A Buenos Aires 'la giustizia si fa con l'arte'


 (di Patrizia Antonini) (ANSA) - BUENOS AIRES, 09 GIU - La giustizia come perimetro di esplorazione artistica, per dare forme ad un concetto astratto e al tempo stesso fondamentale per la vita di ognuno. È lo sforzo di Encupula, movimento collettivo di "arte giuridica" nato a Buenos Aires da un'intuizione della giovane avvocatessa e artista italo-argentina Giorgia Alliata, che in un colloquio con l'ANSA illustra il progetto a cui aderiscono artisti e intellettuali da varie parti del mondo, e che si propone come "ponte generazionale", per parlare a tutti, fuori dalle gallerie, ripartendo dall'arte come scintilla rivoluzionaria per cambiare lo status quo. Punto di partenza dell'iniziativa è stato il recupero di una delle splendide cupole di inizio Novecento del centro della capitale, tra Cordoba e Esmeralda, dopo l'abbandono degli anni della pandemia, che hanno trasformato la geografia cittadina.

 "Uno spazio inclusivo di rinascita e riconciliazione, dove l'arte diventa strumento per ottenere quella giustizia individuale, che magari non si vedrà mai riconosciuta nelle sedi istituzionali o attraverso la politica". In questo atelier, "le opere, i racconti o le installazioni artistiche attivano nuovi percorsi", proponendo "esperienze immersive o transizionali", come ad esempio il Labirinto, uno dei lavori ospitati attualmente. "Oppure le reazioni suscitate dai colori blu e oro (che secondo il movimento rappresentano l'aspirazione individuale alla giustizia e la relatività del concetto)", osserva Alliata. Uno spazio, quello della cupola, che si sta facendo conoscere nella capitale argentina, con un moltiplicarsi di incontri culturali aperti in cui far coabitare punti di vista, che si ritrovano rappresentati fisicamente e sedimentati anche sulle pareti. "Muri che si preparano ad accogliere strati, ma anche sottrazioni, o contaminazioni, in un flusso esperienziale che si esprime attraverso un'opera artistica collettiva e in continuo mutamento". Un concetto che si ritrova espresso anche nei materiali fotochimici utilizzati e in un quadro di un'artista ospite che domina lo spazio e raccoglie gli scatti di 262 sguardi diversi. "Uno statement per dire che l'opera non appartiene necessariamente a qualcuno, che c'è spazio per tutti, e che il concetto può abitare dentro ognuno di noi".

ansa.it

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