopo la fuga da Berlino nel gennaio 1933, appena prima che il Führer avvii la macchina totalitaria. Grosz appare sempre in anticipo, capta il disastro incipiente quando nessuno ancora lo vede. La sua satira è cupamente acida, anche a fronte di una tavolozza non di rado di consistente splendore cromatico e vibrata sulla tela con pennellate dense (fondamentale ad esempio per la pittura di Baselitz, e non solo la prima). Ma mentre avanza la storia Grosz è proiettato nel post-apocalisse. La terra è l’inferno, l’uomo è ridotto ai bisogni primari. «Senza dubbio – scrive in una lettera dagli Stati Uniti nell’agosto 1933 – i miei fogli sono tra le cose più forti che siano state dette contro questa particolare brutalità tedesca. Oggi sono più veri che mai e in futuro – in tempi, perdona la parola, più 'umani' – verranno mostrati proprio come oggi si mostrano le opere di Goya…».