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Lesley Lokko, la decolonizzazione aiuta l'architettura. Curatrice Biennale, c'è bisogno di novità anche nella formazione


Ansa

"Dopo due degli anni più difficili e divisivi che la storia ricordi, noi architetti abbiamo un'occasione unica per mostrare al mondo quello che sappiamo fare meglio: proporre idee ambiziose e creative che ci aiutino a immaginare un più equo e ottimistico futuro in comune".

Sicura e travolgente con tutta la forza della giovane Africa che è orgogliosa di rappresentare e nella quale è fiera di lavorare, Lesley Lokko, l'architetta anglo ghanese che guiderà la prossima Biennale Architettura (a Venezia da sabato 20 maggio a domenica 26 novembre 2023) commentava così qualche mese fa l'investitura appena ricevuta. "Una scelta audace e coraggiosa", sottolineava ringraziando il presidente della Biennale Roberto Cicutto. Lasciata New York per la sua Accra, in Ghana, dove con la collaborazione di David Adjaye ha fondato l'Africa Futures Institute (Afi) l'architetta, scrittrice e docente che succederà ad Hashim Sarkis è dunque al lavoro, concentrata sul grande impegno che la attende. E se il tema della kermesse veneziana è al momento top secret, in una densa intervista a thebrief testata online edita da Ppan, ragiona a tutto campo sul futuro di una disciplina nei confronti della quale spiega di sentirsi ottimista: "Lo sono perché ho potuto toccare con mano l'immaginazione di quest'ultima generazione di ragazzi africani- sottolinea - non solo di colore, ma anche indiani, e bianchi". Tra le prime a parlare di genere, identità e potere nell'architettura, temi che d'altronde sono stati sempre al centro della sua ricerca creativa, motore e sfondo in qualche modo pure della sua prolifica attività di romanziera (in Italia i suoi titoli sono pubblicati da Mondadori) Lokko si sofferma sull'importanza di "decolonizzare" l'architettura: "Considero la decolonizzazione un dono per l'architettura, perché significa aggiungere qualcosa, non sottrarre. Va colmato il divario", ripete ribadendo di sentirsi "quasi sopraffatta dalla creatività dei suoi studenti". E del resto - questo è un concetto che l'architetta, insignita del Riba Annie Spink Award per l'eccellenza nell'insegnamento dell'architettura nel 2020, ha ripetuto tante volte in diversi contesti - con un'età media sotto i vent'anni contro i 40 dell'Europa, l'Africa con tutta la sua enorme varietà e complessità è un continente che ha davvero molto da dare anche all'architettura. Un mondo "la cui complessità creativa richiede risposte altrettanto creative", spiega oggi a thebrief sottolineando ad esempio la necessità di lavorare sul linguaggio dell'architettura, che lei ritiene "veramente povero", per renderlo invece davvero universale.
    "Una delle grandi sfide che attendono le prossime 4 o 5 generazioni di professionisti dell'ambiente del costruito - dice -sarà quella di trovare, da una parte, un linguaggio universale per descrivere l'urbano, e dall'altra, un linguaggio che sia specifico per ogni sito. Non ha senso parlare un linguaggio universale, se poi nessuno capisce quello che dici in posti diversi". Uno sforzo di apertura e di innovazione che per forza di cosa deve coinvolgere anche i luoghi della formazione, le università, le accademie. Lei ne è convinta, tanto che nel 2020 a solo un anno dalla nomina ha lasciato sbattendo la porta il suo lavoro di preside alla Bernard and Anne Spitzer School of Architecture di New York in polemica con quello che definì un carico di lavoro "paralizzante" e una "mancanza di rispetto ed empatia per le persone di colore, soprattutto per le donne di colore, per i quali non ero preparata". Oggi, mentre lavora alle basi della sua nuova scuola, lo ribadisce: "Le istituzioni universitarie sono almeno dieci anni che affermano di voler cambiare, ma quando poi cerchi di farlo, non riesci. Ora è tempo di passare dalle parole ai fatti. Non è più una questione di avere 3 o 4 professori di colore, 2 donne, e poi metterli sulla copertina di una rivista, è necessario un cambiamento profondo e strutturale, anche se è un'idea spaventosa per l'accademia". Creatività, nuove generazioni, identità, ruolo dell'Africa. Chissà che non siano proprio questi i temi al centro della sua attesa Biennale. 

Campiello: vince Giulia Caminito con 99 voti. Al secondo posto "Se l'acqua ride" (Einaudi) di Paolo Malaguti

 

Giulia Caminito con 'L'acqua del lago non è mai dolce' (Bompiani) ha vinto la 59/ma edizione del Premio Campiello. La scrittrice ha avuto 99 voti sui 270 arrivati dalla Giuria Popolare di Trecento Lettori Anonimi.

Al secondo posto "Se l'acqua ride" (Einaudi) di Paolo Malaguti, 80 voti, al terzo "Sanguina ancora" (Mondadori) di Paolo Nori, 37 voti, al quarto "La felicita' degli altri" (La nave di Teseo) di Carmen Pellegrino, 36 voti e al quinto "Il libro delle case" (Feltrinelli) di Andrea Bajani, 18 voti. (ANSA).
   

Slitta al 30 ottobre mostra "Raffaello giovane" a C.Castello. Il 18 settembre anteprima dell'evento

 E' slittato al 30 ottobre 2021 l'inizio della mostra "Raffaello giovane e il suo sguardo", a cura di Marika Mercalli e Laura Teza, inizialmente in programma dal 18 settembre nella Pinacoteca di Città di Castello.
    In una nota, le curatrici e il Comune tifernate spiegano che la data è stata "aggiornata a causa dei maggiori adempimenti previsti per la logistica degli allestimenti". "Non abbiamo voluto rinunciare alla mostra - prosegue la nota - nonostante le molte difficoltà che implica organizzarla durante una pandemia.
    Questo però ha determinato uno spostamento di data per poter concludere l'intera rete delle procedure connesse ai contatti con i musei e al trasporto delle opere, alcune fuori Italia ma anche fuori Ue ormai e l'adeguamento del museo che ospiterà la mostra con un nuovo allestimento sia permanente che temporaneo.
    Abbiamo mantenuto la data del 18 settembre simbolicamente: era la data che avevamo scelto e che abbiamo cercato di mantenere fino alla fine. Servirà come anteprima dell'evento e del restauro dello Stendardo di Raffaello, una delle grandi attività connesse alla mostra".
    Al Teatro degli Illuminati - in sicurezza - le curatrici presenteranno in anteprima i dettagli della mostra e il restauro dello Stendardo, l'immagine guida della stessa esposizione. La corale Marietta Alboni presenterà in anteprima il video "Il nostro Raffaello". Evento e video saranno trasmessi in diretta Facebook. (ANSA).

Siti di Barumini trainano il turismo culturale in Sardegna

 

Il sito Unesco di Su Nuraxi, a Barumini, continua a essere la meta preferita in Sardegna per il turismo archeologico-culturale. La conferma arriva dai numeri dell'estate 2021 che, nonostante gli strascichi ancora evidenti della pandemia Covid, certificano come l'area archeologica di Barumini sia la più ricercata dai turisti nazionali e internazionali che scelgono l'isola.
    Nel trimestre giugno-luglio-agosto, infatti, Su Nuraxi ha registrato quasi 26.500 mila presenze, segnando + 11mila ingressi rispetto allo stesso periodo dell'anno prima. Sui grandi numeri, i siti del territorio, raggiungono il 65% di presenze rispetto al 2019, anno pre pandemia e dunque periodo di normalità.
    "Si tratta di numeri incoraggianti e che ci fanno ben sperare che la ripresa sia finalmente arrivata e ci auguriamo possa consolidarsi nel proseguo della stagione e nel prossimo futuro - sottolinea il presidente della Fondazione Barumini sistema cultura, Emanuele Lilliu - un traguardo importante dopo le grandi difficoltà passate che non hanno, comunque, interrotto il grande lavoro della Fondazione per rendere l'offerta ancora più integrata e per attivare nuovi eventi e percorsi in grado di sostenere la ripresa del turismo in Sardegna e nei nostri siti".
    E proprio dall'offerta generata dalla Fondazione arrivano altre importanti indicazioni, grazie al successo della mostra: 'Humanum. Sardegna e Campania, da Su Nuraxi a Pompei', nata grazie alla collaborazione tra la Fondazione, il Museo Archeologico di Napoli, la Soprintendenza Archeologica per la Città Metropolitana di Cagliari e ancora visitabile al centro Giovanni Lilliu. Dall'inaugurazione dello scorso 3 luglio a oggi, infatti, le visite hanno toccato quota 4.600 (che contando anche giugno portano in totale a 5.400 ingressi al centro G.Lilliu).
    Tra gli altri numeri di rilievo anche la continua crescita di visitatori a Casa Zapata, altra importante attrazione di Barumini. Nel periodo giugno-agosto sono stati quasi 10.900 gli ingressi registrati con 2.500 turisti in più rispetto allo stesso periodo del 2020. (ANSA).

MENS-A/Parma Festival di “Cultura diffusa” in Emilia-Romagna

 

MENS-A è un evento sul Pensiero Ospitale e Cosmopolitismo in Italia, nella consapevolezza della funzione storica della Cultura quale unico strumento che consente comunicazione e dialogo fra gli uomini e le società. L’obiettivo di MENS-A è quello di creare una rete che valorizzi innovazioni di processi, il pluralismo culturale, il Patrimonio vivente, in un orizzonte di cultura “diffusa” e turismo intelligente.

Quest’anno il tema di  MENS-A è Nuovo Umaneismo.
Da una parte la pandemia Coronavirus ha evidenziato sempre più la centralità dell’uomo, la sua complessità e fragilità, la sua costante domanda di senso. Dall’altra nel 2021 ricorrono i 700 anni della scomparsa del grande poeta Dante Alighieri. Abbiamo pensato così di riflettere sui valori dell’Umanesimo rinascimentale per concentrarci sul Nuovo Umanesimo.

Il 23 settembre MENS-A fa tappa a Parma con un convegno dal titolo Bellezza nelle arti, nelle discipline, nella ricerca.

Davide Zanichelli, direttore di Fondazione Palazzo Magnani farà parte della tavola rotonda sul tema “Progettare la Bellezza” insieme a Sara Piccinini (direttrice Collezione Maramotti) e Carla Dini (APE Parma Museo).

Scarica il programma completo

MENS-A è un progetto ideato dall’Associazione APUN (APS) con la direzione scientifica di Beatrice Balsamo, in collaborazione con l’Università di Bologna, l’Università di Modena/ Reggio e di Parma, Comuni di Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Vignola, Ravenna. È una compartecipazione con l’Assessorato Cultura-Regione Emilia–Romagna e Direzione AUSL Regione Emilia-Romagna. Rilascia i crediti formativi agli studenti di Unibo, UNIMORE e UniPr e ai docenti di primo e secondo grado delle scuole, essendo un progetto MIUR.

Alcune presenze a MENS-A 2021:
Elisabetta Sgarbi (Editrice e regista), Luigi Alici (Filosofo, Unimc), Angela Vettese (Critica d’Arte), Salvatore Natoli (Filosofo), Eugenio Borgna (Psichiatra e Scrittore), Pietrangelo Buttafuoco (Giornalista e Scrittore), Franco Cardini (Storico e Saggista), Gustavo Zagrebelsky (Giurista), Dario Squilloni (Psicologo), Maurizio Schoepflin (Storico della Filosofia – ISSR “all’Apollinaire” Roma), Umberto Curi (Filosofo), Massimo Montanari (Medievista), Gulio Ferroni (Critico letterario e saggista), Extraliscio (Gruppo musicale)

Fonte: palazzomagnani.it

(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serronee Albana Ruci - Turismo Culturale)

Vax Day: Dal Mibact campagna social con le primule nell'arte


Un primo piano del busto e delle mani della "Dama col mazzolino" di Andrea Del Verrocchio, l'opera, conservata a Firenze al Museo Nazionale del Bargello, alla quale si è ispirato Stefano Boeri per mettere a punto il logo della campagna di vaccinazione anti Covid. Ma anche una ricerca sul 'fiore che annuncia la primavera' condotta e condivisa da tutti i suoi istituti, dalle biblioteche agli archivi dai musei ai parchi archeologici: il ministero di beni culturali e turismo guidato da Dario Franceschini scende in campo a sostegno del #VaccineDay lanciando una campagna sui profili sociale del Mibact.

Un tripudio di primule di diverse specie, dalle corolle in giallo, arancio, rosa. Che si ritrovano scolpite sui marmi, stampate su pergamene, dipinte su porcellane, catalogate in antichi erbari, descritte in scrupolosi codici botanici. Un caleidoscopio di espressioni di arte che va dalle primule intarsiate nel "fregio di camino" di Francesco di Giorgio Martini a Palazzo Ducale di Gubbio, ai ricami di un costume tradizionale della Calabria esposto al Museo delle Civiltà di Roma; dalle porcellane della Manifattura Discry alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Genova, a una cartolina del 1919 del Fondo Cesare Poma dell'Archivio di Stato di Biella. Primule che si ritrovano nelle Cinquecentine della biblioteca Universitaria di Cagliari, come nei volumi sulla "Flora italiana ossia Raccolta delle piante più belle che si coltivano nei giardini d'Italia" della Biblioteca Palatina di Parma o nella corona di fiori della "Ninfa alata" di Gennaro De Crescenzo, nella Saletta neoclassica di Palazzo Reale a Napoli. Tutti insieme, sottolineano dal ministero, "per impegno corale della Cultura a favore della salute dei cittadini e del rilancio del Paese". (ANSA).

Venezia, arte sul Ponte di Rialto per il ‘Natale di Luce 2020’

 

Il Ponte di Rialto si tinge d’arte per il ‘Natale di Luce 2020’, verso le celebrazioni per i 1600 anni di Venezia. Con un gioco di proiezioni e dissolvenze, il ponte si trasforma in un libro su cui scorrono alcune delle pagine più significative della storia della città. Come riporta HotelMag, la struttura in pietra d’Istria del ponte si accende di immagini che, in rapida sequenza, ricordano alcuni dei momenti e dei protagonisti della storia, dell’arte e dell’architettura veneziane.

La videoproiezione, promossa dal Comune di Venezia e Vela, con la partnership del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc, nell’ambito del progetto ‘Natale di Luce 2020’, prende avvio il 5 dicembre per essere ripetuta sino al 31 dicembre 2021. Una rassegna artistica luminosa, da Vittore Carpaccio a Jacopo de’ Barbari, da Antonio da Ponte a Vincenzo Scamozzi, al Canaletto, per raccontare questo punto nevralgico che unisce le due sponde del Canal Grande.

La narrazione, a cura di Etra Comunicazione, che si chiude con un brindisi simbolico al nuovo anno, vuole anche introdurre le celebrazioni per il 1600esimo anniversario della fondazione di Venezia, che ricorrerà il 25 marzo 2021.

ttgitalia

Cultura: 10 poeti italiani del Novecento da leggere assolutamente

Proprio per soddisfare la curiosità di chi legge e ama le poesie, abbiamo preparato una lista di 10 poeti italiani del Novecento, alcuni più noti (perché spesso studiati a scuola), e altri meno conosciuti (ma non per questo meno importanti). Certo, questa nostra breve selezione non ha la pretesa di essere esaustiva (ci sarebbero moltissimi altri nomi da citare e ricordare), ma ha la speranza di diffondere un po’ di bellezza e di meraviglia, se è vero che, come diceva Walt Whitmanla poesia salverà il mondo.

E se poi a qualcuno venisse voglia di approfondire altre figure di questo periodo storico, rimandiamo alla lettura di una nuova raccolta, Il verso giusto. 100 poesie italiane (collana i Robinson/Letture, Laterza), scritta dal grande linguista e filologo Luca Serianni, che ha scelto cento poesie del Novecento per valore assoluto, rappresentatività e, naturalmente, gusto personale.

eugenio montale Getty novembre 2020

Satura, Eugenio Montale

  Nato a Genova nel 1896 da una famiglia di commercianti, Eugenio Montale (Premio Nobel nel 1975) inizia a frequentare fin da giovanissimo gli ambienti culturali e letterari. La sua prima raccolta di liriche, Ossi di seppia, risale al 1925, e subito si fa notare per l’originalità del linguaggio e dei temi trattati. A questa pubblicazione seguono poi Le occasioni, in cui è evidente l’adesione alla poetica dell’ermetismo, La bufera e altroLa farfalla di Dinard e Auto da fé. È nel 1971 che esce Satura, che contiene gli Xenia, un gruppo di liriche dedicate al ricordo della moglie, Drusilla Tanzi, deceduta nel 1963, e chiamata con l’appellativo affettuoso di “mosca”. Tra queste compare la celebre Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, una poesia dal sapore diarisitico e prosaico, che esprime tutto il dolore della perdita e della mancanza attraverso un linguaggio scorrevole e diretto. Giorgio Caproni

Il seme del piangere, Giorgio Caproni

È il 1912 quando Giorgio Caproni nasce a Livorno. Ancora bambino si trasferisce a Genova con la famiglia, e qui compie i suoi studi. Diventa maestro elementare e inizia a pubblicare i primi volumi di poesia, tutti rivolti alla ricerca di una musicalità della parola, come tipico della sua scrittura: è il periodo in cui nascono Come un’allegoriaBallo a FontanigordaFinzioni e Cronistoria. Dal 1945 si stabilisce a Roma dove continua a insegnare e a scrivere. Nel 1959 esce Il seme del piangere, centrato sulla costruzione del personaggio della madre defunta, Annina. Sempre caro gli fu infatti il tema del lutto e della comunicazione con essenze invisibili (morti, ricordi, figure fantasmagoriche), uniche possibili interlocutrici con cui affrontare la tranisitorietà e la provvisorietà della vita umana.

Antonia Pozzi

Desiderio di cose leggere, Antonia Pozzi

È sempre del 1912 Antonia Pozzi, poeta di origini milanesi, venuta a mancare all’età di ventisei anni, quando decide di togliersi la vita avvelenandosi con barbiturici. Ipersensibile, dolce e dotata di un’intelligente brillante: l’autrice ha attraversato un’esistenza piena di conflitti, dapprima quello con il padre, che le vieta di proseguire una relazione amorosa con il suo insegnante di italiano, e poi quello religioso. Praticamente sconosciuta al grande pubblico per molto tempo, Antonia Pozzi ha lasciato più di trecento composizioni, mai pubblicate in vita. Tutte le sue poesie sono state raccolte e pubblicate postume in diverse antologie, attraverso le quali possiamo conoscere la voce unica, “leggera, pochissimo bisognosa di appoggi, che tende a bruciare le sillabe nello spazio bianco della pagina“, come scrisse Eugenio Montale.  

Nel magma, Mario Luzi

Mario Luzi nasce a Firenze nel 1914. Si laurea in letteratura francese e inizia a insegnare in varie scuole, medie e superiori, e poi presso l’Università di Firenze. Esordisce con la raccolta di poesie La barca, nel 1935, nel pieno degli anni dell’ermetismo, che condiziona all’inizio molto il suo stile di scrittura. Si sposta però poi verso espressioni più aperte, colloquiali e discorsive, in un raro equilibro fra recitativo e canto. È di molto tempo più tardi una delle sue opere più memorabili, Nel magma, del 1963, da cui emerge tutto il suo tratto malinconico e drammatico: i versi si esprimono in una forma più ampia e immediata, assumendo le forme di un pensiero poetante su istanze essenziali della natura e sugli interrogativi dell’umano.

Pier paolo pasolini

Poesia in forma di rosa, Pier Paolo Pasolini

Nato a Bologna nel 1922, Pier Paolo Pasolini è uno degli intellettuali più splendenti del Novecento. Romanziere, poeta, giornalista, regista, drammaturgo, pubblica all’età di vent’anni la sua prima raccolta, Poesie a Carsara, che confluiranno poi nel volume La meglio gioventù, e poi ancora ne L’usignolo della chiesa cattolica. Nel 1947 si iscrive al Partito comunista ed esercita un’attiva militanza politica, nel frattempo inizia a insegnare, ma quasi subito viene sospeso dal mestiere ed espulso dal PCI perché accusato di corruzione di minori. Si trasferisce quindi a Roma ed entra a contatto con la vita del sottoproletrariato: è questo il momento in cui viene alla luce uno dei suoi romanzi più celebri, Ragazzi di vita, e a seguire, Una vita violenta. Intanto inizia a lavorare come sceneggiatore cinematografico, ma non abbandona la scrittura di versi: escono Le ceneri di GramsciLa religione del mio tempo e Poesia in forma di rosa. Quest’ultima è un vero e proprio romanzo autobiografico in versi che – osservava l’autore in un’intervista – “racconta punto per punto i progressi del mio pensiero e del mio umore” in quegli anni. È in questa antologia che compare l’indimenticabile Supplica a mia madre: “Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data”. Tutte le poesie (>>>Pasolini in offerta su Amazon)   (Giovanni Giudici - Tutte le poesie in offerta su Amazon)

La vita in versi, Giovanni Giudici

Poeta prolifico, poeta del quotidiano: Giovanni Giudici nasce a Le Grazie (La Spezia) nel 1924. Come Pasolini, anche lui si dedica all’attività politica e intanto si guadagna da vivere come giornalista. Lavora per molto tempo nell’ambito pubblicitario della Olivetti e si afferma come autore con L’educazione cattolica e La vita in versi, due raccolte che mostrano la capacità dell’autore di rappresentare il reale, con assoluta grazia, delicatezza e semplicità. Quest’ultimo, in particolare, è un libro che esprime alla perfezione il disagio dell’intellettuale e dell’uomo rispetto ai modi di vita del neocapitalismo nella Milano del boom, e soprattutto l’urgenza di vivere di poesia come unica via per sopravvivere davvero: “Inoltre metti in versi che morire è possibile a tutti più che nascere. E in ogni caso l’essere è più del dire”.  

Gli strumenti umani, Vittorio Sereni

Anche Vittorio Sereni, nato a Luino (Varese) nel 1925, condivide con i colleghi poeti il mestiere dell’insegnante. Durante gli anni della maturità, si trasferisce a Milano e frequenta circoli letterari che fanno capo alla rivista Corrente. Nel 1941 viene pubblicato il suo primo libro, Frontiera, ma è del suo terzo volume che vogliamo parlarvi, Gli strumenti umani, opera che segna in Italia il definitivo superamento della corrente ermetica e l’apertura verso un modo di scrittura sospeso ed errante, continuamente forato dai disvelamenti, epifanie, segreti ed ombre.  Una poesia fatta di bisbiglii, voci e vibrazioni, dove la tradizione viene conservata e rielaborata per aprire la strada alla sperimentazione degli anni successivi.

Laborintus, Edoardo Sanguineti

Tra i più noti nomi del gruppo ’63, Edoardo Sanguineti nasce a Genova nel 1930. Docente di letteratura italiana e studioso di Dante, è un critico e poeta della neoavanguardia. Le sue opere di versi sono il manifesto della sperimentazione poetica di cui parlavamo poc’anzi, mostrando la disgregazione del linguaggio e del senso. Come la prima, Laborintus, del 1956, raccolta audace ed estrema, che rivela già la vocazione profonda di quello che Romano Luperini definisce “l’ultimo intellettuale del Novecento”.  

La Terra Santa, Alda Merini

Nata nel 1931, il 21 marzo, in primavera, come fa notare in una delle sue poesie più celebri: Alda Merini è milanese doc, ed è proprio nel capoluogo lombardo che cresce e studia, appassionandosi fin da subito alla poesia. Esordisce infatti all’età di 15 anni, grazie ad un’insegnante delle medie che ne scova e ne apprezza il talento. La raccolta La Terra Santa (Scheiwiller), del 1979, la rivela come grande autrice e segna l’inizio del suo successo, con un’opera che racconta l’esperienza vissuta in ospedale psichiatrico. In questo volume, la scrittrice utilizza la vicenda dell’esodo del popolo ebraico in Terra Santa come metafora del periodo trascorso in manicomio, tracciandolo con toni esasperati, e ossessivi che restituiscono una sensazione di tormento e claustrofobia. Con La Terra Santa, Alda Merini vince nel 1993 il Premio Librex Montale.   poeti italiani novecento

Cento quartine e altre storie d’amore, Patrizia Valduga

Poetessa e traduttrice, Patrizia Valduga nasce a Castelfranco Veneto nel 1953. Studia medicina, ma cambia percorso per intraprendere gli studi letterari. Vive a Milano e si dedica allo studio di Mallarmé, Valery, Donne, Molière, Céline, Cocteau e Shakespeare. Intanto si afferma come autrice, attratta da una poesia che molto ha a che fare con il teatro: la sua raccolta Cento quartine e altre storie d’amore è del 1997 e ospita cento quartine che raccontano, senza censure, quello che succede fra un uomo e una donna nel “tempo reale” di un incontro d’amore. Nel finale, mille versi per raccontare la metamorfosi di una sopraffazione erotica in un’esperienza o visione iniziatica: due storie diversissime e complementari, racchiuse entrambe nello spazio di una sola notte.

Opere al Telefono al Palazzo Magnani di Reggio Emilia




Opere al telefono

Tutti i mercoledì fino al 23 dicembre dalle 17 alle

Continuano le Opere al telefono! Partecipa anche con i tuoi bambini!

Fino al 23 dicembre, tutti i mercoledì dalle 17 alle 19 sarà possibile ascoltare la storia di una delle opere esposte nella mostra True Fictions. Fotografia visionaria dagli anni '70 ad oggi, al momento chiusa a causa dell'emergenza sanitaria.
Come? Al telefono, come faceva il celebre personaggio di Gianni Rodari, raccontando ogni sera le favole a sua figlia lontana.

Basterà sfogliare il catalogo presente sul sito, scegliere l’immagine che più incuriosisce e chiamare il numero 0522/444446. Risponderà lo staff della Fondazione che vi racconterà tutto sulla fotografia prescelta, a partire dalle tecniche utilizzate, alle idee che hanno fatto nascere il progetto, alla vita dell'artista.

Se chiamerete insieme ai vostri bambini lo staff sarà felice di raccontare l'opera anche a loro, cercando i particolari più curiosi e chiacchierando con i più piccoli alla scoperta di tutte le verità e le finzioni che queste particolari immagini nascondono.

Se trovate il telefono occupato, prenotatevi compilando il form sul nostro sito, verrete richiamati al più presto!

(fonte Newsletter)


Avventure tra le pagine, la lettura si fa al museo. Maratona di eventi in simultanea in tutta Italia da 13 a 15/11

 

ROMA - I libri che diventano protagonisti nei musei e nei luoghi della cultura, in una maratona di eventi digitali riservati ai più piccoli, tra letture animate e laboratori creativi: è Avventure tra le pagine - Leggiamo al museo!, l'iniziativa promossa dall'associazione Kid Pass Culture e dal portale Kid Pass, che si terrà in simultanea in tutta Italia dal 13 al 15 novembre, pensata per permettere a bambini e ragazzi di continuare a fruire di una interessante offerta culturale nonostante le restrizioni dovute alla pandemia.

Tanti i musei che hanno aderito all'iniziativa (il programma completo è consultabile sul sito avventuretralepagine.it): tra questi Ocean Space, il centro nato nel 2019 con lo scopo di alfabetizzare, ricercare e sostenere tematiche oceaniche attraverso l'arte, nel quale si terrà una speciale anticipazione il 12 novembre, con la lettura animata di Oceano (Ippocampo ragazzi) per scoprire le meraviglie del mondo marino, con la partecipazione della vlogger Penny. Nel programma della manifestazione anche l'appuntamento con "Per fare una poesia dadaista" a cura della Collezione Peggy Guggenheim, nel quale si spiegherà come usare ritagli di giornale, libri e riviste, mentre al Museo d'Arte Orientale a Ca'Pesaro si potranno conoscere i Samurai valorosi. 47 rōnin e al Parco degli Alberi Parlanti di Treviso bambini e le famiglie potranno divertirsi insieme assistendo alla proiezione integrale dello spettacolo Caccia grossa tra i libri, della compagnia teatrale Gli Alcuni, in un grande teatro virtuale che unisce tutte le regioni d'Italia; il 14 novembre poi sarà la volta della maratona di lettura organizzata da Kid Pass, in diretta streaming durante tutta la giornata.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Franceschini, salve le deroghe per cinema e teatri

 

 Non ci saranno restrizioni ulteriori per il cinema e le sale dei teatri e dell'opera. Lo assicura, interpellato dall'ANSA il ministro di Beni culturali e Turismo Dario Franceschini: "Continuo a leggere interviste e dichiarazioni o a ricevere appelli del mondo dello spettacolo sulla presunta volontà del governo di ridurre il limite di 200 persone al chiuso e di 1000 all'aperto per spettacolo dal vivo e cinema. Non esiste questo rischio", dice il ministro, che sottolinea: "Nel dpcm saranno confermati questi limiti con la conferma della possibilità delle regioni di derogare. E le deroghe sino ad oggi concesse con ordinanze regionali verranno fatte salve proprio con il dpcm".
    E l' associazione dello spettacolo che in questi giorni aveva lanciato continui appelli ringrazia: "Dal ministro Franceschini, che vogliamo ringraziare con grande calore, una posizione di grande buon senso, ci siamo sentiti difesi", commenta a caldo CarloFontana, presidente dell'associazione generale dello spettacolo (Agis), che ricorda lo studio presentato qualche giorno fa dall'associazione nel quale si dimostra la bassissima percentuali di contagi avvenuta nelle sale dello spettacolo. E sottolinea: "Adesso bisogna andare avanti, lanciare una grande campagna di comunicazione per spiegare agli italiani che teatri e cinema sono luoghi sicuri". Una campagna, precisa, "che naturalmente vogliamo concordare con il ministero". Intanto "siamo contenti - conclude - perché oggi è stata stabilita la centralità della cultura e dello spettacolo, attività fondamentali per lo spirito e non solo". (ANSA).

Verbania punta a diventare capitale della cultura Un dossier di 60 pagine per convincere la giuria, il Piemonte spera

 

Sono racchiuse in sessanta pagine le "qualità" con cui Verbania si candida a diventare Capitale italiana della cultura. Il dossier, che è stato presentato oggi pomeriggio a Villa Taranto, sarà presto sul tavolo della giuria che entro il 21 ottobre selezionerà le dieci città finaliste, tra cui sarà scelta la Capitale della cultura 2022.
    ''E' un lavoro fatto da tutto il territorio del Verbano Cusio Ossola, in collaborazione con tutti: associazioni, mondo economico, scuole, istituzioni'', spiega il sindaco di Verbania, Silvia Marchionini. ''Il filo rosso del progetto - aggiunge l'assessore comunale alla Cultura, Riccardo Brezza - è l'acqua del lago Maggiore, che ha influenzato lo sviluppo economico e identitario del Vco, favorendo l'insediamento industriale nell'Ottocento, accompagnato dallo sviluppo dei giardini e delle ville storiche. Ma è anche il paesaggio, la natura che diede origine allo sviluppo turistico dello scorso secolo e oggi è attrattore di una nuova fruizione che unisce ambiente e cultura, storia e nuove tecnologie. In questo dossier è racchiusa una sfida che ha una sola parola d'ordine: trasformazione, un messaggio per l'intero Paese. Se Matera aveva i suoi Sassi, Verbania ha tutto il suo territorio da mostrare''.
    A sostenere la candidatura di Verbania anche la Regione Piemonte. ''Noi ci siamo, dando il nostro sostengo a una candidatura che risveglierà l'intero territorio'' dice l'assessore regionale Valeria Poggio.
    ''Qui siamo seduti su un giacimento d'oro'', conclude il vescovo Franco Giulio Brambilla parlando della cultura, delle tradizioni, delle bellezze e della forza economica del Verbano Cusio Ossola. 

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ARRIVANO 13 NUOVI SUPER DIRETTORI NEI MUSEI ITALIANI



CAPPELLETTI ALLA BORGHESE, VERGER A MUSEO NAZIONALE ROMANO Francesca Cappelletti alla Galleria Borghese , Stéphane Verger al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, Edith Gabrielli per Vittoriano - Palazzo Venezia. Sono i tre nuovi super direttori di prima fascia i cui nomi sono annunciati oggi dal ministro della cultura Dario Franceschini insieme ad altri 10 super direttori che andranno a guidare altrettante realtà italiane dalla Biblioteca dei Girolamini a Palazzo Reale di Napoli, dal Parco Archeologico di Sibari a quello di Ostia antica. (ANSA).

Le Muse inquiete, la Biennale tra arte e storia

 Le Muse inquiete, la Biennale tra arte e storia © ANSA

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VENEZIA - Arti e Storia. In 125 anni di vita, fin dalla prima esposizione d'arte del 1895, La Biennale di Venezia non ha potuto sottrarsi a questo binomio. Un confronto, a seguire il percorso della mostra "Le Muse inquiete. La Biennale di fronte alla storia", al Padiglione centrale dei Giardini, fino all'8 dicembre, che si fa serrato, come oggi, in quel "secolo brevissimo" che va dagli anni '20, quando la mano e la volontà del fascismo si allungano sull'istituzione, ai grandi momenti della rinascita post-bellica, con la memorabile mostra d'arte del '48 (Picasso per la prima volta o la "scoperta" dell'arte statunitense grazie a Peggy Guggenheim), alle contestazioni del '68, all'irrompere della guerra fredda e della caduta del Muro di Berlino, fino agli anni '90 con gli albori della globalizzazione e il cambio di Statuto e il passaggio dell'ente a Fondazione. Spinta da uno di quei grandi eventi che cambiano la storia, la pandemia da Covid19 - come prima è successo con le guerre, i conflitti sociali, gli scontri generazionali e le profonde trasformazioni del '900 che "hanno premuto contro i confini dell'Istituzione veneziana" a dirla con Cecilia Alemani, coordinatrice del progetto e direttrice dell'esposizione d'arte slittata al 2022 - la Biennale ha voluto fare i conti con le sue vicende in rapporto alla società, alla politica, ai grandi eventi del mondo. Nel vastissimo materiale custodito all'Asac, l'archivio storico della Biennale - presto trasferito e ampliato negli spazi e negli - accessi - i direttori delle sei "muse" - Arte, Architettura, Cinema, Teatro, Musica e Danza - hanno scovato documenti, lettere, ritagli di giornale, quadri, registrazioni, video che, assieme a filmati rarissimi messi a disposizione dall'Istituto Luce, hanno dato vita all'esposizione, suddivisa in 12 sale. Una esposizione delle Biennali, del lavoro per realizzarle, della persone che le hanno guidate, delle censure del totalitarismo e delle libertà, del suo saper essere stata stata, nei due dopoguerra, a dirla con la curatrice, "faro di speranza nella rinascita civile dell'Italia e di molte altre nazioni". Più di mille documenti danno vita a "una mostra molto densa", spiega Cecilia Alemani, che ripercorre passo dopo passo, sotto titoli "chiave", "i momenti di crisi, di trasformazioni, di rivoluzioni, di introduzione di nuovi linguaggi artistici che, in una disciplina o nell'altra, hanno marcato la storia della Biennale". Ad accompagnare il visitatore, lungo il percorso allestito da Formafantasma, una utile pubblicazione che sopperisce di fatto alla quasi assenza di didascalie vicino al materiale esposto al fine di evitare "aggregazioni di persone" attorno a una bacheca o un tavolo. Ogni elemento, ogni raccolta di atti attorno a un singolo evento, a una "censura" o a uno "scandalo", anche mediatico, è motivo per aprire uno squarcio sul confronto-scontro tra arti e storia, per comprendere quel procedere per strappi e connessioni: dalla mostra del Cinema che dal '38 diventa strumento di propaganda fascista, alla causa di De Chirico contro la Biennale, al dipinto girato di Gastone Novelli e gli scontri in piazza del '68, alla protesta per il golpe in Cile nel '74 o la Biennale del Dissenso del '77 di Carlo Ripa di Meana; oppure, su fronti diversi lo scandalo per il dipinto del 1895 di Giacomo Grosso premiato e censurato dalla chiesa o le opere 'osè' di Jeff Koons con Ilona Staller. Tra le curiosità, ma drammatico segno dei tempi, la visita alla mostra d'arte di Hitler nel '34, con il suo rifiuto di un'opera di Seibezzi che gli viene offerta perché non gli sembra rappresenti bene Venezia, e il repentino cambio con un altro dipinto che ritrae delle barche. Da tutto traspare quell'inquietudine che attraversa le arti di fronte alla storia, "le muse inquiete" del titolo. perché, come dice il presidente della Biennale Roberto Cicutto, "l'inquietudine è il motore della ricerca che ha bisogno di confronto per verificare ipotesi e ha bisogno della storia per assorbire conoscenza".

La Vucciria di Guttuso a Montecitorio dipinto in mostra a ingresso libero nella Sala della Lupa

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La Camera dei Deputati apre le porte a La Vucciria, il capolavoro di Renato Guttuso. Il dipinto sarà in mostra, a ingresso libero, dal 29 novembre al 12 gennaio 2020 nella prestigiosa Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio accanto ad altre due opere dell' artista, il 'Cristo deriso' (1938) e i 'Carrettieri siciliani' (1946), appartenenti alle Collezioni della Camera dei Deputati e mai esposte finora al pubblico. L' opera del maestro siciliano lascia così la collocazione abituale nel Complesso Monumentale di Palazzo Chiaromonte-Steri, sede il Rettorato dell' Università di Palermo, per essere ammirato a Roma nel periodo delle festività di fine anno. "L'esposizione, promossa dall'Università degli Studi di Palermo e dalla Fondazione Sicilia e organizzata da Civita con il contributo di Igea Banca, rappresenta - è detto in una nota - un importante momento di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale siciliano e vuole essere l'inizio di un ciclo di appuntamenti che renderanno protagoniste anche le altre regioni italiane". La Sala della Lupa sarà aperta ai visitatori dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30) .
    La Vucciria, dipinto tre metri quadri realizzato da Guttuso nel 1974 nel pieno della sua maturità, fu donato dall' autore all' Ateneo del capoluogo siciliano. Considerata l' opera più celebre dell' artista , è la descrizione realistica e suggestiva di una scena quotidiana dell' omonimo mercato di Palermo, tra i più affascinanti della città. Il termine 'vucciria' deriva dal francese boucherie (macelleria) che in siciliano ha anche assunto il significato di confusione, miscuglio incomprensibile di voci, persone, oggetti, espressioni e azioni tipiche del mercato. (ANSA).

ENIT apre settembre con una messa in onda su Telematin di France 2 del reportage dedicato a Matera, Capitale Europea della Cultura 2019


ENIT apre settembre con una messa in onda su Telematin di France 2 del reportage dedicato a Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. Il video è stato realizzato con il sostegno e l’assistenza di ENIT Parigi, in collaborazione il Comitato Matera 2019. La celebre trasmissione Telematin gode di un’ audience di circa 2 milioni di spettatori a puntata.

Mostre. Signorelli e Roma, alle radici del grande Rinascimento

Luca Signorelli (attribuito), Autoritratto e ritratto di ser Niccolò di Angelo (Franchi), recto, 1504 ca., affresco su lastra in laterizio, Orvieto, Museo dell’Opera del Duomo
Luca Signorelli (attribuito), Autoritratto e ritratto di ser Niccolò di Angelo (Franchi), recto, 1504 ca., affresco su lastra in laterizio, Orvieto, Museo dell’Opera del Duomo


In occasione dell'anniversario nel 2020 dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello, i Musei Capitolini dedicano la prima mostra romana a Luca Signorelli. L'arte del pittore cortonese, il suo rapporto con Roma e l'antico furono infatti determinanti per i grandi maestri del Rinascimento italiano

Paolo Ondarza - Città del Vaticano

La cultura cristiana, l’umanesimo e l’antico. Tre componenti che convivono nell’arte di Luca Signorelli, grande pittore cortonese vissuto in Italia tra la seconda metà del Quattrocento e i primi vent’anni del Cinquecento; il suo fecondo rapporto con la Città Eterna è esplorato attraverso circa 60 opere dalla mostra allestita fino al prossimo 3 novembre a Palazzo Caffarelli, nella sede dei Musei Capitolini a Roma, “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperta”.
Un pittore di grande rilievo per i suoi contemporanei
Un tributo che restituisce a Signorelli quel ruolo di rilievo che i contemporanei gli riconobbero, come attestato dall’elogio a lui dedicato dall’autore delle Vite, Giorgio Vasari. Dello stesso avviso erano i colleghi Cosimo Rosselli, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino, Biagio D’Antonio e Bartolomeo della Gatta che nel 1482 con Signorelli lavorarono in Vaticano alla decorazione della Cappella Magna, nota a tutti come Sistina, dal nome del pontefice regnante e committente degli affreschi, Sisto IV.
Oscurato da due giganti

La sorte dei capolavori dedicati alle storie bibliche istoriate dai Quattrocentisti sulle pareti della Sistina è simile a quella subita dalla notorietà di cui godette in un primo momento Signorelli: furono infatti oscurati dall’ombra degli imponenti affreschi eseguiti da Michelangelo e Raffaello in Vaticano. Tanta grandezza ha inevitabilmente provocato l’oblio caduto su Signorelli dai primi del Cinquecento fino alla riscoperta nell’Ottocento. Eppure l’arte del pittore fu determinante nella formazione dei due Maestri del Rinascimento Italiano. Ad essa infatti devono essere ricondotti tanto il plasticismo michelangiolesco, quanto la grazia delle Madonne raffaellesche.

Un Maestro per Raffaello e Michelangelo
A dimostrazione di ciò Federica Papi, che insieme a Claudio Parisi Presicce ha curato la mostra, cita “i diversi studi effettuati dal Sanzio sulle pitture del cortonese”. Michelangelo da parte sua ammirò moltissimo gli affreschi di Orvieto, ispirandosi ad essi nella realizzazione del Giudizio Universale. “Questi due giganti hanno oscurato la fama di Signorelli perché da Signorelli hanno ripreso l’ingegno, le idee, ma, come scrisse Vasari, le hanno portate avanti perfezionandole. Questi due allievi, anche se non stettero mai a Bottega da Signorelli, hanno preso tutto quello che c’era da prendere dal maestro e lo hanno portato avanti, ognuno per il suo percorso. Raffaello ne coltiverà soprattutto la grazia: quel sentimento umano e sacro delle Madonne. Michelangelo ne prenderà la forza plastico-scultorea degli Ignudi, la muscolatura e l’anatomia del corpo”.
Il pittore dell'unione tra corpo e anima

Attraverso un gioco di riproduzioni retroilluminate la mostra illustra il vigore e la bellezza degli affreschi della Cappella Nova o di san Brizio, nel duomo di Orvieto, “la più grande decorazione ad affresco mai realizzata prima della Cappella Sistina”. Emerge in modo dirompente la concezione del corpo introdotta da Signorelli: non è più impaccio per l’anima, ma un tutt’uno con essa, in un’armonia perfetta.

Un regista nel raccontare il Giudizio Universale e i Fatti dell'Anticristo
“Il Giudizio Universale - racconta Federica Papi - era un tema ricorrente nei cicli pittorici di ambienti sacri. Signorelli con la collaborazione degli esegeti che lavoravano lì ad Orvieto e mantenendo il filo conduttore già impostato da Beato Angelico – a cui subentrò nella decorazione - riesce a dare uno sviluppo innovativo, più moderno”. Interpellano la fede e la spiritualità “I fatti dell’Anticristo”, soggetto inedito di Luca Signorelli che nelle pareti si autoritrae assieme all’Angelico: “Il ritratto di Signorelli è una sorta di firma, in cui lui si pone dinnanzi ai fatti dell’Anticristo e quindi ci indica chi segue il bene e chi segue il male, chi seguirà le parole dell’Anticristo che, tra l’altro, può essere scambiato con Cristo”. Ne "La resurrezione della carne", la bellezza dei corpi desunti dalla statuaria antica sta a dimostrare che alla fine dei tempi il corpo risorgerà insieme all’anima. “Le figure di scheletri che fuoriescono dal terreno lunare rivestendosi di carne, sono impressionanti, spettacolari. Quasi possiamo immaginare questa scena, come una sorta di film di cui Luca Signorelli è il regista”.
Oswald Ufer (incisore), Luca Signorelli (inventore), L’inferno (da un affresco di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto), incisione a bulino, Laboratorio Fotografico di Documentazione Istituto centrale per la grafica
Oswald Ufer (incisore), Luca Signorelli (inventore), L’inferno (da un affresco di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto), incisione a bulino, Laboratorio Fotografico di Documentazione Istituto centrale per la grafica


Signorelli e l'antico: a confronto con lo Spinario
Fino ad oggi la capitale italiana non aveva mai ospitato una monografica dedicata al pittore toscano, tanto apprezzato da Lorenzo il Magnifico. Il percorso espositivo rende partecipe il visitatore dello studio dedicato da Signorelli alle opere dell’antica Roma, da cui continuamente trasse ispirazione. Particolarmente felice l’allestimento dei quadri attorno alla scultura marmorea di età imperiale dello Spinario proveniente dagli Uffizi e gemella della antecedente versione bronzea ellenistica, anch'essa in mostra, donata nel 1471 da Sisto IV alla città di Roma. Quest’ultima è custodita ancora oggi al Palazzo dei Conservatori e costituì parte del nucleo originario dei Capitolini, il più antico museo pubblico al mondo. Signorelli osservò con grande ammirazione la statua del giovane seduto nell’atto di togliersi una spina dal piede, citandola a più riprese nei suoi dipinti.
Il fascino di Roma

Ritroviamo una riproduzione dello Spinario ad esempio nella figura alle spalle del Battesimo di Cristo di Arcevia. Signorelli introduce la posa di quel soggetto classico – aggiunge la prof.ssa Papi – riproponendolo come “figura arcadica, precristiana, pronta alla conversione”. L’omaggio a Roma torna nel “Martirio di san Sebastiano” della Pinacoteca di Città di Castello. Nella grande pala restaurata per l’occasione, alle spalle del soggetto principale, si ergono il Colosseo e l’Arco di Costantino.

Testimone della scoperta del Titulus Crucis
Le rovine e una costruzione ispirata a Castel Sant’Angelo si intravedono invece alle spalle della “Crocifissione con la Maddalena” proveniente dagli Uffizi. Qui vi è la testimonianza della grande eco suscitata in tutta Italia dal rinvenimento nel 1492 all’interno della Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme del Titulus Crucis, ovvero il cartiglio in lingua ebraica, latina e greca che si identificò subito con quello affisso sulla sommità della croce con la scritta “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. “E’ molto interessante – nota Federica Papi - che in questo dipinto, di notevole bellezza per la profondità, per i colori, per i tanti riferimenti, per la figurazione del cranio attraversato da un serpente e da una lucertola in riferimento al Golgota e al peccato originale, sulla sommità della croce sia riportata questa iscrizione ritrovata nel 1492 che sappiamo fu trascritta e inviata a Firenze, alla corte di Lorenzo il Magnifico. La troviamo utilizzata infatti sia da Luca Signorelli che da Michelangelo Buonarroti in una delle sue prime opere, il Crocifisso ligneo di Santo Spirito. Vuol dire che i due artisti in quel momento erano entrambi a Firenze, evidentemente molto vicini e furono subito informati di questo importante ritrovamento romano”

Un ritorno nella Città Eterna
A Cinquecento anni di distanza dunque, grazie alla mostra dei Capitolini, Signorelli torna a Roma per la quarta volta. Dopo l’esperienza sui ponteggi della Sistina, il suo secondo passaggio in città è attestato dalla cronaca di una cena a casa dell’architetto Donato Bramante nel 1507, epoca in cui Papa Giulio II progettava di rinnovare la decorazione del suo appartamento, poi affidata a Raffaello. A certificare invece il terzo soggiorno romano del pittore è una lettera di Michelangelo del 1513 nel quale l’autore del David menziona un prestito in denaro elargito al collega.

Fede e vita privata
Professione pubblica e vita privata di Luca Signorelli camminano di pari passo lungo l’iter della mostra. Il visitatore avvicina così anche l’aspetto più intimo, familiare di questo pittore: il rapporto con la famiglia, il dolore seguito alla perdita di due dei suoi amati figli e successivamente della moglie Gallizia. Degna di nota la regale umiltà della Madonna con bambino del Metropolitan Museum di New York: una bellissima Vergine dal profilo greco e dall’espressione velata di tristezza si staglia sul fondo dorato. Il quadro fu probabilmente eseguito da Luca per la consorte a seguito di uno dei lutti familiari e successivamente fu donato alla figlia Gabriella. “Esso trasmette un fortissimo senso di amore materno, rispetto a quella che è la preziosità del fondo alle spalle. La Vergine rivolge uno sguardo molto triste al figlio, in ragione del destino che lo attende”.


L'allestimento della mostra

L'allestimento della mostra "Luca Signorelli e Roma"
Luca Signorelli, Madonna col Bambino tra i Santi Pietro, Paolo, Bernardo e Stefano. Predella con Storie del Battista, 1515-1520, olio su tavola traportato su tela, Roma, Castel Sant'Angelo Polo Museale
"Luca Signorelli, Santo Stefano lapidato, 1500-1510, olio su tavola, cm 51x41 – Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia  Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia"
 Luca Signorelli (e collaboratori per i dipinti e Corrado Teutonico autore cornice), Battesimo di Cristo, Santi e Scene della vita del Battista,1508, inizio XVI secolo, olio su tavola (manufatto ligneo intagliato e dipinto su supporto ligneo. Tempera e dorature a guazzo). Diocesi di Senigallia - Parrocchia S. Medardo in Arcevia (Ancona)
"Polo Museale del Veneto - Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro  Credito fotografico: Polo Museale del Veneto - Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro ""su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali"""
L'allestimento della mostra"Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte" ai Musei Capitolini

da vaticannews - segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone Turismo Culturale

Grandi fotografi al #Meeting2019 Nella mostra dedicata al sogno americano e agli esiti sociali della crisi economica, il racconto per immagini, musica e voci


Dal 18 al 24 agosto, al Meeting per l’amicizia fra i popoli, a Rimini, sarà possibile visitare la mostra Bolle, pionieri e la ragazza di Hong Kong, realizzata da un gruppo di artisti e professionisti che vivono e lavorano negli Stati Uniti.
La mostra è un viaggio alla ricerca dell’identità del grande Paese d’oltreoceano lungo il racconto della vita di tanti suoi protagonisti, personaggi illustri, come Martin Luther King e Buzz Aldrin, insieme a gente comune, come schiavi, contadini e madri di famiglia.
L’obiettivo è individuare l’essenza del cosiddetto “esperimento americano” e trarre criteri e spunti per comprendere meglio il momento storico che sta attraversando tutto l’Occidente.
Il percorso di musica, voci e immagini si caratterizza per le installazioni che permettono di immergersi nelle vicende di tante donne e tanti uomini che, con le loro scelte e le loro vite, hanno dato forma a questo Paese.

La mostra propone quattro passaggi in quattro stanze. La prima è dedicata a “Pionieri e astronauti”. Lo spirito d’avventura che emerge dalle lettere e dai diari dei pionieri è lo stesso che spinge gli astronauti ad arrivare sulla Luna. Insieme, per entrambi, alla sfida del “grande silenzio” che esalta le domande più profonde. Le proiezioni a 270 gradi delle sconfinate distese americane sono quelle catturate dai pluripremiati scatti time-lapse del fotografo americano Randy Halverson, apparsi in servizi su CNN, National Geographic, The Atlantic, Daily Mail, Huffington Post, Discovery Channel, Gizmodo, e Wired.

Poi si passa al racconto di “Schiavitù e 11 settembre”. In questa sezione vengono documentate due gravi esperienze di male. Testimonianze e interviste propongono racconti e risposte di chi è passato attraverso la schiavitù, mentre contributi di scrittori e giornalisti rivivono il dramma della caduta delle Torri Gemelle a New York.
Le storie narrate mostrano un’esperienza umana senza tempo, ben raffigurata dai ritratti di homeless moderni scattati da un altro grande fotografo contemporaneo, Lee Jeffries. Servizi sulle sue fotografie sono apparsi sul Time, The Independent, The Guardian, Huffington Post, Nikon Magazine, British Airways High Life, sulla CNN, BBC News-Night, e Telematin. Le sue fotografie sono state esposte a Londra, Parigi, New York, Roma, Stoccolma e Napoli.

Il terzo passaggio della mostra sarà attraverso “La bolla”. Di fronte all’incertezza generata dal male e dalla crisi d’identità contemporanea vengono proposte due alternative: rifugiarsi in “bolle” per cercare di ignorare e rendere innocua la paura del buio, oppure continuare a cercare una risposta che possa sconfiggere le tenebre, come hanno fatto i discendenti degli schiavi.
Il video qui proposto è stato realizzato da Jim Fields, premiato documentarista, che ha ricevuto un Emmy per un documentario su Haiti.

Passaggio finale, “La ragazza di Hong Kong”. Un dialogo tra la storia personale dell’ex membro di gang e oggi attore di Hollywood Richard Cabral, tratta dal suo monologo teatrale autobiografico, e le riflessioni dello scrittore James Baldwin, accompagnato nuovamente dagli scatti di Lee Jeffries. Quello che qui è proposto come possibilità di uscire dalle tenebre e dalla crisi è il miracolo di trovare un amore “forte abbastanza da guidare e condurre verso la scoperta e l’accettazione della propria identità”.

Il “narratore” principale del percorso espositivo è la MUSICA, composta da due musicisti newyorkesi, Jonathan Fields e Christopher Vath. Lo SPAZIO dell’intero percorso è stato progettato da Paolo Palamara, fondatore e co-presidente di Diamante Development Corporation a Toronto (Canada).

La mostra è stata realizzata da: Martina Saltamacchia, Professore Associato di Storia Medievale e direttore di Medieval/Renaissance Studies all’University of Nebraska; José Medina, educatore e insegnante; Michele Averchi, professore di Filosofia a Catholic University; T.J. Berden, produttore cinematografico a Hollywood e presidente di Big Sur Entertainment, produttore del film Paolo, l’Apostolo di Cristo; Maurizio Capuzzo, Chief Marketing Officer di ES Group; Jonathan Fields, compositore di musica per film e pubblicità; Jonathan Ghaly, rappresentante immobiliare di Denver; Chris Vath, musicista e compositore. Il catalogo della mostra, in edizione italiana, è pubblicato da Concreo edizioni ed è disponibile all’acquisto presso il bookshop della mostra.


Restando in tema di fotografia al Meeting, domenica 18 agosto 2019, in occasione della giornata inaugurale, arriverà in fiera il grande fotografo italo americano Tony Vaccaro. Ai suoi scatti più celebri, quelli della seconda guerra mondiale, come quelli alle dive di Hollywood, il #meeting19 ha dedicato una mostra: “Tony Vaccaro, il fotografo dell’umano”. «La fotografia – spiega  è una passione per me, perché è il linguaggio che io ho scelto, ogni fotografia è un messaggio. Io amo le persone». La mostra si propone di mettere in luce che per Tony Vaccaro la vita, pur segnata da drammi e difficoltà, può sempre essere un’opportunità. Le fotografie di Vaccaro raccontano settant’anni di storia dell’Occidente restituendo sempre una fiducia e una speranza nell’avvenire e testimoniando che la vita è determinata da ciò su cui l’uomo fissa lo sguardo. L’incontro con il maestro della fotografia mondiale si svolgerà alle 17 in Sala Neri UnipolSai.

Raffaello e gli amici di Urbino. La Galleria Nazionale delle Marche omaggia il genio a ottobre

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URBINO La fioritura di un genio, la conquista della modernità e di uno stile rivoluzionario, alla luce di una rete di incroci generazionali e scambi culturali: è la mostra "Raffaello e gli amici di Urbino" che la Galleria Nazionale delle Marche - Palazzo Ducale di Urbino accoglierà dal 3 ottobre al 19 gennaio, in occasione dell'anno raffaellesco che celebra i 500 anni dalla morte dell'artista urbinate.
    A cura di Barbara Agosti e Silvia Ginzburg, l'esposizione documenta quanto le relazioni personali di Raffaello Sanzio con un gruppo di artisti che operavano a Urbino abbiano contribuito alla nascita della sua eccezionale personalità. Analizzando il ruolo di Pietro Perugino nella formazione e nella prima attività di Raffaello e il rapporto tra quest'ultimo e i concittadini artisti Girolamo Genga e il più anziano Timoteo Viti (e soprattutto gli esiti diversi che i due ebbero rispetto a Raffaello di fronte alle nuove sollecitazioni della pittura figurativa) emerge nella mostra il grande salto qualitativo che il genio urbinate riuscì a compiere, dando il proprio contributo all'evoluzione del linguaggio pittorico tra '400 e '500.
    Il progetto espositivo presenta al pubblico circa 80 opere, di cui una decina di Raffaello, con un obiettivo ambizioso, quello di "trasmettere lo spirito dell'umanesimo e l'atmosfera di creatività che c'era nella seconda metà del '400 a Urbino dove è nato Raffaello", spiega a Roma il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, l'austriaco Peter Aufreiter, che dopo 4 anni di direzione lascerà a fine anno Palazzo Ducale per trasferirsi a Vienna, dove guiderà il Technischen Museums, il Museo della Scienza e della Tecnica. Un addio amaro il suo, in polemica con la 'controriforma' ministeriale voluta dal ministro Bonisoli che ridimensiona l'autonomia gestionale dei musei (introdotta dall'ex ministro Franceschini): "Per esempio ora anche gli accordi per i prestiti internazionali saranno gestiti da Roma. Mi dispiace andare via proprio nel 2020, con l'anno raffaellesco, ma in questa situazione non mi sento più di dirigere il museo. Mi auguro che questa mostra di livello internazionale sia un punto di partenza per Urbino: se non si viene in questa città non si può capire Raffaello", dice il direttore, che lascia le Marche nonostante i successi (e il grande aumento di visitatori) ottenuti con la sua direzione.
    La mostra, il cui progetto ha richiesto circa 3 anni di lavoro, sarà dunque il primo omaggio che la Galleria Nazionale delle Marche farà al grande urbinate, per capire quanto il contesto cittadino sia stato fondamentale per l'artista e la sua crescita; poi seguiranno altri due appuntamenti espositivi, "Raphael ware. I colori del Rinascimento", dedicata alla ceramica cinquecentesca, e "Sul filo di Raffaello", legata alla realizzazione dei cartoni che il Sanzio fece per gli arazzi della Cappella Sistina. Intanto, proprio in vista delle celebrazioni raffaellesche, la Galleria ha appena portato a termine il progetto "Raffaello in Minecraft", in collaborazione con Microsoft: per la creazione del videogioco, che svela la storia di Raffaello nella città di Urbino, sono stati coinvolti attraverso un contest oltre 2000 studenti delle scuole primarie e secondarie per permettere loro di contribuire alla narrazione.
    Inoltre, la Galleria ha voluto realizzare per il suo pubblico più giovane ("un terzo dei nostri visitatori è costituito da studenti in gita scolastica che quest'anno sono addirittura aumentati del 20%", dice Aufreiter) il volume illustrato "Raffaello bambino", opera dell'illustratore urbinate Giancarlo Carloni: nel libro sono raccontate le vicende di Raffaello bambino che, sognatore, irrequieto e un po' pasticcione, scopre alla Corte di Urbino la sua vocazione, ossia diventare pittore come lo era suo padre Giovanni Santi.