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A Genova la 'Rotta dei Capolavori', network musei e opere d'arte. In occasione di The Ocean race 30 tappe tra arte e cultura


- E' pronta a Genova la 'rete delle meraviglie' (dal 19 maggio al 10 settembre 2023), ovvero la possibilità di percorrere un itinerario inedito per scoprire la ricchezza di un patrimonio culturale vario e di inestimabile valore. Da domani infatti sarà possibile incamminarsi sulla Rotta dei Capolavori, un progetto di network museale del Comune di Genova con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, ideato e curato da Anna Orlando, la prima e più completa rete museale mai realizzata a Genova in cui ogni realtà si presenta con il proprio highlight.

Sono circa trenta le tappe, in strutture tutte diverse tra loro, che offrono una panoramica dell'arte e del sapere dall'antichità ai nostri giorni. I musei di Archeologia ligure e d'arte Contemporanea, la storia naturale e l'arte sacra, la Lanterna e il sommergibile Nazario Sauro sono alcune tappe di un itinerario che tocca tutto il territorio.
    L'edizione 2023 è targata The Ocean Race ed è stata pensata in occasione dell'arrivo della competizione internazionale a Genova. Il network culturale aprirà e chiuderà la 'navigazione' con alcuni 'capolavori ospiti': il 'Paesaggio con covoni e luna nascente' di Van Gogh esposto al Ducale è lo starting point e 'l'approdo' è 'Sinfonie d'arte', capolavori in dialogo tra Modena e Genova allestita a Palazzo Doria Carcassi. "La creazione di un itinerario tra i capolavori di Genova - ha detto il sindaco Marco Bucci -. rappresenta una grande opportunità. Un viaggio nel tempo tra arte e cultura che permetterà di riscoprire il patrimonio artistico genovese". Secondo il governatore Giovanni Toti "in questo modo la città si presenta ai visitatori con un'offerta culturale permanente, evocativa e legata a grandi artisti come Rubens, Van Gogh, Fontana o Cambiaso".
    "Dopo i risultati del network culturale creato attorno alla mostra 'Rubens a Genova' - ha detto la curatrice Anna Orlando - è ancor più evidente l'efficacia della rete e di progetti che mettano a sistema il nostro patrimonio per offrirlo a turisti e genovesi. L'occasione di The Ocean Race è idonea a creare un itinerario per segnalare le opere da non perdere, custodite in città, insieme alle mostre temporanee in corso in questo periodo".

ansa.it

Lucio Saffaro in mostra a Bologna, un viaggio verso l'ignoto


- Un Viaggio verso l'Ignoto dedicato alla figura complessa e poliedrica di Lucio Saffaro (Trieste 1929 - Bologna 1998), pittore, scrittore, poeta e matematico tra i più originali della cultura e dell'arte italiana del secondo Novecento. Dal 26 maggio al 24 settembre, a Palazzo Fava-Palazzo delle Esposizioni di Bologna, Genus Bononiae, insieme a Fondazione Carisbo, presenta la mostra - a cura di Claudio Cerritelli e Gisella Vismara - con circa un centinaio di opere tra dipinti, grafiche e libri.

Il percorso offre una panoramica esaustiva sulla sua ricerca (1954-1997), a partire dalla fase giovanile, la meno conosciuta, fino alla maturità, simbolizzata dalle forme eleganti e poliedriche che rendono unico il suo lavoro.
    Lucio Saffaro è una figura totalmente autonoma rispetto al mondo della cultura e dell'arte: difficilmente classificabile, compie la sua ricerca solitario e appartato rispetto alle principali correnti artistiche e culturali del secondo Novecento. Si trasferisce con la famiglia a Bologna nel 1945 e si iscrive all'Università laureandosi in Fisica pura, continuando a coltivare i suoi interessi artistici, letterari e filosofico-speculativi. Sempre alla ricerca di un linguaggio raffinato e plurale, rifiutando la definizione di artista-matematico, Saffaro ha saputo fondere la sua profonda cultura scientifica con l'indagine pittorica e grafica di forme simboliche legate agli enigmi dello spazio e del tempo. La mostra offre la possibilità di seguire le molteplici dimensioni esplorate: identificazioni simboliche, monumenti e ritratti immaginari, visioni allegoriche, poliedri, dodecaedri e tetraedri canonici, dimensioni del pensiero creativo, immagini metafisiche ed emblemi del tempo infinito.
    Insieme alle opere pittoriche e grafiche verrà esposta una selezione di cataloghi monografici e di libri realizzati da Saffaro durante la sua carriera. Completerà la rassegna una sezione composta da foto inedite di Nino Migliori, ritrovate di recente, che ritraggono l'amico triestino negli anni Settanta.
    Verrà presentato anche il documentario Lucio Saffaro. Le Forme del Pensiero, realizzato nel 2014 dal regista Giosuè Boetto Cohen, con le narrazioni di amici e studiosi. 

ansa.it

Steve McCurry racconta l'infanzia in 100 scatti. A Firenze la prima mostra sul tema del fotografo in Italia

Bambini profughi o lavoratori, ragazzi che giocano ad arrampicarsi su un cannone o si divertono nel fango, che rincorrono un pallone durante un acquazzone monsonico, o suonano una chitarra realizzata con materiali di scarto. Sono i protagonisti della mostra 'Steve McCurry Children', con scatti del celebre fotografo americano, che si tiene dal 19 maggio all'8 ottobre al Museo degli Innocenti di Firenze.

La rassegna, la prima mostra tematica in Italia dedicata all'infanzia di McCurry, propone cento fotografie, alcune delle quali mai esposte prima in Europa, realizzate dal fotografo in quasi cinquant'anni di attività, ritraendo bambini in scene di vita quotidiana in ogni angolo del mondo.
    Il visitatore seguirà idealmente McCurry nei suoi viaggi attraversando India, Birmania, Giappone, Africa fino al Brasile, entrando in contatto con le etnie più lontane e le condizioni sociali più disparate. Una galleria di ritratti che racconta l'infanzia in tutte le sue sfaccettature e con una caratteristica comune a tutti, lo sguardo dell'innocenza. Un viaggio ideale che sarà accompagnato anche da approfondimenti di attualità curati dall'Istituto degli Innocenti, ente per il quale, commenta la sua presidente Maria Grazia Giuffrida, "è un onore ospitare la prima mostra tematica dedicata all'infanzia di uno dei fotografi più conosciuti e amati di sempre. Da tempo il Museo degli Innocenti propone mostre e attività culturali, ma la mostra Children di Steve McCurry è particolarmente pregnante per il soggetto scelto che coincide perfettamente con la ragione d'essere dell'Istituto, nato nel 1419 per accogliere, accudire e tutelare i bambini meno fortunati". Per il vicesindaco e assessore alla cultura Alessia Bettini "la mostra non rappresenterà solo l'occasione di ammirare fotografie straordinarie ma anche di tenere accesi i riflettori sui diritti dei bambini in ogni parte del mondo". 

ansa.it

Salone Off, Le vergini giurate alla Cavallerizza. Le foto di Stefanelli sulle donne albanesi diventate uomini

TORINO - Le Burnesh del Nord dell'Albania ormai sono poche decine e sono quasi tutte anziane. Sono donne che hanno rinunciato alla loro identità e si vestono e si comportano come uomini perché solo così possono votare, lavorare, portare pantaloni, bere alcolici o fumare.

In alcuni casi lo hanno dovuto fare per sopperire alla mancanza di un capofamiglia o per sfuggire a un matrimonio non gradito. Alle 'Vergini Giurate' - così chiamate perché hanno fatto voto di castità rinunciando alla loro femminilità in toto - la fotografa Valentina Stefanelli ha dedicato un progetto e venti dei suoi scatti saranno in mostra alla Cavallerizza Reale da mercoledì 17 maggio alle 18 fino al 22 maggio, in occasione della XIX edizione del Salone Off, per il Salone del Libro di Torino. Il Paese ospite quest'anno è proprio l'Albania.
    Le foto di Valentina Stefanelli, romana, 45 anni, sono state scattate nel 2016 nel nord dell'Albania, al confine con il Montenegro, in una zona rurale. "Avevo letto il romanzo Vergine giurata della scrittrice albanese Elvira Dones, da cui è stato tratto il film di Laura Bispuri. Ho cominciato a informarmi, è stato per anni un mio pallino, ma non è stato facile organizzare il viaggio. Mi ha accompagnato una ragazza albanese che vive in Italia e che ha fatto da interprete. Sono state molto disponibili a raccontare la loro storia, anche se il sesso per loro è un argomento tabù", spiega all'ANSA Valentina Stefanelli.
    Le immagini descrivono e raccontano quattro donne burnesh, molto diverse tra loro con storie e vite lontane. I loro volti sono molto espressivi, gli sguardi penetranti, fieri. Shkurtan, 81 anni, si è sentita uomo da sempre e non ricorda quando ha scelto di diventarlo; Diana Rakipi, 62 anni è stata la prima donna albanese a entrare in polizia; Vida Marku, 74 anni trascorsi a lavorare duramente, bevendo, fumando e dicendo parolacce come i maschi; Gero, 17 anni, cresciuta fin da piccola come un bambino e orgogliosa di rappresentare una antica tradizione. Sembrano uomini in tutto, nelle movenze, nell'aspetto, nel comportamento, nello status sociale. Non resta nulla della loro identità femminile soppressa prestando fede all'antico codice familiare conosciuto con il nome di "kanun".
    "Oggi l'Albania sta facendo tanti sforzi per avvicinarsi all'Europa. La situazione delle donne è migliorata a Tirana e nelle città, ma è una tradizione da testimoniare anche perché come dimostra il caso di Gero questa tradizione antica ha ancora un valore sociale e morale", sottolinea Valentina Stefanelli.
    (ANSA).
   

L'arte dei mattoncini in mostra tra favole e supereroi Brick Art, a Bologna anche monumenti e un villaggio western


BOLOGNA - Le favole, i supereroi, il villaggio western, i monumenti d'Italia: sono le quattro aree tematiche principali di Brick Art-L'arte dei mattoncini, mostra promossa da Next Exibition e in programma a Bologna, a palazzo Belloni, dal 6 luglio al 24 settembre. Mostra nella mostra sarà un'esposizione di stampe fine-art di personaggi famosi dell'arte, della musica e dello spettacolo che diventano omini Lego, dalla Gioconda ai Beatles, da Frida Kahlo a Maradona.

Si sogna con milioni di mattoncini nell'area dedicata alle principesse delle favole, dalle fiabe classiche ai racconti più moderni: da Alice nel Paese delle Meraviglie alla Carica dei 101, da Biancaneve e la Sirenetta, fino alla Torre di Rapunzel e al Castello di Frozen, costruzioni alte oltre un metro. E si fantastica in compagnia dei supereroi più famosi con la SuperHeroes City e le armature Hulkbuster degli Avengers. Per i nostalgici il diorama western grande oltre tre metri, dove il pubblico potrà vedere la DeLorean, Doc e Marty di "Ritorno al Futuro" parte terza. Quarta sezione della mostra è la ricostruzione fedele di alcuni dei principali monumenti italiani: dalla Mole Antonelliana di Torino alla Torre di Pisa, dalla Lanterna di Genova al Faro di Capri, fino all'icona locale, la Torre degli Asinelli di Bologna, realizzata con oltre 3800 mattoncini. "Fuori programma" della mostra, una cattedrale anni '30 realizzata con oltre 25.000 mattoncini, la ricostruzione della giungla e della fattoria, i kit di collezionabili minifigures esposti con soggetti curiosi e mai visti dal grande pubblico, il palazzetto dello sport PalaBaskin nato per sensibilizzare il pubblico sulla disabilità e l'inclusione. 

ansa.it

Guastalla ex chiesa di San Francesco: nuova mostra

Non è la prima volta che la Città di Guastalla ospita una personale di Franco Mora, noto pittore naif della Bassa reggiana. Dal 6 maggio fino al 4 giugno si potrà ammirare nuovamente la sua arte in un’esposizione allestita nella ex Chiesa di San Francesco, che da qualche anno è diventata il suggestivo contenitore di eventi culturali e artistici. 

“50 ANNI CON IL PENNELLO INTINTO NEL CUORE” è il titolo della mostra che inaugura sabato alle ore 17 e ha ricevuto il patrocinio dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, del Museo Nazionale delle Arti Naif, del  Comune di Guastalla e dell’Unione Bassa Reggiana.

L’occasione è speciale: nel 2023, infatti, ricorrono i 50 anni di attività artistica di Mora, conosciuto e apprezzato a livello nazionale e internazionale non solo per le sue doti pittoriche, ma anche per la sua sensibilità e le sue qualità umane. Lo dimostrano la generosità e l’entusiasmo con cui ha realizzato opere di grande valore per diverse istituzioni pubbliche e private, vivacizzando scuole, ospedali, strade e piazze in tutta Italia. Da nord a sud, isole comprese. Fra i tanti esempi, i coloratissimi quadri che vivacizzano il reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale Civile di Guastalla, insieme ad altri reparti del nosocomio guastallese e del Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. 

Ma la sua arte ha sedotto ben oltre i confini regionali. È il caso di Orgosolo, piccolo paese nel cuore della Barbagia famoso per i numerosi murales che decorano le case e che ogni anno attirano migliaia di turisti e appassionati. Uno di questi è di Franco Mora, primo artista non sardo chiamato ad apporre la sua firma sul muraglione d’ingresso della cittadina abbarbicata sulle montagne. 

Del resto Mora è considerato tra gli esponenti più rappresentativi dell’arte naïve e del murales. I suoi lavori – su tela e sui muri – sono una festa di colori, un tripudio di allegria, un inno al buonumore e alla gioia di vivere. La sua arte esplora mondi fiabeschi popolati da minuscoli personaggi sempre sorridenti, che scalano zucche, volano tra le lune e le stelle, nuotano tra fiori che nascono sulle nuvole ed esplodono anche in inverno. Per questo i suoi dipinti piacciono tanto anche ai bambini, con i quali l’artista ha realizzato diversi progetti didattici in ambito scolastico.

laliberta.info

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci

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Domodossola. Inaugurata la mostra 'Giuliano Crivelli. Il codice della meraviglia'. Fino al 6 Agosto


È stata inaugurata ufficialmente nel tardo pomeriggio di venerdì la mostra “Giuliano Crivelli. Il codice della meraviglia”, omaggio al pittore e musicista ossolano di origini novaresi scomparso nel gennaio del 2021 a 85 anni.

Composta da un'ottantina di opere, ed affettuosamente voluta dai figli dell'artista Fanny e Stefano, l'ampia esposizione è curata da Francesco Maria Ferrari e organizzata da Collezione Poscio e Associazione Culturale Mario Ruminelli per la nuova stagione culturale di Casa De Rodis.

“In mostra, per la prima volta, sono riunite opere che comprendono l’intero percorso artistico del pittore, lungo anni di infaticabile ricerca e tensione morale verso una verità personale irrinunciabile e sempre attuale nella poetica dell’artista, quella dell’Arte come motivo esistenziale e capace di penetrare tra vero e falso, tra reale e immaginario, con la consapevolezza di rappresentare la propria 'realtà'” dichiara il curatore della mostra, Francesco Maria Ferrari – I dipinti scelti, spartiti colorati con splendidi arrangiamenti, con segno e colori inediti e unici, sono palpitanti delle emozioni vissute dal pittore stesso, tempestivo nello sperimentare ogni tipo di tecnica applicata alle tematiche più diverse con lo spirito contrappuntista dell’invenzione che distingue le opere una dall’altra.”

Un ricco percorso di visita su più piani, che diventa ancor più coinvolgente grazie alle parole di Giuliano Crivelli e di altri autori da lui amati che il visitatore incontrerà lungo i propri passi.

"Siamo lieti di ospitare a Casa De Rodis le opere di Giuliano Crivelli, artista ed amico a noi molto caro, – commenta Paola Poscio, in rappresentanza dell'omonima Associazione – quasi tornasse a farci visita, com'era solito, a volte a casa, a volte in ufficio, sempre con il suo garbo, la sua gentilezza, la sua profonda umanità."

"La retrospettiva dedicata a Giuliano Crivelli non è solo l'opportunità per celebrare uno dei più eclettici artisti ossolani della seconda metà del Novecento, ma rappresenta anche l'incontro (fortemente auspicato) tra due realtà associative, Ruminelli e Poscio, che hanno tutte le carte in regola per divenire un riferimento culturale imprescindibile per Domodossola ed il suo territorio. È nel DNA dell'Associazione Ruminelli – conferma il Presidente, Massimo Gianoglio – agire in sinergia quando si tratta di portare avanti progetti validi ed importanti come questo."

La mostra “Giuliano Crivelli. Il codice della meraviglia” sarà visitabile presso Casa De Rodis, in Piazza Mercato a Domodossola, dal 6 maggio al 6 agosto 2023, con ingresso libero, il venerdì dalle ore 15 alle ore 19, sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 19.

In programma anche alcuni appuntamenti a corollario della mostra: Venerdì 16 giugno, ore 17 – Cappella Mellerio, Piazza Rovereto

Presentazione del libro Giuliano Crivelli. Ritratto d'artista di Francesco Maria Ferrari, Grossi Edizioni Venerdì 23 giugno, ore 18 – Casa De Rodis

Concerto jam-session del Quintetto Saxology

Visite guidate gratuite con il curatore Francesco Maria Ferrari Venerdì 23 giugno, al termine del concerto jam-session del Quintetto Saxology Venerdì 14 luglio, ore 18

Per maggiori informazioni: info@collezioneposcio.it | 347 7140135 Casa De Rodis, Piazza Mercato 8, Domodossola (VB) www.collezioneposcio.it – www.ruminelli.it FB/IG Collezione Poscio – FB/IG Associazione Culturale Mario Ruminelli

Giuliano Crivelli

Giuliano Crivelli nasce nel 1935 a Novara. Nel 1947 la famiglia si trasferisce a Domodossola e in Ossola Crivelli attraversa il corso della vita sino alla morte avvenuta l’11 gennaio 2021 a Trontano. In Val d’Ossola, il giovane Giuliano incontra un paesaggio profondamente diverso da quello novarese: i sentieri sono in salita, non ci sono più le strade piane da percorrere tra i folti e sterminati filari di pioppi della pianura che si perdono verso orizzonti lontanissimi; alte e rocciose quinte montane restringono lo spazio del cielo e mettono in evidenza una luce nuova che leviga le pietre, gli alberi e ogni altra cosa.

Sin da allora la sua attività è equamente ripartita tra musica – classica e jazz – e pittura. Avvia giovanissimo lo studio del violino presso l’Istituto Brera di Novara e verso il 1950 inizia a frequentare la scuola d’arte del maestro Nino di Salvatore, esponente tra i più validi e creativi del Movimento Arte Concreta. Grazie a Di Salvatore fanno colpo su Crivelli nuovi incantamenti, da Franz Kline a Nicolas De Stael, fino a Jackson Pollock. Dopo tali folgorazioni, lasciati gli anni legati all’Arte Concreta, l’esperienza astratta si svilupperà nell’esplorazione coloristica orientata all'emotività spontanea dell’Informale, in particolare ispirata allo sperimentalismo nordamericano dell’Action Painting.

Agli anni Cinquanta risale anche l’incontro con la musica jazz, grazie, tra gli altri, allo straordinario linguaggio musicale di John Coltrane. Nel 1966 un grave incidente segnerà la vicenda dell’uomo e quindi dell’artista Crivelli, cui seguirà la scelta di abbandonare la pittura di gesto e di rivedere nel profondo le proprie concezioni. Il pittore si calerà con totale coinvolgimento nella contemporaneità e nella “civiltà dell’immagine”, toccando la Pop Art, il Nouveau Realisme e l’Iperrealismo per giungere sino alla pubblicità e al graphic design.

All’impegno in pittura corrisponde, sul versante musicale, il conseguimento del Diploma di flauto nel 1971 presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Verso gli anni '70 avviene un altro cambiamento, tanto determinante quanto poco rumoroso, e Giuliano Crivelli scopre la sorgente della sua pittura sull’uscio di casa, nel cielo e nelle nuvole, negli amici alati e nelle creature tutte dell’universo naturale. Nel cerchio magico del suo mondo radicato nelle vallate dell’Ossola, lo sguardo di Crivelli ripropone incessantemente e con emozionante meraviglia le scoperte svelate in un rapporto vitale con il microcosmo ossolano sempre rinnovato tra realtà e poesia.

Nel 1973 realizza il proprio sogno e vola in America dove visita Vancouver, New York e Boston e negli Stati Uniti e in Canada tornerà anche come protagonista di alcune mostre.

ossolanews.it

Quando Palermo cambiò aspetto sotto le bombe del '43. In mostra foto, documenti, divise militari, jeep dell'epoca

PALERMO - Il 9 maggio del 1943 Palermo scoprì di essere in prima linea nel secondo conflitto mondiale. La città fu investita dal più devastante bombardamento statunitense di tutta la guerra.

Morte e distruzione. Persino l'assetto urbanistico ne fu irrimediabilmente compromesso. Quei giorni quando il cielo si tinse di scuro sono raccontati in una mostra che verrà inaugurata, il 9 maggio alle 17.30, nell'Archivio storico comunale di via Maqueda, promossa dall'assessorato alla Cultura guidato da Giampiero Cannella che ne ha spiegato i contenuti in una conferenza stampa.
    Foto d'epoca, documenti, divise militari, elmetti e jeep dell'epoca, un'auto Topolino, una moto con sidecar e tanti altri cimeli di quel periodo storico saranno esposti per farne tracce di memoria viva a beneficio anche delle nuove generazioni. "La mostra durerà quattro mesi e inquadra la storia cittadina dalla fine degli anni '30 fino all'ingresso dei soldati americani e al termine della belligeranza", afferma Attilio Albergoni, curatore dell'iniziativa che non si racchiude solo nell'Archivio storico.
    "Ci saranno altri eventi culturali che abbracceranno tutta la città - aggiunge - sarà possibile visitare i rifugi antiaerei, tra cui quello Madre Teresa di Calcutta, (escluso quello di piazza Pretoria chiuso per permettere i lavori di manutenzione al Palazzo delle Aquile). Ci sarà anche un'esibizione della fanfara dei carabinieri al castel Utveggio. Un chicca particolare è l'esposizione di una macchina Enigma che permise ad Alan Turing di decriptare i codici che celavano le comunicazioni dei tedeschi. Un ufficiale della guardia di finanza spiegherà il suo funzionamento. Verranno esposti anche i documenti dell'archivio storico. Si potrà conoscere come i palermitani hanno vissuto la guerra e come ne sono venuti fuori". "E purtroppo molte ferite urbanistiche - conclude Albergoni - sono state compiute durante la ricostruzione post bellica. Molti rioni potevano essere risanati e non rasi al suolo".
    Per Claudia Fucarino, funzionaria dell'assessorato comunale alla Cultura, "la mostra non vede protagonista solo l'archivio comunale, ma coinvolge altre sedi private e pubbliche. Tra queste la Biblioteca Bombace della Regione. La scuola Perez interverrà con un concerto. Nella Chiesa della confraternita di Maria Santissima degli agonizzanti si potrà visitare un rifugio antiaereo. Era in realtà una cripta utilizzata per proteggersi durante i bombardamenti. La struttura sarà aperta ai visitatori per la prima volta. Non mancheranno neppure rappresentazioni teatrali".
    Ci sarà pure l'esibizione del coro San Sebastiano del Corpo di polizia municipale e la possibilità di visitare a Boccadifalco il museo dell'associazione Arma aeronautica. Tutte le mostre e le visite saranno gratuite. Per alcune iniziative sarà necessaria la prenotazione. "Ricorrono 80 anni dal bombardamento del '43. Quell'evento bellico lasciò segni profondi nella città e molti sono ancora visibili. Palermo ha cambiato la sua morfologia. Sarà questa l'occasione per valorizzare quei monumenti che grazie ad appropriati interventi furono salvati. Tra questi ci sono quelli promossi grazie al capitano statunitense Mason Hammond che partecipò operazione Husky (lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del '43)".
    "Palermo ha il più grande centro storico d'Europa - aggiunge Cannella - venne coinvolto in gran parte perché l'intento era quello di fiaccare ogni resistenza. Oggi proponiamo un ricordo doveroso di quel periodo a beneficio di tutta la cittadinanza".

ansa.it
 

L'Istante e l'Eternità, quando l'antico si fa arte concettuale. Grande mostra alle Terme di Diocleziano fino al 30 luglio


La vita e la morte e al centro il tempo, che tesse la sua tela in cui l'uomo con la sua carne rimane invischiato nel tentativo di liberarsi e magari riuscire a diventare eroe, da Micene ai fumetti della Marvel. È il filo di rimandi infiniti in cui si dipana L'istante e l'eternità.

Tra noi e gli antichi - visitabile da giovedì 4 maggio e fino al 30 luglio 2023 - una mostra di arte antica eppure concettuale come solo quella moderna e contemporanea riesce ad essere. Non a caso è a Roma nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano, luogo di enorme fascino da archeologia industriale che da solo già vale la visita.
Promossa dal ministero della Cultura italiano e dal ministero della Cultura e dello sport della Grecia - non è escluso che in futuro si sposti ad Atene - l'esposizione è organizzata dalla direzione generale Musei e dal Museo Nazionale Romano in collaborazione con Electa. È ideata e curata da Massimo Osanna, Stéphane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrios Athanasoulis, con il sostegno del Parco Archeologico di Pompei e la partecipazione della Scuola Imt Alti Studi Lucca e della Scuola Superiore Meridionale.
Circa 300 le opere in mostra "tra noi e gli antichi", suddivise in cinque sezioni: grandi statue, imponenti come il meraviglioso buso di Cosimo de' Medici di Benvenuto Cellini o eleganti come la Statua di fanciulla da Thera. Frammenti o sarcofagi, quadri e vasi funerari o anche quello con ninfe e satiri del 1755 di Ginori di Doccia, gli orologi di bronzo e le stele funerarie che invitano a tornare avanti e indietro nei grandi spazi perché ci sarà sempre qualche meraviglia che sfugge allo sguardo nella complessità affascinante di questa mostra unica. Nel doppio percorso, l'eternità e l'istante, ci sono opere antiche, medievali, moderne e contemporanee. Molte sono state da poco restaurate e vengono esposte per la prima volta: come il carro della sposa di Civita Giuliana, la statua di Ercole dal Parco Archeologico dell'Appia Antica, nuove acquisizioni come la Tabula Chigi del Museo Nazionale Romano e, soprattutto, numerosi capolavori solitamente conservati nei depositi e nei musei dell'Italia e della Grecia, come la statua della kore da Santorini appunto.
L'eternità di un istante si apre con il vuoto del calco di due vittime anonime dell'eruzione del Vesuvio, una presenza dell'assenza che torna nel tema della reinterpretazione dell'antico di cui è disseminata la mostra. A dire che quella umanità che ci lasciamo alle spalle poi torna e in questo tornare assume un valore assoluto di conoscenza ma anche di coazione a ripetere, artistica, filosofica, letteraria. Poi nella Fama eterna degli eroi si narra la guerra tra Greci e Troiani, e il frammento diventa evocazione in L'ordine del kosmos che si conclude con la trasfigurazione del mito come la Leda e il cigno della Galleria Borghese. Le opere e i giorni nell'aula IV entra nelle minuzie millimetriche della vita quotidiana con l'ossario dell'oculista romano C. Terentius Pistus che per ottantasette anni, cinque mesi, ventiquattro giorni e dieci ore registrò il tempo della sua lunga vita.
Infine Umani e divini al centro dell'Aula V per un'umanità variegata senza logica, tra statue, steli antropomorfe come l'eterea Sekhmet egizia. Poi il viaggio si conclude - ma può ripartire all'infinito - tra i sarcofagi imperiali romani e gli ex voto di un'umanità fatta a pezzi nella sua ricerca di assoluto che naufraga nelle viscere.

ansa.it

Al Museo del Tessuto di Prato al via la mostra Kimono. Riflessi d'arte tra Giappone e Occidente

FIRENZE - 'Kimono - Riflessi d'arte tra Giappone e Occidente' è il titolo della mostra organizzata dal Museo del Tessuto di Prato che ha ottenuto il patrocinio dell'Ambasciata del Giappone in Italia, in corso dal 29 aprile fino al 19 novembre 2023.
    La mostra, si spiega in una nota, esplora le contaminazioni creative e culturali - intervenute tra Europa e Giappone prevalentemente dalla fine dell'Ottocento alla prima metà del Novecento - attraverso l'esposizione di un'accurata selezione di opere che di quei reciproci influssi testimoniano i passaggi fondamentali.

Accanto al già noto fenomeno del Giapponismo, ovvero il modo in cui l'arte europea di quel periodo ha recepito e reinterpretato il linguaggio espressivo e decorativo dell'arte giapponese, il percorso espositivo si sofferma soprattutto ad illustrare il processo opposto, definito da alcuni Occidentalismo, nell'ambito del quale anche l'oggetto più iconico della cultura del Sol Levante, il kimono, risente dell'influenza della cultura e dell'arte figurativa occidentale.
    In esposizione una serie di dipinti, xilografie, cartoline d'epoca, stampe e tessuti provenienti sia da importanti collezioni private che da inedite raccolte del Museo, ma soprattutto i cinquanta kimono maschili e femminili appartenenti all'esclusiva collezione privata di Lydia Manavello, tutti databili al primo e secondo quarto del Novecento, realizzati in seta operata, ricamata o stampata. 

ansa.it

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it

Turismo Culturale Viaggi News

Un Caravaggio da Roma in mostra a Minneapolis

 Un Caravaggio da Palazzo Barberini è volato a Minneapolis e in cambio, a Roma, è arrivato La Morte di Germanico di Nicholas Poussin che a lungo è stato parte delle raccolte della famiglia Barberini.

La mostra al Minneapolis Institute of Art, aperta da questo fine settimana, ha al suo centro l'iconico dipinto del 1599 ispirato alla storia biblica di Giuditta e Oloferne.
    "È un soggetto comune nell'arte dell'epoca, ma in questo quadro l'eroina della Bibbia è fermata nell'atto di decapitare il generale assiro", spiega all'ANSA Rachel McGarry, che ha curato la mostra in cui il quadro è accompagnato da altre 14 opere su un arco di 500 anni che esplorano le diverse interpretazioni date alla figura di Giuditta da artisti come Barthel Beham, Ludovico Carracci, Ignazio Collino e Lovis Corinth.

È una rara occasione di vedere un quadro di Caravaggio negli Stati Uniti: ce ne sono solo dieci, di questi nove in collezioni pubbliche.
    Il prestito del Giuditta e Oloferne riflette la forte relazione istituzionale del Minneapolis Museum of Art con musei e gallerie in Italia che, tra le altre cose, l'anno scorso diede vita a una mostra di opere di Botticelli dagli Uffizi. In cambio del Caravaggio, il museo ha mandato a Roma il Poussin, in occasione della mostra in corso fino a fine luglio su Maffeo Barberini, che 400 anni fa divenne papa col nome di Urbano Ottavo. Il quadro, originariamente commissionato dal cardinale Francesco Barberini, nipote del pontefice-mecenate, era rimasto con discendenti della famiglia fino al 1958 quando il museo lo aveva acquistato.
    "La collaborazione con palazzo Barberini porta in luce eccezionali opere d'arte, ma anche la legacy di una famiglia di straordinari mecenati", ha detto la direttrice del Mia Katie Luber. Ci sono voluti due anni di contatti per concretizzare i prestiti: il Poussin - ricorda la McGarry - aveva riattraversato l'Atlantico finora soltanto una volta, nel 1994, per la grande mostra organizzata al Grand Palais di Parigi in occasione dei 400 anni della nascita dell'artista. (ANSA).

A Trieste i Fulmini di LaChapelle illuminano l'idea di umanità

TRIESTE - Una serie di fenomeni naturali che, uniti alle azioni dell'uomo, del caos e del paradiso, sanno generare una forza dirompente in grado di cristallizzare e illuminare l'attimo. Sono i 'Fulmini' che David LaChapelle espone al Salone degli Incanti di Trieste.

Opera dopo opera - sono 92 le foto esposte - si ripercorrono gli anni di carriera dell'artista e fotografo americano, uno dei più influenti nel panorama internazionale, e si mettono a nudo le sue riflessioni sull'umanità, contraddistinte dal linguaggio narrativo ed espressivo dell'allegoria.
    La mostra, inaugurata alla presenza dell'artista, è curata dallo Studio David LaChapelle, sotto la direzione artistica di Gianni Mercurio, ed è promossa da Regione Fvg e Comune di Trieste. L'allestimento è organizzato da PromoTurismoFvg, in collaborazione con Madeinart. La mostra sarà visitabile da domani al 15 agosto.
    Il filo conduttore di Fulmini sono le due fasi artistiche della carriera di LaChapelle: la prima è il racconto dissacrante e ironico del decennio a cavallo del nuovo millennio, attraverso la rappresentazione di personaggi della musica, cinema, moda e politica. Si passa poi a una fase più mistica e intima, in cui emerge l'impatto nell'arte del passato e la ricerca di se stesso nella natura. Esposte anche dieci immagini in formato extralarge. (ANSA).
   

Michelangelo e i calchi delle tre Pietà mostra ai Musei Vaticani fino al 6 gennaio

L'esposizione, aperta al pubblico fino al 6 gennaio 2024, è allestita all'ingresso della Pinacoteca Vaticana e permette di ammirare la straordinaria arte plastica del Buonarroti attraverso tre calchi in gesso realizzati tra l'800 e il '900.
    "La mostra nasce - spiega Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani - con l'intento di offrire al pubblico dei musei uno spunto di riflessione attraverso le tre commoventi Pietà del grande maestro fiorentino, realizzate al servizio della Fede".
    Grazie al prestito della Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze e ai due manufatti delle collezioni Vaticane, i tre calchi michelangioleschi si riuniscono in questa mostra, che è stata presentata nel 2022 prima al Museo dell'Opera del Duomo di Firenze e poi al Palazzo Reale di Milano.
    Collocate una vicina all'altra, le tre preziose opere in gesso offrono l'opportunità di studiare l'evoluzione dell'arte di Michelangelo e la sua maturazione spirituale: dalla prima giovinezza, quando a Roma scolpì l'opera di impronta classicista della Pietà Vaticana, ora nella navata laterale nord della Basilica di San Pietro, alla piena maturità espressa nella Pietà Bandini di Firenze e, dopo 60 anni, ormai anziano, quando scolpì la Pietà Rondanini del Castello Sforzesco di Milano. Il calco della Pietà di San Pietro della Città del Vaticano fu realizzato nel 1975 da Ulderico Grispigni nel Laboratorio Calchi e Gessi dei Musei Vaticani. Il busto venne realizzato quando la scultura originale della Pietà venne tolta per essere riparata dopo un atto vandalico nel 1972. Il calco della Pietà di Santa Maria del Fiore a Firenze, la Pietà Bandini, risale al 1882 e l'autore è Oronzo Lelli. Infine, il calco della Pietà Rondanini fu commissionato nel 1953 al formatore milanese Cesare Gariboldi, con l'intento di determinare l'ubicazione ideale per la scultura, conservata dal 1952 nel Castello Sforzesco.
    La mostra è inserita nel percorso espositivo dei Musei Vaticani e l'ingresso è gratuito.

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(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - turismoculturale@yahoo.it)

Cortona celebra Luca Signorelli, maestro di luce e poesia


CORTONA - Pittore scultoreo ricco di capacità immaginifica e invenzione visiva, magistrale colorista, ma soprattutto figura centrale per lo sviluppo dell'arte del Rinascimento, ispiratore di Raffaello e Michelangelo: a 500 anni dalla morte, Cortona celebra Luca Signorelli con una preziosa mostra che getta nuova luce su un artista sopraffino, oscurato nei secoli dalla grandezza dei suoi due più celebri successori. Dal 23 giugno all'8 ottobre, Cortona, città natale del pittore, ospita a palazzo Casali il nucleo di un'esposizione che sarà affiancata ad itinerari tematici in città e nelle località toscane ed umbre che ospitano i suoi lavori, dispersi in tanti luoghi e siti, anche all'estero.

Il curatore della mostra e del catalogo, Tom Henry, professore emerito all'Università di Kent e uno dei maggiori esperti al mondo delle opere di Signorelli, è riuscito a far convogliare a Cortona 30 capolavori del maestro, grazie alla collaborazione con 24 musei, dalle Gallerie degli Uffizi al Museo di Capodimonte, dalla Fondation Jacquemart-André di Parigi alla National Gallery di Londra, dal Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto alla Pinacoteca Comunale di Sansepolcro o ancora dalla National Gallery of Ireland di Dublino all'High Museum of Art di Atlanta. Un evento per gli appassionati d'arte: Cortona, ha fatto notare, in occasione della presentazione della mostra, il critico d'arte e sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, si posiziona in questo modo lungo un percorso ideale che, nell'anno, vede celebrare il Rinascimento lungo una rotta che parte da Venezia con la mostra del Carpaccio e, scendendo da Bologna e Ferrara, passa per Perugia con l'esposizione sul Perugino e arriva fino al Rinascimento Meridionale della mostra sugli Spagnoli a Napoli.
    "Signorelli è al centro di un sistema, di un percorso del Rinascimento che in questa occasione indica in Cortona la Capitale", ha osservato Sgarbi, mentre la città si pone anche come crocevia in un percorso che segue Signorelli anche nelle sue terre, in Valdichiana fino ad Arezzo, nella Valtiberina tra l'Umbria e la Toscana, lungo la via Lauretana e nella direttrice Perugia-Orvieto. E' una ragnatela di connessioni che lega tra di loro i più grandi esponenti del Rinascimento a cui il "maestro Luca da Cortona" era legato. Come Piero della Francesca nella cui bottega ad Arezzo Signorelli si era formato, sino al Perugino al cui fianco il pittore aveva lavorato alla Cappella Sistina, per poi ispirare gli stessi Raffaello e Michelangelo, i due "giganti" che con la loro grandezza offuscarono per lungo tempo il suo valore.
    La mostra "Signorelli 500. Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia" promossa dal Comune di Cortona dal MAEC-Museo dell'Accademia Etrusca e della Città di Cortona sotto l'egida del Comitato Nazionale per le celebrazioni istituito dal Mic, organizzata da Villaggio Globale International, si ripropone invece di gettare nuova luce sull'artista. Con questo obiettivo sono stati realizzati per l'occasione importanti restauri, a partire dal tondo raffigurante "La Vergine e il Bambino con santi" dell'Accademia Etrusca di Cortona, ma anche proposte diverse le novità scientifiche come la ricomposizione della straordinaria Pala di Matelica, il ricongiungimento, mai riuscito in epoca moderna, della tavola centrale del Polittico della chiesa di Santa Lucia a Montepulciano - raffigurante la "Madonna e il Bambino in trono" - con la relativa predella, composta da tre pannelli in prestito dagli Uffizi di Firenze, in cui Signorelli mostra tutta la sua vena narrativa

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(Pubblicazione web a cura di turismoculturale@yahoo.it)


Fino al 29 aprile lo Spazio Pime di Milano ospita una esposizione dedicata alle opere dei maestri italiani e stranieri che hanno illustrato la vicenda e la figura di San Francesco

Francesco d’Assisi? Lo hanno fatto a strisce. E non c’è santo che abbia avuto lo stesso trattamento. «Sì, il Poverello d’Assisi è senza dubbio il santo più rappresentato a fumetti, e ha saputo attirare un’attenzione trasversale, dunque non solo da parte di autori ed editori di ispirazione cristiana. Certo, c’è chi ha saputo essere più fedele alla sua figura, al suo carisma, alle fonti, alla storia, c’è chi ha “romanzato” di più, chi ha toccato vertici d’arte, chi è rimasto più sul “didascalico” e chi è andato addirittura fuori dal seminato. Ma tutti, per vie diverse, confermano quanto sia profonda la traccia lasciata da san Francesco nella cultura popolare». Parola di Paolo Guiducci, caporedattore della rivista Il Ponte e direttore della rivista Fumo di China. Da anni direttore organizzativo del festival Cartoon Club di Rimini, è autore di saggi dedicati al mondo del fumetto e organizzatore di mostre. E ora figura – con padre Stefano Gorla, barnabita – come curatore della mostra “Nostro Fratello d’Assisi - Storia di una esperienza di Dio. San Francesco a fumetti”, ospitata fino al 29 aprile allo “Spazio esposizioni temporanee” del Pime, in viale Monterosa 81, a Milano.

L’esposizione è a ingresso libero ed è aperta tutti i giorni (tranne le domeniche e il 25 aprile) dalle 9 alle 18,30. Cosa vi si offre? Un percorso per immagini che allinea pannelli illustrati e albi originali restituendo un viaggio affascinante fra grandi autori italiani come Dino Battaglia e maestri stranieri – come, presenza sorprendente, il John Buscema colonna della Marvel con le sue interpretazioni di super eroi come l’Uomo Ragno, Silver Surfer, Conan il Barbaro, Thor e i Fantastici Quattro.

Ecco: ci sono tanti modi per fare “a strisce” Francesco. «Quelli di Dino Battaglia e di Luca Salvagno sono due “pilastri” per come hanno saputo coniugare qualità artistica e fedeltà alla storia restituendo i tratti veramente cristiani del Poverello», spiega Guiducci illustrando i materiali in mostra. «Battaglia, con la sua opera di altissimo livello, ha lavorato sui “Fioretti” del santo usciti sul Messaggero dei Ragazzi nel 1974 e poi raccolti in un volume pubblicato anche all’estero. Il suo è un Francesco a 360 gradi come quello di Salvagno: anche il suo lavoro, pubblicato sul Messaggero dei Ragazzi nel 2000 e poi in volume, è in bianco e nero. E invece delle tradizionali “strisce” ha costruito grandi tavole orizzontali su due pagine, concepite come affreschi dentro i quali si muovono i personaggi e la storia».

“Francis Brother of the Universe” s’intitola il Poverello “secondo Buscema”, «pubblicato dalla Marvel nel 1980 e arrivato in Italia con scarso successo solo pochi anni fa – riprende il curatore –. Qui abbiamo lo stile classico del Buscema dei super eroi e anche Francesco appare come una persona, a suo modo, con super poteri. Fra parentesi: la Marvel ha pubblicato anche versioni a fumetti di figure della Chiesa come Giovanni Paolo II e Madre Teresa». Operazione analoga, con altro stile ed esiti, l’ha fatta la francese Bayard Jeunesse «con la collana Les Chercheurs de Dieu che ha dedicato albi a figure anche del nostro tempo come l’Abbé Pierre, dom Helder Camara e Teresa di Calcutta. Non poteva mancare Francesco, narrato con taglio asciutto e con grande attenzione agli anni giovanili. Il volume finisce con il santo debole, malato, che saluta i suoi frati cantando».

Tornando agli autori italiani: «Ci sono fumetti storici come “Rose fra le torri” (1946) e “la leggenda della pietra bianca” (1963) disegnati da un altro grande maestro, Franco Caprioli – dove Francesco è collocato dentro una vicenda romanzata. E ci sono esperienze recenti molto interessanti: come il Francesco di Maurilio Tavormina uscito a puntate sul Messaggero dei Ragazzi nel 2015. Qui Francesco si vede solo alla fine, e tutta la storia è raccontata dal punto di vista di un suo nipote, Piccardo, che con i suoi amici si mette alla ricerca del Poverello, tutti affascinati dal carisma del santo. E c’è “La conversione di san Francesco” della giovane toscana Astrid Lucchesi, lavoro recentissimo, del 2018, dove si passa dalle prime tavole molto cupe alle successive, sempre più dominate dalla luce».

La mostra fa spazio anche all’irriverente Altan «col suo Francesco improbabile e cinico ribattezzato Franz, che decide di farsi santo per ripicca verso il padre padrone e prepotente. Ma qui siamo nel campo della satira», annota Guiducci. E santa Chiara? «Ahimé, ha poco spazio, quando va bene la sua figura e la sua vicenda sono risolte in due o tre pagine». Potevano mancare i frati? No: «E uno degli albi più popolari di sempre, Tex, ne mette tanti, fin dal numero 15 della collana. E c’è una storia, “I cospiratori”, nella quale Tex e Kit Carson si travestono proprio da frati». Insomma: quando c’è di mezzo il “Padre Serafico”, si può anche scherzare con i santi. E farli a strisce. Purché a fin di bene.

Lunedì 17 aprile lincontro con i curatori Gorla e Guiducci

Lunedì 17 aprile alle 18,30 nello “Spazio esposizioni temporanee” del Pime di Milano (viale Monterosa 81) si terrà un incontro con padre Stefano Gorla e Paolo Guiducci, i curatori della mostra “Nostro Fratelli d’Assisi - Storia di una esperienza di Dio. San Francesco a fumetti”, ospitata nella stessa sede fino al 29 aprile. Padre Gorla, barnabita, già direttore del settimanale “Il Giornalino”, si occupa di fumetti, cinema d’animazione, e critica dei media e linguaggi giovanili. Guiducci è direttore della rivista “Fumo di China” e direttore organizzativo del festial “Cartoon Club” di Rimini.

Tempo di “Centenari Francescani in Lombardia”

La mostra “Nostro Fratello d’Assisi” è uno degli eventi del progetto “Francesco 2023-2026. Centenari Francescani in Lombardia” promosso dalla Fondazione Terra Santa col sostegno di Fondazione Cariplo. Un percorso triennale e una trama di iniziative per celebrare e attualizzare gli 800 anni dell’approvazione della Regola Bollata e del presepe di Greccio (1223), dell’evento delle stimmate (1224), della stesura del Cantico delle Creature (terminata nel 1225) e della morte di Francesco (3 ottobre 1226). Evento d’apertura del percorso, la mostra “Si è fatto nostra via: la Regola e la vita”, al Museo dei Cappuccini di Milano (via Kramer 5) fino al 17 giugno.

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Una casa fatta ad arte, la visione di Cambellotti. A Roma mostra sul maestro alla Biennale di Monza del 1923

ROMA - L'allestimento interno della casa come riflesso della dimensione etica e della natura psichica della vita degli abitanti, capace di influenzare le loro emozioni e orientare le loro predilezioni, "consentendo poi di formare anche buoni cittadini e buoni governanti". Duilio Cambellotti immaginava così gli effetti di un abitare armonico orientato dall'arte.

Seguendo questo filo si sviluppa a Roma la mostra dedicata fino al 6 aprile dalla Galleria Russo al maestro e alla sua visione 'totale' che nella prima metà del Novecento ha abbracciato disegno, illustrazione, grafica, pittura, ceramica, scultura e scenografia teatrale. Il racconto muove da un aspetto particolare, la sua partecipazione nel 1923 a Monza alla Biennale delle Arti Decorative per allargarsi alla produzione di una vita.
    'Duilio Cambellotti. Raccogliere una forma attorno a un pensiero', curata da Daniela Fonti e Francesco Tetro, responsabili dell'Archivio dell'Opera dell'artista, mette insieme 160 opere della raccolta illustrando 40 anni di attività multidisciplinare svolta dall'artista-artigiano romano dal 1899 al 1939. Certo, a giocare un ruolo centrale è sempre il disegno, il tratto inconfondibile della moderna classicità che caratterizza illustrazioni, manifesti, incisioni. Ma a colpire - anche nella ricostruzione di una delle sale della Biennale di Monza - è soprattutto l' attenzione al dettaglio nei bronzi e nella decorazione di vasi, piatti, brocche e mattonelle ispirate ai miti dell'antichità e al vivere quotidiano delle popolazioni dell'agro pontino all'inizio del secolo. Nelle arti decorative, spiegano i curatori, Duilio Cambellotti (1876-1960) venne identificato come un autore fra i più originali nel panorama del rinnovamento degli oggetti d'uso in Italia. "Per la sua concezione dell'ambiente allestito quale progetto organico complessivo nel quale ogni oggetto prende luce creativa e riflette la propria sull'insieme - spiegano - l'artista mise ogni tecnica al servizio della creazione di uno spazio interno concepito come 'luogo d'arte', inserendo scultura, pittura parietale, ceramica, anche utilizzando gli espedienti comunicativi della sua attività di scenografo". Della prima e della seconda Biennale internazionale di Monza Cambellotti fu il protagonista principale, alla guida di un gruppo di artisti fra i più rilevanti e innovativi della scena di Roma e del Lazio. Un altro capitolo della mostra è riservato alla figura femminile e al suo passaggio da "libellula a mater familias, vittima degli effetti della guerra: rimasta sola a mandare avanti la propria famiglia, il suo podere o come lavorante presso altri, se rimasta vedova". E' questo il motivo che spinse l'artista a rappresentare donne dal volto addolorato in molti monumenti ai caduti del 1915-18 , a cominciare da quello di Terracina (Latina). Suggestiva è anche la selezione di modellini, bizzetti, disegni e cartelloni realizzati per le scenografie delle grandi tragedie greche a Siracusa, il Giulio Cesare di William Shakespeare (1906) e La Nave di Gabriele d'Annunzio (1908) a Roma.
    Tra il 1908 e il 1910 Cambellotti collaborò al settimanale "La Casa", edito da Edoardo De Fonseca, dedicandosi alla progettazione di interni e arredi di villini e dimore private tra cui, a Roma, la Casina delle Civette di Villa Torlonia, decorata con la collaborazione con il maestro vetraio Cesare Picchiarini e oggi sede del museo della Vetrata Liberty. 

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Alla Venaria All'ombra di Leonardo, arazzi e cerimonie papali. Con i Musei Vaticani. In mostra il baldacchino di Clemente VII

TORINO - La Reggia di Venaria inaugura la nuova stagione con la mostra All'ombra di Leonardo, Arazzi e cerimonie alla corte dei papi, organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude in collaborazione con i Musei Vaticani.
    La mostra, aperta al pubblico dal 21 marzo e fino al 18 giugno presso le Sale delle Arti, raccoglie opere provenienti, oltre che dai Musei Vaticani, dal Palazzo del Quirinale, dal Museo di Roma, dai Musei Reali di Torino, dal Museo Diocesano Tridentino, dalla Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli di Milano e da diverse collezioni private.
La mostra, a cura di Alessandra Rodolfo ed Andrea Merlotti, consente di fare un viaggio fra le più importanti cerimonie papali come la Lavanda dei piedi e la Coena Domini che si svolgevano il Giovedì Santo nel cuore del Palazzo Vaticano. In mostra ci sono il prezioso arazzo raffigurante l'Ultima Cena di Leonardo e l'arazzo per il dossale del baldacchino papale, disegnato per Clemente VII dagli allievi di Raffaello. A quarant'anni di distanza dalla sua ultima esposizione l'imponente baldacchino viene ricostruito in mostra. C'è anche il grande arazzo raffigurante Gesù che lava i piedi agli Apostoli, donato da Napoleone a papa Pio VII, mentre la brocca usata da Carlo Felice e Carlo Alberto di Savoia, ora nei depositi dei Musei Reali di Torino, è associata a due analoghe provenienti dalla Sagrestia Pontificia.

    "E' una mostra prestigiosa non solo per la preziosa collaborazione con i Musei Vaticani, ma anche perché occasione imperdibile per ammirare da vicino capolavori unici che consentono di conoscere rituali e cerimonie ricchi di simboli e significati lontani nel tempo" commentano Michele Briamonte e Guido Curto, presidente e direttore generale del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude.
    Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, sottolinea "la collaborazione importante fra le due istituzioni nel periodo quaresimale incentrata su due opere significative per la storia delle collezioni pontificie".

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Ai Musei San Domenico di Forlì due secoli di intersezioni tra arte e moda

L’esposizione indaga l’abito che modella, nasconde, dissimula e segna il corpo; segno di potere, di riconoscimento, di protesta

Se l’abito fa l’artista (e viceversa)

Forlì

È di vecchia data il flirt fra arte e moda. Poi, via via nel tempo, il rapporto si è consolidato trasformandosi in un matrimonio di fatto (e di interesse, secondo Achille Bonito Oliva). A sancire l’unione ci ha pensato nel 1996 Germano Celant con il megaprogetto denominato “Il tempo e la moda” organizzato a Firenze con l’obiettivo di assegnare alla moda quel titolo nobiliare che gli avrebbe consentito l’ingresso ufficiale nel consesso delle arti. E ciò, aveva sentenziato Celant, in quanto «il colpo di forbice è simile al colpo di pennello, entrambi isolano con decisione assoluta una forma o una figurazione, marcano una superficie che genera una realtà». Che, più o meno, è come la pensava Oscar Wilde secondo cui «o si è un’opera d’arte o la si indossa». Passando attraverso i principali movimenti artistici del Novecento, la mostra era una carrellata sugli autori più in vista dell’espressività contemporanea che hanno interpretato l’abito come una seconda pelle, superficie cromatica e volumetrica sulla quale tessere l’opera. Non solo. Una delle sezioni del progetto, curata direttamente da Celant, si spingeva oltre, chiamando in causa moda e arte per una collaborazione sperimentale che vedeva coinvolte un gruppo di coppie stilista-artista (Gianni Versace-Roy Lichtenstein, Miuccia Prada-Damien Hirst, Karl Lagerfeld-Tony Cragg, per esempio), ciascuna autrice di un’opera a quattro mani.

L’evento fiorentino, tra appuntamenti mondani e qualche innocuo fuori programma a tempo determinato, aveva anche il non secondario compito di scuotere una città ingessata nella propria storia, puntando sul rapporto tra arte e moda, per riaffermare la propria identità culturale e ribadire nello stesso tempo il diritto di partecipare ai banchetti del presente.

Questa esposizione dedicata a “L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni. 17891968” allestita a Forlì ai Musei San Domenico (fino al 2 luglio, catalogo Dario Cimorelli Editore), che interviene sullo stesso tema affrontato da Celant, non ha ambizioni del genere. Intendiamoci, non che gli organizzatori forlivesi non siano stati attenti e sensibili all’aspetto dell’audience, anzi («somiglia a un vero e proprio kolossal», hanno detto della mostra), ma l’argomento è stato trattato con enfatica problematicità senza calcare la mano sugli effetti speciali che non siano quelli legati all’imponente numero e alla qualità delle opere esposte provenienti da collezioni pubbliche e private, dai musei più prestigiosi del mondo e dalle più importanti case di moda.

La mostra, diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocca, attraverso trecento opere tra quadri, sculture, accessori, abiti d’epoca e contemporanei indaga, lungo un percorso cronologico e tematico (l’apertura è affidata all’allegoria dell’arte della tessitura del grande dipinto di Tintoretto Atena e Aracne), gli stili, i materiali, il sistema di comunicazione e di rappresentazione della moda dipinta, ritratta, scolpita, realizzata da grandi artisti e stilisti (tra i primi si incrociano, tra gli altri, Matisse, de Chirico, Picasso, Hirst, Fontana, Mondrian; tra i secondi si va da Armani a Ferragamo, da Dior a Prada, da Balenciaga a Gucci).

Ecco allora l’abito che modella, nasconde, dissimula e segna il corpo. L’abito come segno di potere, di ricchezza, di riconoscimento, di protesta. Come cifra distintiva di uno stato sociale o identificativa di una generazione. L’arte come opera e comportamento, come racconto e spirito del tempo. È il riflesso di un’epoca, infatti, quello evocato nella seconda metà del XVIII secolo dagli abiti riportati nei ritratti dipinti da George Romney e Joshua Reynolds che documentano il gusto e la predilezione per forme semplici e naturali espresse da una società aggiornata ed evoluta come quella inglese. I tessuti, le fogge, le pieghe diventano motivi dominanti di una pittura di luce, basata più sulle atmosfere e sul colore, che sul disegno, aprendo gli orizzonti della modernità. Così che la sobria praticità della moda inglese si diffonde in tutta Europa trasformandosi, anche per la nascita dei negozi, in oggetto di consumo sempre più diffuso.

La testimonianza di tali trasformazioni tra la fine dell’Ancien Régime, la Rivoluzione francese e gli anni dell’Impero, la ritroviamo nella produzione ritrattistica di Antoine-Jean Gros e Francois-Xavier Fabre che restituiscono il sapore di una società trasformata dalle ambizioni dei nuovi protagonisti che succedono a quell’aristocrazia che la Rivoluzione aveva fatto uscire di scena. E se poi gli anni del Romanticismo vedono come protagonisti della rappresentazione pittorica della moda, da una parte Francesco Hayez fino alla metà dell’Ottocento e in seguito, sul versante francese, James Tissot, che documentano l’evoluzione della figura femminile in un abbigliamento dipinto con straordinaria materialità e nitore, il Novecento è caratterizzato dalle Avanguardie, a partire dal 1905 con l’Espressionismo.

Agli artisti di quel movimento si ispirano stilisti come Paul Poiret che con le sue figure allungate, estenuate dai colori che appaiono abbacinanti e, in seguito, è quasi in parallelo con la nascita del Cubismo che cresce nella moda l’esigenza dell’impiego di forme geometriche, linee spezzate e lamellari. Nel clima di Picasso nasce Coco Chanel che riscrive da cima a fondo l’immagine della figura femminile con l’accuratezza matematica delle forme euclidee ed è a questa tendenza a geometrizzare l’abito che viene fatta risalire risalire ufficiosamente la nascita del Minimalismo in moda.

Negli anni Venti e Trenta è ancora più stringente il rapporto tra arte e moda. Dapprima ne è artefice la stilista Elsa Schiaparelli che stabilisce un vero e proprio sodalizio con alcuni maestri del Surrealismo ricavandone molti spunti di creatività. Con il Futurismo la moda viene ritenuta addirittura indispensabile perché tramite le sue fogge e i suoi colori può “propagare” un’idea così che Giacomo Balla parla di Vestito Antineutrale in una pubblicazione in cui detta alcune regole sull’abbigliamento futurista.

E mentre negli anni Quaranta e Cinquanta sono l’Informale e l’Espressionismo astratto a influenzare la moda “estrema” di Balenciaga e del primo Dior con la sua linea “a corolla”, gli anni successivi segnano prepotentemente l’entrata in scena della Pop art, che cerca l’incontro dell’arte con il contesto di massa, e del Made in Italy che lancia il Bel paese come la patria di riferimento del gusto e dello stile.

A Palazzo Barberini torna la magnificenza di Urbano VIII

 
Il battesimo di Cristo sulle rive del Giordano. Costantino che combatte il leone. E l'inizio del proprio pontificato. "Per capire Urbano VIII e la sua ambizione, basterebbe guardare questi tre arazzi". Sotto la spettacolare volta affrescata da Pietro da Cortona, in una delle infilate più magnificenti dei palazzi romani e davanti a quei tre pezzi eccezionalmente riuniti, insieme ai loro cartoni di preparazione, il rettore dell'Università di Vienna Sebastian Schütze racconta come il Papa allestì questa sala, accostando la storia della propria vita a quella di Cristo e dell'imperatore Costantino. Ed è proprio in occasione dei quattrocento anni dall'elezione al soglio pontificio di Maffeo Vincenzo Barberini che le Gallerie nazionali di arte antica celebrano il "padrone di casa" con "L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini", grande mostra a cura di Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori e Sebastian Schütze, dal 18 marzo al 30 luglio a Palazzo Barberini, dedicata al letterato e poeta, destinato a diventare il più grande Papa committente-mecenate del Seicento.

Un'occasione unica, non solo per ammirare capolavori che tornano qui dopo oltre un secolo, ma anche per capire come Urbano VIII e la sua famiglia utilizzarono la potenza dell'arte per consolidare il proprio potere e fare propaganda politica. Durante il suo pontificato (il più lungo e rappresentativo del XVII secolo, dal 1623 al 1644), per intenderci, Urbano VIII promosse imprese colossali, come il baldacchino di San Pietro di Gian Lorenzo Bernini. Ed è con i Barberini che nacque il barocco a Roma. In mostra oggi, 88 opere in più di mille metri quadri di allestimento, con 70 prestiti da 40 istituzioni internazionali e collezioni private, dagli Uffizi al Louvre e il Met, solo per citarne alcuni. "E' il progetto espositivo più ambizioso mai realizzato e prodotto dalle Gallerie, frutto di oltre tre anni di lavoro - racconta la direttrice Gennari Sartori - Dagli spazi per le mostre temporanee" si sale su fino "ai grandi saloni" ultima tappa del "percorso di recupero di tutti gli ambienti del palazzo precedentemente occupati dal Circolo Ufficiali delle Forze Armate". Un viaggio che mette insieme Caravaggio, Bernini e i Carracci, ma anche gli scritti di Galileo Galilei e le poesie dello stesso Urbano VIII, dalla sua incredibile biblioteca di oltre 4 mila volumi. Per la prima volta tornano qui la Morte di Germanico di Nicolas Poussin, "che fino a oggi ha lasciato Minneapolis solo per una mostra al Louvre", ricorda Schütze, e l'Allegoria dell'Italia di Valentin de Boulogne. E poi il Ritratto di Taddeo Barberini di Andrea Sacchi e quello del padre Carlo di Francesco Mochi; il Pan attribuito ad Antonio da Sangallo.

Restaurati per l'occasione, ecco poi i grandi dipinti che Andrea Camassei dedicò a La strage dei Niobidi e Il riposo di Diana, restaurati per l'occasione. "In mostra - racconta Schütze - non sono solo le opere, ma il palazzo stesso, la bellissima facciata, gli scaloni, il giardino di quella che era la sontuosa residenza di famiglia. Un modo per rivivere la Roma barberiniana, proprio nel fulcro della vita culturale e artistica di quegli anni". In dodici sezioni, come spiega la curatrice Cicconi, "raccontiamo come i Barberini controllarono tutti gli aspetti della cultura", ma anche "il rapporto con la città, inizialmente di grande amore ma finito con i romani che alla morte del Papa correvano in Campidoglio per distruggerne la statua". "L'occasione dei 400 anni era imperdibile - commenta il Direttore Generale dei musei del Mic, Massimo Osanna - ma la mostra è importante anche per capire quanto i nostri musei siano sempre più luoghi di ricerca".

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Carpaccio torna a Venezia, 'Dipinti e disegni' a Palazzo Ducale. In mostra fino al 18 giugno

 
VENEZIA - La maestria di Vittore Carpaccio fa ritorno a Palazzo Ducale con la mostra monografica "Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni, allestita nell'Appartamento del Doge di palazzo Ducale, visitabile fino al 18 giugno prossimo.

La mostra è organizzata da Fondazione Musei Civici e dal Comune di Venezia in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington, ed è a cura di Peter Humfrey, con Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer. Alla presentazione hanno partecipato la presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia Mariacristina Gribaudi, il sindaco Luigi Brugnaro, il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi.
    La monografica inaugurata oggi propone 70 opere, di cui 42 dipinti e 28 disegni, sei dei quali sono recto/verso. Sono state riunite soprattutto opere oggi in musei e collezioni internazionali, oppure in chiese degli antichi territori della Serenissima, dalla Lombardia all'Istria e alla Dalmazia, nell'ottica di illustrare la varietà e l'altezza della pittura di Carpaccio, seguendone anche l'evoluzione.
    "Questa mostra - ha sottolineato Bellieni nella presentazione - riporta a Venezia tantissime opere di Carpaccio disperse nel mondo. E' una mostra che intende restituire Carpaccio in una dimensione che non è soltanto quella nota a tutti del grande racconto storico, del grande scenografo, del grande regista della Venezia del 1400 ma anche il pittore alto, spirituale, che ha una profondità di interpretazione assolutamente originale e propria. Quindi un Carpaccio non soltanto decorativo, che si ferma alla narrazione, ma un pittore di una profondità non certamente inferiore a quella degli altri grandi pittori suoi contemporanei".
    All'interno del percorso espositivo vi è un'opportunità unica, quella di ammirare, finalmente riunite, le due parti di una scena compiuta ed unitaria, ma separate in circostanze sconosciute verso la fine del Settecento. Si tratta delle "Due dame" del Museo Correr di Venezia, e de "La caccia in Laguna", oggi al Getty Museum di Malibu. Carpaccio le aveva raffigurate entrambe su quella che, in origine, quasi certamente era un'anta di porta a soffietto.
    "Mi sento molto legato a questo artista di cui ho fatto diverse monografie - ha detto Sgarbi - e ritengo che fare una mostra su Carpaccio sia un impegno che lega in modo definitivo lo Stato e il Comune di Venezia. Sarà una mostra della città di Venezia, perché il primo pittore di città è proprio Carpaccio: vede nelle meraviglie di arte orientale e bizantina un mondo che non esiste, che è un sogno, il sogno di Venezia. Ma allo stesso tempo è Venezia, lo si scorge dalle barche, dai ponti, dai fondali dei dipinti". 

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